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'Venezia atlantica': per un'analisi economica e culturale dell'impatto dei generi coloniali nel secondo Settecento
Questo contributo fa dialogare tra loro fonti di natura diversa (dai Registri doganali dei Cinque Savi alla Mercanzia a periodici, dal-la pamphlettistica medica e moraleggiante a romanzi di successo) con l'obiettivo di re-stituire il panorama della ricezione materia-le e immateriale delle merci coloniali attra-verso l'osservatorio di Venezia, di cui si mette in luce il perdurante ruolo quale cen-tro di circolazione commerciale ma soprat-tutto di raccolta, costruzione e rifrazione di idee e informazioni. Questa doppia prospettiva che intreccia il dato economico e quello culturale per-mette di illustrare come Venezia non avesse rinunciato al tentativo di costruire politiche commerciali organiche guardando soprat-tutto a Ponente e raccogliendo in modo si-stematico e consapevole un'importante mo-le di dati e informazioni che avrebbero do-vuto tradursi in riforme ; This contribution brings together sources of different nature (from the Customs Regis-ters of the Cinque Savi alla Mercanzia to gazettes, from medical and moralizing pamphlets to successful novels) with the aim of depicting the panorama of the mate-rial and immaterial reception of colonial goods through the observatory of Venice, whose enduring role is highlighted as a centre of commercial circulation but above all of gathering, building and refraction of ideas and information. This double perspective that intertwines the economic and cultural data allows us to illustrate how Venice had not given up the attempt to build organic commercial poli-cies, looking especially to the West and col-lecting in a systematic and conscious way an important amount of data and informa-tion that should have been translated into reforms.
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Dossier-Governo globale: I «grandi» e i «piccoli» della terra - Economia e finanza - Beni pubblici globali: l'anello mancante
In: Politica internazionale: rivista bimestrale dell'IPALMO, Heft 1-2, S. 161-168
ISSN: 0032-3101
Antropologia e beni culturali nelle Alpi: studiare, valorizzare, restituire
In: Mondi locali, villaggi globali 3
Economia digitale, mercati globali ed evoluzioni dei sistemi fiscali
Negli ultimi anni abbiamo avuto una svolta epocale nel modo di fare commercio. Tramite la crescita delle telecomunicazioni e delle tecnologie informatiche ci troviamo in un contesto cibernetico virtuale che ha portato novità non solo nel mondo dell'economia e del diritto ma anche in quello sociale e politico e con cambiamenti anche nel modo di relazionarsi con gli altri, nel lavoro e nell'apprendere. L'uso di Internet ha permesso di diffondere in maniera capillare la conoscenza delle cose e la comunicazione tra le persone, e proprio grazie a questo è derivata la diffusione del fenomeno del commercio elettronico. Per commercio elettronico intendiamo l'acquisto, la vendita e la consegna, quando possibile, di beni, servizi e informazioni attraverso una rete mondiale di comunicazione telematica (Internet). Il pieno sviluppo di questo commercio è avvenuto tra la fine degli anni Novanta e l'inizio del Duemila, quando la rete di Internet ha permesso a imprese e clienti di operare in una vera piazza elettronica, con tutti gli ingredienti ma anche con modalità e problemi inconsueti. I problemi principali possono essere individuati nell'impossibilità di instaurare un contatto fisico tra venditore e compratore, quindi il compratore il più delle volte prima di un acquisto assume un atteggiamento scettico, non potendo contare su un rapporto di fiducia con il venditore. Inoltre i controlli non sempre sono efficaci e riescono a prevenire le truffe. Truffe che, per esempio, possono consistere in ladri che si inseriscono nella trasmissione e rubano il numero della carta di credito dell'acquirente, oppure nella nascita di falsi siti web con apparente aspetto di siti sicuri e consolidati, costruiti proprio per rubare i dati ai clienti ignari. Nonostante tutto, l' e-commerce o commercio elettronico è cresciuto sempre di più, da sembrare proprio un mondo che non conosce crisi. Solo in Italia, come risulta dai dati dell'ottavo "Rapporto eCommerce 2014" presentati nel maggio scorso , nell'ultimo anno vi è stato uno sviluppo del 17 % . Nell'ultimo triennio, quando moltissime attività del nostro territorio chiudevano, i numeri di acquirenti attivi che hanno fatto uso della tecnologia per i loro acquisti sono passati dai 9 ai 16 milioni. Sebbene ci sia stata questa crescita, non sono pochi i rischi sia fiscali che legali che riscontriamo in questa tipologia di commercio. Le difficoltà principali derivano da una mancanza di una normativa fiscale unitaria, tenendo di conto che tramite Internet possiamo raggiungere con un click realtà lontanissime con leggi e regolamentazioni del tutto differenti dalle nostre. I rischi più gravi si possono sinterizzare nei seguenti: maggiore facilità nel compiere operazioni di elusione fiscale internazionale, in particolare più facilità nell'utilizzo dei cosiddetti paradisi fiscali, maggiore difficoltà nell'individuare la residenza del contribuente o la sede dell'impresa, maggiore facilità di allargare la sfera di attività dell'impresa con conseguente maggiore difficoltà di applicazione di normative sostanzialmente diverse, forte disintermediazione dovuta alla scomparsa progressiva di grossisti, agenti, ecc. a cui il fisco assegna un ruolo importante nelle procedure di accertamento e riscossione e da ultimo la trasformazione di beni fisici, facilmente individuabili e tassabili, in prodotti digitali che in maniera difficile sono individuabili e tassabili. In questo lavoro viene presentato nel primo capitolo come viene definito l' e-commerce, come viene trattato dalla normativa italiana e i principali aspetti legali. Nel capitolo secondo ci concentriamo sulla fiscalità diretta e indiretta, analizzandola nel dettaglio, per individuare i principali elementi di criticità. Nell'ultimo capitolo, invece, vengono presentati i diversi approcci proposti per la tassazione del commercio elettronico e studiati i problemi più importanti che derivano da questo nuovo modo di fare commercio.
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L'insularità, l'isolamento e l'autonomia alimentare degli ikoots (Oaxaca, Messico) fra storia, flussi oceanici e catene globali di depauperamento
In: Archivio Antropologico Mediterraneo: Semestrale di Scienze Umane, Band 26, Heft 1
ISSN: 2038-3215
Gli huave/ikoots vivono su un'isola di barriera fra l'oceano Pacifico e un ampio sistema lagunare costiero, nell'Istmo di Tehuantepec (Oaxaca, Messico). Le loro comunità stanno sperimentando negli ultimi decenni una sempre maggiore dipendenza dalle catene di approvvigionamento dei beni di consumo di massa che procede di pari passo a una crescente conflittualità territoriale e a una progressiva perdita di autonomia alimentare ittica, fondata su una "sovranità oceano-politica" oggi in profonda crisi. Il saggio cerca di leggere il doppio vincolo fra dipendenza dalle catene di approvvigionamento e condizione di isolamento/insularità, "canalizzazione dei flussi vitali" (idrici, ittici, meteorici ecc.) e depauperamento ambientale, prendendo in considerazione un ampio arco temporale (dalle imprese di Cortés fino ai mega-progetti attuali) e alla luce di un'analisi etnografica della percezione locale dell'interdipendenza fra pesca abbondante e circolazione dei flussi oceanici. Dalla loro tradizionale posizione di "trasformatrici alimentari", sono soprattutto le donne oggi a farsi carico della consapevolezza di un benessere condiviso con l'ambiente acquatico, a fronte di una pesca (maschile) sempre più intensiva e di una crisi del metabolismo lagunare sempre più accentuata.
OSSERVATORIO: Fallimento del Doha Round, fallimento della Wto; Beni comuni, una proposta al governo Prodi; Asse Russia-Algeria per il gas; Argentina: puniti i crimini della dittatura militare
In: Giano: pace ambiente problemi globali ; rivista quadrimestrale interdisciplinare, Heft 54, S. 173-178
ISSN: 1124-9021
Pianificazione multilivello per una gestione forestale responsabile, rinnovata ed efficace
In: L' ITALIA FORESTALE e MONTANA, Band 79, Heft 4, S. 163-170
ISSN: 2036-3494
Viene presentata la prospettiva futura della pianificazione forestale, come articolata nei tre livelli gerarchici prefigurati dal TUFF del 2018, suoi successivi decreti attuativi e Strategia Forestale Nazionale del 2022. Essa si presenta quale strumento rinnovato e potenzialmente molto efficace per implementare le politiche di gestione e conservazione attiva dei beni forestali, in un quadro articolato di pianificazione territoriale multidisciplinare necessario al soddisfacimento di tutte le utilità ecosistemiche che la collettività richiede, nel quadro degli obiettivi globali, europei e nazionali di miglioramento del benessere della società, in un quadro di azioni ed attività antropiche ecologicamente e socialmente compatibili.
