The introduction to Strindberg across Borders presents the 21 scholarly articles by the 22 international authors which the book contains. Different facets of Strindberg's border crossing are thus discussed and, with them, the sections into which the book is divided: World Literature, Translation, Gender, Politics and Science, Outward and Inward, Lower and Upper Reality, Forms of Intertextuality, Stage, Visual Interpretations.
Il saggio esamina i tentativi di August Strindberg di affermarsi come saggista politico nel 1884, all'inizio del suo primo "esilio" in Europa. L'autore cerca, da una prospettiva transnazionale, la soluzione alla "questione sociale". Le sue teorie, influenzate dal pensiero di J. J. Rousseau e dal socialismo utopista, sull'inutilità dell'arte e sull'articolo di giornale come la futura forma di letteratura danno, assieme al radicalismo democratico, un quadro di riferimento più preciso per leggere più correttamente la descrizione anticonvenzionale dell'Italia durante il breve viaggio del marzo 1884. L'attacco all'Italia è in realtà il rifiuto del suo cliché, amato dai nordici, del paradiso dell'arte e della natura. Lo sguardo graffiante e dissacrante di Strindberg si sofferma su altri e più complessi aspetti della vita del giovane regno unitario.
Il saggio prende in esame un tema e una struttura che percorre trasversalmente i dodici drammi storici di Strindberg dedicati a personaggi e re svedesi, dal capolavoro giovanile Mäster Olof (1872, Maestro Olof) all'imponente revival di undici drammi che l'autore scrive dal 1898-99 al 1909, parallelamente ai capolavori del suo teatro post-naturalista. L'analisi dei testi mostra come rimane costante in questi drammi l'interazione tra il singolo protagonista (re o personaggio di spicco della storia svedese) e la voce popolare e corale, un fatto che determina caratteristiche di registro linguistico ("realismo", commistione alto-basso), di organizzazione e ritmo delle scene (scene singole e scene corali e di massa) e, naturalmente, di visione del mondo. La concezione della storia di Strindberg cambia considerevolmente dagli esordi radicali e democratici; nel ciclo di drammi scritti dal 1898 la storia, nazionale e universale, si coagula nei destini dei personaggi di spicco, che diventano strumenti del disegno divino; eppure questi drammi includono anche la prospettiva precedente, democratica e dal basso. In alcuni momenti emerge, nel contempo, la contrapposizione "nietzscheana" tra il singolo e la massa meschina; in altri ancora prevale una visione pessimistica della storia, che pare priva di nesso, senso o direzione. Grazie a questo sistema di contraddizioni tra più punti di vista, l'interazione polifonica tra singolo e coro si mostra produttiva, affascinante e ricca di aspetti ancora poco esplorati.
Il capitolo sul poema lungo di August Strindberg "Notti di sonnambulo" (1884, 1889) si inserisce in un volume di saggi innovativi che in vario modo esplorano le dimensioni moderniste e transnazionali dell'opera del maggiore autore svedese a cento anni dalla sua morte. In particolare, il mio capitolo mette in rilievo la dislocazione, strutturale nel poema, tra Stoccolma e Parigi del soggetto protagonista, la consapevole tensione tra poema politico e civile (il progressismo democratico) e poema autobiografico, che confessa la frammentarietà, il dubbio e la plurivocità interni al soggetto moderno. La tesa interrogazione sul senso porta il soggetto a un'interrogazione metafisica, dal punto di vista del marciapiede urbano e dell'incontro con la modernità. Il progressismo politico si incontra e si scontra così con una fondamentale critica alle idee stesse di progresso materiale, utilitarismo e positivismo, che la Parigi "capitale del XIX secolo" (W. Benjamin) dispiega grandiosamente. Nella lettura ravvicinata delle cinque "Notti", le sezioni di cui la sequenza è composta, il soggetto poetico strindberghiano è interpretato come corpo vivente delle contraddizioni.
