Questa ricerca tenta di offrire un contributo di terreno alla conoscenza delle reti sociali e delle condizioni di vita dei migranti del Bangladesh a Roma, coniugando un approccio di tipo etnoantropologico alla riflessione sul servizio sociale e più in generale sul welfare mix. L'indagine muove da una lettura olistica dell'intervento sociale, ovvero dal presupposto della non segmentabilità delle sue problematiche, che nascono in stretta assonanza con un preciso ambiente socio-culturale la cui comprensione costituisce una conditio sine qua non dell'elaborazione delle politiche sociali come più in generale della governance sui territori. A tal fine si cerca di mettere al servizio del welfare un uso intensivo dell'osservazione partecipante e di tecniche d'inchiesta qualitative su di un campo multisituato, che comprende sia la città di Roma che il Bangladesh, in ossequio alla condizione di spiccata transnazionalità vissuta dai migranti. Si procede così all'analisi della struttura della collettività bangladese, della sua relazione con la popolazione autoctona, del suo rapporto con i servizi e della sua capacità di dare vita a forme di autoaiuto attraverso la normale interazione sociale e le espressioni associative, con una specifica attenzione per il community liaison, il community care e in generale per le possibili applicazioni del concetto di sussidiarietà orizzontale sulla collettività residente a Roma. I risultati mostrano come l'emigrazione, che interessa in linea di massima i ceti intermedi della società bangladese, contribuisca a creare fenomeni di polarizzazione economica e sociale, acuendo in molti casi le sperequazioni che le preesistono e creando un sostanziale peggioramento della qualità della vita per una parte della collettività. Un processo che porta all'emersione di un'élite economica e politica, che in molti casi tiene anche in mano le redini del terzo settore, e la cui azione fa della "collettività bangladese" e della sua proverbiale solidarietà interna poco più di un mito. Anche il rapporto con i servizi si dimostra difficile e la capacità del sistema del welfare mix di intercettare i bisogni dei migranti appare fortemente impedita innanzitutto dall'apparato legislativo. Per quanto infatti questi fenomeni si nutrano di tendenze endogene alla collettività essi sono notevolmente favoriti dalle condizioni sociali, economiche e legali dell'inserimento dei migranti a Roma e dal loro rapporto con la società civile, che al momento attuale sembra essere ancora ad un grado di sviluppo embrionale, come dimostra la mancata inclusione delle associazioni 'virtuose' all'interno del sistema del welfare mix. Lo scarso accesso ai percorsi di cittadinanza come più in generale alle risorse economiche e sociali del paese di immigrazione sembra così contribuire in maniera significativa ad istituire una separazione fra i bangladesi e gli italiani che permette ai citati processi di polarizzazione di agire liberamente con ricadute estremamente negative sull'esistenza di migliaia di persone.
none ; Il mio lavoro si è concentrato sulla fortuna delle antichità giuridiche e costituzionali germaniche nell'Europa moderna. Seguendo le evoluzioni del pensiero politico e giuridico francese, inglese e tedesco in un periodo compreso fra il XV ed il XIX secolo, ho indagato le condizioni, i motivi portanti e i principali sviluppi del revival delle consuetudini barbariche descritte nella 'Germania' di Tacito, nella sua continua oscillazione fra motivi politici e motivi scientifici. Da un lato, infatti, s'è trattato di indagare una 'fortuna politica'. In questo senso, la mia tesi configura un lungo itinerario nel 'primordialismo giuridico' europeo moderno, inteso come movimento di idealizzazione d'un universo etnogiuridico concepito come originario ed incorrotto – quello dei nostri selvaggi europei –, usato come metro di misura per giudicare le involuzioni della società moderna e per stimolare progetti di lotta e rielaborazione identitaria. Tuttavia le esplosioni primordialiste dell'Europa moderna tradiscono tutte una indubitabile radice 'scientifica', che va identificata nella nascita e nello sviluppo degli studi storico-giuridici europei moderni, dal Rinascimento al XIX secolo. Anche la propaganda primordialista più involuta e contorta non si spiega se non s'è prima spiegata la forza d'attrazione che, fin dalla prima modernità, le antichità giuridiche (ed in particolare quelle barbariche) hanno esercitato sullo sviluppo delle scuole storiche del diritto moderne, le quali, aprendo le migliori intelligenze europee all'indagine sulle fonti originarie degli ordinamenti costituzionali del vecchio mondo, costituiscono la più lontana radice delle moderne scienze etnogiuridiche e folkloriche. ; MITO, RITO E PRATICHE SIMBOLICHE ; European Intellectual and Cultural History; History of Ideas. European Ethnology. History and Economic History. Rural and Agrarian Studies. Politics and Political Theory. Legal History and Philosophy of Law. Costitutional History. Legal, Social and Medical Anthropology. ; open ; Ciasca, Andrea ...
