Gerald of Wales was a Cambro-Norman courtier and author. His books on Ireland and Wales are unique examples of literacy talent and first-hand witness from the XIIth century Marches of Britain and Ireland. Similarly, Walter Map served at the court of Henry II and wrote the De Nugis Curialium at the end of the XIIth century. The De Nugis is a puzzling work in which one can find history, satire, and folktales. The thesis shows how under the courtly language of the works the authors tried to build and enforce their personal network in order to pursue their careers. ; Les deux ouvrages examinés dans cette thèse, le De Nugis Curialium de Gautier Map et la Topographia Hibernica de Giraud de Barri, sont souvent pris comme exemples pour décrire le style qui caractérisa la production culturelle de la cour Plantagenet. L'œuvre de Gautier Map est généralement considérée comme un exemple du sarcasme des courtisans et comme l'expression de l'intérêt développé en Angleterre pour les contes folkloriques. L'œuvre de Giraud de Barri est surtout étudiée comme témoin de la rencontre entre la civilisation développée au sein des universités européennes au cours du XIIe siècle et celle typique de l'ile irlandaise au milieu du Moyen Âge. Cette thèse relit les deux textes à la lumière des intérêts particuliers de leurs auteurs et de leurs tentatives de carrière. Plutôt que d'évaluer ces œuvres pour leur valeur littéraire, la thèse montre qu'elles sont à contextualiser dans la cadre de la lutte entre factions qui agitait le royaume anglo-normand. ; La corte di Enrico II Plantageneto (re d'Inghilterra dal 1154 al 1189) è riconosciuta come un centro di innovazioni letterarie, fulcro dei cambiamenti in atto nel XII secolo: la nascita del romance, la cortesia, la raccolta di racconti del folklore celtico.Le due opere esaminate in questa tesi, il De Nugis Curialium di Walter Map e la Topographia Hibernica di Giraldo Cambrense, sono spesso prese a esempio per descrivere la particolare commistione di stili che caratterizzò la produzione culturale della corte plantageneta. L'opera di Walter Map è generalmente indicata come esemplare del sarcasmo dei cortigiani e come espressione dell'interesse sviluppatosi in Inghilterra per i racconti di matrice folklorica. L'opera di Giraldo Cambrense è studiata soprattutto perché testimone dell'incontro tra la civiltà sviluppatasi in seno alle università europee nel corso del XII secolo e quella tipica dell'Irlanda nel pieno del medioevo.Questa tesi rilegge entrambi i testi alla luce degli interessi particolari dei loro autori e ai loro tentativi di carriera. Si sostiene che questi testi furono usati dai loro autori nel tentativo di fare carriera all'interno della gerarchia ecclesiastica del regno anglonormanno. Piuttosto che valutare tali opere per il loro valore letterario, si mostra come siano, da contestualizzare all'interno della complicata e mutevole lotta tra fazioni interna al regno anglo-normanno.Per tale contestualizzazione, si è contato, dopo aver analizzato le tematiche della frontiera, della regalità e del mondo religioso così come sono presentate dagli autori, sulla presenza nei testi di riferimenti precisi a uomini di cui è stato possibile ricostruire interessi e partigianerie. La relazione tra il modo in cui i temi erano presentati, i personaggi contemporanei citati e le esperienze degli autori ha permesso di ricostruire quale fosse l'uso pratico delle opere di Walter Map e Giraldo Cambrense – garantirsi un seggio episcopale – e come i due cercarono di raggiungerlo. La scrittura cortese praticata nel XII secolo inglese adattava le tematiche in voga e i riferimenti condivisi dai suoi lettori a seconda degli obiettivi degli autori e dei destinatari. I destinatari, piuttosto che il re, sono stati identificati in quanti avevano la possibilità, il potere, di incidere nelle carriere degli autori. Il De Nugis Curialium e la Topographia Hibernica risultano essere stati un mezzo per gli autori, opere usate per presentarsi e identificarsi con specifiche fazioni politiche, più simili a dei curriculum vitae che a dei romanzi o enciclopedie.
Gerald of Wales was a Cambro-Norman courtier and author. His books on Ireland and Wales are unique examples of literacy talent and first-hand witness from the XIIth century Marches of Britain and Ireland. Similarly, Walter Map served at the court of Henry II and wrote the De Nugis Curialium at the end of the XIIth century. The De Nugis is a puzzling work in which one can find history, satire, and folktales. The thesis shows how under the courtly language of the works the authors tried to build and enforce their personal network in order to pursue their careers. ; Les deux ouvrages examinés dans cette thèse, le De Nugis Curialium de Gautier Map et la Topographia Hibernica de Giraud de Barri, sont souvent pris comme exemples pour décrire le style qui caractérisa la production culturelle de la cour Plantagenet. L'œuvre de Gautier Map est généralement considérée comme un exemple du sarcasme des courtisans et comme l'expression de l'intérêt développé en Angleterre pour les contes folkloriques. L'œuvre de Giraud de Barri est surtout étudiée comme témoin de la rencontre entre la civilisation développée au sein des universités européennes au cours du XIIe siècle et celle typique de l'ile irlandaise au milieu du Moyen Âge. Cette thèse relit les deux textes à la lumière des intérêts particuliers de leurs auteurs et de leurs tentatives de carrière. Plutôt que d'évaluer ces œuvres pour leur valeur littéraire, la thèse montre qu'elles sont à contextualiser dans la cadre de la lutte entre factions qui agitait le royaume anglo-normand. ; La corte di Enrico II Plantageneto (re d'Inghilterra dal 1154 al 1189) è riconosciuta come un centro di innovazioni letterarie, fulcro dei cambiamenti in atto nel XII secolo: la nascita del romance, la cortesia, la raccolta di racconti del folklore celtico.Le due opere esaminate in questa tesi, il De Nugis Curialium di Walter Map e la Topographia Hibernica di Giraldo Cambrense, sono spesso prese a esempio per descrivere la particolare commistione di stili che caratterizzò la produzione culturale della corte plantageneta. L'opera di Walter Map è generalmente indicata come esemplare del sarcasmo dei cortigiani e come espressione dell'interesse sviluppatosi in Inghilterra per i racconti di matrice folklorica. L'opera di Giraldo Cambrense è studiata soprattutto perché testimone dell'incontro tra la civiltà sviluppatasi in seno alle università europee nel corso del XII secolo e quella tipica dell'Irlanda nel pieno del medioevo.Questa tesi rilegge entrambi i testi alla luce degli interessi particolari dei loro autori e ai loro tentativi di carriera. Si sostiene che questi testi furono usati dai loro autori nel tentativo di fare carriera all'interno della gerarchia ecclesiastica del regno anglonormanno. Piuttosto che valutare tali opere per il loro valore letterario, si mostra come siano, da contestualizzare all'interno della complicata e mutevole lotta tra fazioni interna al regno anglo-normanno.Per tale contestualizzazione, si è contato, dopo aver analizzato le tematiche della frontiera, della regalità e del mondo religioso così come sono presentate dagli autori, sulla presenza nei testi di riferimenti precisi a uomini di cui è stato possibile ricostruire interessi e partigianerie. La relazione tra il modo in cui i temi erano presentati, i personaggi contemporanei citati e le esperienze degli autori ha permesso di ricostruire quale fosse l'uso pratico delle opere di Walter Map e Giraldo Cambrense – garantirsi un seggio episcopale – e come i due cercarono di raggiungerlo. La scrittura cortese praticata nel XII secolo inglese adattava le tematiche in voga e i riferimenti condivisi dai suoi lettori a seconda degli obiettivi degli autori e dei destinatari. I destinatari, piuttosto che il re, sono stati identificati in quanti avevano la possibilità, il potere, di incidere nelle carriere degli autori. Il De Nugis Curialium e la Topographia Hibernica risultano essere stati un mezzo per gli autori, opere usate per presentarsi e identificarsi con specifiche fazioni politiche, più simili a dei curriculum vitae che a dei romanzi o enciclopedie.
