Si avvicina il momento della transizione della Politica europea della pesca relativa al periodo 2007-2013 gestita secondo le regole del FEP verso le nuove prospettive per il periodo 2014-2020. Sono già noti gli orientamenti che la Commissione intende proporre in tema di obiettivi, assi prioritari, competenze, quadro finanziario per dare nuovi impulsi alla politica comunitaria del settore, attraverso il Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca (FEAMP). La Commissione a tal fine ha già posto in essere un dibattito con gli stati membri al fine di valutare i programmi compiuti nell'attuazione dei piani strategici sulla base dei risultati intermedi. E' il momento, quindi, di fare una verifica, con particolare riferimento alla Sicilia, non soltanto dei risultati finora conseguiti, ma anche delle logiche o meglio delle strategie del cambiamento che sta emergendo. L'attenzione è rivolta ad esaminare l'esperienza ormai ampiamente vissuta sotto l'egida del FEP, nonché la rispondenza dei nuovi orientamenti alle pressanti esigenze che il settore pone all'attenzione di chi ne ha la responsabilità di governo. Si tratta di affrontare questioni cruciali per evitarne l'ulteriore emarginazione del settore a causa dell'accentuarsi dei problemi occupazionali e dell'aggravarsi delle difficoltà economico finanziarie delle aziende, strette da una morsa costituita dai costi operativi crescenti, da un lato, e da condizioni oggettivamente critiche di sostenibilità ambientale, dall'altro. Si richiedono pertanto orientamenti di politica europea certamente più rispondenti di quelli attuali alle particolari condizioni dell'ambiente mediterraneo e alle "logiche operative" degli imprenditori che occupano l'intera filiera, dall'armamento e la cattura alla distribuzione, trasformazione, commercializzazione, ecc. Il distretto di Mazara del Vallo costituisce un interessante osservatorio per l'intera area mediterranea anche in funzione della sua esperienza di cooperazione con i paesi rivieraschi all'interno di una visione strategica che guarda al Mediterraneo come sistema economico-ambientale ma come luogo ove, attraverso la pesca e le attività collaterali, può sperimentarsi la soluzione del problema della sostenibilità sociale con riferimento all'integrazione culturale e religiosa.
0 ORGANIZZAZIONE DEL PROGETTO: "Analisi degli ambiti prioritari di domanda e offerta di tecnologie per la "Fabbrica Intelligente"" 0.1 Cenni Teorici sull'attività di Project Management La parola "Progetto" è utilizzata per indicare compiti e attività in apparenza molto diverse tra loro, basti pensare ad un progetto di ricerca e ad un progetto di costruzione di un edificio: due attività assai diverse e formalmente senza punti in comune. Al fine di approfondire i concetti legati al progetto in esame, sarebbe utile definire in maniera più precisa cosa si intende con la parola "progetto". Sin dai primi studi di Taylor e Gantt ad inizio del 1900 si è cercato di dare una definizione chiara del termine, arrivando a definirlo come: "Un insieme di persone e di altre risorse temporaneamente riunite per raggiungere uno specifico obiettivo, di solito con un budget determinato ed entro un periodo stabilito" (Graham, 1990) "Uno sforzo complesso, comportante compiti interrelati eseguiti da varie organizzazioni, con obiettivi, schedulazioni e budget ben definiti" (Russel D. Archibald, 1994) "Un insieme di sforzi coordinati nel tempo" (Kerzner, 1995) "Uno sforzo temporaneo intrapreso per creare un prodotto o un servizio univoco" (PMI – Project Management Institute, 1996) "Un insieme di attività complesse e interrelate, aventi come fine un obiettivo ben definito, raggiungibile attraverso sforzi sinergici e coordinati, entro un tempo predeterminato e con un preciso ammontare di risorse umane e finanziarie a disposizione." (Tonchia, 2007) È da notare che, a prescindere dall'organizzazione e dal settore di riferimento, un progetto è caratterizzato da alcuni elementi distintivi: • un obiettivo da raggiungere con determinate specifiche; • un insieme di attività tra loro coordinate in modo complesso; • tempi di inizio e fine stabiliti; • risorse normalmente limitate (umane, strumentali e finanziare); • carattere pluridisciplinare o multifunzionale rispetto alla struttura organizzativa. La specificità dell'obiettivo determina l'eccezionalità del progetto rispetto alle attività ordinarie e quindi l'assenza di esperienze precedenti. Le organizzazioni, siano esse imprese, enti pubblici o Università, svolgono appunto due tipologie di attività con caratteristiche distinte: 1. funzioni operative; 2. progetti. Talvolta le due categorie presentano aree comuni e condividono alcune caratteristiche: • sono eseguiti da persone; • sono vincolati da risorse limitate; • sono soggetti a pianificazione, esecuzione e controllo. Nonostante queste caratteristiche comuni, progetti e funzioni operative hanno obiettivi diversi tra loro: il progetto infatti è di natura temporanea e ha lo scopo di raggiungere il proprio obiettivo e quindi concludersi, la funzione operativa invece è di natura ripetitiva e fornisce un'azione di supporto continuativo all'azienda. Un progetto indipendentemente dal settore e dall'organizzazione nel quale si sviluppa, ha 3 vincoli fondamentali tra loro in competizione: • qualità o prestazioni; • tempo; • costo. Per di più se il progetto è commissionato da un cliente esterno sarà presente un quarto vincolo, ovvero le buone relazioni tra l'organizzazione e il cliente, è chiaro infatti che è tecnicamente possibile gestire un progetto rispettando i primi tre vincoli senza coinvolgere il cliente, ma così vengono pregiudicati i futuri business. Le principali caratteristiche di un progetto sono: 1. Temporaneità: Ogni progetto infatti ha come detto una data di inizio e di fine definite, e quest'ultima viene raggiunta quando: a. gli obiettivi del progetto sono stati raggiunti; b. è impossibile raggiungere gli obiettivi; c. il progetto non è più necessario e viene chiuso. Temporaneità non significa che un progetto ha breve durata, i progetti infatti possono durare anche diversi anni, l'importante è comprendere che la durata di un progetto è definita con l'obiettivo di creare risultati duraturi. La natura temporanea dei progetti può essere applicata anche ad altri aspetti: - l'opportunità o finestra di mercato è generalmente temporanea; - come unità lavorativa, raramente il gruppo di progetto sopravvive dopo il progetto, il gruppo infatti realizzerà il progetto e alla conclusione di questo verrà sciolto, riassegnando il personale ad altri progetti. 2. Prodotti, servizi o risultati unici: Un progetto crea prodotti, servizi o risultati unici. I progetti solitamente creano: - un prodotto finale o un componente di un prodotto; - un servizio; - un risultato, come degli esiti, dei documenti e report. L'unicità è un'importante caratteristica degli output di un progetto. 3. Elaborazione progressiva: con questa espressione si intende lo sviluppo in fasi, organizzate attraverso una successione incrementale per tutto il ciclo di vita del progetto, infatti man mano che un Project Team (Gruppo di Progetto) approfondisce la conoscenza del progetto è anche in grado di gestirlo ad un maggiore livello di dettaglio e sarà in grado di arricchirlo di maggiori dettagli via via che il Team sviluppa delle conoscenze sul settore. L'attività di Gestione del Progetto o Project Management è l'applicazione di conoscenze, abilità, strumenti e tecniche alle attività di progetto al fine di soddisfarne i requisiti, dove il Project Manager (PM) è la persona incaricata del raggiungimento degli obiettivi di progetto. La gestione di progetto include: • identificare i requisiti; • fissare obiettivi chiari e raggiungibili; • adattare specifiche di prodotto, piani e approccio alle diverse aree di interesse e alle diverse aspettative dei vari stakeholder. • individuare il giusto equilibrio tra le esigenze di qualità, ambito, tempo e costi, che sono in competenza tra di loro. Nella gestione dei progetti infatti, è costante lo sforzo atto a bilanciare i tre vincoli (qualità e prestazioni, tempi e costi), poiché i progetti di successo sono quelli che consegnano il prodotto, il servizio o il risultato richiesti nell'ambito stabilito, entro il tempo fissato e rimanendo entro i limiti del budget definito, infatti la variazione anche di uno solo dei tre vincoli implica che almeno un altro ne risulta influenzato. Il PM si occupa inoltre di gestire i progetti tenendo conto dei rischi intrinseci di un progetto, ossia eventi o condizioni incerte che, se si verificano, hanno un effetto o positivo o negativo su almeno uno degli obiettivi di progetto. Una Gestione dei Progetti efficace ma allo stesso tempo efficiente, può essere definita quindi come il raggiungimento degli obiettivi del progetto al livello di prestazioni o qualità desiderate, mantenendosi nei tempi e nei costi previsti e utilizzando senza sprechi le risorse disponibili. Tutto ciò è fondamentale che sia conforme al desiderio del cliente, infatti nei casi in cui un progetto è commissionato da un cliente esterno, le relazioni con quest'ultimo diventano un ulteriore vincolo di progetto e quindi Il successo di un progetto si raggiunge con quanto detto sopra e con l'accettazione da parte del cliente. Raramente i progetti vengono completati rispettando l'obiettivo originale, spesso infatti con l'avanzamento del progetto alcune modifiche sono inevitabili, e se non gestite in maniera opportuna possono anche affossare il progetto e il morale di chi ci lavora. Perciò è necessario un accordo reciproco tra PM e cliente relativo ai cambiamenti degli obiettivi, che comunque devono essere minimi e sempre approvati. È da ricordare infine che i PM devono gestire i progetti in base alle linee guida dell'azienda a cui fanno riferimento, rispettando procedure, regole e direttive dell'organizzazione, altrimenti si rischia che il PM venga considerato come un imprenditore autonomo, finalizzato esclusivamente al raggiungimento dei suoi obiettivi, rischiando così di modificare il flusso di lavoro principale dell'organizzazione. 0.2 Scopo del Progetto Sotto il suggerimento della Commissione Europea, tutte le Regioni degli Stati membri dell'UE, sono state invitate a stilare un documento nel quale si definisca la propria Smart Specialisation Strategy SSS , al fine di favorire lo sviluppo delle politiche di coesione delle regioni e degli stati membri, da finanziare con i Fondi Strutturali per il periodo 2014-2020. Il concetto indica Strategie d'innovazione concepite a livello regionale ma valutate e messe a sistema a livello nazionale con l'obiettivo di: • evitare la frammentazione degli interventi e mettere a sistema le politiche di ricerca e innovazione; • sviluppare strategie d'innovazione regionali che valorizzino gli ambiti produttivi di eccellenza tenendo conto del posizionamento strategico territoriale e delle prospettive di sviluppo in un quadro economico globale. In linea con le direttive comunitarie e in coerenza con quanto indicato nella SSS della Regione Toscana, IRPET Regione Toscana ha incaricato quindi il Consorzio QUINN a redigere un report denominato "Analisi degli ambiti prioritari di domanda e offerta di tecnologie per la "Fabbrica Intelligente"", affinché venga delineato il panorama delle imprese regionali che fanno uso di queste tecnologie, al fine di erogare in una seconda fase dei finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo, in particolare quelli gestiti nell'ambito dei fondi strutturali che svolgono un ruolo rilevante come promotori dell'innovazione tecnologica. La "Fabbrica Intelligente" infatti rappresenta una delle 9 aree tecnologiche individuate dal Bando «Cluster Tecnologici Nazionali» presentato dal MIUR il 30 maggio 2012, e definita come strategica per la competitività del Paese. Nella SSS regionale, l'ambito prioritario legato alle tecnologie per la Fabbrica Intelligente si rivolge alle tecnologie dell'automazione, della meccatronica e della robotica. Ai fini degli obiettivi della SSS queste tre discipline concorrono in maniera integrata a sviluppare soluzioni tecnologiche funzionali all'automazione dei processi produttivi, in termini di velocizzazione, sicurezza e controllo, della sostenibilità ed economicità degli stessi, nonché dell'estensione della capacità di azione. Per un più semplice inquadramento definitorio, le tecnologie di questi tre settori vengono di seguito approfonditi e descritti in maniera distinta. 1. AUTOMAZIONE : Per "automazione" si intende lo sviluppo di sistemi, strumentazioni, processi ed applicativi che consentono la riduzione dell'intervento dell'uomo sui processi produttivi. L'automazione in tal senso si realizza mediante soluzioni di problemi tecnici legati all'esecuzione di azioni in maniera ripetuta, nella semplificazioni di operazione complesse, nell'effettuazione di operazioni complesse in contesti incerti e dinamici con elevato livello di precisione. Il concetto di automazione assume un carattere estensivo di integrazione di tecnologie e di ambiti applicativi (dal laboratorio, alla fabbrica intelligente), mantenendo il focus sul controllo automatico dei processi. 2. MECCATRONICA : La "meccatronica" è una branca dell'ingegneria che coniuga sinergicamente più discipline quali la Meccanica, l'elettronica, ed i sistemi di controllo intelligenti, allo scopo di realizzare un sistema integrato detto anche sistema tecnico. Inizialmente la meccatronica è nata dalla necessità di fondere insieme la meccanica e l'elettronica, da cui il nome. Successivamente l'esigenza di realizzare sistemi tecnici sempre più complessi ha portato alla necessità di integrare anche le altre discipline per applicazioni industriali robotiche e di azionamento elettrico. 3. ROBOTICA : Come ramo della cibernetica rivolto alle tecniche di costruzione (ed i possibili ambiti di applicazioni) dei robot, la robotica è la disciplina dell'ingegneria che studia e sviluppa metodi che permettano a un robot di eseguire dei compiti specifici riproducendo il lavoro umano. La robotica moderna si è sviluppata perseguendo principalmente: a) l'autonomia delle macchine; b) la capacità di interazione/immedesimazione con l'uomo e i suoi comportamenti. 