Manuale di ecologia, sostenibilità ed educazione ambientale
I cambiamenti climatici pongono con urgenza un profondo ripensamento della società, dell'economia e degli stili di vita, insomma un cambio di rotta. Attraverso la Teoria Generale dei Sistemi, si descrive l'impatto esercitato dalle attività umane sugli ecosistemi e sulla qualità della vita. La crisi ecologica e i rischi globali evidenziano la necessità di costruire un futuro più sicuro, più equo e più responsabile che poggia su tre grandi questioni: la conservazione dell'ambiente e delle sue risorse in condizioni di stabilità climatica, lo sviluppo sostenibile basato sulla carring capacity e l'educazione ambientale.
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marxismo ecologia e costituzione
Questo saggio analizza le origini del consolidamento progressivo della sensibilità ecologica negli ultimi cento anni, le rapporti tra l'ecologia e la costituzione e l'ampiezza teorica dei concetti di diritti fondamentali, diritti umani, democrazia, socialismo per evitare la catastrofe, non dimenticando che il discorso ecologico è nato nelle tradizione socialisti sovietici. Analizza anche dalla guerra come fonte di diritto e la legittima difesa ambientale nel diritto internazionale al 'ambiguo' ma necessario corollario del principio internazionale di solidarietà come uscita possibile alla crisi. La costruzione di altre nozioni come "beni pubblici globali" sembra, da molti, un'altra conseguenza di questa opposizione tra la protezione ambientale e gli interventi umanitari, entrambi su scala globale e planetaria. Salvare l'ambiente e salvare l'economia è il secondo grande problema: che cos'è la produzione ambientale e come funziona al di là delle tante assunzioni di responsabilità e dei tanti committments che non hanno séguito? Esiste un "capitale naturale del mondo"? è l'ultima questione del saggio, come da una decina d'anni si è legittimato un modo di vedere che punta alla valorizzazione del "capitale naturale del mondo". Dinanzi una somma di argomenti critici e historici a tutti questi concetti, l'articolo tende a concludere che l'atteggiamento politico è proprio invece quello di un "evasionismo" dal Pianeta, di un abbandono cioè nei confronti di un pianeta ormai in crisi irreversibile.
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La terra di mezzo. La pratica archeologica come ricostruzione del sé nel Lazio contemporaneo
In questa tesi ho tentato di comprendere come i percorsi biografici degli studenti di archeologia vengono influenzati dall'incorporazione della pratica archeologica inerente all'antichità romana e come quest'ultima, a sua volta, influenza i contesti in cui viene praticata. Ho strutturato la tesi in due parti. Nella prima parte ho tentato di descrivere i processi di (ri)negoziazione di senso che studenti e professionisti innescano praticando un sapere piuttosto essenzializzante e positivista che, allo stesso tempo, cercano costantemente di piegare a loro misura per rispondere a delle domande personali e intime. In questa cornice il sapere archeologico mi sembra abbia dotato i miei interlocutori di uno speciale linguaggio per fare a patti con il mondo globalizzato, fratturato, in costante mutazione valoriale e particolarmente avaro di sistemi per progettare la propria vita presente. Nella seconda parte ho invece provato a descrivere come l'individuazione e lo sfruttamento del passato romano e della relativa identità sia stata portata avanti, specialmente da alcuni attori dell'arena politica locale, al fine di effettuare una forte (ri)caratterizzazione di un territorio e una popolazione che, ricorrendo ad una complessa retorica di stereotipi e giochi d'autenticità, si autorappresenta come "ibrida", "sbagliata", "imperfetta" e "napoletana", nella sua accezione più negativa. Nel primo capitolo ho tentato di fare un confronto tra le tradizioni di studi archeologici anglosassoni e quelle italiane. Ho comparato l'archeologia "post-processuale", gli studi etnografici sull'archeologia e sui beni archeologici con le scuole italiane di Archeologia Classica e quelle relative alle discipline Demo-etnoantropologiche sul Patrimonio Culturale. Da questa panoramica mi sembra emerga piuttosto chiaramente un'archeologia italiana quasi sempre incapace di dialogare con i territori in cui opera, caratterizzata da un impianto smaccatamente positivista e sostanzialmente nazionalista che mette in moto ciò che ho definito "trappola scientista". Tuttavia, allo stesso tempo, ho cercato di mostrare la forza poetica che gli stessi studenti e professionisti riescono a sollecitare muovendosi negli spazi intimi delle "pratiche scientifiche" nel tentativo di liberarsi da questa trappola sotto la maschera della loro completa adesione ad essa. Nel secondo capitolo ho cercato di rendere conto del mio percorso di ricerca etnografico cercando di metterne in risalto la natura esperienziale, emotiva e politica, a partire dalle tensioni da "effetto specchio" che possono generarsi ogni volta che ci si cimenta in una ricerca sulla ricerca, producendo un sapere sulla produzione di un sapere. Ho raccontato dunque delle ansie e delle aspirazioni che ho condiviso con gli altri studenti di archeologia cimentandomi in prima persona nel lavoro di scavo "mentre si fa scienza", così come delle tensioni generate dalla mia successiva richiesta di essere svincolato dal lavoro di scavo. In tal senso ho raccontato delle diverse organizzazioni della cosiddetta osservazione partecipante alternando una "postura maggiormente partecipante", cioè coinvolta e docile alle logiche della gerarchia dello scavo, con una "postura maggiormente osservante" cioè esplicitamente svincolata dal lavoro di scavo e assai più libera di muoversi all'interno dei diversi settori del sito mappandone ansie e aspirazioni. Nel terzo capitolo ho tentato di esplorare il senso della professionalità archeologica partendo dalla comune concezione dell'archeologia come scienza positiva, metodologica e svincolata dalla soggettività dell'archeologo e dal suo modo di organizzare il mondo, un modello piuttosto diffuso nella scuola italiana di archeologia romana. Ho quindi cercato di mostrare come tale biforcazione tra "Scienza" e "Cultura", "Pubblico" e "Privato" e tra "Lavoro" e "Soggettività" sia funzionale alla "trappola scientista" e dunque alla (ri)produzione di una archeologia come una Pratica di Stato che si autorappresenta come l'unico punto di vista di tutti i punti di vista. A questo punto ho descritto tutta una serie di poetiche e di pratiche archeologiche di bracconaggio che si sviluppano proprio dentro gli scavi "scientifici" come la (ri)costruzione di legami familiari dentro e fuori lo scavo, l'utilizzo della pratica archeologica scientifica per rispondere ad una serie di "domande intime": come posso (ri)stabilire il legame che si è deteriorato con mio padre? Quanto è importante la mia presenza dentro una comunità di pratica? Quanto le mie prodezze archeologiche possono farmi sentire "legittimato"? Il contatto con il mondo romano mi (di)mostra un mondo pacificato e a misura d'uomo, un mondo nostalgico che può guidare la mia azione nel presente? Nel quarto capitolo, riflettendo sulla figura letteraria del Golem (letteralmente "embrione"), ho proposto il nome di Golem archeologico per indicare la ricostruzione archeologica e il suo carattere misto; contemporaneamente materiale e discorsivo, tangibile ed emotivo, produttivo e (ri)produttivo, convenzionale ed autoriale. Riprendendo le riflessioni di de Certeau sulla scrittura della storia come attività contraddittoria tra reale e discorso che "tappa i buchi", ricostruisce le fratture e ricuce gli strappi, ho tentato di descrivere il potere sensificante ed emotivo che la pratica archeologica conferisce ai suoi praticanti e nello specifico ai percorsi biografici di una studentessa e di uno studente di archeologia. Questi giovani archeologi non solo vivono le quotidiane incertezze dell'Italia precarizzata, globalizzata e contemporanea, sono anche accomunati dall'aver vissuto la tragica frattura esistenziale della perdita di un genitore in tenera età. In questo quadro ho tentato di mostrare la forza emotiva esercitata sui sé da una pratica che mette insieme delle realia, cose "realmente accadute", con delle (ri)costruzioni "scientifiche". Ricuce nel presente gli strappi generati dalle assenze. Vista da questa prospettiva l'archeologia diventa una pratica ironicamente sincronica che permette agli archeologi di "farsi autori del proprio passato", un passato idilliaco e nostalgico, superando indenni tutto il ventaglio delle incognite dal tempo che scorre. Gli archeologi possono dunque mettere in moto il loro Golem che è anche il loro intimo universo. La seconda parte della tesi inizia con il quinto capitolo che è dedicato all'osservazione di come il linguaggio dei beni archeologici romani sia divenuto, alla fine degli anni Ottanta, la risorsa prediletta di due sindaci impegnati in un contesto territoriale profondamente