Gerald of Wales was a Cambro-Norman courtier and author. His books on Ireland and Wales are unique examples of literacy talent and first-hand witness from the XIIth century Marches of Britain and Ireland. Similarly, Walter Map served at the court of Henry II and wrote the De Nugis Curialium at the end of the XIIth century. The De Nugis is a puzzling work in which one can find history, satire, and folktales. The thesis shows how under the courtly language of the works the authors tried to build and enforce their personal network in order to pursue their careers. ; Les deux ouvrages examinés dans cette thèse, le De Nugis Curialium de Gautier Map et la Topographia Hibernica de Giraud de Barri, sont souvent pris comme exemples pour décrire le style qui caractérisa la production culturelle de la cour Plantagenet. L'œuvre de Gautier Map est généralement considérée comme un exemple du sarcasme des courtisans et comme l'expression de l'intérêt développé en Angleterre pour les contes folkloriques. L'œuvre de Giraud de Barri est surtout étudiée comme témoin de la rencontre entre la civilisation développée au sein des universités européennes au cours du XIIe siècle et celle typique de l'ile irlandaise au milieu du Moyen Âge. Cette thèse relit les deux textes à la lumière des intérêts particuliers de leurs auteurs et de leurs tentatives de carrière. Plutôt que d'évaluer ces œuvres pour leur valeur littéraire, la thèse montre qu'elles sont à contextualiser dans la cadre de la lutte entre factions qui agitait le royaume anglo-normand. ; La corte di Enrico II Plantageneto (re d'Inghilterra dal 1154 al 1189) è riconosciuta come un centro di innovazioni letterarie, fulcro dei cambiamenti in atto nel XII secolo: la nascita del romance, la cortesia, la raccolta di racconti del folklore celtico.Le due opere esaminate in questa tesi, il De Nugis Curialium di Walter Map e la Topographia Hibernica di Giraldo Cambrense, sono spesso prese a esempio per descrivere la particolare commistione di stili che caratterizzò la produzione culturale della corte plantageneta. L'opera di Walter Map è generalmente indicata come esemplare del sarcasmo dei cortigiani e come espressione dell'interesse sviluppatosi in Inghilterra per i racconti di matrice folklorica. L'opera di Giraldo Cambrense è studiata soprattutto perché testimone dell'incontro tra la civiltà sviluppatasi in seno alle università europee nel corso del XII secolo e quella tipica dell'Irlanda nel pieno del medioevo.Questa tesi rilegge entrambi i testi alla luce degli interessi particolari dei loro autori e ai loro tentativi di carriera. Si sostiene che questi testi furono usati dai loro autori nel tentativo di fare carriera all'interno della gerarchia ecclesiastica del regno anglonormanno. Piuttosto che valutare tali opere per il loro valore letterario, si mostra come siano, da contestualizzare all'interno della complicata e mutevole lotta tra fazioni interna al regno anglo-normanno.Per tale contestualizzazione, si è contato, dopo aver analizzato le tematiche della frontiera, della regalità e del mondo religioso così come sono presentate dagli autori, sulla presenza nei testi di riferimenti precisi a uomini di cui è stato possibile ricostruire interessi e partigianerie. La relazione tra il modo in cui i temi erano presentati, i personaggi contemporanei citati e le esperienze degli autori ha permesso di ricostruire quale fosse l'uso pratico delle opere di Walter Map e Giraldo Cambrense – garantirsi un seggio episcopale – e come i due cercarono di raggiungerlo. La scrittura cortese praticata nel XII secolo inglese adattava le tematiche in voga e i riferimenti condivisi dai suoi lettori a seconda degli obiettivi degli autori e dei destinatari. I destinatari, piuttosto che il re, sono stati identificati in quanti avevano la possibilità, il potere, di incidere nelle carriere degli autori. Il De Nugis Curialium e la Topographia Hibernica risultano essere stati un mezzo per gli autori, opere usate per presentarsi e identificarsi con specifiche fazioni politiche, più simili a dei curriculum vitae che a dei romanzi o enciclopedie.