0.3 Stakeholder del Progetto La definizione stakeholder o portatori di interesse fu elaborata nel 1963 al Research Institute dell'Università di Stanford da Edward Freeman, definendoli come i soggetti senza il cui supporto l'impresa non è in grado di sopravvivere. Gli stakeholder di un progetto sono persone o strutture organizzative coinvolte attivamente nel progetto o i cui interessi possono subire effetti dell'esecuzione o dal completamento del progetto, possono quindi avere influenza sugli obiettivi e sui risultati del progetto. Ignorare gli stakeholder può portare a conseguenze negative sui risultati del progetto, il loro ruolo infatti può avere sia un impatto negativo che positivo sul progetto: gli stakeholder positivi sono quelli che traggono vantaggi dalla buona riuscita del progetto, è quindi vantaggioso supportarne gli interessi, mentre i negativi sono quelli che vedono risultati sfavorevoli dalla buona riuscita del progetto, gli interessi di questi ultimi avrebbero la meglio con un aumento dei vincoli sull'avanzamento del progetto. Solitamente gli stakeholder principali in un progetto sono rappresentati da: • Project Manager: persona responsabile della gestione del progetto; • Cliente/utente: persona o struttura organizzativa che utilizzerà il prodotto del progetto; • Membri del Team di progetto: membri del gruppo incaricati all'esecuzione del progetto; • Sponsor: persona o gruppo che fornisce le risorse necessarie al progetto; • Soggetti influenti: persone o gruppi che sono non direttamente collegati con l'acquisto o l'uso del prodotto ma che, a causa della posizione ricoperta nella struttura organizzativa del cliente, possono influire positivamente o negativamente sul corso del progetto. Il compito di gestire le aspettative degli stakeholder va al Project Manager, spesso ciò non è semplice a causa dei differenti e contrastanti obiettivi degli stakeholder. Nel presente progetto gli stakeholder coinvolti nelle varie attività possono quindi essere ricondotti a quattro soggetti o gruppi: • Ente Committente: IRPET; • Ente Incaricato: Consorzio QUINN; • Team di Progetto; • Regione Toscana. 0.3.1 IRPET: ISTITUTO REGIONALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA DELLA TOSCANA L'IRPET, nato nel 1968 come organo tecnico-scientifico del CRPET (Comitato regionale per la programmazione economica della Toscana) con la finalità di compiere gli studi preliminari all'istituzione dell'ente Regione, è diventato Ente pubblico con legge della Regione Toscana nel 1974. L'Istituto è ente di consulenza sia per la Giunta che per il Consiglio regionale per lo svolgimento di compiti di studio e ricerca in materia di programmazione. Sono compiti dell'Istituto, in particolare: a) lo studio della struttura socio economica regionale e delle sue trasformazioni, degli andamenti congiunturali e dei relativi strumenti analitici; b) lo studio della struttura territoriale regionale e delle sue trasformazioni e dei relativi strumenti analitici; c) lo studio delle metodologie di programmazione, di valutazione e di verifica delle politiche; d) gli studi preparatori per gli atti della programmazione regionale e per il piano di indirizzo territoriale regionale in ordine ai problemi economici, territoriali e sociali; d bis) elaborazione dei documenti o rapporti di valutazione dei programmi nazionali e dell'Unione europea gestiti dalla Regione Toscana, di cui agli articoli 10, comma 5, e 12 della legge regionale 2 agosto 2013, n. 44 (Disposizioni in materia di programmazione regionale). e) la circolazione delle conoscenze e dei risultati di cui alle lettere a) b) e c). L'Istituto, nell'ambito delle medesime materie, può altresì svolgere altre attività di studio, ricerca e consulenza su committenza di soggetti pubblici e privati diversi dalla Regione, e inoltre: • stabilisce relazioni con enti di ricerca, anche esteri, istituti specializzati, dipartimenti universitari; • assume iniziative di formazione specialistica nelle discipline oggetto dell'attività dell'Istituto. 0.3.2 QUINN: CONSORZIO UNIVERSITARIO IN INGEGNERIA PER LA QUALITÀ E L'INNOVAZIONE Istituito nel 1989 su iniziativa dell'Università di Pisa con l'adesione di numerose grandi imprese italiane e riconosciuto dal MURST (oggi MIUR) con Decreto del 1991, l'attuale QUINN: Consorzio Universitario in Ingegneria per la Qualità e l'Innovazione viene costituito inizialmente con il nome "Qualital" allo scopo di far collaborare un gruppo di grandi imprese nella ricerca applicata e nella formazione manageriale in una disciplina in forte crescita, il Total Quality Management ed in particolare l'ingegneria dei processi aziendali. Nel 2005 alla missione originaria se ne affianca un'altra: l'innovazione. Cambia il nome: Quinn, Consorzio Universitario in Ingegneria per la Qualità e l'Innovazione, ma resta l'approccio rigoroso: sviluppare metodologie e strumenti di supporto ai processi innovativi derivanti dalla migliore ricerca e dalle esperienze più avanzate a livello internazionale. Il Consorzio con sede a Pisa, non ha fine di lucro; esso mira a creare sinergie tra le competenze del suo staff e dei partner accademici e le capacità operative delle Imprese industriali, delle Organizzazioni pubbliche e private operanti nella produzione di beni e servizi, allo scopo di promuovere e svolgere: • ricerca applicata e sperimentazione on field di metodologie e strumenti per il miglioramento della qualità di prodotti e servizi; • progetti di rilievo nazionale ed internazionale finalizzati allo sviluppo scientifico e tecnologico dell'ingegneria della qualità e dell'innovazione. Per quanto concerne la ricerca applicata le linee strategiche seguite riguardano: • Metodiche, strumenti per l'innovazione, la qualità, il miglioramento delle performance aziendali; • Gestione per Processi sviluppata in contesti diversificati; • Sistemi Integrati Qualità, Ambiente, Sicurezza, Sostenibilità. Il Consorzio QUINN è una struttura professionale con al vertice un rappresentante della componente accademica dell'Università di Pisa (discipline ingegneristiche) e gestito dal Direttore operativo con comprovata esperienza manageriale. QUINN opera quindi con un pool di professionisti che, con background multidisciplinare e approccio per «commessa», presidiano i principali ambiti di intervento: • il recupero di efficienza dei processi organizzativi; • la capitalizzazione dell'ascolto dei clienti e delle lessons learned; • il miglioramento continuo delle performance di unità operative e key people; • l'evoluzione dei sistemi di gestione Qualità, Ambiente e Sicurezza verso la sostenibilità. I componenti del pool, oltre ad operare personalmente sul campo, attivano collaborazioni con esperti del mondo della ricerca e delle professioni, per portare a termine progetti e ricerche che creino valore tangibile per i Committenti. Gli incarichi di QUINN si caratterizzano per la relativa non convenzionalità degli obiettivi assegnati, dei metodi di lavoro utilizzati e per l'interdisciplinarietà delle competenze richieste; costante è la flessibilità di approccio per rispondere ad esigenze che evolvono anche durante l'iter progettuale e l'attenzione a coinvolgere le risorse del Cliente che possono contribuire al risultato finale. Tra le linee di intervento a supporto dell'Innovazione attivate da QUINN negli ultimi 15 anni evidenziamo i "Servizi di supporto alle Policy pubbliche", che per la realizzazione di interventi di supporto alle policy regionali toscane (2010-2014) per l'innovazione delle imprese si sono articolate in: • Organizzazione e gestione di un percorso d'incontri per i centri servizi e di trasferimento tecnologico aderenti alla Tecnorete della Regione Toscana; • Revisione catalogo dei servizi avanzati e qualificati, sua estensione all'internazionalizzazione; • Analisi del concetto e di esperienze di Dimostratore Tecnologico; • Linee guida per la Divulgazione Tecnologica nel Trasferimento Tecnologico; • Linee guida per la valutazione della performance dei laboratori di ricerca e trasferimento tecnologico e laboratori di prova/analisi; • Linee guida alle attività di Business-Matching / Matchmaking; • Studio di fattibilità per una società di seed capital per Toscana Life Sciences e collaborazione con le attività di incubazione di Siena (2006); • Studi di fattibilità per le policy di sostegno alla nascita di nuove imprese innovative - CCIAA Lodi, ARTI/Regione Puglia (2007- 2008); • Indagine sul sistema dei Parchi Scientifici e Tecnologici Italiani (2010); • Studio di fattibilità dell'incubatore universitario di Sesto Fiorentino (2009); • Progettazione condivisa con gli attori territoriali del progetto Innovation Building a Prato (2009); • Ricerca sulla nuova imprenditorialità e attrazione di investimenti nel distretto della nautica della Spezia (2007-2008); • Attività di supporto all'Incubatore tecnologico di Firenze finalizzate alla ricerca e accoglimento di nuove imprese (2007); • Analisi di opportunità di nuove imprese innovative derivanti dalla costruzione di un nuovo ospedale (2006-2007). 0.4 Fasi del Progetto La Pianificazione del Progetto, nell'ottica di un'efficace Project Management, è stata svolta suddividendo il progetto in fasi al fine di poter effettuare un miglior controllo. I passaggi da una fase all'altra del progetto, che rappresentano il ciclo di vita del progetto, comportano generalmente una forma di trasferimento tecnico o comunque un passaggio di consegne, dove gli output ottenuti da una fase a monte, prima di essere approvati per procedere alla fase a valle vengono analizzati per verificarne completezza e accuratezza. Quando si ritiene che i possibili rischi sono accettabili, può essere che una fase venga iniziata prima dell'approvazione dei deliverable della fase precedente. Per fasi si intendono sequenze identificabili di eventi composti da attività coerenti che producono risultati definiti e che costituiscono l'input per la fase successiva. Le fasi standard identificabili nella maggior parte dei progetti sono: • Concezione e Avvio del Progetto; • Pianificazione; • Esecuzione e Controllo; • Chiusura. In sostanza il ciclo di vita del progetto definisce quale lavoro tecnico deve essere svolto in ciascuna fase, quando devono essere prodotti i deliverable in ciascuna fase e come ciascun deliverable deve essere analizzato, verificato e convalidato, chi è coinvolto in ciascuna fase e come controllare e approvare ciascuna fase. Le fasi che hanno portato alla redazione del report, nel quale le informazioni raccolte sul campo sono state organizzate in modo tale da consentire l'inquadramento del fenomeno della Fabbrica Intelligente in Toscana, sono così individuabili: • FASE 0: Fase Preliminare Dopo aver ricevuto l'incarico da parte di IRPET per la redazione del report, il QUINN ha analizzato la fattibilità del progetto, in modo da prevenire un rischio di insuccesso e dare concretezza all'idea progettuale, e una volta verificata ha redatto la propria Offerta Tecnica. Dopo l'accettazione dell'Offerta da parte dell'Ente Committente, QUINN ha costituito il Team di Progetto incaricato a svolgere le attività progettuali, assegnando a ciascun componente le proprie responsabilità e mansioni. Grazie all'utilizzo di tecniche efficaci per la pianificazione, sono state programmate nel dettaglio tutte le attività da svolgere, al fine di completare il report entro il termine fissato. • FASE 1: Comprensione del Contesto di riferimento In questa fase l'obiettivo centrale era rappresentato dalla comprensione del contesto del progetto, il Team di Progetto rispetto al contesto imprenditoriale italiano ha svolto un'analisi interna e una esterna, che hanno permesso di inquadrare il tema della "Fabbrica Intelligente". Partendo dalle origini prettamente letterarie del concetto, è stata illustrata l'evoluzione industriale che ha preceduto questo fenomeno, successivamente sono stati analizzati i macro trend socio-economici che hanno maggiore impatto sull'industria che stanno caratterizzando l'attuale scenario industriale, concludendo infine con la presentazione delle varie iniziative comunitarie e nazionali a sostegno della ripresa manifatturiera attraverso la "Fabbrica Intelligente". • FASE 2: Esplorazione del Concetto nel Panorama Internazionale Durante questa fase, svolta quasi in parallelo con la precedente, sono state analizzate le varie declinazioni al concetto di Fabbrica Intelligente e congiuntamente ricercati i trend e le tecnologie abilitanti. Attraverso un esercizio di Forecasting Tecnologico, osservando molteplici studi condotti da un altrettanto numero di esperti, sono stati identificati i trend attuali e quelli emergenti connessi alla Fabbrica Intelligente, con i conseguenti impatti sulle aziende e sulla forza lavoro. Alla fine sono stati ricercati alcuni casi di Fabbrica Intelligente, o di Industria 4.0 che dir si voglia, sviluppati da diverse aziende nel mondo. • FASE 3: Studio dell'Applicazione del Modello nella Regione Toscana Nello svolgimento di questa fase, si è passati allo studio degli ambiti prioritari della domanda e dell'offerta di tecnologie per la Fabbrica Intelligente nella Regione Toscana, per come identificata all'interno della SSS, focalizzandoci sulle tecnologie connesse all'automazione, alla meccatronica e alla robotica. Successivamente si è passati ad individuare possibili legami tra gli ambiti tecnologici analizzati e lo sviluppo di soluzioni tecnologiche funzionali ai processi produttivi, "in termini di velocizzazione sicurezza e controllo dei processi, della sostenibilità ed economicità degli stessi, nonché dell'estensione della capacità di azione". Si è arrivati infine a delineare il panorama della diffusione del modello della Fabbrica intelligente nelle imprese del sistema produttivo toscano, grazie all'analisi della diffusione fra le aziende produttrici e utilizzatrici delle tecnologie correlate, attraverso il merging di due DB di imprese Toscane stilati da enti qualificati, interviste in profondità e telefoniche, e infine attraverso l'organizzazione di due Focus Group. • FASE 4: Realizzazione Conclusiva del Report La quarta e ultima fase ha portato alla redazione finale del report, nel quale le informazioni sia di carattere quantitativo, ma soprattutto qualitativo raccolte sul campo sono state elaborate in maniera tale da evidenziare la diffusione del fenomeno nel tessuto produttivo toscano. I risultati conseguenti all'elaborazione di tali informazioni risultano essere: - la descrizione di casi studio sia di utilizzatori che di sviluppatori, con la presentazione delle peculiarità di adozione delle tecnologie che prefigurano possibili modelli di adozione alla Fabbrica intelligente; - la mappatura della diffusione delle tecnologie abilitanti della Fabbrica intelligente in Toscana con riferimento alle imprese utilizzatrici; - inquadramento del livello di maturità dei diversi settori produttivi toscani rispetto alle tecnologie target identificate dal Cluster Fabbrica Intelligente; - raccomandazioni di policy. 0.5 Strumenti e Tecniche utilizzate nell'ambito del Progetto Per una più facile comprensione dei contenuti, in questo paragrafo vengono descritti in forma teorica gli strumenti e le tecniche gestionali, che il Team di Progetto ha utilizzato per lo svolgimento delle attività progettuali, elencandoli in funzione dell'impiego nelle diverse fasi del progetto. Nel proseguo del lavoro, dove verranno presentati i contenuti del report, saranno illustrate le modalità operative realmente avviate nell'applicazione dei vari strumenti. 