industrializzato come l'area del basso Lazio in cui sorge un importante stabilimento automobilistico; nello specifico i territori di due comuni che per questioni di riservatezza ho chiamato Lumache e Rane. La costruzione della fabbrica agli inizi degli anni Settanta ha profondamente trasformato un contesto di economia rurale e mezzadrile facendo giungere una grande quantità di operai campani e torinesi, con la relativa riserva di stereotipi sui "napoletani" e sugli "operai alienati" che "inquinano". Da questo processo è emerso lo stereotipo di questa area come la terra del "metalmezzadro": un individuo che non primeggia in nulla, abituato ad essere prono al padrone, che ha abbandonato l'agricoltura e che fa rimpiangere il mitico e nostalgico tempo dello splendore antico. Ecco che l'emersione dalla terra della città romana di Ranae, "improvvisamente" individuata alla fine degli anni Ottanta attraverso la diffusione di una "sensibilità archeologica", ha fornito alcuni amministratori locali della possibilità di (ri)produrre una discendenza identitaria più accattivante e maggiormente spendibile nell'attrazione del consenso a fronte di una popolazione che spesso si autorappresenta come "sbagliata", "inadatta", "né carne né pesce", "immorale", "brutta" e "inquinante". In questo senso, più degli archeologi, i golem messi in moto dai sindaci hanno la caratteristica vividezza di istituzionalizzare una (ri)produzione autoriale e personale del paesaggio, con tutto ciò che questo ne consegue. Qui entrano in gioco dei complessi processi di negoziazione che fanno coincidere e confliggere, valori, estetiche e matericità tra interessi campanilistici, performance politiche, valori nazionali e gerarchie globali. L'antica città di Ranae, infatti, insiste sui bordi dei confini comunali di Lumache e Rane, con una netta predominanza di Lumache che gode dei monumenti e dei siti più importanti. Succede così che se in un primo momento (1985-2007) il sindaco di Rane inaugura la riscoperta dell'identità romana di Rane impadronendosi per primo, con i discorsi archeologici, delle rovine nel territorio di Lumache; in un secondo momento (2008-oggi) avviene esattamente il contrario, con il sindaco di Lumache che viene accusato, dai suoi avversari politici, di aver rubato agli aquinati di oggi il nome della città di Ranae e dunque il loro passato. Non si deve pensare che questo processo venga svolto in totale passività degli abitanti. Negli spazi intimi, infatti, l'adesione alla "classica" contrapposizione campanilistica tra Scimmarucari (mangiatori di lumache, soprannome dei lumachesi) e Ranocchiari (mangiatori di rane, soprannome dei ranesi), fa sì che gli abitanti di Lumache non mostrino alcun interesse nella valorizzazione di una antica città che porta il nome dei loro acerrimi rivali, anzi la contestano più o meno apertamente. In conclusione ho provato a riflettere sulle ragioni di questi conflitti e sulle incomprensioni che si generano ogni qualvolta la pratica archeologica scientifica viene applicata senza prestare ascolto alle tensioni e alle incognite del contesto locale. Ne emerge un'archeologia romana sbilanciata su posizioni positiviste, un sapere sempre uguale a se stesso, che maschera costantemente il suo portato emotivo e che non tiene conto dei sistemi cosmogonici locali con i relativi sistemi di dominio simbolico e materiale. La proposta che vorrei avanzare è invece quella di un'archeologia che faccia tesoro del suo carattere politico, poetico ed emotivo sforzandosi di adottare un linguaggio maggiormente inclusivo e aperto alle negoziazioni e alle ansie e alle aspirazioni dei contesti in cui opera.
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La globalizzazione come spirito del tempo: un'analisi della globalizzazione e del suo impatto in Polonia
2008/2009 ; La mia tesi di dottorato prende in esame uno dei dibattiti fondamentali del nostro tempo, quello che verte sulla misura in cui il nostro mondo è attualmente rimodellato dalle forze e dai processi globali, ossia dal fenomeno comunemente chiamato globalizzazione. Il termine globalizzazione costituisce ormai un termine di uso corrente. Non solo ricercatori, politici e opinion makers, provenienti da diversi settori, impiegano questo termine diffusamente, ma persino il "cittadino comune" spesso utilizza questa parola per dar conto della realtà che lo circonda e che spesso non riesce a spiegare. Il termine si è imposto come protagonista assoluto in varie discipline del mondo contemporaneo (sociologia, economia, filosofia, ecc.) e da un punto di vista cognitivo può essere che la globalizzazione sia una sorta di consapevolezza sociale della dimensione globale degli eventi e delle loro interrelazioni. Le ragioni di una tale affermazione derivano dalla presa d'atto della multidimensionalità della globalizzazione – che non è solo economica, ma anche culturale, politica, sociale, ecc. – e della molteplicità dei processi di aggiustamento che mette in atto. Appare quindi scontato che questo fenomeno abbia stravolto anche gli stati, i quali assistono a delle trasformazioni epocali al loro interno. Citando Held e Mc Grew (2003, 38-39): «L'espansione delle forze transnazionali finisce per indebolire il controllo che i singoli governi riescono a esercitare sulle attività dei propri cittadini e degli stranieri. Lo stato moderno appare sempre più avviluppato in una rete di interconnessioni regionali e globali, attraversato da forze intergovernative, transnazionali e quasi sovranazionali e, pertanto, impotente a determinare il proprio destino. La sovranità è messa in discussione poiché l'autorità politica stessa dei singoli stati è in realtà sostituita o comunque compromessa da sistemi di potere politico, economico e culturale di livello regionale e globale. Ma anche la legittimità politica, nella misura in cui dipende dalla capacità di fornire beni e servizi ai cittadini, è sottoposta a una tensione crescente e dunque messa in discussione.» La globalizzazione ha dunque comportato una trasformazione del ruolo dello stato-nazione, trasformazione che nell'ambito di questa tesi si è deciso di analizzare nel contesto dello stato polacco. Come si è inserito lo stato polacco nel processo di globalizzazione, quali trasformazioni ha apportato la globalizzazione in Polonia, com'è stata accolta la globalizzazione dai cittadini polacchi, sono tutti argomenti che sono stati posti sotto la lente d'ingrandimento Per ottenere una miglior comprensione della cultura polacca e raccogliere più materiale di studio possibile, si è deciso di trasferirsi in Polonia ed effettuare una ricerca sul campo. Per la ricerca si è deciso di procedere con un approccio di tipo quantitativo, scegliendo di raccogliere i dati con l'indagine attraverso il questionario. I risultati sono presentati nella terza parte della tesi di dottorato ; XXI Ciclo
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'Bones' and pathways. Transhumant tracks, inner areas and cultural heritage
This paper represents the first systematization of an ethnography based on Molise in the framework of a wider interest in regional/national/global processes of heritagization and monitoring put in place in the last two decades, above all, but not exclusively by the UNESCO framework, Council of Europe and other global contexts of conservation/valorisation policies. The Region Molise, being small and relatively secluded, is particularly fit for advancing some methodological and theoretical issues. The research is focused on bio-cultural heritage and transhumance/traditional pastoralism revitalization as a cultural/tourist path, especially in the inner regions of Northern Italy, but also in the South. Moreover, transhumance has recently been reconsidered as a new form of sustainable breeding activity and a very embedded practice in the local.Questo saggio è una prima sintesi di un'etnografia svolta in Molise nel quadro di un più ampio interesse per i processi di patrimonializzazione a livello regionale/nazionale/globale nell'ultimo ventennio, essenzialmente nel quadro, seppur non esclusivo, delle politiche UNESCO, del Consiglio di Europa e di altre cornici globali di salvaguardia e valorizzazione dei beni immateriali e materiali. Il Molise risulta per le sue dimensioni e per la relativa appartatezza, adatto ad osservare alcune dinamiche e avanzare alcune riflessioni. La ricerca è incentrata sul patrimonio bio-culturale e in particolar modo sulla pratica della transumanza e del pascolo vagante rivitalizzati recentemente nel quadro di percorsi e cammini turistici, soprattutto in alcune aree interne e montane dell'Italia Settentrionale, ma anche più recentemente in alcune zone del centro-meridione. Ancor più recentemente queste forme di pastorizia tradizionale sono state riconcettualizzate come espressione di un sistema di allevamento sostenibile e di pratiche rurali fortemente radicate nella località e come risorsa per lo sviluppo delle aree maggiormente periferiche e interne del Paese.