Los seis ensayos que forman parte de este dossier examinan un tema que, a pesar de algunos importantes avances, sigue siendo poco estudiado en la literatura: la historia de los Congresos en Latinoamérica durante el primer siglo de independencia. Con frecuencia, el papel histórico de las legislaturas de esta región ha sido visto en la literatura como limitado a servir de meros apéndices de ejecutivos todopoderosos, en especial los famosos caudillos. En particular, proponemos analizar algunos, solo algunos, aspectos de cómo los congresos se relacionaron con el público a través de dos manifestaciones que, casi desde su establecimiento, sirvieron para "democratizar" sus actividades: las galerías en su mismo seno, y las críticas satirizantes en la prensa. El dossier abre con dos ensayos de Victor Uribe-Urán y Jorge Luengo que reexaminan el entendimiento de la "esfera pública" y sus relaciones con los congresos. Uribe-Urán sugiere complementar las formulaciones habermasianas de la esfera pública con perspectivas que incorporen la presión política popular en forma de presencia corporal y participación activa a través de gritos, gestos físicos y amenazas dirigidas desde las "barras", como se llamaron las galerías del público en el Congreso, contra los cuerpos legislativos, durante momentos críticos del funcionamiento de las legislaturas. Estas expresiones de la política popular, según Uribe-Urán, se explicarían mejor a través de las nociones de política contenciosa y "repertorios de confrontación" propuestas por Charles Tilly más bien que de la noción de "esfera pública" de Habermas. El caso de la política legislativa de la Nueva Granada durante una porción del siglo XIX le sirve para ilustrar este significativo proceso histórico. Por su parte, Jorge Luengo analiza los parlamentos de España y Nueva Granada entre 1810 y 1830 para mostrar que los Congresos funcionaron como cuerpos articuladores de la dimensión pública de la política. Esto requiere considerar tanto el espacio parlamentario interior (galerías, periodistas y diputados), como el espacio exterior al parlamento (plazas y cafés), donde también se dirimieron cuestiones centrales de la soberanía. El ensayo de Luis Gabriel Galán Guerrero y Eduardo Posada Carbó sigue elaborando el tema de las "barras". A partir de la experiencia colombiana, y en menor medida de la chilena, exploran la composición social de las galerías, su comportamiento y motivos, así como su posible impacto en la tarea de los legisladores. Se argumenta allí que las "barras" fueron un importante componente de la cultura política desarrollada por algunos países latinoamericanos después de su independencia de España. Los siguientes tres ensayos se ocupan de algunas de las diversas formas como, a través de la prensa, las tareas de los Congresos trascendían sus recintos. Israel Arroyo examina el vínculo entre las percepciones de la prensa de oposición frente a las autoridades en funciones durante la administración de Benito Juárez (1861-1872). Se concentra en dos periódicos emblemáticos con caricatura de la época: La Orquesta y El Padre Cobos, proponiendo que la prensa de oposición debe entenderse como creadora de un imaginario colectivo, de impacto restringido entre las elites periodísticas y de la clase política de su momento. Ana Romero analiza el papel del escándalo como mecanismo de denuncia pública de las falencias del sistema político en la Argentina en el contexto de la segunda presidencia de Julio A. Roca. A partir de la denuncia por corrupción contra el ministro de Justicia e Instrucción Pública Osvaldo Magnasco en junio de 1901, su ensayo examina las polémicas desplegadas en el debate público sobre el lugar que el Congreso y el Presidente ocuparon en tales impugnaciones, y el rol jugado por la definición de las características morales de los políticos. El dossier cierra con un artículo de Martín Castro sobre la prensa satírica argentina entre 1880 y 1912. Castro examina crónicas de corresponsales parlamentarios e ilustraciones que manifestaban sarcasmo o denuncia en relación a la legitimidad de origen de los parlamentarios, su desempeño y rol en la política reformista de comienzos del siglo XX. Los ensayos de este dossier hacen parte del esfuerzo de un grupo más amplio de colegas interesados en el estudio de los parlamentos latinoamericanos, en los últimos años. Distintos encuentros, en los congresos de la Latin American Studies Association (LASA), de la Asociación de Historiadores Latinoamericanistas Europeos (AHILA), y de la International Commission for the Study of Representative and Parliamentary Institutions (ICHRPI), nos han servido para discutir los adelantos de nuestros trabajos. Agradecemos al Jahrbuch su invitación a publicar en este dossier una muestra de la que confiamos es una agenda novedosa para la disciplina. ; Los seis ensayos que forman parte de este dossier examinan un tema que, a pesar de algunos importantes avances, sigue siendo poco estudiado en la literatura: la historia de los Congresos en Latinoamérica durante el primer siglo de independencia. Con frecuencia, el papel histórico de las legislaturas de esta región ha sido visto en la literatura como limitado a servir de meros apéndices de ejecutivos todopoderosos, en especial los famosos caudillos. En particular, proponemos analizar algunos, solo algunos, aspectos de cómo los congresos se relacionaron con el público a través de dos manifestaciones que, casi desde su establecimiento, sirvieron para "democratizar" sus actividades: las galerías en su mismo seno, y las críticas satirizantes en la prensa. El dossier abre con dos ensayos de Victor Uribe-Urán y Jorge Luengo que reexaminan el entendimiento de la "esfera pública" y sus relaciones con los congresos. Uribe-Urán sugiere complementar las formulaciones habermasianas de la esfera pública con perspectivas que incorporen la presión política popular en forma de presencia corporal y participación activa a través de gritos, gestos físicos y amenazas dirigidas desde las "barras", como se llamaron las galerías del público en el Congreso, contra los cuerpos legislativos, durante momentos críticos del funcionamiento de las legislaturas. Estas expresiones de la política popular, según Uribe-Urán, se explicarían mejor a través de las nociones de política contenciosa y "repertorios de confrontación" propuestas por Charles Tilly más bien que de la noción de "esfera pública" de Habermas. El caso de la política legislativa de la Nueva Granada durante una porción del siglo XIX le sirve para ilustrar este significativo proceso histórico. Por su parte, Jorge Luengo analiza los parlamentos de España y Nueva Granada entre 1810 y 1830 para mostrar que los Congresos funcionaron como cuerpos articuladores de la dimensión pública de la política. Esto requiere considerar tanto el espacio parlamentario interior (galerías, periodistas y diputados), como el espacio exterior al parlamento (plazas y cafés), donde también se dirimieron cuestiones centrales de la soberanía. El ensayo de Luis Gabriel Galán Guerrero y Eduardo Posada Carbó sigue elaborando el tema de las "barras". A partir de la experiencia colombiana, y en menor medida de la chilena, exploran la composición social de las galerías, su comportamiento y motivos, así como su posible impacto en la tarea de los legisladores. Se argumenta allí que las "barras" fueron un importante componente de la cultura política desarrollada por algunos países latinoamericanos después de su independencia de España. Los siguientes tres ensayos se ocupan de algunas de las diversas formas como, a través de la prensa, las tareas de los Congresos trascendían sus recintos. Israel Arroyo examina el vínculo entre las percepciones de la prensa de oposición frente a las autoridades en funciones durante la administración de Benito Juárez (1861-1872). Se concentra en dos periódicos emblemáticos con caricatura de la época: La Orquesta y El Padre Cobos, proponiendo que la prensa de oposición debe entenderse como creadora de un imaginario colectivo, de impacto restringido entre las elites periodísticas y de la clase política de su momento. Ana Romero analiza el papel del escándalo como mecanismo de denuncia pública de las falencias del sistema político en la Argentina en el contexto de la segunda presidencia de Julio A. Roca. A partir de la denuncia por corrupción contra el ministro de Justicia e Instrucción Pública Osvaldo Magnasco en junio de 1901, su ensayo examina las polémicas desplegadas en el debate público sobre el lugar que el Congreso y el Presidente ocuparon en tales impugnaciones, y