L'obiettivo di questo percorso di ricerca consiste nella documentazione delle possibilità e delle limitazioni che definiscono i percorsi di vita di un gruppo di adolescenti rom che risiedono in un campo-nomadi della periferia romana. Nella prima parte del lavoro si prende in considerazione la categoria che designa questa particolare fascia d'età, ricostruendone, attraverso un percorso genealogico, l'origine e lo sviluppo all'interno del dibattito scientifico e ricavando da questo i principali strumenti utili all'analisi di quella che è stata progressivamente designata come una complessa fase di transizione verso l'adultità. Nella seconda parte si sperimenta l'applicabilità di questa categoria all'universo rom; l'analisi critica di una ampia gamma di fonti diverse, dalla letteratura scientifica, ai testi autobiografici fino alla letteratura prodotta dai soggetti del terzo settore, permette di valutare il possibile utilizzo della categoria di adolescenza all'interno dell'universo rom, riconoscendo una serie di peculiarità che derivano sia dalle specificità socio-culturali di questi gruppi, sia dagli interventi politici che nel nostro paese hanno determinato la specifica modalità di insediamento dei rom nei campi-nomadi. La terza parte presenta una prima parte delle risultanze del lavoro di ricerca individuando le specificità del contesto specifico su cui si è focalizzata l'analisi; si prendono in considerazione in particolare le caratteristiche urbanistiche e demografiche del contesto urbano in cui il campo-nomadi è collocato, i percorsi migratori e le vicende che hanno portato alla fondazione del campo-nomadi e l'attuale assetto socio-demografico dell'insediamento. In questa sezione viene inoltre descritto il sistema di interventi sociali che viene messo all'opera nel campo-nomadi, con particolare attenzione al ruolo che vi svolgono le diverse figure di assistenti sociali e alla loro rappresentazione del lavoro con gli adolescenti rom. Nella quarta e ultima parte, si documentano le pratiche quotidiane di un gruppo di giovani rom di questo insediamento. A partire dalla rilevazione di una serie di luoghi notevoli per intensità delle pratiche e dei rapporti sociali, si descrivono le reti di relazioni e la gamma di possibilità e di limitazioni sottolineando la centralità di una serie di variabili quali il genere, la posizione sociale del nucleo familiare, le relazioni con diversi poli della società ospitante e quelle intrattenute con altri contesti d'emigrazione. In questa ricostruzione si affronta il tema del rapporto fra tradizioni e mutamento culturale, documentando la costruzione di inediti equilibri che, nell'interazione con le variabili prima citate, definiscono i percorsi degli adolescenti di questo insediamento.
La presente ricerca si è proposta di evidenziare le strategie di integrazione ovvero le pratiche di cittadinanza adottate in favore di un particolare segmento dei fenomeni migratori internazionali attuali: quello dei minori stranieri che soli varcano le frontiere del nostro paese alla ricerca di generiche migliori condizioni di vita. La conoscenza del loro patrimonio culturale e l'analisi delle procedure di accoglienza e di integrazione adottate nelle società di accoglienza, rappresentano una sfida stimolante nella prospettiva della disciplina antropologica, da sempre considerata la scienza 'dell'altro' e della 'differenza culturale' (Callari Galli, 2005). In generale, l'importanza di tale studio è resa evidente certamente dai numeri sempre più consistenti di minori stranieri non accompagnati presenti nel nostro paese, ma ancor più dalla necessità di ridefinire le strategie dell'integrazione sociale complessive se non si vuole alimentare quella che già dagli anni 70 è stata definita da alcuni criminologi come una "una bomba sociale a scoppio ritardato" (Bovenkerk 1973, cit. in Barbagli 2002, p. 31); tanto è la posta in gioco. Sebbene la letteratura sulle seconde generazioni e in particolare quella sui minori stranieri non accompagnati sia ormai cospicua tanto in Italia quanto a livello internazionale, mancano ancora monografie antropologiche su singole nazionalità immigrate soprattutto che siano capaci di accedere, investigare