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Considerazioni sul problema dei rigassificatori tra aggregazione del consenso e conflitto ambientale
2009/2010 ; Considerazioni sul problema dei Rigassificatori tra Aggregazione del Consenso e Conflitto Ambientale 1. Il nostro Paese, per scelta politica e per una sostanziale limitata capacità di innovazione del mondo industriale, ha una quota attuale di produzione di energia da fonti rinnovabili poco significativa nonostante gli investimenti, i contributi e le agevolazioni fiscali che dovrebbero incentivare opportunamente ad esempio, l'utilizzo dell'energia solare che rappresenta una peculiarità del nostro territorio. Devono essere attuate velocemente le scelte strategiche e programmatiche che permettano di guardare al futuro, caratterizzato da una già quantificata scarsità di fonti fossili, con sufficienti margini di prevedibilità e di sostenibilità dello sviluppo, gli obiettivi da raggiungere entro il 2015 per il fabbisogno energetico nazionale dovrebbero essere quantificati nel 25% da fonti di energie rinnovabili, il 25% di energie da fonte nucleare e il rimanente 50% da fonti energetiche tradizionali. In attesa di potenziare la produzione di energia da fonti rinnovabili, come il solare, sarà scelta obbligata la costruzione di infrastrutture energetiche tradizionali, tra cui la necessità di dotarsi di alcuni terminali di rigassificazione con progetti attentamente valutati sia per la logistica che per la dislocazione, la riduzione degli impatti ambientali (non dimentichiamo la vocazione turistica del nostro paese), la massimizzazione delle ricadute per l'area interessata in termini di indotto e occupazione. Infatti, la flessibilità, offerta dal Gas Naturale Liquefatto, rappresenta un fattore di successo non solo per la diversificazione delle fonti, ma anche per la maggiore possibilità di modulare gli approvvigionamenti. Benché l'Italia sia tra i Paesi meglio posizionati per ricevere gas via tubo, la realizzazione di nuovi terminali di rigassificazione consentirebbe di potenziare la capacità di ricezione del sistema, incrementandone la flessibilità, con il risultato non solo di diversificare le fonti di approvvigionamento, ma anche di favorire la concorrenza, agevolando l'ingresso nel mercato di nuovi operatori e riducendo la possibilità di "colli di bottiglia" dal lato dell'offerta. La tecnologia del GNL consente ai Paesi non collegabili per motivi logistici ai mercati di consumo tramite i tradizionali gasdotti, di esportare la materia prima che altrimenti rimarrebbe non sfruttabile. La tecnologia di liquefazione ha permesso uno sviluppo accelerato dell'utilizzo del gas a livello globale: già oggi il GNL rappresenta circa il 25% degli scambi internazionali di gas. In Italia, invece, il GNL rappresenta oggi solo il 5% del gas importato, ma è destinato a giocare un ruolo crescente, diversificando le fonti tradizionali di importazione e quindi aumentando la sicurezza e la competitività degli approvvigionamenti. Il Gas Naturale è indispensabile al mondo moderno, in quantità sempre maggiori e la sua produzione, il suo trasporto, lo stoccaggio e la sua distribuzione non possono che essere effettuate in condizioni di sicurezza crescente ed a costi tendenzialmente moderati. Il mercato del gas naturale è forse quello che presenta maggiori complessità e profili particolarmente sensibili dal punto di vista ambientale, tecnologico ed economico. Queste complessità si traducono nell'esigenza di contemperare varie esigenze, tutte meritevoli di tutela ed attenzione, ed il quadro normativo che ne risulta pone non pochi problemi interpretativi ed applicativi agli operatori. La localizzazione, la costruzione e l'esercizio di un grande impianto di rigassificazione può portare vantaggi o disagi alla popolazione residente o non residente nell'area che ospiterà il rigassificatore. I vari profili connessi alla sua realizzazione si sono progressivamente fatti spazio nella legislazione di settore fino a rispecchiarsi, in vario modo, in vere e proprie fasi del procedimento autorizzativo. L'accettabilità sociale dei terminali di rigassificazione da parte delle comunità locali è uno dei fattori condizionanti la realizzazione di infrastrutture diventate una delle priorità dell'agenda politica italiana. La capacità di comprendere e interagire con le dinamiche di conflitto ambientale che si sviluppano intorno ai progetti di realizzazione di infrastrutture energetiche da parte dei diversi attori coinvolti, è un fattore cruciale che appare ancora fortemente sottovalutato. Tale capacità chiama in causa il rapporto delle imprese con il territorio in cui operano e, in questa prospettiva, l'uso che viene fatto degli strumenti di informazione e partecipazione che sono presenti nei procedimenti autorizzativi. La sottovalutazione circa il ruolo di questi strumenti è sicuramente uno degli elementi che hanno reso particolarmente critico l'andamento dei processi autorizzativi dei terminali di rigassificazione. Il corretto ed efficace uso di questi strumenti, che coinvolge gli attori pubblici con ruoli determinanti nei processi decisionali, le imprese proponenti e il pubblico interessato dovrebbe essere una preoccupazione prioritaria sia della pubblica amministrazione che delle imprese. Bisogna provare a cambiare mentalità ed atteggiamento verso nuove iniziative, nuovi progetti, nuove tecnologie e nuove idee. E' necessario superare la c.d. sindrome di NIMBY (acronimo inglese per Not In My Back Yard, lett. "Non nel mio cortile") e l'atteggiamento che si riscontra nelle proteste contro opere di interesse pubblico che hanno, o si teme possano avere, effetti negativi sui siti in cui verranno realizzate, come ad esempio grandi opere pubbliche. L'atteggiamento consiste nel riconoscere come necessari, o comunque possibili, gli oggetti del contendere ma, contemporaneamente, nel non volerli nel proprio territorio a causa delle eventuali controindicazioni sull'ambiente locale. Sarà questa la sfida da affrontare in futuro: aggregare il consenso per opere come i Rigassificatori. Opere che non sono rinviabili nel quadro della razionalizzazione dell'uso delle fonti energetiche intesa come risparmio e riduzione progressivi della dipendenza nazionale da paesi terzi. 2. Il problema dei rigassificatori non è un problema locale, poiché dovrebbe essere inquadrato nelle scelte strategiche che interessano in primo luogo il piano energetico nazionale (PEN). Tale piano, di fatto, è obsoleto e non aggiornato, e nello stesso manca di una visione strategica degli investimenti e delle diverse forme di approvvigionamento del paese (combustibili fossili, idroelettrico, geotermico, eolico, solare e da ultimo nucleare previsto nel programma dell'attuale governo). In merito al fabbisogno di approvvigionamento di gas metano, difatti, non esiste un piano che preveda il numero necessario di rigassificatori ed una corretta pianificazione sull'ubicazione degli stessi. Oggi la pianificazione è fatta dalle società private e lo Stato è soggetto passivo che deve solo esprimersi sulla compatibilità ambientale di detti impianti, senza un intesa tra i vari ministeri (Ambiente, Sviluppo Economico, Economia, Lavori Pubblici, Rapporti Comunitari ecc), denotando, perciò, un deficit di coordinamento. 