el rol jugado por la definición de las características morales de los políticos. El dossier cierra con un artículo de Martín Castro sobre la prensa satírica argentina entre 1880 y 1912. Castro examina crónicas de corresponsales parlamentarios e ilustraciones que manifestaban sarcasmo o denuncia en relación a la legitimidad de origen de los parlamentarios, su desempeño y rol en la política reformista de comienzos del siglo XX. Los ensayos de este dossier hacen parte del esfuerzo de un grupo más amplio de colegas interesados en el estudio de los parlamentos latinoamericanos, en los últimos años. Distintos encuentros, en los congresos de la Latin American Studies Association (LASA), de la Asociación de Historiadores Latinoamericanistas Europeos (AHILA), y de la International Commission for the Study of Representative and Parliamentary Institutions (ICHRPI), nos han servido para discutir los adelantos de nuestros trabajos. Agradecemos al Jahrbuch su invitación a publicar en este dossier una muestra de la que confiamos es una agenda novedosa para la disciplina. ; Los seis ensayos que forman parte de este dossier examinan un tema que, a pesar de algunos importantes avances, sigue siendo poco estudiado en la literatura: la historia de los Congresos en Latinoamérica durante el primer siglo de independencia. Con frecuencia, el papel histórico de las legislaturas de esta región ha sido visto en la literatura como limitado a servir de meros apéndices de ejecutivos todopoderosos, en especial los famosos caudillos. En particular, proponemos analizar algunos, solo algunos, aspectos de cómo los congresos se relacionaron con el público a través de dos manifestaciones que, casi desde su establecimiento, sirvieron para "democratizar" sus actividades: las galerías en su mismo seno, y las críticas satirizantes en la prensa. El dossier abre con dos ensayos de Victor Uribe-Urán y Jorge Luengo que reexaminan el entendimiento de la "esfera pública" y sus relaciones con los congresos. Uribe-Urán sugiere complementar las formulaciones habermasianas de la esfera pública con perspectivas que incorporen la presión política popular en forma de presencia corporal y participación activa a través de gritos, gestos físicos y amenazas dirigidas desde las "barras", como se llamaron las galerías del público en el Congreso, contra los cuerpos legislativos, durante momentos críticos del funcionamiento de las legislaturas. Estas expresiones de la política popular, según Uribe-Urán, se explicarían mejor a través de las nociones de política contenciosa y "repertorios de confrontación" propuestas por Charles Tilly más bien que de la noción de "esfera pública" de Habermas. El caso de la política legislativa de la Nueva Granada durante una porción del siglo XIX le sirve para ilustrar este significativo proceso histórico. Por su parte, Jorge Luengo analiza los parlamentos de España y Nueva Granada entre 1810 y 1830 para mostrar que los Congresos funcionaron como cuerpos articuladores de la dimensión pública de la política. Esto requiere considerar tanto el espacio parlamentario interior (galerías, periodistas y diputados), como el espacio exterior al parlamento (plazas y cafés), donde también se dirimieron cuestiones centrales de la soberanía. El ensayo de Luis Gabriel Galán Guerrero y Eduardo Posada Carbó sigue elaborando el tema de las "barras". A partir de la experiencia colombiana, y en menor medida de la chilena, exploran la composición social de las galerías, su comportamiento y motivos, así como su posible impacto en la tarea de los legisladores. Se argumenta allí que las "barras" fueron un importante componente de la cultura política desarrollada por algunos países latinoamericanos después de su independencia de España. Los siguientes tres ensayos se ocupan de algunas de las diversas formas como, a través de la prensa, las tareas de los Congresos trascendían sus recintos. Israel Arroyo examina el vínculo entre las percepciones de la prensa de oposición frente a las autoridades en funciones durante la administración de Benito Juárez (1861-1872). Se concentra en dos periódicos emblemáticos con caricatura de la época: La Orquesta y El Padre Cobos, proponiendo que la prensa de oposición debe entenderse como creadora de un imaginario colectivo, de impacto restringido entre las elites periodísticas y de la clase política de su momento. Ana Romero analiza el papel del escándalo como mecanismo de denuncia pública de las falencias del sistema político en la Argentina en el contexto de la segunda presidencia de Julio A. Roca. A partir de la denuncia por corrupción contra el ministro de Justicia e Instrucción Pública Osvaldo Magnasco en junio de 1901, su ensayo examina las polémicas desplegadas en el debate público sobre el lugar que el Congreso y el Presidente ocuparon en tales impugnaciones, y el rol jugado por la definición de las características morales de los políticos. El dossier cierra con un artículo de Martín Castro sobre la prensa satírica argentina entre 1880 y 1912. Castro examina crónicas de corresponsales parlamentarios e ilustraciones que manifestaban sarcasmo o denuncia en relación a la legitimidad de origen de los parlamentarios, su desempeño y rol en la política reformista de comienzos del siglo XX. Los ensayos de este dossier hacen parte del esfuerzo de un grupo más amplio de colegas interesados en el estudio de los parlamentos latinoamericanos, en los últimos años. Distintos encuentros, en los congresos de la Latin American Studies Association (LASA), de la Asociación de Historiadores Latinoamericanistas Europeos (AHILA), y de la International Commission for the Study of Representative and Parliamentary Institutions (ICHRPI), nos han servido para discutir los adelantos de nuestros trabajos. Agradecemos al Jahrbuch su invitación a publicar en este dossier una muestra de la que confiamos es una agenda novedosa para la disciplina.
Los seis ensayos que forman parte de este dossier examinan un tema que, a pesar de algunos importantes avances, sigue siendo poco estudiado en la literatura: la historia de los Congresos en Latinoamérica durante el primer siglo de independencia. Con frecuencia, el papel histórico de las legislaturas de esta región ha sido visto en la literatura como limitado a servir de meros apéndices de ejecutivos todopoderosos, en especial los famosos caudillos. En particular, proponemos analizar algunos, solo algunos, aspectos de cómo los congresos se relacionaron con el público a través de dos manifestaciones que, casi desde su establecimiento, sirvieron para "democratizar" sus actividades: las galerías en su mismo seno, y las críticas satirizantes en la prensa.
El dossier abre con dos ensayos de Victor Uribe-Urán y Jorge Luengo que reexaminan el entendimiento de la "esfera pública" y sus relaciones con los congresos. Uribe-Urán sugiere complementar las formulaciones habermasianas de la esfera pública con perspectivas que incorporen la presión política popular en forma de presencia corporal y participación activa a través de gritos, gestos físicos y amenazas dirigidas desde las "barras", como se llamaron las galerías del público en el Congreso, contra los cuerpos legislativos, durante momentos críticos del funcionamiento de las legislaturas. Estas expresiones de la política popular, según Uribe-Urán, se explicarían mejor a través de las nociones de política contenciosa y "repertorios de confrontación" propuestas por Charles Tilly más bien que de la noción de "esfera pública" de Habermas. El caso de la política legislativa de la Nueva Granada durante una porción del siglo XIX le sirve para ilustrar este significativo proceso histórico. Por su parte, Jorge Luengo analiza los parlamentos de España y Nueva Granada entre 1810 y 1830 para mostrar que los Congresos funcionaron como cuerpos articuladores de la dimensión pública de la política. Esto requiere considerar tanto el espacio parlamentario interior (galerías, periodistas y diputados), como el espacio exterior al parlamento (plazas y cafés), donde también se dirimieron cuestiones centrales de la soberanía. El ensayo de Luis Gabriel Galán Guerrero y Eduardo Posada Carbó sigue elaborando el tema de las "barras". A partir de la experiencia colombiana, y en menor medida de la chilena, exploran la composición social de las galerías, su comportamiento y motivos, así como su posible impacto en la tarea de los legisladores. Se argumenta allí que las "barras" fueron un importante componente de la cultura política desarrollada por algunos países latinoamericanos después de su independencia de España.