ed indagare il controverso universo emozionale dei minori. La presente ricerca nasce dall'esigenza di colmare questo gap esperienziale assumendo come protagonisti una frangia specifica della categoria minorile: i giovani di origine marocchina che si innescano su uno specifico segmento delle attuali tratte migratorie transnazionali, l'asse Khourigba – Roma. In accordo con le recenti acquisizioni degli studi antropologici (Persichetti, 2003; Riccio; 2007; Capello, 2008) si è ritenuto inoltre opportuno procedere con uno studio multisituato capace di ricomprendere al suo interno i due aspetti del binomio migratorio: il contesto di partenza e quello di arrivo dei giovani migranti. "Prima di diventare un immigrato, il migrante è sempre innanzitutto un emigrato" scrive il sociologo algerino Abdelmalek Sayad (2002) intendendo con tale affermazione che emigrazione ed immigrazione sono due facce della stessa realtà. Uno studio dei fenomeni migratori cioè dimentico delle condizioni di origine si condanna ad offrire degli stessi solo una versione parziale e connotata etnocentricamente. L'etnografia, iniziata nel 2006 e terminata nel 2008, è stata quindi integrata da due viaggi in Marocco con l'intenzione appunto di cogliere quella parte di vissuto fatto anche di suoni, colori, immagini altrimenti non "accessibile" e non "trasmissibile" nel solo contesto di accoglienza. Chiaramente si è fatto largo uso di metodologie qualitative (osservazione partecipante, focus group, interviste in profondità) in quanto maggiormente adatte ad indagare in profondità le complesse dinamiche caratterizzanti i vissuti esperienziali; a cogliere le sfumature di contesto e di restituire per queste stesse ragioni un quadro vivo e frastagliato fuori da logiche pre- costituite. La restituzione delle testimonianze raccolte - grazie a un capillare lavoro di conoscenza della realtà romana dell'immigrazione e a un 'patto' etnografico molto forte intrattenuto con i giovani testimoni nonché con gli operatori che in molte occasioni se ne fanno carico - fa risaltare gli aspetti non solo politico-culturali della questione, ma anche l'intreccio di emotività e fragilità che si cela al centro della loro condizione di minori non accompagnati. La particolare condizione di vulnerabilità di cui sono vittima deriva certamente da una condizione giuridica fortemente "incerta", ma anche dal doppio ruolo sociale che il minore straniero non accompagnato assume su di sé: come "minore" è soggetto di un tradizionale percorso pedagogico, come "straniero" è un pericolo per l'ordine pubblico. La tutela "naturale" viene in questo modo costantemente infranta o finisce per dissolversi in uno spazio che non può essere indirizzato o controllato su logiche o prassi proprie dell'ordine nazionale. Soggetto "anomalo" e "sovversivo"quindi, il minore straniero non accompagnato, spesso relegato negli ambiti bui e marginali delle metropoli odierne, con la sua stessa presenza pone seri interrogativi rispetto alla capacità della nostre società di accoglienza di produrre coesione sociale e di riformulare le regole del gioco di un sistema che sia realmente inclusivo delle parti. Adolescenti (e) immigrati la cui vita si svolge su rotte transnazionali. Il loro percorso è intessuto di piccole casualità - incontri, parole, piccoli gesti - che ne determinano l'intrigo. Sono storie fatte di alternanza di successi e sbandamenti, integrazione e devianza, intreccio di trame che si snodano sul confine tra ciò che è lecito e ciò che non lo è. Minori al "bivio", dunque, qualcuno dice, "tra integrazione e rimpatrio". Questi giovani, figli di una diaspora migratoria che ha tessuto legami sociali internazionali in vari continenti, tendono a pensarsi come cittadini del mondo e possono immaginare il loro futuro in Italia, nel paese d'origine, così come in un altro luogo, conoscono la fatica dell'adattamento, e stanno imparando a gestirlo; sanno che la loro "differenza", le loro conoscenze di un'altra lingua, cultura e religione, il loro aspetto, le loro esperienze non sempre facili di socializzazione, potranno rivelarsi un limite o una risorsa. E' questa nuova consapevolezza che si sta faticosamente facendo strada oggi tra le coscienze a far sperare oggi in un destino per loro diverso da quello vissuto dai loro coetanei delle banlieues francesi o delle inner cities britanniche, dove l'essere cresciuti in quartieri in cui problemi sociali e esistenziali simili tendono a sovrapporsi, ha portato molti giovani a sentirsi collettivamente parte di una generazione tradita e sacrificata, maturando così rancore sociale e desiderio di imporsi, attraverso un'identità