0.5.1 FASE 0: FASE PRELIMINARE In questa fase preliminare il PM detiene la responsabilità della pianificazione, integrazione ed esecuzione dei piani. La pianificazione, ovvero il P nella logica PDCA, è fondamentale a causa della breve durata del progetto e per l'assegnazione delle risorse. L'integrazione risulta altrettanto importante, altrimenti ogni soggetto sviluppa la propria pianificazione senza tener conto degli altri. La pianificazione è la definizione di cosa fare, quando va fatto e da chi; è destinata in linea teorica a: • "acquisire" gli obiettivi del processo; • individuare le fasi o meglio processi, diretti ed indiretti, che consentono di raggiungere gli obiettivi prefissati ovvero stesura della "mappa" di processi e delle interazioni; • scegliere metodi per il do, il check e l'act, il personale, i materiali e/o le informazioni, le macchine/tecnologie e/o attrezzature per ogni processo operativo aggredibile; • provare, sperimentare, verificare là dove non si sa; • emettere specifiche, standard; • occuparsi delle eventuali attività di comunicazione e addestramento. Per un PM è fondamentale utilizzare tecniche di pianificazione efficaci, e di seguito sono descritte quelle utilizzate durante tutte le fasi del progetto: • Work Breakdown Structure (WBS); • Matrice RACI; • Diagramma di Gantt; • Flow Chart (FC). 0.5.1.1 Work Breakdown Structure (WBS) La WBS (Work Breakdown Structure) è una forma di scomposizione (o disaggregazione secondo una struttura ad albero) strutturata e gerarchica del progetto che si sviluppa tramite l'individuazione di sotto-obiettivi e attività definite ad un livello di dettaglio sempre maggiore. Scopo della WBS è di identificare e collocare all'ultimo livello gerarchico pacchetti di lavoro (Work Package) chiaramente gestibili e attribuibili a un unico responsabile, affinché possano essere programmati, schedulati, controllati e valutati. La WBS è uno strumento di fondamentale importanza nel Project Management, infatti fornisce le basi per sviluppare una matrice delle responsabilità e successivamente effettuare lo scheduling . Attraverso la suddivisione dei deliverable in componenti più piccoli definiti "work package" si semplifica la gestione del progetto. Il work package infatti rappresenta il gradino più basso della gerarchia WBS ed è tramite questo che si possono definire in maniera più affidabile schedulazione dei tempi e costi. La suddivisione per livello procede riducendo ampiezza e complessità fino a quando non perviene a una descrizione adeguata e inequivocabile della voce finale. La Work Breakdown Structure (WBS), ha permesso di individuare, ai vari livelli, tutte le attività di sviluppo del progetto. La logica di scomposizione utilizzata è stata quella del processo di lavoro, questa logica consiste nel suddividere il progetto in relazione alla sequenza logica delle attività realizzative che verranno messe in opera, e ci ha permesso di individuare, per ogni pacchetto di lavoro: • scopo del lavoro con obiettivi e vincoli; • il processo di lavoro e le sue interfacce; • le risorse assegnabili e assegnate; • i limiti di tempo. 0.5.1.2 Matrice RACI La Matrice RACI è uno strumento che viene utilizzato per l'individuazione delle responsabilità all'interno di un progetto. Essa indica alle risorse umane coinvolte le mansioni e il grado di responsabilità all'interno del progetto, inoltre fornisce indicazioni specifiche su come comportarsi nel gestire le relazioni e responsabilità di altre persone coinvolte, rappresentando un forte elemento di motivazione per le stesse. La matrice di responsabilità nella sua intersezione indica il tipo di persona a cui è delegata una persona o un'unità organizzativa. Generalmente vengono utilizzate delle sigle che esprimono le responsabilità, le più utilizzate sono quelle corrispondenti all'acronimo RACI: • R: "Responsabile": è il ruolo di colui che è chiamato ad eseguire operativamente il task (per ogni task è possibile avere più Responsabili); • A: "Approva": è aziendalmente il ruolo a cui riporta il Responsabile o che comunque dovrà svolgere un ruolo di supervisione del lavoro del/dei Responsabili(ci può essere un solo A per ogni attività); • C: "Coordinamento": è il ruolo di chi dovrà supportare il/i Responsabile nello svolgimento del task fornendogli informazioni utili al completamento del lavoro o a migliorare la qualità del lavoro stesso • I: "Informato": è il ruolo di chi dovrà essere informato in merito al lavoro del/dei Responsabile e che dovrà prendere decisioni sulla base delle informazioni avute. 0.5.1.3 Diagramma di Gantt La complessità sempre maggiore di molti progetti, la gestione di grandi quantità di dati e le scadenze rigide incentivano le organizzazioni verso l'utilizzo di metodi per la pianificazione delle attività su scala temporale. Le tecniche di scheduling più comuni sono: • Diagrammi a barre o di Gantt; • Tecniche reticolari: - PDM (Precedence Diagram Method); - ADM (Arrow Diagram Method); - PERT (Program Evaluation and Review Technique); - CPM (Critical Path Method). • Approccio della Catena Critica CCPM (Critical Chain Project Management). La tipologia di rappresentazione utilizzata nel presente report, è il diagramma a barre (di Gantt), un mezzo molto semplice e intuitivo per visualizzare le attività o gli eventi tracciati in relazione al tempo, come nel nostro caso, o al denaro. La rappresentazione utilizzata riguarda l'evoluzione del progetto su scala temporale, dove ogni barra rappresenta un'attività la cui lunghezza è proporzionale alla durata dell'attività stessa, la quale è collocata sulla scala temporale. Il diagramma di Gantt permette perciò di definire cosa fare in una determinata quantità di tempo, e stabilisce inoltre eventi o date chiave (milestone) di progetto e un riferimento per il controllo dell'avanzamento. Il vantaggio che ha apportato sta nell'ottimizzazione delle risorse, attraverso una contemporanea visualizzazione delle attività, delle tempistiche e dei soggetti coinvolti. Ha comunque tre limitazioni principali, infatti non illustra: • le interdipendenze tra le attività; • risultati di un inizio anticipato o tardivo nelle attività; • l'incertezza inclusa nell'esecuzione dell'attività. 0.5.1.4 Flow Chart (FC) o Diagramma di Flusso Il Diagramma di Flusso, detto anche Flow Chart, rappresenta una modellazione grafica per rappresentare il flusso di controllo ed esecuzione di algoritmi, procedure o istruzioni operative. Esso consente di descrivere in modo schematico ovvero grafico: • le operazioni da compiere, rappresentate mediante forme convenzionali (ad esempio : rettangoli, rombi, esagoni, parallelogrammi, .), ciascuna con un preciso significato logico e all'interno delle quali un'indicazione testuale descrive tipicamente l'attività da svolgere; • la sequenza nella quale devono essere compiute, rappresentate con frecce di collegamento. Tale strumento permette pertanto di visualizzare tutto o parte del processo e di capire il collegamento delle sequenze necessarie a svolgere una funzione. In particolare permette di individuare i punti del processo in cui si verifica l'effetto che si vuole analizzare e di risalire il flusso fino alle origini delle cause potenziali. 0.5.2 FASE 1: COMPRENSIONE DEL CONTESTO DI RIFERIMENTO Tutti i progetti si interfacciano con il mondo reale, quindi occorre considerare i diversi contesti in cui il progetto converge. Alla luce di questo il PM ha incaricato i componenti del Team di Progetto di effettuare, un'analisi del contesto di riferimento, svolgendo un esercizio di Forecasting Tecnologico, attraverso la Ricerca sul Web, allo scopo di realizzare: • un'Analisi Interna; • un'Analisi Esterna; • l'Analisi SWOT. 0.5.2.1 Ricerca sul Web Lo strumento che normalmente viene utilizzato per effettuare una ricerca sul web è il cosiddetto motore di ricerca, il quale è basato sull'inserimento di una o più parole-chiave le cui occorrenze vengono cercate all'interno dei vari documenti presenti in rete. Bisogna dire che il processo di ricerca e di selezione delle informazioni è molto più complesso di quanto si possa pensare, per l'appunto possiamo differenziare la ricerca delle fonti in due modi: • Fonti Istituzionali (es. Regolamenti Comunitari, EUROSTAT, ISTAT, etc.); • Fonti Pubbliche (es. Unioncamere); • Enti di natura scientifica (es. società di consulenza). La conoscenza precedente dell'argomento influenza e da maggiori garanzie di successo nella ricerca, in questo modo l'utente è in possesso di termini specifici che può utilizzare direttamente come keywords. Gli elementi per impostare una soddisfacente ricerca sul web possono essere riassunti in: • chiarezza dell'oggetto, quesito o obiettivo della ricerca; • tempo e capacità dell'utente che effettua la ricerca; • qualità delle risposte in termini di: - adeguatezza, completezza ed esaustività; - affidabilità e autorevolezza della fonte; - grado di aggiornamento. 0.5.2.2 Forecasting Tecnologico Il Forecasting Tecnologico è un settore dei Technology Future Studies che racchiude varie strumenti volti ad anticipare e a capire la direzione potenziale, le caratteristiche e gli effetti del cambiamento tecnologico. Sono identificabili 9 cluster: 0.5.2.2.1 Expert Opinion Questa famiglia comprende tecniche basate sull'opinione di esperti, e include la previsione o la comprensione dello sviluppo tecnologico attraverso intense consultazioni tra vari esperti in materia. Uno dei metodi più diffusi è sicuramente il Metodo Delphi. Questo metodo combina richiesta di pareri riguardanti la probabilità di realizzare la tecnologia proposta e pareri di esperti in materia dei tempi di sviluppo. Gli esperti si confrontano e si scambiano pareri in base alle proprie previsioni tecnologiche, in modo da arrivare a una linea comune. 0.5.2.2.2 Trend Analysis L'Analisi del Trend comporta la previsione attraverso la proiezione dei dati storici quantitativi nel futuro. Questa analisi comprende modelli sia di previsione economica che tecnologica. Una tecnologia di solito ha un ciclo di vita composto di varie distinti fasi. Le tappe includono tipicamente • una fase di adozione • una fase di crescita • una fase di sviluppo • una fase di declino. L'analisi cerca di identificare e prevedere il ciclo della innovazione tecnologica oggetto dello studio. 0.5.2.2.3 Monitoring and Intelligence Methods Questa famiglia di metodi (Monitoring e le sue variazioni: Environmental Scanning and Technology Watch) ha lo scopo di fare acquisire consapevolezza dei cambiamenti all'orizzonte che potrebbero avere impatto sulla penetrazione o ricezione delle tecnologie nel mercato. 0.5.2.2.4 Statistical Methods Fra i metodi statistici, i più diffusi sono l'Analisi di Correlazione e l'Analisi Bibliometrica. • L'Analisi di Correlazione anticipa i modelli di sviluppo di una nuova tecnologia correlandola ad altri, quando lo stesso modello è simile ad altre tecnologie esistenti. • L'Analisi Bibliometrica si concentra sullo studio della produzione scientifica (pubblicazioni, etc.) presente in letteratura. In particolare risulta utile al fine di: - sviluppare conoscenza esaustiva del tema oggetto di studio; - analizzare i database da usare, da cui trarre informazioni e dati; - acquisire conoscenza sulle informazioni dei brevetti, fonte importante per acquisire informazioni uniche dal momento che spesso i dati e le informazioni rintracciabili nei brevetti non sono pubblicati altrove; - definire la strategia di ricerca; - utilizzare gli strumenti di analisi, attraverso software di data e text mining efficienti; - analizzare i risultati, grazie alle informazioni di vario tipo da cui gli esperti possono estrarre informazioni strategiche. 0.5.2.2.5 Modelling and Simulation Per "modello" si intende una rappresentazione semplificata delle dinamiche strutturali di una certa parte del mondo "reale". Questi modelli possono mostrare il comportamento futuro dei sistemi complessi semplicemente isolando gli aspetti essenziali di un sistema da quelli non essenziali. Tra i principali metodi: • Agent Modeling, tecnica che simula l'interazione dei diversi fattori in gioco; • System Simulation, tecniche che simulano la configurazione di un sistema a fronte dell'azione di possibili variabili aggiuntive. 0.5.2.2.6 Scenarios Costituiscono rappresentazioni alternative delle tecnologie future, sulla base di considerazioni e condizioni ulteriori a seguito di possibili cambiamenti delle condizioni al contorno inizialmente ipotizzate. 0.5.2.2.7 Valuing/Decision/Economic Methods Tra i metodi il più popolare è il "Relevance Tree Approach": le finalità e gli obiettivi di una tecnologia proposta sono suddivisi tra: • obiettivi prioritari; • obiettivi di basso livello. Grazie ad una struttura ad albero è possibile identificare la struttura gerarchica dello sviluppo tecnologico. In base ad esso viene eseguita la stima delle probabilità di raggiungere gli obiettivi ai vari livelli di sviluppo tecnologico. 0.5.2.2.8 Descriptive and Matrices Methods In crescente affermazione in questa famiglia di metodi è la definizione di Roadmap dello sviluppo di tecnologie, che consiste nel proiettare i principali elementi tecnologici di progettazione e produzione insieme alle strategie per il raggiungimento di traguardi desiderabili in modo efficiente Nel suo contesto più ampio, una Roadmap tecnologica fornisce una "vista di consenso o visione del futuro" della scienza e della tecnologia a disposizione dei decisori. 0.5.2.3 Analisi SWOT L'analisi SWOT è uno strumento di pianificazione strategica semplice ed efficace che serve ad evidenziare le caratteristiche di un progetto o di un programma, di un'organizzazione e le conseguenti relazioni con l'ambiente operativo nel quale si colloca, offrendo un quadro di riferimento per la definizione di strategie finalizzate al raggiungimento di un obiettivo. La SWOT Analysis si costruisce tramite una matrice divisa in quattro campi nei quali si hanno: • Punti di Forza (Strengths); • Punti di Debolezza (Weaknesses); • Opportunità (Opportunities); • Minacce (Threats). L'Analisi SWOT consente di distinguere fattori esogeni ed endogeni, dove punti di forza e debolezza sono da considerarsi fattori endogeni mentre minacce e opportunità fattori esogeni. I fattori endogeni sono tutte quelle variabili che fanno parte integrante del sistema sulle quali è possibile intervenire, i fattori esogeni invece sono quelle variabili esterne al sistema che possono però condizionarlo, su di esse non è possibile intervenire direttamente ma è necessario tenerle sotto controllo in modo da sfruttare gli eventi positivi e prevenire quelli negativi, che rischiano di compromettere il raggiungimento degli obiettivi prefissati. I vantaggi di una analisi di questo tipo si possono sintetizzare in 3 punti: • la profonda analisi del contesto in cui si agisce, resa possibile dalla preliminare osservazione e raccolta dei dati e da una loro abile interpretazione si traduce in una puntuale delineazione delle strategie; • il raffronto continuo tra le necessità dell'organizzazione e le strategie adottate porta ad un potenziamento della efficacia raggiunta; • consente di raggiungere un maggiore consenso sulle strategie se partecipano all'analisi tutte le parti coinvolte dall'intervento. 