3. In Friuli Venezia Giulia, esiste un Piano Energetico Regionale (PER) che è stato approvato con Decreto del Presidente della Regione 21 maggio 2007, n. 0137/Pres. (Legge regionale 30/2002, art. 6). In tale piano non sono evidenziate le scelte pianificatorie sulla costruzione in Regione di impianti di rigassificazione e non si fa riferimento specifico alla costruzione di impianti di rigassificazione, che sembra lasciata a "scenari di offerta spontanea" come definiti dal piano. La Regione FVG, al fine di favorire la diversificazione delle fonti energetiche, ha inserito nel Piano Territoriale Regionale (PTR) la possibilità di insediare impianti di rigassificazione all'interno delle zone industriali programmatiche regionali e negli ambiti portuali. Detti impianti non sono previsti dal PER pur non essendo esclusi dal PTR. In base al Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, i progetti devono essere sottoposti a Valutazione Ambientale Strategica e a Valutazione d'Impatto Ambientale, rientrando gli impianti nell'applicazione del combinato disposto degli articoli 6 e 7 del citato decreto. In particolare: l'art. 25 prevede che la competenza sui progetti di opere ed interventi sottoposti ad autorizzazione statale e per quelli aventi impatto ambientale interregionale o internazionale, spetta al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali; l'art. 26 prevede altresì che il committente o proponente l'opera o l'intervento deve inoltrare all'autorità competente apposita domanda allegando il progetto, lo studio di impatto ambientale e la sintesi non tecnica. Copia integrale della domanda di cui al comma 1 e dei relativi allegati deve essere trasmessa alle regioni, alle province ed ai comuni interessati e, nel caso di aree naturali protette, anche ai relativi enti di gestione, che devono esprimere il loro parere entro sessanta giorni dal ricevimento della domanda. Decorso tale termine l'autorità competente rende il giudizio di compatibilità ambientale anche in assenza dei predetti pareri. Un caso concreto in Friuli Venezia Giulia: il progetto "Zaule" relativo alla costruzione di un impianto di rigassificazione, sito nel Vallone di Muggia, progetto presentato dalla multinazionale "Gas Natural". Su di esso si sono espressi i seguenti enti: a. Parere Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza prot. n01020/15.0 di data 25.02.2005; b. Conferenza del 19.10.2005 convocata dalla Pianificazione Regionale, Energia, Mobilità e Infrastrutture di Trasporto delle Regione Friuli Venezia Giulia. Enti invitati presenti: Ministero dell'Ambiente - Servizio VIA (Valutazione Impatto Ambientale), Ministero delle Infrastrutture e Trasporti –Capitaneria di Porto, Agenzia delle Dogane, Ministero dell'Interno Vigili del Fuoco, Autorità Portuale di Trieste, EZIT, Comune di Trieste, Provincia di Trieste. Enti invitati assenti:Ministero delle attività produttive, Ministero dei beni culturali - Soprintendenza, Ministero della Salute. (Comune di Muggia non invitato); c. Delibera del Consiglio Comunale di Muggia n° 31 di data 26 maggio 2006 e n2. di data 18 gennaio 2007; d. Delibera del Consiglio Comunale di San Dorligo di data 17 gennaio 2007; e. Delibera del Consiglio Comunale di Trieste di data 18.01.2007; f. Delibera della Giunta Regionale del Friuli Venezia Giulia n01996 di data 25.08.2006. Dai pareri e delibere sopra riportati, si evidenziano la positività o negatività al progetto di cui sintetizzo alcune motivazioni: a. Parere negativo espresso dal Ministero per i Beni e le attività culturali – Soprintendenza prot. n01020/15.0 di data 25.02.2005, con le seguenti motivazioni: degrado paesaggistico, modifiche linee di costa ed anche alla sola costruzione del pontile di attracco delle navi metaniere, illogico sovrapporre ulteriore degrado al degrado esistente; b. Conferenza del 19.10.2005 - Segnalazione del sindaco di Trieste sull'opportunità di invitare alle successive riunioni anche il Sindaco di Muggia. Potrà essere ammesso ma senza diritto di voto. La società proponente illustra il progetto. Il Ministero dell'ambiente fa presente che è propedeutica a qualsiasi attività l'approvazione del piano di bonifica delle aree interessate, che la società non ha presentato formale istanza di VIA al Ministero, precisa inoltre che la VIA dovrà essere eseguita sia per le parti a mare che a terra compreso collegamento gasdotto alla rete nazionale. Dovrà essere inoltre richiesta una variante al Piano Regolatore Portuale, previo assenso del Ministero LL.PP.; c. Le deliberazioni del Comune di Muggia - nn. 31 e 1 datate rispettivamente 26 maggio 2006 e 18 gennaio 2007 - hanno bocciato il progetto onshore di rigassificazione GNL " Gas Natural Intemational SDG" per motivazioni legate a fattori di sicurezza, ambientali, socio economici e a carenze progettuali. La seconda delle due delibere aggiunge la mancanza di tempo necessario per esaminare un così complessa e copiosa documentazione. Per gli stessi motivi le deliberazioni del Consiglio Comunale di Muggia n. 30 di data 26 maggio 2006 e n. 2 di data 18 gennaio 2007 hanno espresso un parere non favorevole al terminale offshore di rigassificazione; d. La delibera del Comune di San Dorligo della Valle ha espresso in data 17 gennaio 2007, all'unanimità parere non favorevole sulla compatibilità ambientale del progetto del rigassificatore della Gas Natural di Zaule. Tra i motivi del "no" vi sono il cambiamento nel progetto che indica in un condotta sottomarina fino a Grado il sistema del trasporto del gas, il perdurare dei timori sulla sicurezza, ma anche la mancanza di tempo per un approfondimento puntuale della documentazione presentata; e. Delibera del Consiglio Comunale di Trieste di data 18.01.2007 in merito alla pronuncia di compatibilità ambientale del progetto – con cui è stato espresso parere negativo con le seguenti motivazioni: progetto carente della "prospettazione del rapporto tra costi preventivati e benefici stimati" (analisi costi-benefici); f. Delibera della Giunta Regionale del Friuli Venezia Giulia n01996 datata 25.08.2006 in merito alla Valutazione d'impatto ambientale - non si esprime parere perche' di non competenza regionale ma si evidenziano al ministero tutta una serie di carenze documentali e progettuali chiedendo integrazioni. Le principali carenze del progetto della Società Gas Natural in esame, riportate nella relazione istruttoria del Servizio Valutazione Impatto Ambientale della Regione riguardano i seguenti punti: • Quadro programmatico: effetti sul versante dell'offerta e dei consumi di gas e quindi sulla contemporanea presenza di altri impianti, sul sottoutilizzo di detti impianti, effetti sul traffico marittimo, ragioni della scelta del sito rispetto ad altre soluzioni, connessioni delle attività di programmazione con sito inquinato, compatibilità con il piano regolatore di Trieste e del Porto, ricaduta sulle attività di pesca, sul turismo e sulla nautica da diporto. • Quadro progettuale:ragioni della scelta sotto il profilo dell'impatto ambientale, analisi dei costi benefici, numero degli occupati nella fase di esercizio, attività economiche esistenti (turismo, pesca, traffici marittimi) per l'intero ciclo di vita dell'impianto proposto. • Quadro ambientale: In generale: attività correlate alla bonifica del sito inquinato a mare e a terra afferente alla realizzazione dell'impianto; Suolo e sottosuolo: posizionamento dei cantieri, impatti causati dalla realizzazione del terminal, provenienze e destinazione dei materiali di risulta (scavi, dragaggi), provvedimenti ed azioni di mitigazione dell'impatto ambientale; Ambiente marino e costiero: descrizione e distribuzione popolazioni ittiche, dati meteomarini del golfo (venti, correnti, geometria della costa, batimetrie, moto ondoso, ecc.), descrizione situazione ex-ante impianto, definizione modello di dispersione scarichi acque clorate, effetti diretti ed indiretti attività a medio-lungo periodo, alternative alla clorazione dell' acqua, impatti sull'ecosistema marino dei dragaggi, impatti sull'ecosistema dovuto alla movimentazione delle gasiere; Atmosfera: dati meteoclimatici, studi approfonditi, descrizione relativa situazione ex-ante, emissioni in atmosfera, ecc.; Rumore: valutazione dell'impatto del rumore, studi ad hoc ai fini della valutazione del progetto, descrizione relativa situazione ex-ante, analisi dei rumori provocati dai cantieri e dal successivo esercizio dell'impianto; Paesaggio: simulazioni visive dell'intero impianto di giorno e di notte, soluzioni mitigatrici; Aspetti relativi alla sicurezza: impatti derivanti dai possibili rischi (tecnologici, di funzionamento nelle fasi di esercizio e manutenzione, atti terroristici, ecc.), anche in correlazione con gli altri impianti esistenti, quantificazione in particolare del rischio derivante dalla collisione delle metaniere con altre navi, indicazione dei sistemi di controllo del traffico marittimo. 