L'articolo analizza ed interpreta la questione della cessione di Nizza e della Savoia alla Francia, inquadrandola nel contesto delle problematiche che dominarono il processo dell'unificazione italiana.
I mezzi di informazione occupano una posizione centrale nelle società contemporanee. Le news svolgono un ruolo chiave nel modellare le nostre identità di cittadini e le visioni del mondo che ne derivano ed è attraverso le storie e le rappresentazioni costruite dai giornalisti che i differenti segmenti che compongono l'opinione pubblica producono e riproducono una realtà condivisa. L'argomento principale di questa tesi è l'annessione della Crimea da parte della Federazione Russa, avvenuta nel marzo 2014 in seguito a un referendum aspramente contestato dalla comunità internazionale, così come è stata rappresentata sulle pagine di alcuni tra i principali quotidiani nazionali russi. L'esito di quel referendum ha generato una crisi nei rapporti tra la Russia e l'Occidente - che tuttora non è stata risolta. L'obiettivo della tesi è mettere in luce, attraverso l'analisi delle strategie narrative e linguistiche, i discorsi, gli impliciti culturali e ideologici prodotti dai giornalisti della stampa relativamente al referendum e all'annessione della Crimea e verificare se e in quale misura sia possibile identificare narrazioni alternative e concorrenti nella stampa russa. A questo scopo è stato predisposto un corpus di testi, costituito da centottanta articoli di cronaca e di commento, tratti da sei quotidiani nazionali, selezionati sulla base di un criterio di popolarità e diffusione. L'analisi ha coinvolto tre dimensioni: la rappresentazione dell'identità nazionale, la rappresentazione degli attori sociali e la rappresentazione del discorso riportato. La metodologia adottata fa riferimento all'analisi critica del discorso, in particolare al Discourse Historical Approach e al modello per la rappresentazione degli attori sociali elaborata da Theo van Leeuwen (1996). Complessivamente, emerge un notevole grado di uniformità tra i quotidiani analizzati: i tre maggiormente fedeli alla linea del Cremlino - Izvestija, Rossijskaja Gazeta e Komsomol'skaja Pravda – e in certa misura Kommersant'' hanno riprodotto, e in alcune occasioni anticipato, i discorsi fatti circolare dell'élite politica; Novaja Gazeta e Vedomosti si pongono, pur con sfumature diverse, su una linea diversa, coerente con la loro posizione di appartenenti alla cosiddetta 'opposizione sistemica', tollerata per trasmettere all'esterno una parvenza di pluralismo e perché ritenuta non in grado di impensierire realmente il governo. Riguardo alla rappresentazione dell'identità nazionale, l'intero discorso è stato costruito sulla polarizzazione tra la nazione russa e un nemico esterno, identificato in tutti coloro i quali non riconoscono alla Russia lo status di 'grande nazione', una nazione i cui confini territoriali travalicano idealmente quelli attuali e nella quale l'appartenenza etnica, fatta coincidere anche con l'identità linguistica, diventa preminente. In sintesi, queste le principali strategie discorsive impiegate nel corpus: enfatizzare la differenza tra 'noi' e 'loro', stabilire una somiglianza storica tra il presente e il periodo della Seconda guerra mondiale in modo da creare un'immagine in bianco e nero di un nemico contro il quale convogliare l'opinione pubblica, delegittimare lo Stato ucraino, spostare la responsabilità sulla controparte, invertendo lo schema vittima/colpevole. Rispetto alla seconda dimensione – la rappresentazione degli attori sociali – si ripetono in larga parte le strategie e gli schemi narrativi adottati per rappresentare l'identità nazionale. Complessivamente, il discorso si è articolato intorno a una intensa polarizzazione tra un gruppo interno costituito dai russi e un gruppo esterno, nel quale rientrano sostanzialmente tutti coloro che non sono disponibili a identificarsi nell'identità russa proclamata dall'élite politica. Un esempio ne è l'impiego di epiteti che rimandano nuovamente alla memoria della Seconda guerra mondiale – in particolare banderovcy, e opolčency, per fare leva sulla sfera emotiva dell'opinione pubblica ed escludere dal discorso ogni possibilità di esprimere posizioni più articolate, distinzioni e identità altre che rifuggono la rappresentazione binaria. La terza dimensione analitica ha messo in luce come le citazioni costituiscano in molti articoli la parte maggioritaria del testo. La modalità privilegiata è quella della citazione diretta, segnalata da segni grafici come le virgolette o il trattino, sia che si tratti di esponenti politici di rilevo, sia che si tratti delle parole di testimoni oculari o partecipanti diretti agli eventi. Un secondo elemento riscontrabile è la tendenza a privilegiare verba dicendi neutrali per introdurre l'enunciato altrui: zajavit', skazat', ob''jasnit' sono quelli che presentano il maggior numero di occorrenze. Le ragioni ipotizzabili sono sostanzialmente due. La prima è riconducibile all'esigenza di dare all'articolo un tono di maggiore oggettività e, nello stesso tempo, drammaticità, soprattutto nei casi in cui vengano riportate le parole pronunciate da cittadini comuni che partecipano agli eventi e fortemente