Los siguientes tres ensayos se ocupan de algunas de las diversas formas como, a través de la prensa, las tareas de los Congresos trascendían sus recintos. Israel Arroyo examina el vínculo entre las percepciones de la prensa de oposición frente a las autoridades en funciones durante la administración de Benito Juárez (1861-1872). Se concentra en dos periódicos emblemáticos con caricatura de la época: La Orquesta y El Padre Cobos, proponiendo que la prensa de oposición debe entenderse como creadora de un imaginario colectivo, de impacto restringido entre las elites periodísticas y de la clase política de su momento. Ana Romero analiza el papel del escándalo como mecanismo de denuncia pública de las falencias del sistema político en la Argentina en el contexto de la segunda presidencia de Julio A. Roca. A partir de la denuncia por corrupción contra el ministro de Justicia e Instrucción Pública Osvaldo Magnasco en junio de 1901, su ensayo examina las polémicas desplegadas en el debate público sobre el lugar que el Congreso y el Presidente ocuparon en tales impugnaciones, y el rol jugado por la definición de las características morales de los políticos. El dossier cierra con un artículo de Martín Castro sobre la prensa satírica argentina entre 1880 y 1912. Castro examina crónicas de corresponsales parlamentarios e ilustraciones que manifestaban sarcasmo o denuncia en relación a la legitimidad de origen de los parlamentarios, su desempeño y rol en la política reformista de comienzos del siglo XX.
Los ensayos de este dossier hacen parte del esfuerzo de un grupo más amplio de colegas interesados en el estudio de los parlamentos latinoamericanos, en los últimos años. Distintos encuentros, en los congresos de la Latin American Studies Association (LASA), de la Asociación de Historiadores Latinoamericanistas Europeos (AHILA), y de la International Commission for the Study of Representative and Parliamentary Institutions (ICHRPI), nos han servido para discutir los adelantos de nuestros trabajos. Agradecemos al Jahrbuch su invitación a publicar en este dossier una muestra de la que confiamos es una agenda novedosa para la disciplina.
In Latin America, as in Europe, parliamentary activity was accompanied by satirical criticisms of the poor performance of inefficient assemblies or the privileged nature of the legislature. This negative view of legislative activity did not share homogeneous criteria that would bring together sarcastic editorials, caricatures or portraits of parliamentarians. Particularly from the 1890s to the outbreak of the Great War, criticism of parliament as was shown in irreverent editorials expressed both a regenerationist tone as well as a broader rejection of the parliamentary regime. In Argentina, with the federalisation of the city of Buenos Aires and the establishment of a new Congress after the defeat of porteño forces, an intense debate took shape about the place of the parliamentary institution in the imagination of the conservative republic that was to be built, in part as a result of the relevance of the legislative debates in the 1880s. This article seeks to analyse the criticisms and the images of parliamentary activity, with a focus on the publication of caricatures and essays about the Argentine Congress between 1880 and 1912. It studies the participation of writers and artists who created numerous chronicles and caricatures that displayed sarcasm or criticism of the legitimacy of the parliamentarians, their performance and the impact of personalism on the Argentine political regime. This work also analyses some examples of the satirical press (El Mosquito, Don Quijote, and Caras y Caretas), exploring both their illustrations related to parliamentary activity and their questioning approaches to the contribution of Argentine legislators to the reformist policies at the beginning of the twentieth century. ; In Latin America, as in Europe, parliamentary activity was accompanied by satirical criticisms of the poor performance of inefficient assemblies or the privileged nature of the legislature. This negative view of legislative activity did not share homogeneous criteria that would bring together sarcastic editorials, caricatures or portraits of parliamentarians. Particularly from the 1890s to the outbreak of the Great War, criticism of parliament as was shown in irreverent editorials expressed both a regenerationist tone as well as a broader rejection of the parliamentary regime. In Argentina, with the federalisation of the city of Buenos Aires and the establishment of a new Congress after the defeat of porteño forces, an intense debate took shape about the place of the parliamentary institution in the imagination of the conservative republic that was to be built, in part as a result of the relevance of the legislative debates in the 1880s. This article seeks to analyse the criticisms and the images of parliamentary activity, with a focus on the publication of caricatures and essays about the Argentine Congress between 1880 and 1912. It studies the participation of writers and artists who created numerous chronicles and caricatures that displayed sarcasm or criticism of the legitimacy of the parliamentarians, their performance and the impact of personalism on the Argentine political regime. This work also analyses some examples of the satirical press (El Mosquito, Don Quijote, and Caras y Caretas), exploring both their illustrations related to parliamentary activity and their questioning approaches to the contribution of Argentine legislators to the reformist policies at the beginning of the twentieth century. ; Tanto en América Latina como en Europa la actividad parlamentaria se vio acompañada desde temprano por críticas mordaces que señalaban el pobre desempeño de asambleas poco eficaces o el carácter privilegiado de los círculos legislativos. Esta impugnación de la actividad legislativa no reconocía criterios homogéneos que unificaran las editoriales sarcásticas, la ironía expresada en las caricaturas o los retratos de los parlamentarios. Particularmente en el período que va desde la década de 1890 al estallido de la Gran Guerra, la crítica parlamentaria exhibida en editoriales irreverentes expresaba tanto raíces de tono regeneracionista como una impugnación más amplia al régimen parlamentario. En la Argentina, con la federalización de la ciudad de Buenos Aires y el establecimiento de un nuevo Congreso luego de la derrota de las fuerzas porteñas, adquirió contornos propios un intenso debate sobre el lugar de la institución parlamentaria en el imaginario de la república conservadora que iba a construirse, parcialmente, a partir de la relevancia de los debates legislativos de la década de 1880. Este artículo busca analizar las críticas e imágenes de la actividad parlamentaria dirigiendo la atención hacia la publicación de ensayos y caricaturas que tuvieron al Congreso argentino como objeto entre 1880 y 1912. Se estudia la participación de escritores y dibujantes que dieron luz a numerosas crónicas y caricaturas, compiladas en volúmenes que manifestaban sarcasmo o denuncia en relación a la legitimidad de origen de los parlamentarios, su desempeño y al impacto del personalismo sobre el régimen político argentino. Este trabajo propone, además, el análisis de algunos ejemplos de la prensa satírica (El Mosquito, Don Quijote y Caras y Caretas) explorando tanto sus ilustraciones relativas a la actividad parlamentaria como sus miradas inquisidoras hacia la contribución de los legisladores argentinos a la política reformista de comienzos del siglo XX.