4. Il Piano energetico regionale (PER), già citato sul punto 3, è lo strumento di pianificazione primaria e di indirizzo fondamentale per le politiche energetiche regionali. Esso riveste un ruolo di primo piano nello sviluppo socio-economico della regione, e per questo è essenziale il suo raccordo con la programmazione economica regionale. È quindi essenziale che la Regione individui i punti di forza e fissi gli interventi prioritari in materia di energia che forniscano valide indicazioni per una pianificazione integrata delle risorse in una visione d'azione intersettoriale: l'energia è occasione per cogliere le opportunità di crescita del territorio. L'energia, in quanto motore di sviluppo economico e sociale, rappresenta quindi un tema strategico per l'azione di governo del Friuli Venezia Giulia. La liberalizzazione e privatizzazione dei mercati dell'elettricità e del gas, sancita con i decreti "Bersani" del 1999 e "Letta" del 2000, e la progressiva devoluzione di competenze dallo Stato alle Regioni nella logica del principio di sussidiarietà, a partire dalla riforma Bassanini sino a quella costituzionale del Titolo Quinto, hanno inciso in modo significativo e determinante sulla competenza delle Regioni. Con la riforma costituzionale del Titolo Quinto alle Regioni è stato attribuito in materia di energia un ruolo nuovo e attivo, affidando alle stesse la potestà legislativa concorrente su produzione, trasporto e distribuzione nazionale di ogni forma di energia, lasciando allo Stato il potere di legiferare sui principi generali (sicurezza nazionale, concorrenza, interconnessione delle reti, gestione unificata dei problemi ambientali). Le amministrazioni regionali hanno quindi potuto, a seguito di tale nuovo scenario normativo, utilizzare i loro piani energetici come strumenti attraverso i quali predisporre un progetto complessivo di sviluppo dell'intero sistema energetico, coerente con lo sviluppo socio-economico e produttivo del loro territorio. Accanto agli obiettivi iniziali, di incremento e di sviluppo delle fonti rinnovabili e di un uso più razionale dell'energia che spinsero il legislatore nazionale ad istituire, con la legge n. 10/1991, lo strumento dei Piani Energetici Regionali relativi alle fonti rinnovabili, l'avvento della liberalizzazione del mercato, il peso delle questioni relative alla tutela e salvaguardia dell'ambiente, dello sviluppo sostenibile e dei temi del Protocollo di Kyoto, e la devoluzione di competenze energetiche Stato-Regioni hanno determinato l'esigenza di trasformare la programmazione energetica regionale in uno strumento di programmazione strategico e interdisciplinare. Il PER della Regione Friuli Venezia Giulia, approvato con Decreto del Presidente della Regione 21 maggio 2007, n. 0137/Pres. (Legge regionale 30/2002, art. 6), elabora, anzitutto, l'analisi dello scenario energetico regionale attuale, con dati a consuntivo relativi all'anno 2003 sostanzialmente applicabili anche alla data odierna, riguardanti l'offerta di energia relativamente a fonti convenzionali, infrastrutture energetiche e fonti rinnovabili, e la domanda complessiva di energia, con infine un bilancio dell'attuale situazione elettrica regionale complessiva. Viene quindi fornito un completo quadro della disponibilità energetica regionale potenziale relativamente alle fonti convenzionali, alle infrastrutture energetiche e alle fonti rinnovabili sulla base degli studi e delle analisi svolte dai consulenti. Il PER delinea una proiezione dei principali dati energetici in assenza di interventi regionali. Fa una previsione sull'evoluzione del libero mercato energetico tenendo conto dei finanziamenti in corso, regionali, nazionali o comunitari. Vengono quindi definiti gli obiettivi di politica energetica regionale. Per ogni singolo obiettivo strategico vengono individuati i relativi obiettivi operativi e per ognuno di essi vengono individuate azioni. Il Piano passa quindi a delineare una sintesi degli scenari globali di domanda ed offerta (attuale, spontaneo e programmato) mettendoli a confronto. Vengono indicati gli investimenti necessari per la realizzazione di impianti e di interventi energetici programmati, calcolati sulla base della differenza tra le azioni previste nello scenario programmato e quelle relative allo scenario di previsione spontanea. E' previsto, infine, per ogni tipologia di fonte rinnovabile e per ogni settore di risparmio energetico, una percentuale di incentivazione pubblica al fine di rendere sufficientemente attraente l'investimento privato e al fine di avviare gli investimenti del mercato. Per attuare il Piano secondo gli obiettivi indicati e secondo le azioni selezionate vengono previste specifiche schede di programmi operativi riguardanti gli adempimenti di diverse Direzioni centrali della Regione, competenti per materia. Le schede danno attuazione sia alle azioni di incentivazione pubblica (azioni da scenario programmato), sia alle azioni comunque derivanti dagli obiettivi fissati (azioni derivate). Il PER quantifica l'impatto delle scelte pianificatorie relativamente alle emissioni inquinanti e climalteranti imputabili alle attività energetiche programmate. La Regione, a seguito della liberalizzazione dei mercati elettrico e del gas e del trasferimento di competenze dallo Stato alla Regione, ha avviato un processo di pianificazione energetica che ha portato ad una definizione concertata con associazioni di categoria, sindacati, associazioni ambientali dei principali obiettivi del Piano. 5. L'aspetto di primaria rilevanza per quanto riguarda gli impianti di rigassificazione è quello dei rischi connessi con la loro realizzazione. Per avere un quadro chiaro dei rischi di un impianto di rigassificazione è opportuno, prima di tutto, esaminare le tre direttive "Seveso" sugli incidenti industriali rilevanti. La "Seveso 1" è una direttiva europea che in Italia è stata recepita con il DPR 175 del 1988. Essa ha imposto il censimento degli stabilimenti a rischio, con l'identificazione delle sostanze pericolose. Tra le tipologie degli stabilimenti che svolgono "attività a rischio di incidente rilevante" sono compresi i rigassificatori. Successivamente, con la legge 137/97 (articolo 1, comma 1) è stato introdotto l'obbligo per i sindaci di informare preventivamente la popolazione sulle misure di sicurezza da adottare in caso di incidente. Con la "Seveso 2" (ossia il decreto legislativo 334 del 1999 che recepisce la direttiva comunitaria 96/82/CE), gli obblighi per le attività a rischio di incidente rilevante sono diventati ancora più stringenti imponendo: • per ogni stabilimento a rischio di incidente rilevante la redazione di un piano di prevenzione e di un piano di emergenza; • la cooperazione tra i gestori per limitare l'effetto domino (ossia le possibili "reazioni a catena" fra impianti vicini a rischio di incidente rilevante); • il controllo dell'urbanizzazione attorno ai siti a rischio; • l'informazione degli abitanti delle zone limitrofe; • la costituzione di un'autorità preposta all'ispezione dei siti a rischio. Infine, con la "Seveso 3", che ha recepito la direttiva europea 2003/105/CE sugli incidenti rilevanti, viene ad aggiungersi l'obbligo di consultare la popolazione interessata per una più efficace redazione dei piani di emergenza e l'introduzione di misure per la salvaguardia di eventuali vie di trasporto presenti nell'area circostante lo stabilimento. Le tre direttive Seveso impongono dunque precisi obblighi da rispettare al fine di prevenire ogni rischio possibile per la costruzione di un impianto di rigassificazione. Tali rischi sono stati ampiamente studiati ed ipotizzati da numerosi addetti ai lavori nel mondo. Fra i tanti studi internazionali cito solo, in questo testo, quello autorevole condotto nel 2003 dalla Commissione Energia della California. 