connotate dal punto di vista emotivo. La seconda ragione – più rilevante – è collegata alla funzione argomentativa che i giornalisti attribuiscono alle citazioni nei loro articoli. In conclusione, si ritiene che il discorso mediatico relativo alla Crimea si sia sviluppato sostanzialmente secondo una logica binaria che ha polarizzato la vicenda intorno alle dicotomie noi/loro, amico/nemico, bene/male, contribuendo in misura significativa all'impoverimento e alla trivializzazione dell'intero discorso pubblico. ; The mass media play a central role in contemporary societies, being the news a fundamental actor in shaping our identities as citizens and our worldviews. Through the stories and representations built by journalists, public opinion produces and reproduces a shared cognition of reality. The main argument of this doctoral thesis is Crimea's annexation to the Russian Federation as it was represented by some of the prominent Russian national newspapers. Crimea became a Russian republic in March 2014 following a bitterly contested by the international community referendum, which generated a crisis in relations between Russia and the West still far away from being resolved. The aim of the thesis is two-fold. The first one is to analyze the narrative and linguistic strategies through which discourses of the annexation, along with their cultural and ideological implicatures, have circulated through the print media. The second goal is to verify whether and to what extent it is possible to identify alternative and competing narratives in the Russian press. To the purpose, a corpus of texts has specifically been prepared. The corpus consists of one hundred and eighty news and commentary articles retrieved from six national newspapers. The newspapers selection was based on popularity and circulation criteria. The analysis involves three dimensions: the representation of national identity, the representation of social actors and the representation of reported speech. The methodology adopted draws from Critical Discourse Analysis, Discourse Historical Approach and the model for the representation of social actors developed by Theo van Leeuwen (1996). Overall, a considerable degree of uniformity characterizes the newspapers analyzed. Due to their loyalty to the Kremlin, Izvestija, Rossijskaja Gazeta, Komsomol'skaja Pravda, and – to some extent – Kommersant '' reproduced or even anticipated, the discourses circulated by the political elite. Novaya Gazeta and Vedomosti take a different line, albeit with distinct nuances, consistent with their ideological position as part of the so-called systemic opposition. Regarding the representation of national identity, the whole discourse was built on the polarization between the Russian nation and an external enemy, namely all those who do not recognize Russia the status of a 'Great Nation'. In this 'Great Nation' conceptualization, a foreground position is given to ethnic belonging, which is made to coincide with linguistic identity. The discursive strategies employed by journalists can be summarized as follows: emphasis on the difference between 'us' and 'them', emphasis on the alleged historical similarity between the present time and the Second World War, black and white description of the enemy, delegitimization of the Ukrainian state, shift of blame and responsibility by reversing the victim/culprit scheme. Concerning the second dimension – the representation of social actors – the strategies and narrative schemes adopted in no small extent duplicate the representation of the national identity. The discourse is articulated around an intense polarization between an in-group, namely the ethnic Russians, and an out-group, namely all the rest. An example of such polarization is the use of epithets drawing from the memory of the WWII – in particular banderovcy, and opolcency -, to leverage the emotional sphere of public opinion and to exclude from the discourse any possible articulated positions, distinctions, or identities that eschew binary representation. The third analytical dimension has highlighted to what extent reported speech constitutes a significant issue in many texts. The preferred tendency is that of direct quotation, isolated from the text by graphic signs such as quotation marks or hyphens. A second element is the tendency to favour neutral verba dicendi to introduce speakers' utterances: zajavit ', skazat', ob'jasnit' are those that appear to have the most significant number of occurrences. The reason for that is two-fold. Firstly, the need to give the article a tone of objectivity and, at the same time, drama, especially in cases where words with a strong emotional connotation, spoken by ordinary citizens who participate in the events are reported. The second reason – more relevant – is connected to the argumentative function that journalists attribute to reported speech in their articles. In conclusion, the research has outlined how the media discourse relating to Crimea has essentially framed according to binary logic. The polarization around the dichotomies us or them, friend or enemy, good or evil, has contributed to the impoverishment and the trivialization of the entire public discourse.