0.5.3 FASE 2: ESPLORAZIONE DEL CONCETTO NEL PANORAMA INTERNAZIONALE Anche in questa fase, dove l'obiettivo era quello di ricercare nella letteratura le varie declinazioni al concetto di "Fabbrica Intelligente" e le tecnologie attuali ed emergenti connesse ad essa, è stata svolta un'analisi degli organismi specializzati nel Foresight Tecnologico e di profondi conoscitori del settore dell'automazione industriale, per studiare le tendenze tecnologiche per i prossimi anni. 0.5.4 FASE 3: STUDIO DELL'APPLICAZIONE DEL MODELLO NELLA REGIONE TOSCANA Durante lo svolgimento di questa fase, si è intrapreso un percorso di raccolta delle informazioni legate al tema della "Fabbrica Intelligente" nel tessuto produttivo toscano, che è stato strutturato in 3 diverse attività: • Mappatura della Diffusione delle Tecnologie in Toscana attraverso il merging dei DB "Osservatorio sulle imprese high-tech della Toscana" e delle "Aziende eccellenti" dell'IRPET con l'estrapolazione dei dati da Fonti Aziendali: questa attività verrà discussa nel dettaglio nel proseguo del lavoro; • Interviste in Profondità e Interviste Telefoniche; • Focus Group. 0.5.4.1 Intervista L'intervista semi-strutturata è l'equivalente del questionario, con domande predefinite dal ricercatore in fase di preparazione dello strumento; a differenziare i due metodi è il modo di presentazione, orale nel caso dell'intervista, scritto nel caso del questionario, che assicura maggiore capacità di adattamento all'interlocutore e di valorizzazione di tutte le opportunità di raccolta d'informazioni "non strutturate". L'intervista ha quindi il vantaggio di essere un metodo versatile, che è possibile utilizzare in ogni stadio della progettazione, dalla fase di esplorazione a quella di validazione ex post delle informazioni. A differenza dei questionari, la presenza del ricercatore allontana l'eventualità che il soggetto interpreti in maniera errata le domande o che si trovi in imbarazzo perché non comprende quanto gli viene richiesto; inoltre, nel caso di una risposta non attinente, il ricercatore può riformulare la domanda. Il vantaggio maggiore rispetto al questionario consiste nel fatto che l'intervista non registra la stessa alta percentuale di mancati recapiti da parte dei soggetti contattati; di conseguenza, i dati raccolti godono di maggiore validità . A differenza dell'intervista personale, l'intervista telefonica appare concepibile nell'ambito di un sondaggio, offrendo vantaggi legati soprattutto al costo e al tempo di esecuzione, nonostante la mancanza di un'interazione faccia a faccia limita la "competenza comunicativa" () dell'intervistatore e dell'intervistato. Durante l'intervista telefonica l'intervistato non può prendere visione diretta del questionario, come accade nel sondaggio tramite intervista personale, e non consente all'intervistatore il ricorso a tecniche che comportano strumenti da sottoporre visivamente all'intervistato, come forme di gadgets o scale auto-ancoranti. Dal punto di vista dell'intervistatore, si dispone di meno informazioni per valutare se l'intervistato ha capito davvero la domanda; di conseguenza tenderà a ridurre gli interventi opportuni per chiarire il testo. Non è possibile integrare il resoconto dell'intervista con informazioni relative all'ambiente fisico in cui essa ha luogo e al comportamento non verbale dell'intervistato. 0.5.4.2 Focus Group Interviste rivolte a un gruppo omogeneo di 7/12 persone, la cui attenzione è focalizzata su di un argomento specifico, che viene scandagliato in profondità. Un moderatore (spesso definito: 'facilitatore') indirizza e dirige la discussione fra i partecipanti e ne facilita l'interazione, anche attraverso la predisposizione di un "sceneggiatura" finalizzata a fare emergere le peculiari conoscenze ed esperienze, nonché finalizzata a favorire il confronto "creativo". Ogni partecipante ha l'opportunità di esprimere liberamente la propria opinione rispetto all'argomento trattato ma nel rispetto di alcune "regole del gioco" introdotte dal facilitatore; la comunicazione nel gruppo è impostata in modo aperto e partecipato, con un'alta propensione all'ascolto. Il contraddittorio positivo che ne consegue consente di far emergere i reali punti di vista, giudizi, pre-giudizi, opinioni, percezioni e aspettative del pubblico di interesse in modo più approfondito di quanto non consentano altre tecniche di indagine . Nella tabella seguente, sono riportati i metodi di Forecasting Tecnologico , suddivisi nei 9 cluster definiti dal "MIT- Massachusetts Institute of Technology", indicando quali sono stati impiegati nelle attività progettuali e in che fase. 0.5.5 FASE 4: REALIZZAZIONE CONCLUSIVA DEL REPORT Durante la fase conclusiva di redazione finale del report, il Team di Progetto si è concentrato nell'elaborazione dei dati raccolti durante le fasi precedenti attraverso strumenti grafici che hanno facilitato l'attività di capitolazione delle informazioni, tra cui: • Istogrammi; • Diagramma a Torta; • Mappatura con metrica a "semaforo" : questa tecnica di rappresentazione è stata ideata dal Team di Progetto. Le sue peculiarità saranno illustrate più nel dettaglio successivamente. • Modello di Maturità (Maturity Model). 0.5.5.1 Istogramma L'istogramma è la rappresentazione grafica di una distribuzione in classi di un carattere continuo. Un istogramma consente di rappresentare i dati attraverso rettangoli di uguale base ed altezza differente a seconda dei dati stessi, ed in un solo colpo d'occhio permette di capire se una "quantità" è maggiore, minore o uguale di un'altra semplicemente guardando l'altezza dei rettangoli. 0.5.5.2 Diagramma a Torta Un Diagramma a Torta è una tecnica di rappresentazione che in un modo semplice e diretto è evidenzia il peso delle varie componenti di una grandezza. In questo modo la grandezza in questione viene rappresentata sottoforma di cerchio i cui spicchi hanno un angolo e di conseguenza, un arco, proporzionale alle varie componenti. 0.5.5.3 Modello di Maturità Tale modello definisce il livello di maturità di un'entità. L'aspetto caratteristico di tale rappresentazione è il fatto di essere organizzato per livelli. Il modello definisce diversi profili di maturità crescente, indicando implicitamente anche una strategia molto generale di miglioramento che si basa sull'introduzione di quelle pratiche che permettono solitamente ad un'azienda, di muoversi da un livello di maturità al successivo.
In una stagione in cui la nozione di urbanistica è "inghiottita" da una parte dall'insostenibilità degli esiti prodotti, e dall'altra dall'introduzione della più complessa nozione di governo del territorio, l'opportunità di interrogarsi sulle più complesse dimensioni cui occorre riferirsi diventa impegno urgente. Sembra delinearsi un ritorno a pratiche più sistematiche, capaci di garantire il perseguimento di obiettivi strategici ideati, attraverso la programmazione di interventi inseriti nel quadro di piani dalla doppia dimensione strutturale-operativa. Ed in questa linea di pensiero acquistano importanza le pratiche conoscitive e valutative che accompagnano l'ideazione stessa degli strumenti di pianificazione. L'attività di ricerca ha approfondito i diversi approcci con cui le regioni italiane hanno affrontato il tema del governo del territorio. Dunque si è inteso approfondire il senso dell'urbanistica contemporanea, effettuando una ricognizione sugli strumenti di cui la disciplina si avvale, per verificarne criticamente la credibilità nei modi e negli esiti. Nello svolgimento si assume l'idea di un "paese di luoghi", ovvero una nazione formata da realtà locali fortemente identitarie, ma caratterizzate da profonde differenze culturali e socio-economiche, con notevoli conseguenze sulla capacità e sugli esiti di governo nei diversi contesti geografici. L'esperienza emiliano-romagnola è stata oggetto di approfondimento nel corso della ricerca, perché costituisce a mio avviso il sistema di pianificazione più efficace e completo nel panorama italiano. In altri casi, fra i quali la Campania, non pare che le annunciate innovazioni trovino la spinta e la volontà politica necessarie a operare realmente il cambiamento. Fra gli strumenti della pianificazione il quadro conoscitivo è stato codificato all'interno di alcune leggi regionali come elemento costitutivo del Piano, cui attribuire ruolo fondamentale nella ricerca della condivisione dei presupposti su cui costruire un quadro di compatibilità delle azioni. In regione Campania questa attività non è disciplinata dalla legge, ma esiste una casistica determinata dallo stile di chi si occupa delle questioni urbanistiche. Un caso particolarmente interessante è il territorio del comune di Capaccio-Paestum: esso è custode di un eccezionale patrimonio storico culturale e paesaggistico, e nondimeno si caratterizza per la presenza di grandi energie imprenditoriali costituenti una sorta di distretto produttivo locale di elevata vivacità e qualità. Si è svolto un approfondimento sperimentale su metodologie di indagine mirate all'ideazione del progetto urbanistico. La ricerca di razionalità nel processo avviato con la Relazione Programmatica per il nuovo piano diventa un presupposto cruciale per costruire argomenti su cui sostenere il dibattito con gli attori in campo.
La ricerca effettuata si basa sull'analisi degli utilizzi di nuovi sistemi di comunicazione all'interno dei distretti industriali tradizionali. Gli strumenti di comunicazioni presi in considerazione sono quelli offerti dal Web 2.0, i social media. Il distretto studiato invece fa parte del settore tessile tradizionale e dell'abbigliamento, nella fattispecie quello di Filottrano, comune marchigiano della provincia di Ancona. Web 2.0 e distretti industriali hanno come elemento in comune la forma reticolare, entrambi infatti sono costituiti da nodi e da relazioni tra di essi. Oltre alla forma reticolare, però, condividono anche una dinamica particolare, quella della concentrazione dei collegamenti in alcuni pochi nodi piuttosto che in tutti altri. Barabàsi sul finire degli anni '90 portò a termine una ricerca, che aveva come compito quello di mappare i collegamenti all'interno del web e i risultati che ottenne rivelarono che all'interno del web stesso vige una legge denominata "legge di potenza". Questa legge prevede che tanti piccoli eventi si manifestino assieme ad altri pochi, ma più grandi eventi, nel caso della struttura reticolare del web questa regola si traduce in: tante connessioni collegati in pochi nodi centrali e una moltitudine di nodi che invece detiene una quantità di connessioni notevolmente inferiore. Allo stesso modo per quanto riguarda i distretti industriali Markusen evidenziò, qualche anno prima di Barabàsi, come questi stessero assumendo una struttura specifica, denominata da lei stessa hub and spoke. Markusen (1996) definì questo sistema come un reticolo di aziende dominato da una o più imprese, non necessariamente di grandi dimensioni, ma fortemente integrate e collegate all'interno e all'esterno del distretto stesso. L'adozione dei social media, considerati come strumento di comunicazione, diffusione e raccolta di informazioni, è da considerare alla stregua delle innovazioni di processo. Le aziende dei distretti industriali tradizionali che generalmente hanno un sistema produttivo che non gode di una particolare predisposizione ad innovare se stesso, l'adozione di strumenti di comunicazione mediali perciò deve essere considerata come una predisposizione dell'azienda all'innovazione. Quali sono le dinamiche relative all'adozione di tali strumenti nei distretti industriali? Per indagarle è stato ricorso all'utilizzo di un questionario basato sul modello teorico del TAM (Technology Acceptance Model) introdotto da Davis nel 1986. Questo modello è caratterizzato dalla presenza di due variabili che predicono l'utilizzo della tecnologia, nella fattispecie l'utilità percepita e la facilità d'uso percepita. Nel 2000 il modello venne esteso accorpando anche processi di influenza sociale (Venkatesh e Devis, 2000), perciò anche nel modello utilizzato sono state inserite variabili categoriali per verificare quale dimensione sociale possa influenzare l'adozione di strumenti di comunicazione digitali. Il questionario ha permesso la ripartizione delle aziende del distretto: hub - molte relazioni con aziende subfornitrici all'interno del distretto; spoke - poche relazioni nel distretto, tra le quali quella con l'hub; spoke1 – relazioni anche con hub esterni al cluster locale. La clusterizzazione è stata effettuata verificando anche la quantità di connessioni "offline" con altre aziende, il risultato emerso evidenzia che le aziende hub e alcune aziende spoke1 hanno connessioni mediamente maggiori rispetto alle aziende spoke. Dato il numero ristretto di aziende analizzate (solo 42) questa ricerca non aspira a essere una rappresentazione oggettiva di quello che succede all'interno del distretto industriale filottranese e né tanto meno delle dinamiche dei distretti italiani, ma punta soprattutto a essere indicativa di fenomeni che possono presentarsi all'interno di contesti distrettuali tradizionali. I risultati mostrano che le aziende scarsamente connesse nel mondo offline e particolarmente dipendenti da un hub centrale, tendono a utilizzare in maniera minore i sistemi di comunicazione digitali come i social media. L'effetto di questo digital devide può essere una costante marginalizzazione delle imprese che non utilizzano nuove tipologie di ICT, oggi l'importanza del capitale informativo è molto aumentata e restare fuori dal circuito di reperimento delle informazioni generato dei nuovi sistemi mediali può causare un aumento progressivo della divaricazione che esiste già oggi tra chi utilizza le nuove tecnologie e chi no. La soluzione a questa deriva va ricercata in nuovi sistemi di cooperazione digitali, dai wiki al cloud computing, questi strumenti permettono di beneficiare del web in maniera meno dispendiosa per le aziende, la ripartizione di risorse e competenze sembra ad oggi una delle poche possibili soluzioni alla sempre crescente estromissione delle PMI dal mondo digitale e dalla possibilità di acquisire informazioni fondamentali per la propria attività d'impresa.