fiera o desiderosa di ricreare una sua purezza. La scommessa di una integrazione sociale riuscita per i giovani stranieri cresciuti nel nostro paese, ma ancora più per i minori stranieri non accompagnati, si gioca essenzialmente quindi nelle reti dell'assistenza sociale e quindi nella scuola. Tale scelta pur essendo molto lontana dal conseguimento degli obiettivi economici, e quindi dall'ottemperamento del mandato migratorio, consente di rivendicare principi e ragioni di "somiglianza – uguaglianza" con i compagni di scuola autoctoni; confronto prima pressoché impossibile data la clandestinità cui sono di sovente costretti i minori stranieri non accompagnati e la peculiarità del tipo di lavoro svolto dai marocchini, quello ambulante, per sua natura itinerante e fortemente stigmatizzato dall'opinione comune. Nonostante le evidenti lacerazioni che questa scelta comporta in termini di: rottura con vecchi schemi di comportamento; ridefinizione dei ruoli all'interno della famiglia, nell'ambito societario di arrivo, così come in quello di appartenenza; riapporpiazione della propria identità, questa strada sembra a tutt'oggi l'unica in grado di preservare questi giovani migranti o di stornarli dal destino di devianza e marginalità che spesso si apre loro come scelta obbligata. La ricerca consta di due parti: la prima rende conto della letteratura in materia di seconde generazioni e la seconda restituisce i risultati dell'etnografia. In particolare il primo capitolo affronta i termini generali della questione con l'intenzione di chiarire i diversi misunderstanding che costellano il dibattito in materia di immigrazione attraverso una lettura critica della letteratura nazionale e internazionale. Il secondo e il terzo capitolo si occupano rispettivamente della normativa europea e italiana. Quanto al primo contesto sono evidenziate le diverse pratiche adottate in materia di ingresso dei minori stranieri non accompagnati all'interno dei confini di alcuni Paesi membri di vecchia e nuova immigrazione (Francia, Inghilterra, Germania, Belgio e Spagna) e posti in luce i gaps presenti così come le falle del sistema; quanto al contesto italiano, si mettono in rilievo le criticità che gli apparati giuridici presentano rispetto a una realtà concreta del fenomeno caratterizzata, come è ovvio, da straordinaria fluttuanza e informalità. Il quarto capitolo è stato dedicato alla scuola in quanto considerata la vera fucina del cambiamento sociale per la sua capacità di rappresentare l'occasione primaria di formazione linguistica, di costruzione di reti interne al Paese di accoglienza, di apprendimento di concetti e modalità didattiche ad esso omogenee; un paragrafo a parte è stato riservato all'inserimento lavorativo essendo questo il principale movente della migrazione di questi giovani. Infine il quinto capitolo si è prefisso di indagare il contesto di provenienza dei minori intervistati, il Marocco, ricostruendo l'eredità del passato coloniale, le scelte economiche del Marocco Indipendente, i fattori di push and pull dietro i flussi migratori di ieri e di oggi. Il quadro finale ha permesso di sondare la salute del sistema. Riconoscere diritto di parola e di ascolto dell'infanzia e dell'adolescenza ha significato fare un passo importante in avanti nella comprensione della loro soggettività, consentendo di fare emergere tutti quegli aspetti di conformità, progressivo adattamento ovvero di riottosità rispetto tanto alla propria comunità di appartenenza quanto alla società di arrivo. Considerare i minori come "soggetti di diritto" ha significato in altre parole ripensare sotto un altro punto di vista l'organizzazione e le strutture profonde che quella società regolano con il merito di porre in luce aspetti e problemi inediti, frizioni interne al gruppo normalmente sfuggevoli e molto riposte ed elementi di scarto rispetto a un modello omogeneo e granitico di una data cultura. Occorre sobriamente riconoscere che non si danno più né immigrati né emigrati, ma "pari" cittadini (o spiranti tali) che tessono relazioni effettivamente ed affettivamente collegate in un unico destino interdipendente. La consapevolezza di questo richiede competenza, intelligenza, impegno e determinazione nelle scelte operative da intraprendere; l'altra faccia della medaglia è solo devianza ed emarginazione. ; The following research is aimed to underline the strategies of integration and the practices of citizenship utilized in favor of a particular segment of the actual international migratory phenomenon: the one about foreign minors who alone pass the borders of our country to search for better conditions of life. The