The Origins of Contemporary France by H. Taine represents a diagnosis of the crisis that lasts from 1789 until the Commune in 1871. Taine identifies the affirmation of the democratic principle as the cause of the chronic state of the French malady. In this analysis, Rousseau and the Enlightenment become paramount, transforming modern contractualism and its rationalistic themes into a revolutionary ideology. Hence, the focus of Taine's argument is the relationship between reason and crisis. In this reflection on the philosophical-political modelsthat have generated the democratic discourse, and on the epistemological paradigm shift between the XVIII and XIX centuries, the end-of-century positivism and liberalism emerge as using an anti-democratic stance against the Enlightenment, moving away from their progressive traits that derive from the Enlightenment. Every bond that links rationality, subject and social processes disappear, and the natural brutality of the crowd, whose physiological state is in fact pathological, persists. Rousseau's critique is therefore a consequence of an age when society does not seem to be able to resolve its endless conflicts.
Il saggio, muovendo da una prospettiva metodologica che cerca di superare le contraddizioni dell'approccio nazionalistico sull'Europa e proponendo di guardare ad essa da un punto di vista globale per cogliere insieme gli elementi 'federali' e 'inter-governativi' del processo di integrazione, intende offrire, alla luce in particolare delle innovazioni introdotte dal trattato di Lisbona, una interpretazione sistematica della cittadinanza europea, come istituto autonomo di carattere potenzialmente federale a base della legittimazione dell'Unione e del modello europeo di societŕ aperta e inclusiva.
L'esigenza dell'educazione dei detenuti nasce assieme all'idea stessa del carcere nelle società moderne. Già Cesare Beccaria, che per primo ha formulato i principi su cui si basano i sistemi di giustizia penale di molti Paesi moderni, collocandoli all'interno di un'articolata visione della società, identificava proprio nella rieducazione del reo il fine ultimo della sanzione penale. Egli concludeva il suo saggio De' delitti e delle pene indicando l'educazione come il migliore strumento per combattere il crimine e scrivendo che "finalmente il più sicuro ma difficil mezzo di prevenire i delitti si è di perfezionare l'educazione" (Beccaria, 1764). Nel corso di oltre duecento anni tra le formulazioni illuminate di Beccaria e i più recenti sistemi di giustizia, l'idea dell'educazione in carcere si è radicata sia nelle riflessioni teoriche sia nei propositi della politica educativa. Negli ultimi decenni, in particolare, si è assistito a una crescente consapevolezza dell'irrinunciabilità di questo processo e, al giorno d'oggi, tutti i Paesi occidentali condividono il principio che il carcere, più che essere uno strumento di difesa sociale, trovi il suo fondamento e la sua ragione di essere nella rieducazione e ri-socializzazione del detenuto. Tutte le teorie penologiche giustificano l'esistenza della prigione con questo fine, così come tutte le legislazioni nazionali fondano su questo principio la funzione dell'istituzione penitenziaria. Lo studio presentato in questo documento si propone, attraverso l'approfondimento della letteratura di settore e la presentazione di una ricerca condotta in un carcere italiano, di dare una risposta a questi interrogativi e, attraverso la descrizione dei profili educativi dei detenuti, avviare una riflessione sul rapporto tra educazione e carcere. Nella prima parte, chiamata Il contesto, si introduce la realtà del mondo carcerario. L'obiettivo è quello di fornire un quadro articolato sulle caratteristiche della popolazione carceraria, in Italia e nel mondo, sulla normativa vigente in materia di educazione in carcere e sulla storia dell'istituzione carceraria. Questo quadro è necessario a sviluppare una visione d'insieme che è un punto di partenza imprescindibile per una riflessone educativa documentata. La seconda parte della tesi, chiamata La ricerca, presenta uno studio condotto al carcere di Spoleto. Si tratta di uno studio sulle scelte educative, le abitudini culturali e le competenze alfabetiche dei detenuti della struttura condotto su un campione statistico di 100 unità. Infine, nelle Conclusioni, è riportata una sintesi dei dati ottenuti attraverso la rilevazione e, alla luce degli obiettivi della ricerca e della riflessione teorica presentata nei capitoli precedenti, si sviluppano alcune riflessioni sul rapporto tra educazione e carcere.