Si hablamos de la faceta ensayística de Voltaire (es decir, dejando atrás sus igualmente válidas facetas como divulgador científico, historiador, dramaturgo o narrador), deberíamos considerar de vigencia -incluso en nuestros días- su Traité sur la tolérance (1763). Escrito con motivo del sumarísimo juicio de Jean Calas, injustamente acusado y ejecutado por la muerte de su hijo (y donde la religión calvinista del acusado serviría de excusa para tan fatídica sentencia, contigua a la del exilio de su otro hijo y el internamiento de sus hijas), el Tratado se dedica a analizar de forma breve pero elegante, el papel que debe jugar la tolerancia religiosa en las sociedades [1].Sobra decir que Voltaire nunca fue muy amigo de las religiones. Se lo ha acusado de llevar una guerra constante contra el catolicismo, lo que es completamente cierto. Pero debe recordarse que no dudaba en atacar y burlarse a/de otros cultos, desde el protestantismo hasta el islamismo, desde el druidismo a las religiones orientales: en todo caso podría decirse que fue ecuánime [2].Estas críticas a la religión deben verse a través de una mirada estrictamente terrenal, dado que Voltaire contemplaba el ateísmo como algo insostenible: la existencia del universo supone un Dios, del mismo modo que la existencia de un reloj exige la de un relojero. Tan conocida analogía es de su propia autoría.El conflicto entre la religión y Voltaire son pues consecuencias de un tiempo donde el clero gozaba de privilegios que no eran acordes con el contractualismo iluminista en boga y era ampliamente extendida la corrupción en su seno; donde estaba presente el recuerdo de las brutales guerras de religión, fruto del fanatismo; donde la teología aún no había intentado conciliarse con el avance de la razón y la ciencia. Si Voltaire no era religioso, igualmente señalaba que los cultos eran un elemento forzoso en la sociedad, algo así como un "mal necesario". Progresivamente escéptico en cuanto a la bondad humana (recuérdese su célebre discusión con Rousseau en cuanto a la noción del "buen salvaje"), veía la creencia en una justicia divina como un excelente método disuasorio: "Las leyes rigen para los delitos conocidos y la religión para los delitos secretos" [3]. En el momento de escribir su Tratado de la Tolerancia, el tema no le era ajeno en absoluto. La admiración que le provocaba la relativa convivencia pacífica de una multitud de cultos cristianos en Inglaterra ya había sido explorada treinta años antes en sus Lettres philosophiques (1734): "Este es el país de las sectas. Un inglés, como hombre libre, va al Cielo por el camino que más le acomoda" (…) "Si no hubiese en Inglaterra más que una religión, sería de temer el despotismo; si hubiese dos, se cortarían mutuamente el cuello; pero como hay treinta, viven en paz y felices" [4].Lo de cortarse el cuello mutuamente no era algo exótico para los franceses, que en el pasado habían sufrido en carne propia el cruento enfrentamiento entre católicos y hugonotes, y que parecía revivir un siglo después con el caso Calas, más allá de los avances obtenidos en las décadas anteriores. Voltaire, que con su pluma siempre había abogado por los ideales de la civilización y el progreso, no podía más que horrorizarse: "Parecería que el fanatismo, indignado por los éxitos de la razón, se empecina contra ella con más odio que nunca"[5] Frase que, por cierto, podría aplicarse a varios hechos del mundo contemporáneo.Del acontecimiento puntual, descripto dantescamente en las primeras páginas, el pensador francés pasa a explorar los aspectos de la tolerancia: sus bondades, sus requisitos, sus riesgos. El estudio de Voltaire no es para nada sistémico, estilo que consideraba como "la tentación y perdición de los grandes pensadores" (palabras que Nietzsche rescataría un siglo después), e incluso a menudo cae en lo anecdótico, pero puede extraerse la validez atemporal de muchas de sus reflexiones, que han moldeado, al fin y al cabo, buena parte de las democracias liberales actuales en lo que respecta al tema.Como primera idea fundamental, señala que pueden convivir cuantas religiones se quiera, siempre y cuando haya un Estado que impida que alguna se abalance sobre la otra o aspire a monopolizar o imponer su culto de forma violenta. En referencia a esto se habla de la expulsión de los jesuitas de Japón y China, cuyas misiones evangelizadoras tuvieron como resultado significativas matanzas fratricidas en naciones donde era común la tolerancia religiosa al punto de llegar eventualmente al sincretismo (fenómeno que Voltaire también celebra en las antiguas culturas mediterráneas, considerándolo tal vez como un paso hacia el deísmo masificado) [6].Como segundo eje, que el propio derecho divino (es decir, las verdades reveladasy sus posteriores interpretaciones "más sensatas") reflejan en realidad el camino de la convivencia, que persiste consuetudinariamente; cuestión que -según el autor – se daba a inicios del cristianismo y en el judaísmo antiguo con sus respectivas sectas, pero que se pierde fundamentalmente con las guerras de religión europeas, donde curiosamente los cristianos llegan a actuar más brutalmente entre ellos que contra los paganos. Esto es producto de la superstición, es decir, de cuando el culto como tal comienza a difuminarse en barbarie y violencia a través de la ignorancia. En otros términos: ser verdaderamente religioso no quita ser racional o razonable; más bien lo contrario.En tercer y último lugar, el absurdo de pretender gozar de la verdad absoluta o del favor absoluto en base a disputas esotéricas por distintas religiones o distintas interpretaciones de la misma, y no en base a una moral universal basada en el sentido de justicia inherente a todo culto: aquí Voltaire muestra su desprecio por lo banal de cualquier discusión metafísica, característica recurrente en su obra. Recalcando nuevamente su espíritu deísta, en el capítulo vigésimo tercero hace un "Ruego a Dios", pidiendo perdón por los crímenes de la humanidad realizados en su nombre.Se pregunta Voltaire: "¿Puede permitirse que cada ciudadano crea sólo en su razón y piense lo que le dicta esa razón lúcida y engañosa? Sí, así debe ser, siempre y cuando no perturbe el orden, porque no depende del hombre creer o no creer, pero sí respetar las costumbres de su patria" [7].Esta división tan elemental entre Estado, Derecho y Religión, teóricamente ya alcanzada en Occidente, en la práctica se ve sometida a nuevas presiones. Lareafirmación de la identidad en nuestras sociedades parece hacernos ingresar nuevamente en el camino de la intolerancia, por más que –paradójicamente- cada vez haya menos creyentes: y es que el odio por creencia ha dejado paso a la diferenciación por nación o por etnia.Se dan, pues, situaciones tan absurdas como potencialmente violentas. En Europa cualquier excusa (unas caricaturas, un helado con chocolate de cobertura que parece decir "Allah") es válida para que una minoría dentro de la minoría musulmana estalle en ira y exija represalias contra las naciones que los cobijan. Y estas últimas, en contrapartida, reaccionan con más intolerancia. ¿Cómo explicar que Holanda, otrora paraíso de las libertades individuales, haya tomado como héroes a políticos tan manifiestamente islamófobos como Pim Fortuyn o Geert Wilders? ¿O que recién ahora se le dé al gobierno francés por prohibir los símbolos religiosos en las aulas? Se da, en este caso, una peculiar intolerancia "laica" exigida por las masas de manera democrática [8], fenómeno evidentemente no previsto por Voltaire. Está claro que debe existir un Estado laico que evite cualquier exceso de índole religioso, ¿pero cómo evitar pasar esa delgada línea que separa prevención de represión?*Estudiante de la Licenciatura en Estudios InternacionalesFACS-ORT-Uruguay[1] Salpicado con el sarcasmo habitual de Voltaire, a veces relativo al tema, otras veces simplemente gratuito.[2] Algo que puede verse notoriamente en su Diccionario Filosófico (1764) o en elEnsayo sobre las Costumbres (1756).[3] Tratado de la Tolerancia. Capítulo vigésimo.[4] Carta sobre la Religión Anglicana.[5] Tratado de la Tolerancia. Capítulo primero.[6] El Imperio Chino es particularmente admirado por Voltaire, señalando en elEnsayo sobre las costumbres (capítulo noveno) que, de todas las civilizaciones, es la única que aparentemente lograra evitar un período "teocrático".[7] Tratado de la Tolerancia. Capítulo Decimoprimero.[8] Y no de forma calculada por una minoría supuestamente ilustrada, como cuando los excesos de la Revolución Francesa o las distintas revoluciones socialistas, etc.