L'articolo è in un volume in onore di Franco Perrelli, professore di Storia del teatro e specialista di teatro scandinavo, nonché traduttore dalle lingue scandinave. Il contributo è dedicato a uno dei maggiori romanzi dello scrittore danese Herman Bang, Stuk (Stucco) del 1887 - autore di cui Perrelli si è occupato, poiché Bang fu anche importante regista teatrale a Parigi, mediatore e introduttore della contemporanea drammaturgia di Ibsen, Strindberg e Bjørnson, e teorico della regia. Anche Stuk ha molto a che fare con il teatro: perché la materia narrata riguarda la costruzione nella capitale danese di un nuovo teatro, il Victoria, e la politica teatrale scandinava; perché la città stessa, dalla prospettiva del camminatore urbano protagonista, si configura come scenografia, scena dove ha luogo un gioco di ruoli; infine perché la tecnica narrativa di Bang, detta impressionistica, è anche profondamente scenica, fondata sui dialoghi con una presenza discreta del narratore extradiegetico e della diegesi stessa.
Discussione delle complesse implicazioni estetiche e ideologiche che entrano in gioco quando si cerca di comprendere e valutare il nazismo di Hamsun e sulle sue radici. L'ideologia conservatrice e perfino reazionaria di Hamsun appare tale già nell'ultimo decennio dell'Ottocento; eppure giudicare Hamsun retrospettivamente, dal suo capolinea (il commosso necrologio a Hitler) può indurre a errori di prospettiva. Quali responsabilità ha l'intellettuale che si dichiara idealmente a favore del totalitarismo, e tuttavia canta l'umanità delle piccole cose e dei personaggi anonimi come viandanti e contadini? Quale appoggio morale ha dato Hamsun alla costruzione storica dell'ideoogia nazista?
Come August Strindberg si cimenta con la storia culturale nei primi anni Ottanta dell'Ottocento, per costruire una nuova storia svedese 'scritta dal basso', in funzione culturale e politica contemporanea, nel corso della battaglia democratica e contri i poteri conservatori. Come nel corso della carriera dello scrittore svedese la concezione della storia, e il giudizio del suo tentativo con Svenska Folket, cambia in relazione ai suoi mutati punti di vista, per culminare in un nuovo attacco contro la guerra e il culto della Storia Patria, pochi anni prima della prima guerra mondiale.
Nell'ambito del volume collettaneo sulle forme di narrazione autobiografica nelle letterature scandianave, l'articolo prende in esame il poco studiato testo Kvarstadsresan (Il viaggio del sequestro) di August Strindberg, pubblicato nel 1885. Si tratta di un saggio autobiografico, in cui si racconta, attraverso la finzione di lettere a un amico svedese, della genesi delle controverse novelle Giftas (Sposarsi), della loro pubblicazione nel 1884 e del processo contro il loro autore per vilipendio alla religione. Strindberg, diventato bandiera del fronte democratico e radicale, che difendeva la libertà di espressione, è nel contempo criticato dallo stesso fronte per le sue posizioni, nelle novelle, contrarie all'emancipazione femminile e all'ibsenismo. Kvarstadsresan coglie precocemente, attraverso la forma soggettiva, autobiografica ed epistolare, i segni di una crisi di lunga portata per lo Strindberg politico e democratico. L'articolo discute l'apertura dello spazio autobiografico da parte di Strindberg in questo saggio, qualche anno prima che egli si palesi come autore prettamente autobiografico, a partire da Tjänstekvinnans son (Il figlio della serva) del 1886-1887.
This essay examines Scandorama, a graphic novel from 2018 scripted by the Finland-Swedish writer Hannele Mikaela Taivassalo and drawn by the Kenyan-Swedish artist Catherine Anyango Grünewald. The work is read as a comment to unsettling trends in contemporary Scandinavia such as rising nationalisms, antiimmigrant sentiments, and the destruction of nature. Special attention is given to how the issues of building walls and transgressing borders are recorded not only on a verbal level but, first and foremost, to the ways in which these concerns are entrusted to the visual code of comics. It is argued that the chromatic structure employed in the book creates a visual subtext expressing the dystopian theme embedded in Scandorama. Through the use of a single colour, blue, in a monochrome storyworld, the idea of erecting walls and transgressing borders is backed up and expressed in at least three contexts investigated in the article: (1) 'othering'; (2) architecture; (3) body and mind. Here, the dramaturgical potential of colour combines with motives such as government surveillance, loss of individualism, genetic engineering, futuristic technology, environmental destruction, and urban settings to produce a dystopian 'blueprint'.