6. I rischi e la loro tipologia, che sono stati sintetizzati nel paragrafo precedente, generano a loro volta il conflitto ambientale. Il conflitto genera il dissenso e il dissenso deve essere riportato a un consenso motivato e partecipato sui progetti della rigassificazione, sulla loro praticabilità e sostenibilità. L'approccio interpretativo ai fenomeni di conflitto ambientale che viene preso come riferimento è quello adottato nelle analisi di carattere generale più rilevanti condotte sulle infrastrutture energetiche in Italia relative al settore elettrico. La natura del conflitto può essere ricondotta a quattro modalità fondamentali che lo caratterizzano: - conflitto di valori; - conflitto di interessi; - conflitto di tipo cognitivo; - conflitto di rapporto. Il conflitto di valori emerge quando si ritiene che la realizzazione di un impianto o la tecnologia adottata ledano qualcosa che non è considerato negoziabile, i casi più tipici sono costituiti dalla minaccia alla salute, alla sicurezza o a particolari valori paesaggistici culturali o naturalistici. In questo caso il conflitto si struttura su elementi profondi che rendono più radicale la contrapposizione e difficile il dialogo tra le parti coinvolte. Il conflitto di interessi mette in evidenza la dimensione economica coinvolta dagli effetti che la realizzazione di un infrastruttura può avere sugli attori presenti nel territorio coinvolto. E' questo il caso degli effetti negativi sul valore dei patrimoni immobiliari e/o della compromissione delle condizioni che consentono lo svolgimento di determinate attività economiche. Il riconoscimento o meno degli interessi messi in gioco è un elemento che può incidere in modo decisivo sulle relazioni tra gli attori dello scenario di conflitto. Il conflitto di tipo cognitivo caratterizza le situazioni in cui la dinamica conflittuale si fonda sulla mancanza di conoscenza e informazioni circa gli impatti di un progetto. In questo caso le azioni volte a fornire un adeguato livello di conoscenza e informazione a tutti gli attori coinvolti, sulla natura del progetto, possono incidere sulle motivazioni dell'opposizione. Infine, il conflitto di rapporto coinvolge il carattere delle relazioni che intercorrono tra gli attori degli scenari di conflitto in termini di fiducia e credibilità, in particolare quando vi sono dei precedenti negativi nelle relazioni. Questo può essere il caso in cui l'impresa proponente o l'autorità pubblica abbiano precedenti negativi nel fornire informazioni dovute o nel garantire il rispetto delle norme di tutela ambientale. Questi quattro profili nella natura delle dinamiche di conflitto ambientale non caratterizzano in modo esclusivo le situazioni che si presentano concretamente ma sono invece in vario modo compresenti. Saper riconoscere nelle situazioni concrete quanto e come questi profili caratterizzano le relazioni tra i protagonisti degli scenari di conflitto è essenziale per qualsiasi forma di intervento. Per ciò che concerne il rischio e la sua percezione, c 'è da evidenziare che uno degli aspetti più critici che condizionano le dinamiche di conflitto ambientale e che rimanda in larga misura agli aspetti di tipo cognitivo, riguarda la discrepanza che in genere esiste tra il rischio oggettivamente definito (ambientale, sanitario, incidentale) tramite strumenti tecnicoscientifici dal proponente o dalle autorità pubbliche che lo devono valutare, e il rischio soggettivamente percepito da parte del pubblico interessato che diventa protagonista del dissenso. Ancora troppo spesso sia i proponenti che le autorità pubbliche, con funzioni di valutazione tecnico scientifica, ritengono che la mancanza di adeguate conoscenze e strumenti di valutazione del rischio effettivo da parte del pubblico interessato, diminuisca la percezione soggettiva del rischio che viene espressa come motivazione del dissenso. Un tipo di atteggiamento che in genere aggrava le dinamiche di conflitto ambientale compromettendo le possibilità di dialogo. E' invece fondamentale, sia per l'impresa proponente che per la pubblica amministrazione, comprendere quale sia la percezione soggettiva del rischio legata alla realizzazione di un impianto da parte del pubblico interessato, perché solo così è possibile dare delle risposte ai motivi del dissenso che non hanno fondamento tecnico-scientifico e che alimentano il conflitto. 7. Il problema dell'aggregazione del consenso intorno ai progetti sopradescritti, o meglio il problema politico-sociale, dell'accettabilità sociale, come si può ben comprendere, non è di facile soluzione. La cd. direttiva Seveso 3 aveva messo in luce la necessaria congiunzione tra i progetti relativi ai rigassificatori e la consultazione ed informazione delle popolazioni interessate: trasponendo, o meglio ravvivando e rafforzando a livello del diritto comunitario e nazionale quella nozione di sviluppo sostenibile che non può prescindere dalla partecipazione dall'intervento e dalla stessa presenza fisica dei soggetti che da quei progetti potrebbero trarre dei vantaggi ovvero degli svantaggi. La nozione di sviluppo sostenibile, che viene rapidamente analizzata nel testo finale permette di introdurre anzitutto il concetto di persona umana, e quindi la procedura partecipativa all'interno del discorso, più tecnico, affrontato sinora, nonché la problematica relativa alla aggregazione del consenso. 8. Prendendo a prestito dalla terminologia anglosassone il termine di stakeholders, che si riferisce a quei portatori di interesse che nella teoria della Responsabilità Sociale di Impresa sono i diretti interessati alle decisioni dell'impresa stessa pur non essendone azionisti, ho cercato di ricostruire la nozione di "consenso" in relazione alla costruzione dei rigassificatori, evidenziando limiti e prospettive della partecipazione dei cittadini. In buona sostanza, il tema dell'aggregazione del consenso può essere trattato facendo riferimento al grado ed alla profondità della partecipazione dei cd. stakeholders, e quindi dei portatori di interessi: ad esempio dipendenti delle imprese costruttrici degli impianti e delle imprese che li gestiscono una volta attivi, cittadini delle zone limitrofe, associazioni ambientaliste interessate alla tutela della salute e del paesaggio intaccato da quelle opere. La partecipazione, nell'ambito delle esperienze maturate all'interno dei circuiti dei sistemi democratico-rappresentativi, si svolge per lo più nell'ambito dell'istruttoria procedimentale, secondo gli schemi tracciati dagli istituti di partecipazione disciplinati dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e secondo alcuni Autori, come si è visto con Crisafulli e Paladin, attraverso ulteriori istituti previsti dalla stessa Costituzione italiana. Tuttavia si tratta di una tipologia di intervento e di partecipazione dei cittadini limitata al momento amministrativo e quindi esecutivo, ovvero al momento indiretto dell'esercizio della sovranità, senza alcuna influenza sul momento realmente politico, di programmazione e decisione generale. La sfida posta dalle dottrine neo-partecipazioniste (definiremmo in questi termini quegli studi che si sono occupati di analizzare i limiti del sistema rappresentantativo) ha a che fare, invece, con l'intervento e la partecipazione dei cittadini interessati, e più in generale dei portatori di interesse ad un altro livello, quello cioè della decisione, del programma, il momento più genuinamente politico. Già da qualche anno la dottrina giuspubblicistica guarda con interesse alle questioni poste dalla cd. democrazia partecipativa e dalla cd. democrazia deliberativa: ragionando astrattamente, però, ho operato una distinzione tra i termini di partecipazione e di deliberazione, soprattutto per quanto riguarda la loro struttura teoretica: è indubbio tuttavia che in entrambi i casi la partecipazione dei soggetti interessati può trasformarsi in una mera ingegneristica del consenso, in grado di favorire decisioni già prese altrove, invece di suscitare una sincera adesione piuttosto che una schietta opposizione dei cittadini, debitamente informati. In questo senso può distinguersi tra una nozione di partecipazione in senso formale ed un'altra, intesa in modo sostanziale. L'intero argomento ovviamente può dar luogo a facili fraintendimenti ed esasperazioni, in quanto la partecipazione, come ho cercato di spiegare, degenera facilmente sino a diventare strumentale e quindi formale. L'aggregazione del consenso e quindi la partecipazione in senso sostanziale dev'essere così sviluppata secondo due direttrici fondamentali: Anzitutto i portatori di interessi devono essere messi in grado di giudicare un progetto di pubblica utilità com'è un impianto di rigassificazione avendo bene in mente gli argomenti a favore e quelli contrari, e ricordando che l'approvigionamento energetico è un tema di primissimo piano in un periodo storico come quello in cui viviamo, condizionato dall'endemica scarsità di materie prime e quindi di energia. In secondo luogo ogni decisione deve essere presa nelle sedi istituzionali opportune, prevedendo una fase all'interno della quale debbano essere obbligatoriamente prese in considerazione le posizioni di tutti gli stakeholders titolati a partecipare attraverso l'iscrizione ad un registro all'uopo predisposto per un periodo di tempo stabilito. Corollari di questa impostazione sostanziale, sono invece i termini di sviluppo sostenibile, cittadinanza e responsabilità: infatti, secondo l'ottica di una partecipazione di tipo politico (e quindi non meramente amministrativa, né formale), l'orizzonte di crescita all'interno del quale quelle stesse decisioni devono essere prese dai portatori di interessi è quello dello sviluppo sostenibile, uno sviluppo cioè concreto ed integrale della persona umana e dell'ambiente in cui si trova a vivere; sviluppo possibile soltanto rivisitando lo statuto di cittadinanza così com'è inteso dal pensiero moderno, rivestendo il cittadino della responsabilità che gli è richiesta per poter veramente prendere parte ad un più ampio sviluppo dell'umanità. 