La ricerca in oggetto ha analizzato le relazioni tra migrazione e salute mentale nel Distretto di Pianura Est dell'AUSL di Bologna. Attraverso un dispositivo d'indagine multi-disciplinare basato sui quadri teorici dell'Antropologia Medica Critica, della Salute Pubblica e della Psichiatria, la ricerca si è inserita nell'ampio contesto di sperimentazione di un innovativo modello di assistenza per pazienti migranti, denominato Centro di Consultazione Socio- Culturale. L'architettura dello studio si rifà a un modello di Ricerca-Azione Partecipata e Multi-Situata fondato su un approccio analitico e auto-riflessivo, il quale ha consentito di problematizzare, oltre alle azioni e alle traiettorie dei vari soggetti che operano nel campo della ricerca, anche le categorie oggetto della ricerca stessa. L'analisi, profondamente radicata nel dato empirico, è stata condotta a partire dall'esperienza degli attori sociali coinvolti. Le esperienze, le informazioni e le rappresentazioni reciproche sono state co-costruite in forma partecipativa attraverso l'uso combinato di metodologie quali-quantitative proprie sia delle discipline sanitarie sia di quelle sociali. Come materiali della ricerca sono stati utilizzati: dati primari e secondari prodotti dalle istituzioni e dalle organizzazioni del territorio stesso; informazioni provenienti dall'osservazione partecipante; colloqui con informatori-chiave; interviste semi-strutturate con decisori politici, amministratori, organizzazioni del territorio, operatori dei servizi, cittadini e pazienti. La ricerca ha dimostrato la validità delle prospettive teoriche utilizzate e delle strategie di lavoro proposte. Il modello di lavoro multi-disciplinare e multi-metodologico si è rivelato produttivo nell'indagare congiuntamente le prospettive degli attori coinvolti insieme alle loro traiettorie, alle reciproche interconnessioni e alle relazioni tra processi locali e globali. L'analisi auto-riflessiva ha consentito di analizzare le attività del Centro di Consultazione evidenziandone vantaggi e limiti. Infine, la collaborazione tra Salute Pubblica e Antropologia Medica Critica ha dimostrato una grande potenzialità e produttività sia sul versante della ricerca scientifica sia su quello dell'assistenza sanitaria. ; This research has analysed the relationship between migration and mental health in the Distretto di Pianura Est of Bologna AUSL. Through a multi-disciplinary investigation tool based on the theoretical frameworks of Critical Medical Anthropology, Public Health and Psychiatry, the research was included in the broad context of testing an innovative model of care for migrant patients, called Socio-Cultural Advisory Centre. The study design relates to a model of Participatory and Multi-Situated Action Research, analytical and self-reflective, which made it possible to problematize, in addition to the actions and trajectories of the various actors of the research, also the categories addressed by the research. The analysis, deeply rooted in empirical data, was conducted starting from the real experience of the social actors involved. Experiences, mutual information and representations have been co-constructed in a participatory way through a combination of qualitative and quantitative methodologies well known both to social and health disciplines. The following research material was used: primary and secondary data gathered from institutions and organizations in the field; information from participant observation, interviews with key informants, semi-structured interviews with policymakers, administrators, local organizations, service personnel, citizens and patients. The research has demonstrated the validity of the theoretical perspectives that were applied and the strategies proposed. The working model of multi-disciplinary and multi-methodological approach has proved effective in investigating the perspectives of those involved as well as their own trajectories, the mutual interconnections and relationships between local and global processes. The self-reflective analysis has allowed the exploration of the activities of the Advisory Centre, highlighting advantages and limitations. Finally, the collaboration between Public Health and Medical Anthropology Critique has shown a great potential and productivity both in the field of scientific research and of health care. ; A pesquisa tem analisado as relações entre o fenômeno da migração e a saúde mental no Distrito Sanitário de Pianura-Est da AUSL de Bolonha. Através de um dispositivo de indagação multi-disciplinar e multi-metodológico baseado na perspectiva da Antropologia Médica Crítica, da Saúde Pública e da Psiquiatria, a pesquisa tem se inserido na experimentação de um modelo de atendimento aos pacientes migrantes, chamado Centro de Consultação Sócio-Cultural. O esquema do estudo se inspira ao modelo da Pesquisa-Ação-Participativa e Multi-situada, baseada em um abordagem analítica e auto-reflexiva, que tem permitido problematizar, além das ações e trajetórias dos diferentes atores que operam no campo da pesquisa, também as categorias-objeto de investigação. A análise, fortemente baseada nos dados empíricos, tem sido desenvolvida a partir da experiência dos atores envolvidos. As experiências, as informações e as mútuas representações dos diferentes atores foram co-construídas de forma participava por meio de uma combinação de metodologia qualitativas e quantitativas pertencente às ciências sociais e de saúde. Como materiais de pesquisa foram utilizados: dados primários e secundários produzidos por instituições e organizações do próprio território; informações obtidas a partir da observação participante, entrevistas com informantes-chaves; entrevistas semi-estruturadas com gestores, administradores, o organizações locais, operadores dos serviços, cidadãos e os doentes. A pesquisa têm demonstrado a validade do quadro teórico e das estratégias utilizadas nos trabalho. A abordagem multi-disciplinar e multi-metodologia tem se demonstrado produtiva na investigação das perspectivas de todos os atores envolvidos, em conjunto com as suas trajetórias, as mútuas interconexões e as relações entre os processos locais e globais. A análise auto-reflexiva permitiu analisar as atividades do Centro de Consultação, destacando vantagem e limitações. Finalmente, a colaboração entre Saúde Pública e Antropologia Médica Crítica tem mostrado um grande potencial em termos de produtividade, tanto no campo da pesquisa científica tanto quanto no dos serviços de saúde.
Haliç (The Golden Horn) is a mythical place that belongs not only to the history of Istanbul but to the whole of Europe. At Haliç land and sea merge: the natural harbour of ancient Constantinople, home to the naval arsenal and place of delights, it saw its natural and urban state change completely in the final phases of the Ottoman Empire. Its recent history has been marked by a process of intense industrialization, developing uncontrollably on its banks between the 19th and 20th centuries. Its importance as a production centre -the country's most important industrial area – grew in time in parallel with pollution levels in the surrounding environment. The climax of this process of transformation took place in the first decades after World War II when, due to heavy industrial pollution and the saturation of coastal spaces, Haliç became the productive heart but also the most run-down and densely populated urban area of the city. The history of the subsequent redevelopment of Haliç is fairly well known, having been the subject of numerous essays describing its socio-economic, cultural and political development. Less attention, despite the many publications on the subject, has been devoted to the analysis of this extensive process of de-industrialization and renewal from the point of view of architectural and urban design. The purpose of this essay is to contribute to the debate from this point of view, briefly reconstructing the major changes taking place in the urban landscape and updating the overview of critical reflection on the current urban situation, analyzed through some of the most important interventions carried out in recent years and the changes they induced. ; Haliç (il Corno d'Oro) è un luogo mitico che appartiene non soltanto alla storia di Istanbul ma a quella dell'intera Europa. Ad Haliç terra e mare si fondono insieme: approdo naturale dell'antica Costantinopoli, sede dell'arsenale marittimo e luogo di delizie, esso ha visto mutare completamente la propria condizione naturale ed urbana nelle ultime fasi di vita dell'impero ottomano. La sua storia più recente è segnata, infatti, da un processo di intensa industrializzazione sviluppatosi impetuosamente sulle sue sponde fra '800 e '900. L'incremento della sua importanza come centro produttivo –il primo distretto industriale del paese- è cresciuto nel tempo di pari passo con il livello di degrado prodotto sull'ambiente circostante. L'acme di questo processo di trasformazione si colloca nei primi decenni del secondo dopoguerra quando, a causa del forte inquinamento industriale e della saturazione di ogni spazio costiero, Haliç diviene il cuore produttivo ma anche l'area urbana forse più densa e degradata dell'intera città. La storia della successiva riqualificazione di Haliç è abbastanza nota, per essere giÀ stata oggetto di numerosi saggi che ne hanno descritti i diversi aspetti riguardanti lo sviluppo socio-economico, culturale e politico. Minore attenzione è stata invece dedicata, nonostante i molti contributi prodotti sul tema, all'analisi di questo esteso processo di de-industrializzazione e riqualificazione dal punto di vista della progettazione architettonica e urbana. Scopo di questo saggio è intervenire nel dibattito da questo punto di vista, ricostruendo per sommi capi le principali mutazioni avvenute nel tempo e aggiornando il panorama della riflessione critica allo stato attuale della situazione urbana, attraverso l'analisi di alcuni dei più rilevanti interventi di recupero realizzati in questi ultimi anni e delle trasformazioni da essi indotti.
Il lavoro di tesi ha per oggetto la nautica da diporto, cioè il settore della nautica che riguarda quelle unità navali di varia forma, dimensione e lunghezza, destinate ad un uso esclusivamente ricreativo o sportivo. L'obiettivo che il candidato si pone è di mostrare la dimensione quantitativa di questo settore, attraverso una illustrazione ampia, puntuale e precisa di vari aspetti che la caratterizzano, facendo ricorso ai dati forniti dai rapporti di settore più aggiornati. La struttura dell'opera si basa fondamentalmente su tre parti. La prima parte è una illustrazione della dimensione mondiale del fenomeno della nautica da diporto, nella quale il candidato espone i dati riguardanti il parco nautico complessivo, le strutture dedicate alla nautica e la produzione annuale di unità da diporto, con l'intento di comprendere quali siano i principali attori internazionali e le dinamiche generali del settore. Nella seconda parte dell'opera l'illustrazione verte su un segmento particolare del settore della nautica da diporto, quello delle navi da diporto di grandi dimensioni, meglio conosciute come yacht. Vengono presentati i dati riferiti alla composizione della flotta mondiale di queste unità, all'andamento della crescita del numero di yacht complessivi e alle previsioni di crescita future, al portafoglio ordini, al rapporto tra le fasce di lunghezza delle varie unità già costruite ed in ordine presso i cantieri, al fenomeno del chartering internazionale, al traffico di yacht lungo le coste italiane, all'indotto economico generato da questi e ai servizi di refit e repair. Infine alcune considerazioni in merito alla figura del potenziale consumatore di yacht, figura elitaria nel panorama internazionale, facendo riferimento ai dati statistici sulle persone ad alto reddito (HNWI – High Net Worth Individuals), ed altre considerazioni in merito ai mercati più promettenti nel panorama mondiale per il settore diportistico, approfondendo più nel particolare i mercati cinese e brasiliano. Nella terza parte, infine, l'attenzione è rivolta alla realtà locale, giocando su tre livelli distinti: quello nazionale (Italia), quello regionale (Toscana) e quello cittadino (Viareggio). Il posizionamento della nautica italiana all'interno del panorama mondiale è mostrato attraverso i dati che riguardano la composizione della flotta immatricolata in Italia, la produzione dei grandi yacht, la situazione della piccola e media nautica e i fabbisogni del settore nautico. In merito alla Toscana, ne sono analizzate le caratteristiche considerando il posizionamento della nautica regionale all'interno del panorama italiano, nonché la distribuzione della cantieristica all'interno della regione stessa. A questo proposito vengono presentati dati quantitativi riferiti al numero di aziende e al numero di addetti nelle aree maggiormente votate alla produzione nautica. Viareggio merita infine una sezione dedicata perché ricopre il ruolo di centro produttivo di riferimento per la Toscana, con numeri che la pongono al top fra i poli nautici mondiali. Il candidato ne illustra il ruolo, prima con una breve nota storica che ricopre il periodo che va dalla sua fondazione all'attualità, poi con una descrizione più approfondita delle caratteristiche e delle dimensioni del distretto al giorno d'oggi.