Strindberg's strategies of commitment, disengagement and new commitment across the border between literature and politics represent an intriguing intellectual adventure we can follow throughout his life as a writer. My article focuses on Strindberg's dilemma as it took form in the first half of the 1880s, and observes it through his fundamental and controversial relationship with the Swedish journalist, literary critic and Social-democratic political leader Hjalmar Branting, with the Danish playwright, literary critic, journalist and radical liberal politician Edvard Brandes, and with the Norwegian writer, politically engaged intellectual and nasjonalskald Bjørnstjerne Bjørnson. For a period they all experienced, along with Strindberg, the ambivalence of working in a social field where art and politics were intertwined, and were to a certain extent involved in the same project, each with his own interpretation. For Strindberg the writer, defending his autonomy from the political field in the end became crucial. What did his colleagues expect from his work? How did Strindberg react to their expectations? What is his legacy today with respect to stances such as intellectual autonomy from power, democratic rule, pacifism and critique of civilization, but also anti-feminism and anti-Semitism? Strindberg's unruly genius illustrates that it is at times difficult to draw the dividing line between radicalism and reaction, and that the great modernists were often also great anti-modernists.
The border between Italy and Slovenia changed several times but only in the last century the relations between the two respective cultures were conditioned by political situations. The aim is to analyze the difference between the two literatures in an ethnically mixed territory with reference to their mutual relationship in two periods: after the First World War, in the fascist period, and after the Second World War, when Istria and Dalmatia have been incorporated in Yugoslavia. At the same time, we can find an alteration of the use of the language along the border, but over the last twenty years the two linguistic minorities, Italian in Slovenia and Slovenian in Italy, recognized and protected by European laws, tend to talk to each other rather than in English, as they show the studies of linguistic landscape.
This article focuses on the possibility of studying literature, in particular Hispanic-American one, with the support of comics. Studying the adaptations in comics permits to explore new possibilities for Didactics and to introduce adaptations in comics as a resource in academic courses. In fact the comic is a facilitator in linguistic learning and literary acquisition and it is an efficient tool that permits decoding and analysing contemporary realities. Moreover, it is a vehicle of political, social and cultural contents, and it has a mediator function that is useful in the teaching of foreign languages and literatures. It is an accessible, intuitive, familiar and inclusive language – it knows how to understand the skills of the students – that facilitates the language's communicative function and that motivates the student in the learning process.
Tra il dire e il fare c'è di mezzo l'Oceano. Code Noir, schiavitù coloniale e letterature francofone - ABSTRACT Le colonie create dai Francesi, in America e altrove, hanno avuto dalla fine del '600, e per più di un secolo e mezzo, un principio regolatore della schiavitù, cioè di quanto costituiva il loro aspetto socio-politico- economico fondamentale. Sulla schiavitù si fondava, nella pratica, l'esistenza di possedimenti magari non vasti, ma importanti per la società e l'economia della Francia del tempo, come le colonie francesi dei Caraibi, Louisiana compresa, e dell'Oceano Indiano. La Legge, il cosiddetto Code Noir, stabiliva i principi cui attenersi: ma, nella realtà, fino a che punto era così? Le testimonianze letterarie dell'immaginario collettivo coloniale di parte 'Nera' tendono a mostrarci una legge applicata a senso unico: gli interessi del colono padrone e del suo Stato erano tutelati sempre e con estremo rigore, mentre i pochi diritti riconosciuti in teoria agli schiavi erano largamente, se non sistematicamente, disattesi., senza che la legge stessa intervenisse o lo facesse efficacemente. Si metterà quindi a confronto il dettato della legge con quanto tramandato dalla letteratura coloniale e postcoloniale e, successivamente, con le testimonianze coeve fornite dalla saggistica antischiavista. ; It's easier said than done. Black Code, Colonial Slavery and Francophone Literatures - ABSTRACT The colonies created by the French, in America and elsewhere, had from the late 17th Century to 1848 a principle that governed slavery, meaning the colonies' fundamental social, political and economic aspects. The Law, the so-called Code Noir, laid down the principles to be followed -- but how far was it followed in reality? Literary testimonies coming from of the 'black' colonial side make clear that the law was enforced in a one-way manner: the interests of the master settlers and their nations were always protected most rigorously, while the meagre rights that were granted in theory to slaves were largely, if not systematically, disregarded. We will compare therefore what the law stipulates with what was passed down by colonial and post-colonial literature.