El propósito de este trabajo fue el de explicar los cimientos mentales de las formas artísticas de la llamada "verdad universal del arte" por Gillo Dorfles, en la definición del proceso de creación global desarrollado por la humanidad hasta su culminación inventiva. O también se puede decir de otra forma: esta es una historia escatológica del arte, la cual nos relata el descubrimiento, apropiación y devastación del medio que inspiró y alimentó cualquier forma artística. Un ciclo totalizador que enmarca otras variantes cíclicas sobre las raíces comunes de la subsistencia y los rasgos que simbolizan y sacralizan esos ciclos y formas vitales. El triunfo del humanismo androcéntrico y etnocéntrico y la conquista de América como tierra de promisión de ese humanismo, pueden considerarse fenómenos convergentes que cierran un (el) vasto ciclo generador de formas simbólico-sagradas en un Occidente que se afirma como unicidad-totalidad. En el contexto universal se distinguen dos concepciones figurativas: La que refleja la realidad aparente y aquella que refiere a lo oculto, inter-relacionándose en el proceso mismo de re-creación simbólica de la verdad cósmica; y en la base de esas concepciones, las ideas y sentimientos sobre los pilares mentales de la "transcendencia" y la "inmanencia". Tras la consolidación etnocéntrica de las ideas y conceptos originados en la Grecia patriarcal, en Europa, a partir de la Ilustración y subrayada por el Romanticismo, las formas culturales se dividirán en dos grandes apartados, catalogándose de "exóticas" aquellas que no obedecían al Canon-Logos. Paradójicamente y en el fluir de fuertes contradicciones que caracteriza el discurso occidental a lo largo de todo el siglo XX se mira en nuestro hemisferio al pasado más remoto, y/o al "exotismo", para renovar la originalidad creativa; ello, como consecuencia del descubrimiento antropológico de esas raras culturas que, convertidas en "Tercer Mundo", deslumbran por su vitalidad: la vitalidad del estertor. De esta forma podemos interpretar como un sarcasmo el convencimiento extendido entre la crítica artística contemporánea de que "en esas áreas culturales está el futuro de la renovación vanguardista". Ciertamente el Arte está en la Naturaleza (Cosmos renovado por la sacralización de la emoción estético-utilitaria) y la captación de ese Cosmos por medio de la mente humana es la confluencia formal de los conceptos de su inmanencia y trascendencia; pero nuestra cultura occidental se caracteriza desde sus albores por la necesidad de "transcender", reflejando sistemáticamente sus formas simbólicas a partir del "amanecer" renacentista, la obsesión por un tiempo y un espacio relacionados ad infinitum. Por el contrario en esas áreas impregnadas de exotismo que el desarrollo de las ciencias sociales que las descubrieron les confiere, a las cuales se les extra su sabia material y ahora se codicia su capacidad inventiva, jamás se concibieron otras formas vitales que no hundiesen sus raíces en la regeneración en cualquiera de sus facetas. Los párrafos extraídos de una carta que el jefe Seattle de la tribu de los Suwamish le dirigió al presidente James Monroe de los E.E.U.U. en 1819, nos sirve para comparar las diferentes visiones del mundo de unas y otras culturas: "… ¿Cómo podéis comprar o vender el cielo, el color de la tierra? (…) No somos dueños de la frescura del aire ni del centelleo del agua (…) Habéis de saber que cada partícula es sagrada para mi pueblo (…) Los muertos del hombre blanco se olvidan de su tierra de nacimiento cuando se van a caminar por entre las estrellas. Nuestros muertos jamás olvidan esta hermosa tierra porque ella es la madre del hombre de piel roja, Somos parte de la tierra y ella es parte de nosotros (…) El agua centelleante que corre por los ríos no es meramente agua, sino la sangre de nuestros antepasados, si os vendemos estas tierras tendréis que recordar que ellas son sagradas… Sabemos que el hombre blanco no comprende nuestra manera de ser (…) porqué él es un extraño que llega en la noche a sacar de la tierra lo que necesita. La tierra no es su hermana sino su enemiga (…) Despoja de la tierra a sus hijos sin que le importe (…) Su insaciable apetito devorará la tierra y dejará tras de sí un desierto…". En el mismo continente en su área mesoamericana y dentro del contexto del "exótico" pensamiento precolombino encontramos un relevante fenómeno de cambio social y cultural para el propósito de valoración integral del pensamiento artístico, en la explicación de los ciclos creativos; a la vez, invita a una reflexión sobre las conductas humanas y su reflejo en las artes como doble subrayado del concepto globalizador de las formas artísticas. Tras ese "colapso" maya que la historiadora P. Peniche desestima como tal, calificándolo de "transición" (maticemos, que esa "transición" lo es a un sistema de organización social que podríamos entender mejor los occidentales, por presentar una de sus características en el intenso comercio de esclavos como mercancías y guerras de expansión relacionadas con esa institución, hasta entonces desconocida en el mundo "Clásico"), los itzaes y a través de ellos el pensamiento norteño impregnan el arte posclásico maya; arte éste, que en perfecta simbiosis con la abigarrada formalidad del periodo anterior (dado sus rasgos convergentes basados en el contexto polisémico de ambos lenguajes), muestra una concisión que denota el pragmatismo bélico-mercantilista propio de las culturas mexicanas; fenómeno de hibridación conceptual y formal, en buena parte análogo al que se operó en el Mediterráneo helenizado. De este forma, el supuesto tránsito, se hace desde el misticismo maya que concibe la religión, la economía y la política como una totalidad integradora, expresada en un lenguaje de múltiples significados, hasta el discurso uniformador de una ideología militarista que cimenta una economía expansiva; en ella, arte y religión operan como refrendo de esa ideología, presentando un cuadro de inercia formal que las relega a un segundo término socializador. En este proceso se ha operado una paulatina separación de lo biológico-cósmico, en su cualidad intrínseca de sustento de la humanidad como entidad individual y social, y de ella con las fuerzas productivo-creativas. La reflexión a que nos invita este cambio la podemos extender hasta la generalización interpretativa de la conducta y sus formas simbólicas, en el largo recorrido que traza la Humanidad desde la Biología a la Cultura, en la apropiación y explicación de aquella por medio de ésta: mientras la humanidad se aleja de sus orígenes, los recrea hasta su total clasificación urbana como final del proceso