knowledge of their cultural background and the analysis of the procedures of the ways in which one is welcomed and the integration adopted by the receiving countries represent a stimulating challenge from the anthropological perspective, always considered the science of "cultural differences" (Callari Galli, 2005). The importance of this study is obviously given forth by the increasing numbers of "separated" minors in our country, but moreover by the necessity to re-define the strategies of social integration tout court if we don't want to feed what has, since 1970, been defined by some criminologists as a real "time bomb" (Bovenkerk 1973, cit. in Barbagli 2002, p. 31). Although nowadays both of the international and Italian literature, about the second generation and in particular those that talk of separated minors are conspicuous, we are still missing anthropological monographs on single nationalities of immigrants able to access, investigate and inquire into the complex emotional world of these minors. The following research was born from the necessity to fill in this experiential gap assuming as its subject a specific part of the category of minors: youth of Moroccan origin that are situated on a particular segment of the transnational migratory trades, the axis Khourigba- Rome. According to the recent anthropological acquisition (Persichetti, 2003; Riccio; 2007; Capello, 2008) it became appropriate to proceed with a multi-situated study able to embrace both of the aspects of the migrants lives: the context of origin and the context of arrival of the young migrants. "Before becoming an immigrant, the migrant is always an emigrant" wrote the Algerian sociologist Abdelmalek Sayad (2002), intending by this affirmation that immigration and emigration are both faces of the same reality. A study of the migrant phenomenon that forgets or leaves behind the condition of origin of immigrants people is condemned to offer only a partial and ethnocentric version of this phenomenon. The ethnography, started in 2006 and finished in 2008, has been integrated by two journeys in Morocco with the purpose to investigate those part of lives – made principally also by sounds, colors and images - not "accessible" and "communicable" in the receiving countries. Clearly the research has required a large use of qualitative methodologies (participant observation, focus group, interview in depth, etc) because of their characteristic to be more adapted to investigate the complex dynamics typical of the lived experience; to catch the shades of content and to give back, for these same reasons, a lively and unusual picture out of rules and schemes prior established. The feedback from the gathered stories – by a meticulous work which consisted in the knowledge of the Roman immigrants reality and a strong ethnographical "pact" with the minors on one hand and the social operators on the other – has brought to light not only the political and cultural aspects of the phenomenon, but moreover the tangle of sensitiveness and fragility hidden behind their condition of separated minors. The particular condition of vulnerability of which they are victims firstly came from an "uncertain" juridical condition, but more so by the double rule that the separated minor assumes on himself: as a "minor" he is subject to a traditional pedagogic approach and as a "stranger" he is considered dangerous to the public order. The natural guardianship which they should enjoy is continuously breached and threatened and dissolves in vague promises and empty rituals. Separated minors are "anomalous" and "subversive" subjects who too often are relegated to the dark and marginal spheres of the actual metropolis. Furthermore, their own presence, even if it is made invisible by the viewpoint of the system, impose serious and urgent questions to contemporary society; in respect of our capacity to produce social cohesion and re-formulate the rules of a game which has to be really inclusive in all its parts. It compromises the global issues of our society. Adolescents (and) immigrants who are living their lives on transnational routes. Their course is woven together by many little causalities - encounters, words and simple gestures that determine its outcome. These are stories made up of alternations of successes and disbandment, integration and deviance, a tangle of plots that lie on the border of what is licit and what is not. Minors on a "crossroad", some say, between "integration and repatriation". These young, son of numerous migratory diasporas that have banded together into international social links in many