Il presente elaborato è incentrato sul tema del sovraindebitamento in ottica preventiva e, in particolar modo, alle procedure messe a disposizione dell'imprenditore al fine di prevenire tale situazione in cui l'eccessivo indebitamento, unito alle difficoltà finanziarie, possa paralizzare l'attività aziendale. A seguito della crisi finanziaria del 2007-2008, molte imprese, soprattutto di piccole dimensioni, sono scomparse dal mercato; questo fenomeno ha messo in evidenza come non sia più possibile fare impresa senza avere delle competenze in tema di controllo di gestione e in tema di finanza aziendale. Come verrà nelle pagine che seguiranno ampiamente analizzato, il nostro territorio è costituito da imprese aventi una dimensione media e piccola, caratterizzate dal fatto che a capo di esse non vi sia ancora un manager dotato di conoscenze e competenze tali da affrontare le difficoltà che sono insite nel sistema economico attuale, ma un capo azienda che conosce perfettamente il business da un punto di vista produttivo e, che preferisce mantenere il controllo totale della stessa avvalendosi della collaborazione dei proprio familiari. Il passaggio da una fase di sviluppo ad una fase di crisi non è repentino, ma il più delle volte è accompagnato da segnali che sono in grado di rivelare l'approssimarsi di tali situazioni, in un primo momento in maniera tenue, per poi divenire sempre più intense e non lasciare altra via all'imprenditore che quella di avviare le procedure concorsuali di vario genere. La letteratura negli ultimi anni, con riferimento alle imprese sia di piccole e medie dimensioni sia alle grandi imprese, ha modificato il significato della crisi. Si è passati da un concetto di gestione della crisi come momento episodico a uno dinamico, spostando quindi l'attenzione sulle capacità da parte del management di interpretare i segnali provenienti dall'interno e dall'esterno in maniera tale da prendere in considerazione l'eventualità di intraprendere azioni correttive finalizzate a garantire la continuità aziendale. Lo stato di crisi porta all'incapacità di raggiungere o mantenere l'equilibrio economico-finanziario; in altre parole, l'impresa non ha la capacità di soddisfare le attese di tutti quei soggetti che hanno a che fare con essa partecipando alla vita aziendale. Tuttavia, difficilmente la crisi ha esclusivamente matrice finanziaria: qualora sia possibile ripristinare l'equilibrio finanziario tali condizioni vengono meno, al contrario, se le cause hanno matrice economica (ad esempio un mix di produzione inadeguato), la situazione si presenta come più complessa, il solo ripristino dell'equilibrio finanziario non sarà pertanto sufficiente a far ripartire l'azienda. Da questo ne consegue che una crisi di matrice economica può generare uno squilibrio finanziario che porta l'impresa a una condizione di sovraindebitamento e, quindi, verso la chiusura. Le domande di ricerca nel presente lavoro di tesi possono così sintetizzarsi: • Esiste una struttura finanziaria ottimale per una PMI? • Cosa vuol dire crisi da sovraindebitamento? Cosa comporta? • Come prevenire tale situazione? Il lavoro si prefigge l'obiettivo di analizzare i contributi teorici in materia di struttura finanziaria ottimale nel primo capitolo, nello specifico saranno analizzati contributi di Modigliani e Miller, e le teorie che nascono dalla critica a questa, quali la Trade-off Theory e la teoria del Packing Order; nell'ultima parte del primo capitolo viene dato cenno ai fabbisogni finanziari delle PMI innovative con dei riferimenti all'attuale Impresa 4.0. Il secondo capitolo è interamente dedicato al tema della crisi da sovraindebitamento con l'analisi delle sue tipologie e le cause, l'analisi della procedura con tutte le sue implicazioni in tema di continuità aziendale e con le relative normative di riferimento. Il terzo capitolo tratta del soddisfacimento del fabbisogno finanziario delle PMI, analizzandolo in ottica qualitativa e quantitativa. In aggiunta, si fa riferimento a forme di finanziamento innovative utilizzabili dalle PMI, alternative al tradizionale canale del sistema bancario. Nello specifico saranno descritti sinteticamente strumenti sostenibili quali le cambiali finanziarie, le obbligazioni partecipative subordinate e i Minibond, strumenti questi che si differenziano per una maggiore o minore pervasività di chi presta denaro all'interno dell'organizzazione. In conclusione, sono analizzati gli indicatori reddituali e finanziari da monitorare costantemente, al fine di prevenire una situazione di crisi Con il quarto capitolo si entra nella parte più operativa e centrale dell'elaborato, esso è strettamente collegato al caso aziendale analizzato nel capitolo successivo. Il tema affrontato è quello concernente la ristrutturazione del debito, con riferimento al principio contabile OIC 6, tale procedura, sarà affrontata in via teorica, analizzando i diversi step necessari affinché il Piano di ristrutturazione vada a buon fine. In ultimo, con particolare riferimento al Decreto Legislativo 139/2015, saranno analizzate particolari poste di bilancio che nascono a seguito delle strategie adottate nel Piano, le quali possono essere: modifica dei termini originari del debito, estinzione del debito con cessione di attività ed estinzione del debito mediante conversione in capitale. L'ultimo capitolo tratta di un caso aziendale concernente una conceria operante nel distretto di Santa Croce sull'Arno che, nel tentativo di uscire da una crisi ormai quasi al suo punto peggiore, ha deciso di ristrutturare il debito con fornitori e istituti di credito.
2005/2006 ; Le politiche agrarie adottate a partire dalle bonifiche degli anni '20 del secolo scorso e dalle grandi opere di irrigazione, passando dal fenomeno della "demontanizzazione", fino alla grande estensione della monocoltura, hanno modificato il paesaggio del Friuli Venezia Giulia. Oggi l'agricoltura progredita è sorgente di numerosi impatti sull'ambiente e conduce ad una sua banalizzazione, semplificazione e all'impoverimento delle strutture ecologiche (Genghini, 2004). Essa, infatti, ha eliminato il tessuto connettivo-naturalistico di siepi, prati e boschetti che un tempo delimitavano i confini dei campi. I paesaggi agricoli tradizionali, erano, infatti, sicuramente meno produttivi dal punto di vista economico rispetto a quelli agrari industrializzati, ma possedevano le caratteristiche strutturali per evitare l'isolamento delle aree ad alta naturalità diffusa (Regione Emilia-Romagna, 2001). A tutto ciò, si unisce la progressiva perdita di suolo a favore di espansioni urbane di tipo residenziale e produttivo, che si sono sviluppate nel tempo in maniera irrazionale e repentina. È chiaro che il conflitto disciplinare non rende affatto le cose semplici: la ricerca di interessi economici immediati continua a sostenere uno sfruttamento intensivo della natura e del territorio. In pianura il diffondersi della monocoltura è sicuramente più proficuo, ma alla lunga porterà alla scomparsa di tutti i biotopi ed alla riduzione della biodiversità. Si avverte, pertanto, crescente la necessità di affrontare in maniera concreta e costruttiva uno dei più importanti problemi dell'epoca attuale, cioè il ripristino delle condizioni di vita dell'uomo e del suo rapporto con l'ambiente (Viola, 1988). La qualità del paesaggio agricolo-ambientale è da ritenersi la parte che meglio esprime lo "stato di salute" di un territorio e può divenire indicatore ambientale dei suoi cambiamenti. Spesso il paesaggio agrario è foriero di naturalità di per se stesso; in realtà si tratta di una parvenza di naturalità, andata persa con la semplificazione strutturale delle coltivazioni, sempre più monoculturali e sovrasfruttate. La preoccupazione concerne soprattutto i rischi di progressiva riduzione, frammentazione ed insularizzazione degli habitat naturali, assediati da un ambiente circostante reso sempre più ostile. Per fronteggiare tali rischi, si è sottolineata la necessità di politiche coordinate a livello europeo, volte alla costituzione di una vera e propria infrastruttura di stabilizzazione a grande scala (Gambino, 1997). I sistemi di tutela e vincolo messi in atto in questo ultimo decennio nel settore agro-ambientale, non sono serviti a bloccare lo sfruttamento delle aree libere, che continuano ad essere oggetto di interessi speculativi. Sebbene in questi ultimi anni si stia assistendo ad una ricostruzione ambientale con il concorso di contributi ed incentivi economici a livello europeo (Reg. CEE 2080/92, Piani di Sviluppo Rurale, fondi di vario tipo, ecc.), il timore è che questo fenomeno si riveli pressoché fittizio e sostituibile tramite altri incentivi economici più vantaggiosi, non appena se ne presenti l'occasione. Le forme di tutela ambientale attuate nella Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, come nel resto d'Italia, sono sempre meno gestibili se rapportate all'uso sregolato del territorio. Certamente anche la pianificazione territoriale di ogni livello non ha saputo prevedere scenari insostenibili annunciati. Anzi, spesso l'applicazione rigida di norme e la loro scarsa elasticità, ha indotto ed ancora induce chi usa il territorio a livello locale, a modificare o convertire le proprie attività frustrando potenziali sviluppi eco-sostenibili. Tuttavia esiste un metodo per ovviare tutto ciò. Gli agroecosistemi possono essere organizzati in modo da condurre ad una "infrastrutturazione" ecologica del territorio e ad una riduzione degli apporti inquinanti alla rete idrografica (Genghini, 2004). Tra le politiche di sistema per il miglioramento della qualità territoriale ed ambientale, infatti, è fondamentale la realizzazione di una Rete Ecologica Europea, così come prevista dall'Unione Europea secondo il progetto Natura 2000. L'organizzazione del territorio si espleta, quindi, non solo sulla base dei processi ecologici operanti a scala locale, ma in accordo con gli obiettivi di conservazione e di sviluppo a livello di grandi sistemi ambientali (Romano, 2000). Le politiche individuali, o "per isole di eccellenza", adeguarsi a risolvere alla scala più opportuna e con le necessarie complementarietà e sinergie, i problemi più comuni (Cavallera, 2002). La soluzione più corretta è quella di fronteggiare i problemi attuali con politiche di sistema allargate all'intero territorio. Le aree protette sono i luoghi privilegiati, i nuclei di un sistema che, per assicurare risultati certi, devono prendere in considerazione il territorio circostante, le zone limitrofe e i corridoi di collegamento tra i centri: l'intero sistema può essere comunemente definito rete ecologica, e attraverso le interazioni tra le varie parti, assicurerà l'equilibrio complessivo e il funzionamento anche degli ecosistemi più complessi (Tutino, 2002). Si tratta di realizzare una simbiosi tra la rete insediativa ed infrastrutturale del territorio ed una Rete Ecologica efficiente, da ricostruire sulla base di finalità polivalenti. Da un'analisi di tutte le componenti territoriali in gioco e attraverso l'esame di aree di interesse ambientale e dei vincoli che esse impongono, delle peculiarità delle stesse e delle normative di attuazione vigenti, si può tentare una progettazione ambientale utilizzando sistemi di connessione ecologica, tesi a ricostruire un paesaggio agrario che va pian piano scomparendo. La finalità del lavoro che viene proposto sta nel dimostrare come attraverso un oculato uso del territorio, sia possibile proporre una progettazione territoriale naturalistica innovativa, che metta insieme le esigenze di tutti i settori interessati, incidendo positivamente nella redazione e approvazione degli strumenti urbanistici locali. Quindi una pianificazione urbanistica sostenibile nei fatti che, senza imporre regole, contribuisca a modificare il modo di pensare il territorio. Il punto di partenza per un'attenta analisi parte proprio da questa considerazione: come fare per mantenere un elevato indice di diversità biologica, senza sottrarre il territorio all'uso della comunità ivi "localizzata", indicando così l'uso più corretto dei contenuti e dei caratteri che svolgono un ruolo importante per lo sviluppo socio-economico della popolazione. In sostituzione alla vecchia concezione di tutela, basata su una rigida conservazione a scopi prevalentemente scientifici, il problema della protezione delle aree di interesse ambientale assume una più organica visione come mezzo di elevazione socio-economica e culturale della popolazione interessata. Per attuare questa nuova concezione, vi è bisogno di una tutela che si estrinsechi, più che con una strumentazione a carattere vincolistico, con una sistematica azione di tipo propositivo (AA. VV., 1986). Le azioni di salvaguardia dovranno essere rivolte non solo alla tutela delle componenti naturali in senso stretto, ma anche a quelle antropiche. In questo senso la corretta tutela di un territorio deve significare non l'esclusione di quelle attività umane che hanno contribuito a creare o caratterizzare l'attuale situazione di equilibrio ecologico, ma anzi all'opposto la loro protezione, quando queste fossero riconosciute utili al mantenimento di determinate caratteristiche ambientali (AA. VV., 1986). S'intende evidenziare, quindi, accuratamente della situazione esistente e si cercherà un'alternativa che sia il meno possibile interferente con le attività produttive: la popolazione non deve sentire gli interventi come un impedimento, ma entrare in collaborazione con gli enti e le figure preposte alla gestione ambientale. Le analisi che si andranno a descrivere non sarebbero state possibili senza la preziosa collaborazione del Servizio Tutela Ambienti Naturali, Fauna e Corpo Forestale Regionale - Direzione Centrale Risorse Agricole, Naturali, Forestali e Montagna della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. Il suddetto servizio, nelle persone dell'arch. Massimo Rollo e del geom. Daniele Bini, ha fornito non solo le basi dati utilizzate per tutte le elaborazioni effettuate e per le cartografie prodotte, ma anche l'ausilio e le competenze richieste da tematiche molto specifiche ed i riferimenti puntuali per i sopralluoghi programmati nell'area d'indagine. La sollecitazione per effettuare alcune analisi si è concretizzata grazie a questa