9. In ragione della vicinanza del progetto al confine sloveno, secondo le disposizioni della Convenzione sulla valutazione dell'impatto ambientale in contesto transfrontaliero, fatto a Espoo il 25.02.1991 e dell'articolo 7 della direttiva 85/337, l'avvio della procedura di valutazione di impatto ambientale è stato comunicato con nota del Ministero dell'Ambiente italiano n. DSA/2006/9866 del 31/1/2006 al Ministero dell'ambiente e al Ministero degli affari esteri della Repubblica di Slovenia. A seguito della detta notifica di avvio del procedimento di valutazione dell'impatto ambientale sono state avviate consultazioni con il Ministero dell'ambiente della Repubblica di Slovenia. Nell'ambito delle suddette consultazioni, il Ministero della Repubblica di Slovenia, ha trasmesso le proprie osservazioni e valutazioni sul progetto contenute in un documento intitolato "Rapporto sugli impianti transfrontalieri prodotti dai due Terminali di rigassificazione nel Golfo di Trieste e sulla zona costiera". In particolare è stato acquisito il parere favorevole con prescrizioni n. 73 del 2008 formulato dalla Commissione tecnica di verifica dell'Impatto Ambientale VIA - VAS successivamente integrato a seguito del proseguimento della consultazione transfrontaliera con il Ministero dell'ambiente della Repubblica Slovena. E' stato acquisito, altresì, il parere n. 251 del 13.03.2009 formulato dalla Commissione tecnica di verifica dell'Impatto Ambientale VIA – VAS. A seguito della riunione di data 16.06.2009 con le Autorità della Repubblica di Slovenia, la Commissione Tecnica di Verifica dell'impatto ambientale VIA-VAS ha integrato ed aggiornato il quadro prescrittivo del parere n. 251 del 13.03.2009 poi votato in Assemblea Plenaria del 03.07.2009. A conclusione del procedimento in esame il Ministero dell'Ambiente e della tutela del mare, di concerto con il Ministero per i beni culturali, con decreto n. 808 del 17.7.2009 ha pronunciato parere di compatibilità ambientale, con prescrizioni, al progetto presentato dalla Società Gas Natural International SDG su cui è subentrata la Società Gas natural Rigassificazione Italia Spa . Con ricorso numero di registro generale 564 del 2009, nei confronti: - del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - del Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali; - della Regione Friuli Venezia Giulia; - della Societa' Gas Natural Rigassificazione Italia Spa - della Societa' Gas Natural Sdg Sa; - della Repubblica della Slovenia; - del Comune di Muggia; il Comune di San Dorligo della Valle ha chiesto l'annullamento del citato decreto n. 808 di compatibilità ambientale relativo al progetto del rigassificatore di Zaule del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare dd. 17.7.2009. Il TAR Fvg, Sez I, con sentenza n. 167 di data 11 marzo 2010, si è pronunciata in merito, affermando che la materia "rigassificatori", per la sua rilevanza in relazione alla tutela di pubblici interessi di portata generale e nazionale, oltre che internazionale (posto che coinvolge interessi anche di nazioni vicine), indubbiamente trascende quell'interesse territorialmente limitato che è il presupposto per la competenza territoriale dei singoli Tribunali Regionali. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia, ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata dal ricorrente e ha ritienuto la propria incompetenza e ai sensi dell'art. 41 della L. 99/09 disponendo la trasmissione del fascicolo al competente TAR del Lazio, sede di Roma, per le conseguenti determinazioni, in rito, nel merito e in ordine alle spese. ; XXIII Ciclo ; 1965
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IMPRESA E CONSUMATORE: INIZIATIVE DI CSR PER LA RIDUZIONE DELLO SPRECO ALIMENTARE DOMESTICO
In: https://morethesis.unimore.it/theses/available/etd-03162016-162003/
Nel corso degli ultimi anni stanno letteralmente esplodendo studi e prese di posizione sulla questione della Responsabilità Sociale d'Impresa. La corrente di pensiero che vede l'impresa responsabile soltanto nei confronti dei propri azionisti è stata ormai ampiamente superata dall'idea secondo la quale essa debba integrare valori etici nella gestione delle proprie attività e rispondere del proprio operato a tutti gli stakeholder. L'impresa socialmente responsabile è quella che, oltre a creare valore per gli azionisti, assume responsabilità di natura etica e morale che vanno oltre quella del mero profitto e crea valore anche per il contesto sociale in cui è inserita. Oggi, l'attenzione alla Corporate Social Responsibility è così accentuata che le imprese hanno quasi l'obbligo di conformarsi ad essa per preservare la propria immagine e reputazione agli occhi degli investitori, dei consumatori e delle comunità locali presso cui l'impresa opera. Sempre più spesso, infatti, i consumatori privilegiano l'aspetto etico nella scelta dei generi da acquistare, rivolgendo le proprie attenzioni alle caratteristiche immateriali dei beni e dell'azienda produttrice, quali la reputazione, la trasparenza e la credibilità. Il concetto di responsabilità sociale d'impresa è inoltre strettamente legato al concetto di sviluppo sostenibile. Se la responsabilità sociale dell'impresa sottolinea come questa abbia delle serie responsabilità verso i soggetti del contesto in cui è inserita, il concetto di sviluppo sostenibile ci ricorda come tutti siamo responsabili, in una visione più ampia, del pianeta e verso le generazioni future. Il 2015, anno in cui sono stati ridefiniti i traguardi dello sviluppo sostenibile, ha visto come protagonista Expo Milano, il più grande evento mai realizzato sull'alimentazione e sulla nutrizione che ha permesso di riflettere su uno degli obiettivi più importanti del XXI secolo: l'eliminazione della povertà estrema e della fame. Expo Milano 2015 ha il merito di aver focalizzato l'attenzione mondiale verso temi di urgente e delicata importanza: la fame, gli sprechi e la necessità di uno sviluppo sostenibile. Mentre nel mondo 795 milioni di persone soffrono la fame, la FAO calcola che ogni anno si sprechino 1,3 miliardi di tonnellate di cibo, pari a 1/3 della produzione totale destinata al consumo umano, quantità che sarebbe sufficiente a soddisfare le esigenze alimentari globali. Appare chiaro come una delle priorità assolute sia ridurre lo spreco alimentare. Per realizzare questo obiettivo ognuno deve impegnarsi in base alle proprie possibilità: le imprese devono cercare di produrre in maniera sostenibile evitando il più possibile le perdite di cibo lungo la filiera e un uso irrazionale delle risorse; le istituzioni devono orientare il dibattito politico verso la soluzione delle cause principali dello spreco alimentare e i cittadini devono cercare di ridurre al minimo lo spreco domestico. Nel proporre iniziative in ambito della responsabilità sociale, l'impresa può coinvolgere tutti gli stakeholder e farsi promotrice di una nuova cultura della sostenibilità, innescando una sorta di spirale del cambiamento che porti a miglioramenti in ambito ambientale e sociale. Lo scopo di questa tesi è proprio quello di capire, come il cittadino/consumatore possa minimizzare lo spreco domestico grazie ad iniziative di responsabilità sociale da parte delle imprese commerciali e delle principali catene di distribuzione.
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