continents, tend to think themselves as citizens of the world and are able to imagine their future in Italy, in their own country or everywhere. They have lived the fatigue of adaptation and are learning to manage it. They know that their "difference" - the knowledge of another tongue, culture, religion, their physical appearance, their experiences of socialization, not always so simple and immediate - can be either a limit or a resource. Is this new consciousness - that nowadays is hardly rousing our consciences - to leave us the hope in a different destiny from that lived by their residing in the French banlieues or in Britain's inner cities. These communities, where to be brought up in districts in which social and existential problems tend to overlap, has brought many young persons to feel part of a generation betrayed and sacrificed and to foster social resentment and wishes of revenge through an identity that is proud and intent on recreating its original purity. The bet of a successful social integration for the young people growing up in our country, but moreover for the separated minors, is played on the circuits of social assistance and then on the capacity of school to create cohesion as an agency of socialization. This choice, though it is really far away from the fulfillment of their economic objectives and then from the attainment of the migratory cause, allows them to claim principles and reasons of " similarity – equality" with their coetaneous friends of school. This is a kind of comparison that was impossible before because of the irregular condition to which separated minors are often obliged and the peculiar characteristics of the type of job done by Moroccan people, usually pitchmen, from its nature an itinerant job hardly stigmatized by common opinion. Although the evident lacerations that this choice implies in terms of breaking old schemes of behaviours; redefinition of rules in the family, in the society of arrival (as well as in the society of origin); re-appropriation of one's own identity; this road appears uniquely to be able to preserve these young migrants from the solitude of a destiny otherwise made up of deviance and marginality. The research consists of two parts: the first one proposes a general framework about second generation literature and the second one provides the results of the ethnography. In particular, the first chapter copes with these questions in general terms with the intent to clarify the different misunderstandings in the debate about immigration, through a critical reading of national and international literature. The second and third chapters talk respectively of the European laws concerning separated minors and the Italian ones. In regard to the first context, it underlines the different practices adopted about the entry of separated minors in the territories of several old and new European immigration countries (such as France, Britain, Germany, Belgium and Spain) and point out the gaps and problems of these systems. As regards the Italian context, instead, emphasize is put on the critical points of the actual juridical systems in respect to a reality of the phenomenon characterized, as obviously it is, by remarkable unbalance and changeability. The fourth chapter has been dedicated to the school because it is considered the real forge of the social changing in its capacity to represent the primary occasion of: linguistic training, constructing of intern links in the receiving countries, learning of concepts and didactic modalities homogenous to it. A specific paragraph has been reserved to the introduction to the working environment because it is the main reason of the migration of these young people. The fifth chapter is aimed to investigate the context of provenience of minors interviewed, the Moroccan Country, reconstructing the heredity of the colonial past, the economic choices of the Independent Morocco, and the factors of push and pull behind the migratory flows of yesterday and today. The final picture is used to verify the health of the system. Recognizing the right of "speech" and "listening" to infancy and adolescence has meant to make an important step forward in the knowledge of their individuality, making arise all aspects of conformity and progressive adaptation or, on the contrary, their rebelliousness to their own culture as well as to the receiving society. In other worlds, considering minors "subjects of right" has meant rethinking the organization and obscure structures that manage the same societies in which they live, with the merit to point out aspects and elements of forsaking respect to a homogenous and given model of a culture. Nowadays more than ever it is necessary to admit that there are no more immigrants or emigrants, but "equal" citizens (or aspirant ones) who weave together elements of every type in a unique interdependent destiny. The consciousness of this claim calls for competence, intelligence, dedication and determination in the choice to engage; the rest is made by deviance, frustration, marginalization. ; Dottorato di ricerca in Tutela e Promozione dei Diritti dell'Infanzia (XXII ciclo)