diretta collaborazione ed il lavoro è stato seguito con continuità e con interesse partecipativo. L'intenzione iniziale era quella di far partire la ricerca dalla pianificazione faunistico-venatoria, con il presupposto di ampliarla e collegarla a tematiche europee di protezione più lungimiranti e che potessero essere uno strumento per la corretta organizzazione territoriale e lo sviluppo sostenibile. Il lavoro si basa su un territorio campione che, dal punto di vista naturalistico e paesaggistico, è condizionato pesantemente dalle attività agricole, che interessano la gran parte del terreno disponibile. I comuni selezionati si collocano in un'area geografica a cavallo della linea delle risorgive in un'area condizionata dalla presenza della laguna, del carso goriziano. L'area oggetto di studio è stata selezionata, inoltre, in base all'immediata vicinanza con il confine della Slovenia, che condiziona l'intero territorio preso in esame, nonché per la presenza del confine provinciale tra Udine e Gorizia, che attraversa l'intero distretto. In situazioni analoghe, come nel caso esemplare della Provincia Autonoma di Bolzano, le organizzazioni territoriali vanno ben al di là della fascia confinaria, comprendendo macroaree di influenza. In una tale situazione è ancora più difficile prevedere scenari di sostenibilità globale. Il territorio, inoltre, è sottoposto ad una continua evoluzione ed è quindi importante che l'azione di tutela non porti a "congelare" la situazione attuale, ma ad evidenziare e guidare le modificazioni che contribuiscono al raggiungimento di successive condizioni di equilibrio fra le varie componenti delle aree protette. La tendenza è quella di non restringere il campo della tutela ai soli beni ambientali, ma di identificare l'azione di difesa nell'opera più generale di pianificazione del territorio campione (AA. VV., 1986). L'intenzione di focalizzare il lavoro su tre livelli di scala differenti intende dunque perseguire questo obiettivo: penetrare nel territorio campione circoscrivendolo solo successivamente con un'analisi dettagliata dell'intorno. In questo modo la protezione dell'ambiente non conosce barriere, come del resto non dovrà averne in sede di pianificazione della Rete Ecologica, che sarà volutamente prolungata oltre i confini dell'area campione. La prima parte, di carattere generale, riporta un'analisi di ampio respiro sui sistemi territoriali del Friuli Venezia Giulia. Dopo una sintesi della componente infrastrutturale (mobilità, insediamenti, produttivo), si passa alla descrizione delle tutele, con particolare riguardo alle aree protette ed all'attività venatoria. A conclusione viene descritto inoltre l'argomento di trattazione, vale a dire la Rete Ecologica ed i sistemi di connessione ambientale, con le loro definizioni ed il quadro normativo di riferimento. La seconda parte entra nel dettaglio del progetto a partire dall'inquadramento territoriale del distretto venatorio 15 – Pianura Isontina. Il territorio in questione viene definito con le sue peculiarità, le aree protette, le prescrizioni dei Piani Regolatori Generali Comunali (PRGC) e vengono presentati anche un uso del suolo a fini faunistici e lo strato dell'improduttivo derivato dalle analisi effettuate nella prima parte. Si comincia a delineare in maniera molto precisa la situazione territoriale interessata. Attraverso questa metodologia si tende ad avere una buona base di scelta per l'area di applicazione del progetto, che si colloca nella parte settentrionale del distretto 15, quasi totalmente a settentrione della linea delle risorgive. La vera e propria fase progettuale parte dallo studio della situazione vegetazionale degli elementi residuali nei seminativi della zona. Si sono assemblati i boschi definiti dai PRGC, i Pioppeti della carta dell'uso del suolo ed i boschi individuati tramite interpretazione visiva dell'ortofoto 2003. Già da questa prima elaborazione è possibile rendersi conto dei punti di forza ad alta naturalità e delle zone ad alto rischio di frammentazione. Sulla base di queste prime indicazioni si è proceduto con la realizzazione di una carta delle direttrici e delle interruzioni, che stabilisce passaggi e barriere per la fauna selvatica. La ricerca prevede come conclusione un intervento di ricostruzione ambientale nell'area campione: vengono, infatti, descritte le tipologie di miglioramenti ambientali adeguati al caso di studio, e si sono forniti alcuni esempi di come andrebbero applicate le indicazioni su casi particolari. Un problema rilevante che si pone nella gestione di tali risorse è quello della selezione degli interventi da proporre all'attenzione degli operatori agricoli. Considerate le limitate risorse a disposizione, infatti, non è pensabile intervenire con la stessa intensità ed efficacia sull'intero territorio. Risulta perciò necessario individuare le aree più valide o più adatte all'applicazione di queste misure, in modo da raggiungere livelli di sovvenzioni soddisfacenti per gli agricoltori e significativi dal punto di vista ambientale. L'obiettivo della ricerca è dunque da ricondurre a due aspetti distinti: individuazione, e poi conservazione e ripristino, di una continuità ambientale del territorio, e le modalità di gestione e di orientamento di tale struttura all'interno dell'agroecosistema. Il progetto sarà focalizzato essenzialmente sugli elementi di raccordo e di connessione, nel tentativo di conferire un tipo di protezione che agisca sul sistema di mantenimento globale. L'individuazione delle reti e delle linee di connessione, come tipicamente i corridoi ecologici o i sistemi d'interazione visiva, assicurano l'unitarietà e l'integrazione paesistica ed ecosistemica (Gambino, 1997). Inoltre il proposito è quello di creare un progetto che possa mettere in relazione in modo positivo il mondo agricolo e quello venatorio, da troppo tempo distanti l'uno dall'altro, gli uni inconsapevoli dei benefici apportati dagli altri.Per questo motivo è stata utilizzata la base del Piano Pluriennale di Gestione Faunistica che l'amministrazione regionale sta portando a compimento e che si può considerare certamente un riferimento metodologico utile per la realizzazione di una pianificazione faunistico-venatoria sostenibile. Detto piano attualmente utilizza un uso del suolo che tiene conto della densità faunistica per singole zone omogenee. La prospettiva futura è quella di utilizzare l'uso del suolo, con riferimento ai tipi di paesaggio agro-silvo-pastorali, per individuare una continuità ambientale all'interno del territorio di riferimento. Per un'adeguata rappresentazione grafica si è scelto di riportare nel testo solo particolari cartografici, oppure rappresentazioni relative ad aree di modeste dimensioni, inserendo le tavole grafiche complete alla fine del testo come allegati.
2006/2007 ; Questa tesi mette in rilievo, con particolare attenzione, l'attività dell' "Istituto per il Promovimento delle Industrie in Gorizia" sotto l'Impero Austro-Ungarico, dal 1902 al 1914. Lo scopo della ricerca è chiarire le caratteristiche della società multiculturale goriziana in un periodo di gravi sconvolgimenti nazionali per quanto riguarda l'attività economica promossa e protetta dall'Impero. Nella tesi si osserva attentamente la funzione dell' Istituto che nacque nel 1902, su iniziativa della Camera di Commercio e d'Industria di Gorizia, al fine di sostenere le piccole imprese locali promovendo, secondo la legge austriaca del 9 aprile 1873, la costituzione di cooperative di consumo e consorzi per l'acquisto di materie prime, di produzione e vendita. Fu un ente sociale autonomo, retto con sussidi finanziari del Ministero del commercio, della Dieta provinciale in cui esisteva una maggioranza italiana, della Camera di Commercio e dei Comuni della provincia. Tale ente godette, inoltre, di alcuni finanziamenti da istituti di credito locali. Amministrato da un Curatorio (das Kuratorium des Gewerbefoerderungsinstitutes Geweerbeförderungsdienst des k.k. Handels) costituitosi nel 1903, cui partecipavano tutti gli enti sostenitori mediante propri delegati; presieduto inizialmente da Ernesto Holzer, poi da Roberto Penso, l'Istituto si sviluppò fino a comprendere diversi uffici e servizi: ufficio della mediazione del lavoro, la biblioteca aperta alla consultazione pubblica, la Scuola speciale di perfezionamento per pittori decoratori ed arti affini, oltre ad una serie diversificata di corsi di formazione professionale in tutta la provincia. Tra le iniziative va annoverata quella di promozione degli artigianati domestici, già esistenti, tra cui quella del ricamo del merletto. Vennero, inoltre, organizzate numerose esposizioni e mostre delle opere dei frequentatori dei corsi professionali. Il materiale raccolto è composto da libri scientifici pubblicati e da documenti conservati in archivi pubblici. Questi ultimi si trovano classificati principalmente nell'inventario E.N.A.P.I. (l'Ente Nazionale per l'Artigianato e le Piccole Industrie), numerosi nell'Archivio di Stato di Gorizia. Non esiste nessuna pubblicazione che esamina complessivamente le serie dei documenti E.N.A.P.I. e, pertanto, il candidato ha svolto la ricerca con particolare attenzione a questi documenti cartacei degli archivi. Le carte, ben conservate, si presentano scritte in lingua italiana, slovena e tedesca. E' stata seguita la traccia del sommario originale, mantenendo l'ordinamento creato dall'Ente. Nella parte integrativa, versata in un secondo momento rispetto alla prima, si è cercato di ricreare un sommario virtuale, ricalcando l'ordinamento iniziale; è piuttosto evidente dalla tipologia delle carte, che negli anni '60 fosse stato creato un nuovo sommario dall'Ente stesso, ma non è stato possibile reperirlo. Dopo gli archivi aggregati, l'inventario continua con le carte dell'Istituto Nazionale Fascista, (INFAPLI), sorto nel 1938, e il cui materiale è giunto incompleto. Per cogliere i valori ed i significati della storia dell'istruzione professionale e la fondazione e le attività dell'Istituto per il Promovimento delle Industrie in Gorizia, è indispensabile capire bene la situazione socio-economica della Contea tra il 1850 ed il 1914. Nel Capitolo 1, quindi, si esplica l'economia austriaca tra il 1850 ed il 1873 e la fondazione delle Camere di Commercio e d'Industria sotto l'Austria, comprende anche la fondazione della Camera goriziana. I rivolgimenti rivoluzionari del 1848-1849 rappresentano, per l'Austria, la presa di coscienza della debolezza politica, interna ed internazionale, della monarchia. La scarsa rappresentatività del ceto imprenditoriale austriaco dipende da un complesso di fattori, storici e sociali, che ne frenano l'ascesa, riducono il suo impatto sul corpo sociale, e limitano in generale le possibilità di modernizzare l'apparato produttivo dello stato. Le Camere di Commercio e Industria nascono in Austria nel 1850, quindi, con un peso politico molto scarso, e il loro ruolo più importante risiede nella tempestiva acquisizione e nella trasmissione di informazioni sull'evoluzione della struttura produttiva dell'Impero. Tra il 1857 ed il 1859 si verifica un rallentamento del ciclo economico a livello internazionale e tale rallentamento tocca anche l'Austria, e la crisi economica culmina nel 1859, uno degli anni peggiori per la dinastia. Per rimettere in movimento la macchina degli investimenti lo stato stesso propone un nuovo piano di costruzione ferroviarie in grado di sanare gli handicap infrastrutturali del paese. La disastrosa guerra del 1866, tuttavia, impedisce ancora una volta il recupero dell'economia imperiale. Una ripresa di una certa durata si verifica solo dopo l'accordo con l'Ungheria nel 1867 e la nascita della duplice monarchia. La raggiunta stabilità interna assicura anche il decollo dell'economia. Gli anni tra il 1867 ed il 1873 sono conosciuti come l'Epoca degli Affari. Gli investimenti azionari subiscono forti rialzi, ma ancora una volta si tratta di una bolla speculativa, che termina con il clamoroso crac del 1873. La falcidia di imprese provocata dal crollo del 1873 non è, in ogni modo, solo un fatto negativo. La crisi favorisce l'eliminazione di molte aziende tradizionali e pone le basi di una modernizzazione industriale, i cui effetti si vedranno, però, solo alla fine del secolo. Nel 1850, anche a Gorizia, è istituita la Camera di Commercio presieduta da Ettore Ritter a cui va attribuita la paternità della "grande industria" di Gorizia. Una delle prime iniziative della Camera è l'organizzazione di una vetrina delle attività produttive goriziane. Infatti, nei quattro rapporti che furono pubblicati nella seconda metà del XIX secolo, vengono trattati tutti gli aspetti connessi al Circolo, come vedremo nei prossimi capitoli. Nel Capitolo 2 esaminiamo le vicende dell'economia provinciale tra il 1850 ed il 1880, principalmente con i primi due rapporti camerali di Gorizia: il Rapporto generale della Camera di Commercio ed Industria del Circolo di Gorizia rassegnato all'i. r. Ministero del Commercio sulle notizie statistiche desunte a tutto il 1858 edito nel 1859 ed il Rapporto della Camera di Commercio e Industria di Gorizia rassegnato all'i. r. Ministero del Commercio sopra le notizie statistiche degli anni 1870-1871-1872 edito nel 1873. Secondo il primo rapporto pubblicato, il Circolo goriziano fu caratterizzato da un'economia prevalentemente agricola attorno alla metà del secolo, nel cui ambito la produzione di seta greggia rappresenta un'importante risorsa. Si pose già il problema di conservare un assetto territoriale equilibrato per non danneggiare le risorse fondiarie ed evitare lo spopolamento della montagna e delle campagne, fonte di danni per l'intera comunità provinciale. La componente industriale del Circolo goriziano è, pertanto, basata sulla produzione di tessuti o di filati. Essa comprende ditte che operano con metodi dai più arcaici fino alla produzione di fabbrica. In questo senso il Rapporto ci fornisce una preziosa istantanea di un mondo in trasformazione in cui caratteri antichi convivono con tecniche moderne. Tale è una caratteristica propria di tutto l'Ottocento europeo che non deve essere considerato il secolo della rivoluzione industriale tout court. Esso è un periodo di transizione per l'Europa continentale, caratterizzato da