National audience ; L'Annexion de 1860 est-elle un événement religieux ? Cette interrogation est le fil rouge des textes réunis dans ce volume qui reproduit les communications données lors de la journée d'étude chambérienne du 26 mai 2010. Les auteurs abordent tour à tour les enjeux pastoraux et les débats politiques, le rôle des personnalités et les singularités géographiques, les aspects juridiques et les représentations collectives. Ils contribuent ainsi à éclairer les évènements de l'année 1860 et à comprendre les choix de la société savoyarde, marquée par le catholicisme, mais aussi parcourue par les courants du siècle qui remettent en cause les valeurs religieuses. Avec les contributions de Monseigneur Philippe Ballot, Christian Sorrel, Robert Soldo, Jean-Marc Ticchi, Franck Roubeau, Esther Deloche, Bruno Berthier et Philippe Boutry. ; L'Annessione del 1860 è un avvenimento religioso? Questa interrogazione è il filo rosso dei testi riuniti in questo volume che riproduce le comunicazioni date all'epoca della giornata di studio di Chambéy del 26 maggio 2010. Gli autori abbordano uno dopo l'altro le poste pastorali ed i dibattimenti politici, il ruolo delle personalità e le singolarità geografiche, gli aspetti giuridici e le rappresentazioni collettive. Contribuiscono così ad illuminare i avvenimenti dell'anno 1860 ed a comprendere le scelte della società savoiarda, contrassegnata per il cattolicesimo, ma percorsa anche dalle correnti del secolo che rimettono in causa i valori religiosi. Coi contributi del Monsignore Philippe Ballot, Christian Sorrel, Robert Soldo, Jean-Marc Ticchi, Franck Roubeau, Esther Deloche, Bruno Berthier e Philippe Boutry.
National audience ; L'Annexion de 1860 est-elle un événement religieux ? Cette interrogation est le fil rouge des textes réunis dans ce volume qui reproduit les communications données lors de la journée d'étude chambérienne du 26 mai 2010. Les auteurs abordent tour à tour les enjeux pastoraux et les débats politiques, le rôle des personnalités et les singularités géographiques, les aspects juridiques et les représentations collectives. Ils contribuent ainsi à éclairer les évènements de l'année 1860 et à comprendre les choix de la société savoyarde, marquée par le catholicisme, mais aussi parcourue par les courants du siècle qui remettent en cause les valeurs religieuses. Avec les contributions de Monseigneur Philippe Ballot, Christian Sorrel, Robert Soldo, Jean-Marc Ticchi, Franck Roubeau, Esther Deloche, Bruno Berthier et Philippe Boutry. ; L'Annessione del 1860 è un avvenimento religioso? Questa interrogazione è il filo rosso dei testi riuniti in questo volume che riproduce le comunicazioni date all'epoca della giornata di studio di Chambéy del 26 maggio 2010. Gli autori abbordano uno dopo l'altro le poste pastorali ed i dibattimenti politici, il ruolo delle personalità e le singolarità geografiche, gli aspetti giuridici e le rappresentazioni collettive. Contribuiscono così ad illuminare i avvenimenti dell'anno 1860 ed a comprendere le scelte della società savoiarda, contrassegnata per il cattolicesimo, ma percorsa anche dalle correnti del secolo che rimettono in causa i valori religiosi. Coi contributi del Monsignore Philippe Ballot, Christian Sorrel, Robert Soldo, Jean-Marc Ticchi, Franck Roubeau, Esther Deloche, Bruno Berthier e Philippe Boutry.
National audience ; L'Annexion de 1860 est-elle un événement religieux ? Cette interrogation est le fil rouge des textes réunis dans ce volume qui reproduit les communications données lors de la journée d'étude chambérienne du 26 mai 2010. Les auteurs abordent tour à tour les enjeux pastoraux et les débats politiques, le rôle des personnalités et les singularités géographiques, les aspects juridiques et les représentations collectives. Ils contribuent ainsi à éclairer les évènements de l'année 1860 et à comprendre les choix de la société savoyarde, marquée par le catholicisme, mais aussi parcourue par les courants du siècle qui remettent en cause les valeurs religieuses. Avec les contributions de Monseigneur Philippe Ballot, Christian Sorrel, Robert Soldo, Jean-Marc Ticchi, Franck Roubeau, Esther Deloche, Bruno Berthier et Philippe Boutry. ; L'Annessione del 1860 è un avvenimento religioso? Questa interrogazione è il filo rosso dei testi riuniti in questo volume che riproduce le comunicazioni date all'epoca della giornata di studio di Chambéy del 26 maggio 2010. Gli autori abbordano uno dopo l'altro le poste pastorali ed i dibattimenti politici, il ruolo delle personalità e le singolarità geografiche, gli aspetti giuridici e le rappresentazioni collettive. Contribuiscono così ad illuminare i avvenimenti dell'anno 1860 ed a comprendere le scelte della società savoiarda, contrassegnata per il cattolicesimo, ma percorsa anche dalle correnti del secolo che rimettono in causa i valori religiosi. Coi contributi del Monsignore Philippe Ballot, Christian Sorrel, Robert Soldo, Jean-Marc Ticchi, Franck Roubeau, Esther Deloche, Bruno Berthier e Philippe Boutry.