Ogni antropologo è figlio del suo tempo. Il mondo che ci si presenta davanti è un mondo in rapido movimento (T. Ingold 2000) e le scienze sociali devono rapidamente analizzare e comprendere i cambiamenti. Un'antropologia, che in questo senso evidenzi, affronti e, se possibile, risolva i disagi sociali presenti nelle nuove società multiculturali, che hanno più visibilità nelle grandi metropoli europee e americane e si delineano sempre di più come "città globali" (R. Cohen 1997). La globalizzazione ci presenta un mondo dove tradizione ed innovazione si intersecano in un continuo mutamento: un "termine che solo qualche decennio fa era quasi sconosciuto e che oggi invece è una parola chiave." (U. Hannerz 2001: 7) La ricerca si prefigge di analizzare come la conservazione dell'identità culturale e religiosa della comunità sikh nella provincia di Roma, la sua pratica e la sua istituzionalizzazione possano costituire una base per l'inclusione sociale o se invece favoriscano l'esclusione sociale o l'autoemarginazione. Le ragioni della scelta sono: i sikh sono una minoranza nella minoranza. Minoranza degli immigrati indiani, che sono minoranza essi stessi; gli studi eseguiti da ricercatori italiani sul gruppo di migranti provenienti dal Punjab sono stati effettuati solo nel nord Italia. Manca, di conseguenza, uno studio approfondito sulla condizione dei migranti sikh nella provincia romana; l'interesse verso un movimento religioso di tipo monoteistico. Ho utilizzato una metodologia qualitativa, con i metodi dell'osservazione partecipante, dell'etnografia intesa come una "etnografia pubblica" (B. Tedlock 1991), la raccolta di storie di vita, "un'azione indispensabile" (M. Marzano 2006), una "potenzialità" (M. I. Macioti 1995: 9) "che dà luogo all'emergere dei fattori cruciali di un vissuto personale, che non è mai solo individuale ma profondamente innestato nel corpo sociale" (R. Cipriani 1987: 26) forse la più adatta per approfondire il tema della percezione del cambiamento culturale e del rapporto tra comunità di approdo e di partenza nella vita sociativa degli attori sociali e il metodo dell'antropologia visiva (F. Faeta 2006). Per comprendere meglio i fatti sociali, ed interpretarli, ho utilizzato come teoria di riferimento le tre fasi dei riti di passaggio indicate da Van Gennep (A. Van Gennep 1981) – separazione, margine (transizione), riaggregazione – considerando la migrazione come un fatto sociale totale (A. Sayad 2002). Delle tre fasi sopra elencate la seconda, ovvero il margine o transizione, è la più importante, proprio per la possibilità dell'attore sociale di superare o meno di tale fase e produrre una chiusura o una apertura verso l'esterno. Il lavoro è composto da cinque capitoli preceduti da una introduzione che comprende la nota metodologica e concluso da brevi riflessioni finali. Il primo capitolo prende in esame la costruzione dell'identità sikh. Il secondo capitolo considera gli aspetti inerenti alla migrazione sikh in Italia in generale e a Roma in particolare. Il terzo capitolo è l'etnografia di due eventi importanti della comunità sikh. Il primo è il Vaisakhi, la festa che della fondazione del Khalsa. Il secondo evento è il D-Day, il giorno del turbante, manifestazione di rivendicazione dei diritti sociali, culturali, politici e religiosi da arte della comunità sikh. Il quarto capitolo è la restituzione dei risultati della ricerca agli attori sociali in un confronto dialogico tra ricercatore e soggetti della ricerca e ultimo passaggio metodologico.
Nella società complessa nella quale viviamo la scuola ricopre un ruolo fondamentale, in quanto si configura come realtà di massima rilevanza etico-personale ed etico-sociale. In questo contesto l'educatore inclusivo svolge un ruolo importante, in quanto educa alla resilienza e valorizza la dimensione progettuale/educativa della stessa. Scopo del presente contributo è quello di mettere in evidenza il compito dell'educatore inclusivo quale acceleratore del potenziale di sviluppo dei ragazzi disabili e accompagnatore del fanciullo/ragazzo disabile nello sviluppo di forze positive interne.