contraddizioni interne e ritardi relativi tra i vari paesi, in relazione sia alla loro collocazione geografica sia alle componenti sociali dominanti. Nella seconda relazione, rispetto alla precedente, si nota un ampliamento delle tabelle e delle notizie statistiche, mentre l'inserimento di brevi monografie è limitato allo sviluppo dell'associazionismo e alla descrizione dell'esperienza delle industrie Ritter, in relazione alla colonia operaia di Straccis. L'avvenimento più importante nel periodo che tratta il Rapporto è l'arrivo della ferrovia a Gorizia, nel 1860, che rappresenta il superamento del relativo isolamento del capoluogo in fatto di comunicazioni e la possibilità di collegarsi ai grandi processi economici europei. Grazie alla Ferrovia Meridionale affluiscono, infatti, molti viaggianti, e il capoluogo della Contea è reso prospero per "un'affluenza straordinaria dei forestieri che fuggendo le nebbie ed i freddi nordici decantano la mitezza del suo clima e le delizie dei suoi dintorni". La perdita del Veneto nel 1866 favorì i produttori agricoli della Contea a, quasi, monopolizzare il mercato di Trieste. Sfortunatamente, nonostante tutte le favorevoli condizioni di cui si è parlato, il messaggio cade nel momento di una profonda crisi finanziaria, che segna la fine della Gründer Zeit e l'inizio di una lunga depressione. Dopo il 1873 occorre quindi un rallentamento dello sviluppo economico generale nella Contea, legato agli insufficienti investimenti individuali e sociali. Nel Capitolo 3: valutiamo le vicende dell'economia provinciale tra il 1880 ed il 1914 principalmente con le relazioni camerali divulgate nel 1889 e nel 1898: la Relazione sommaria della Camera di Commercio ed Industria di Gorizia rassegnata all'i. r. Ministero del Commercio intorno alle condizioni del suo distretto nell'anno 1888 ed il Rapporto statistico sulle condizioni dell'economia nazionale per il quinquennio 1891-1895 nel distretto della Camera di Commercio ed Industriadi Gorizia. In Austria la congiuntura generale 1880-1890 presenta aspetti di reale difficoltà, ma anche processi di trasformazione del vecchio apparato industriale ed evoluzioni positive del sistema finanziario. L'introduzione della Relazione… 1888 analizza le cause della crisi della struttura economica della Contea. A nostro parere al Presidente camerale, Eugenio Ritter, che percepisce, in ogni modo, importanti punti critici della situazione, sfuggono molte potenzialità provinciali: il suo sguardo indugia, forse eccessivamente, su Gorizia ed il suo circondario, senza riflettere sulle trasformazioni politiche ed economiche nel distretto gradiscano e nella bassa pianura. Le circoscrizioni di Cervignano, Cormons, Gradisca e Monfalcone sono in grado di rivaleggiare, alla fine del secolo XIX, con Gorizia ed il suo circondario in vari settori, in particolare nel tessile e nella lavorazione del legno. A Cormons sono attive filande e fabbriche di mobili, a Monfalcone e a Vermegliano, presso Ronchi, sono già operanti nel 1888 due importanti stabilimenti cotonieri, nel Cervignanese si rilevano fornaci di mattoni, filande e la famosa fabbrica d'amido del Chiozza. Per ragioni legate all'efficienza dei trasporti le nuove industrie prediligono le aree ben servite da infrastrutture come ferrovie e porti. Gorizia si presenta lontana rispetto ai principali assi di trasporto, almeno fino all'entrata in esercizio della Transalpina nel 1906, che ristabilisce, in parte e per breve tempo, l'equilibrio dei fattori a livello provinciale. Gli anni Novanta del secolo XIX sono, per l'Austria, il periodo della rinascita dopo la lunga stagnazione seguita alla crisi del 1873. Il governo centrale richiedeva pertanto la più ampia disponibilità possibile di dati statistici per valutare ed organizzare quello che si avviava a diventare, nei primi anni del Novecento, in modo certo imperfetto, uno dei più vasti mercati interni del periodo. Il Rapporto degli anni 1891-1895, tuttavia, è accomunato con il precedente nella valutazione negativa dell'evoluzione della struttura economica comitale. In realtà si tratta della crisi di un modello evolutivo imperniato sull'egemonia industriale del capoluogo. I fenomeni in atto a livello generale sono complessi e con diverse sfaccettature: si fanno sentire le prime avvisaglie della nuova rivoluzione produttiva, si affermano moderni metodi di raccolta e gestione dei capitali (le società per azioni, ad esempio), esplode il problema delle nazionalità. Questi processi si ripercuotono anche a livello locale, determinando una nuova distribuzione degli insediamenti produttivi. In quegli anni ha preminenza delle attività finanziarie in Austria ed in Europa innesca un processo che, senza eccessive forzature, si definisce di 'globalizzazione'. Le decisioni ed i progetti sono definiti ad alti livelli, scavalcando enti ed istituzioni locali, come succede alla piccola Camera goriziana. Nel quarto Capitolo tracciamo la storia delle mostre didattiche e l'istruzione professionale nel Goriziano a partire dal 1850 e principalmente con l'ausilio dei rapporti camerali summenzionati. Tra i fenomeni che caratterizzano la storia del periodo 1851-1914 va considerato particolarmente significativo il ruolo assunto dalle esposizioni universali in tutto il mondo industrializzato. Il 1851 è l'anno della prima esposizione mondiale, The Great Exhibition of the Works of Industry of All Nations, organizzata a Londra. Anche a Gorizia, fin dalla sua fondazione, la Camera di Commercio pose tra le sue finalità istituzionali primarie l'organizzazione di manifestazioni espositive, sia pure riferite al territorio provinciale. Dopo la chiusura della grande Esposizione mondiale di Vienna del 1873, un quotidiano locale scrisse che "Si può dire che gli oggetti degli espositori goriziani rappresentino genuinamente lo stato della nostra provincia: le grandi fabbriche e l'agricoltura sono rappresentate discretamente, l'industria minuta niente affatto; ed infatti è questo paese eminentemente agricolo e conta in pari tempo parecchi stabilimenti industriali, ma pur troppo sappiamo che i nostri artieri sono rimasti addietro di confronto anche a quelli dei paesi a noi limitrofi". La Camera di Commercio di Gorizia si profuse, da parte sua, per il miglioramento dell'istruzione insistendo sulla necessità dell'istituzione di una scuola professionale industriale, rivolgendo nello stesso anno 1873 una specifica domanda al Ministero. Anche nel Rapporto della Camera di Commercio pubblicato nel 1873, Ettore Ritter si sofferma a lungo sul problema dell'istruzione pubblica, a cui dedica un intero capitolo. La Scuola di perfezionamento, tuttavia, entra in funzione finalmente nel 1884, ormai sotto la tutela di Guglielmo Ritter, subentrato al fratello scomparso nella presidenza della Camera, e gestita anche con le contribuzioni del Governo, del Comune e della Dieta Provinciale. Si può dire che il 1887 segna il vero inizio della storia delle grandi mostre goriziane, cui seguiranno, fino alla prima guerra mondiale, almeno quattro manifestazioni importanti. Con gli anni Novanta, direttamente o indirettamente collegati all'attività della Camera di Commercio, il fenomeno delle mostre si diffonde anche a livello provinciale, in stretto rapporto con i corsi di formazione professionale organizzati già nel decennio precedente in diverse località. Vanno citate in particolare la scuola di perfezionamento per falegnami di Mariano e quella per panierai di Fogliano, istituite a sostegno di attività già piuttosto sviluppate. In realtà le mostre didattiche erano una consuetudine sviluppatasi in precedenza, in concomitanza con la riorganizzazione generale delle scuole avvenuta dopo la metà del secolo, e costituivano la tradizionale chiusura di tutti i corsi, a iniziare dalle scuole di disegno. La novità, per quanto riguarda le esposizioni didattiche di fine secolo, è rappresentata dal fatto che non vi compaiono solo i prodotti della scuola locale, ma, a titolo di esempio, oggetti provenienti da centri produttivi più avanzati o da un museo che organizzava mostre itineranti. Nei Capitoli 5 e 6, esaminando attentamente la documentazione E.N.A.P.I. dell'ASG, metto in rilievo la fondazione dell'Istituto per il Promovimento delle Industrie in Gorizia, la sua organizzazione e le sue attività nei primi anni. L'istituto per il Promovimento delle Industrie viene creato nel 1902 dalla Camera di Commercio di Gorizia sul modello dell'Ufficio per il Promovimento delle Industrie dell'i. r. Ministero del commercio di Vienna, esistente dal 1896. L'idea era stata lanciata dall'intraprendente segretario della Camera, Antonio Bisiach, e accolta con favore dai Presidenti Eugenio Ritter e Ludovico Mighetti, che ebbero pure l'appoggio del Comune, della Dieta Provinciale e delle autorità governative. Gestito da un Curatorio nel quale sono rappresentati tutti gli Enti sostenitori, l'Istituto opera dinamicamente fin dall'inizio e si propone ambiziosi compiti: informare gli industriali su nuovi strumenti e metodi produttivi, fungere da intermediario nei rapporti fra le industrie, appoggiare la formazione di consorzi e cooperative. Come si può leggere nella Relazione sull'attività spiegata fino alla fine di dicembre 1904, "il compito che si presentava al Curatorio, date le condizioni della provincia, non era facile, giacchè quella certa preparazione che trovasi fra il ceto operaio altrove manca nel Goriziano in gran parte." Ad aggravare questa situazione c'erano "l'indifferenza per i progressi moderni che si riscontra nella classe degli artieri" e la mancanza di scuole e musei industriali utili a istruire gli apprendisti. Nel programma dell'Istituto c'è prima di tutto un'articolata azione di sostegno dell'industria del legno, la più promettente, secondo il Curatorio, che comprende corsi di perfezionamento per falegnami (tenuti a Gorizia e a Cormons), esposizioni di mobili, aiuti alle cooperative; ma fin dall'inizio si organizzano anche corsi per calzolai a Monfalcone e Sesana, e si intraprende un'azione di valorizzazione della produzione dei cestai di Fogliano. I corsi sono diretti da insegnanti provenienti dall'Ufficio per il promovimento delle Industrie di Vienna, che svolgono una serie di lezioni teoriche (il corso per falegnami comprende: tecnologia, disegno professionale, disegno di dettaglio, meccanica, tenitura di libri e calcolazioni) e delle esercitazioni pratiche. I lavori sono, come sempre, oggetto dell'esposizione di chiusura. Tra il 1903 e il 1914 questa benemerita istituzione organizzò più di cento corsi d'istruzione professionale per ogni categoria di artigiani della provincia di Gorizia. Con il numero dei corsi tenuti nei paesi a maggioranza di lingua slovena e il numero dei partecipanti di lingua slovena, si mette in evidenza il fatto che l'Istituto organizzò vari corsi di perfezionamento, pur essendo tenuta la maggior parte dei corsi nella lingua tedesca, principalmente nelle città di Gorizia, Gradisca, Cormons ed altri paesi della pianura friulana di etnia italiana. Tali corsi di perfezionamento si tennero molto meno nei paesi di etnia slava come Caporetto, Comeno, Sesana e Merna. Fino al 1909 o 1910, furono prevalenti i partecipanti calzolai e falegnami. Dopo la fondazione di consorzi e cooperative, è possibile ipotizzare che questo nuovo sistema associativo sostituì il ruolo dell'Istituto e l'Istituto riuscì ad allargare le sue attività di istruzione ai nuovi campi, come ricamo e saldatura autogena, dopo il 1912. Sin dall'inizio delle attività dell'Istituto fu sempre presente la domanda di istruzione per sarti e pittori decoratori nel Goriziano. Per quanto riguarda i pittori decoratori, a Gorizia tale settore non fu mai presente fino a quell'epoca. Proprio per questa mancanza l'Istituto fondò una scuola speciale di perfezionamento per pittori, decoratori, verniciatori, indoratori ed arti affini, in Gorizia. Contemporaneamente vengono tenute decine di conferenze su svariati argomenti, organizzati viaggi d'istruzione e aperti ricreatori per apprendisti. Tra gli strumenti didattici una grande importanza continua ad essere data alle mostre, che assumono un carattere sempre più specialistico: nel 1907 una riservata all'industria edile, che riscuote un grande successo di pubblico, ed una rassegna d'arti grafiche in cui figurano tutte le migliori innovazioni della scuola viennese, illustrate anche in una conferenza; nel 1908, invece, torna l'interesse verso le arti tradizionali con una mostra di capolavori della pittura e scultura degli ultimi cento anni, organizzata in funzione della Scuola speciale di perfezionamento per pittori decoratori ed arti affini, sopra citato, aperta due anni prima. Anche in occasione di questa mostra si tengono conferenze illustrative che registrano una grande affluenza. L'Istituto per il Promovimento delle Industrie, con il suo dinamismo, l'attenzione concreta verso tutti i problemi connessi allo sviluppo dell'attività industriale, compresi quelli minuti inerenti le condizioni di vita della classe operaia, e, contemporaneamente, la sua proiezione in una dimensione europea, rappresenta certamente la migliore realizzazione dei progetti coltivati mezzo secolo prima da quel grande e lungimirante amministratore che era stato Ettore Ritter, il primo presidente della Camera di Commercio. Undici anni di attività bastano a dare a questo organismo un ruolo storico nel quadro generale dell'economia goriziana e a considerarlo meritevole di essere salvato anche dopo i grandi cambiamenti determinati dalla Grande Guerra. Secondo quanto si legge in una relazione del Comando militare italiano inviata nel 1917 al Segretariato Generale per gli affari civili della Provincia di Gorizia e Gradisca costituita dopo l'occupazione di Gorizia, "il risultato dell'attività dell'Istituto, date le difficili condizioni di sviluppo derivanti dall'antagonismo nazionale fomentato ad arte da cessato governo austriaco, è brillante. Ma migliore ancora sarà in avvenire, quando una concorde cooperazione degli enti locali e del Governo centrale di Roma, farà risorgere quest'istituzione, la quale, nata in Inghilterra anni addietro, fu trapiantata nelle nostre province, ove trovò terreno ferace per un prospero incremento, e più rigoglioso lo avrà quando sarà alimentato dalla genialità italica". ; XIX Ciclo