de creación/destrucción. Dicho de otra manera: hasta es clasificación que nos permite codificar el proceso en sí, la humanidad crea las formas artísticas global y encadenadamente, respondiendo con matices diferenciales a los mismos interrogantes; y cuando la Cultura racionaliza todos los vínculos entre sus promotores y el Cosmos, se abre un (el) largo período manierista que impulsa la concepción cientificista que comprueba el agotamiento de nuestro sistema biológico y de la capacidad humana de simbolizarlo: "… el hombre es un animal suspendido en redes de significación que ha tejido él mismo (…) considero que la cultura la conforman esas redes, y su análisis no es por tanto una ciencia experimental en busca de leyes, sino una ciencia interpretativa en busca de significado". Como queda subrayado a lo largo de este proyecto, Occidente marca el punto de inflexión: nuestro pensamiento, conducta y aparato simbólico se elevan como producto(s) cultural-cultista(s), y todas las occidentalizaciones del planeta presentan los mismos componentes estructurales, al igual que las presentan las orientalizaciones como pasado(s) iniciático(s). Dos grandes esquemas mentales y conductuales que basan sus diferentes estrategias vitales en cosmovisiones y formas de producción divergentes, representadas por objetos simbólicos que podemos dividir en otras dos grandes categorías: las representaciones indirectas (fantásticas) de inspiración cíclica oriental y las directas (racionales) del positivismo occidental; éste, cierra el (los) ciclo(s) de invención formal como el modelo que origina el espejismo de movilidad imaginativa, al hacer converger en sí mismo las vías de retro-acción y progresión: "academicismo" y "vanguardia" como recurso retórico al manierismo asimbólico (¿de Occidente?). Piedad Peniche, en su análisis de las formas de producción entre los mayas, transcribe la definición que hace André de Haudricourt de los dos grandes sistemas universlaes de cultivo, en relación con el tratamiento dado al prójimo, "la acción directa positiva" implícita al cultivo de los cereales desde la Antigüedad greco-latina, mediante la herida que se inflinge a la Tierra por el arado, y "la acción indirecta negativa" que requiere el cultivo de maíz (o del arroz), por medio de la apertura de un agujero en el que se deposita una semilla; esta segunda "acción" lleva consigo el cuido y protección posterior ("indirecto") que precisa de la manualidad artesanal, excluyente de la "brutalidad" del surco prolongado. Así como Haudricourt relaciona las divergentes formas de cultivo con su sistema de esclavitud y la "mentalidad de gobernante" respecto a Occidente, y a la "Antigüedad asiática" con su "filosofía de la inmanencia y su despotismo tributario", nosotros podemos establecer el paralelismo entre las citadas simbolizaciones directas e indirectas, correlativas a las mentalidad y conductas de ambos hemisferios. En resumen, partiendo de los orígenes del objeto artístico, he trazado a lo largo de esta interpretación del arte un recorrido de la creación de imágenes, sintetizando los supuestos de esa creación en la explicación matizada de las dos grandes líneas de la invención artística. Desde la violencia de la caza troglodita hasta la somera y mística agricultura del pueblo maya, he intentado establecer un nexo entre esas ideas y comportamiento proyectados en las romas que simbolizaron a ambos; y ello, dentro del contexto globalizador que se extiende hasta la ultracivilizada sociedad occidental en las postrimerías del siglo XX. Nunca deseé apoyarme en ningún "evolucionismo" para interpretar y explicar el devenir de la creación artística; por el contrario, y en el propósito nuclear de este trabajo, el soporte diacrónico que los sustenta es una de las firmes bases para negar toda posibilidad vanguardista al pensamiento simbólico, remitiendo los distintos resultados formales a la trama de significados proyectados en esas formas. Y cuando niego la capacidad inventiva de nuevas imágenes en Occidente, estoy señalando el final de la etapa de los descubrimientos sensibles-sensoriales del Universo; culminación que ensancha la otra vía de descubrimientos racionales-científicos, excluyentes por su propia naturaleza estructural: lo que se agota es la capacidad de relacionar el Universo como unidad con los símbolos que lo sacralizan, y del goce como elemento catalizador y purificador. En la encrucijada de la disyuntiva pensamiento emotivo/pensamiento lógico (arte/ciencia), se inscriben las discusiones sobre el supuesto "localismo/universalidad" de la especie humana como entidad social: en este contexto desecho rotundamente la aparente idea de una estrecha relación entre "primitivismo" y "creación artística", o "pureza" del ser menos civilizado y "originalidad". Pero, en el curso de este análisis, he creído comprobar que los catálogos antropológicos de los distintos comportamientos sociales, no dilucidan los vínculos entre las categorías mentales que los configuran y la producción artística como acabado estético; es decir, que para el común de los científicos sociales los objetos artísticos cumplen su estricta función en la religiosidad de los determinados contexto físicos (siempre nos encontramos con los manidos términos "ritual" y "magia" para explicar someramente el fenómeno artístico), dando por obviada la vinculación entre el goce y la no-racionalidad que se proyecta en esos objetos: esta relación es insoslayable para una verdadera interpretación hermenéutica de la inexplicable emoción del arte. Por citar un ejemplo, (uno de los que han constituido este trabajo), de que la sencillez o complejidad de una organización social y su estructura económica, son factores cuya relevancia hay que revisar en cuanto a descubrimientos y formas de simbolización, está la compleja y rotunda imaginería expresiva del Paleolítico Superior en Europa; hay que revisarlo en cuanto a los citados "primitivismos-purismos". A lo largo del proyecto he deseado subrayar que la Humanidad se sitúa en dos ámbitos tan diferenciados por sus conceptos del devenir (circularidad y linealidad) que el sentido (el sentir la especie como causa común) cobre distinto cuerpo simbólico según sean las guías socializadoras: "modelos del mundo" o "dogmas". En la actualidad seguiría siendo tan primitiva en sus esquemas de organización artística; pero, de cualquier forma, el cosmos ya no puede ser sacralizado porque se conoce, por lo tanto no se puede re-crear artísticamente.
As sociedades europeias encontram-se num momento especialmente delicado de renegociação daquele contrato que forja sociedade e vida em comum, e que pensadores como Rousseau, Locke e Hobbes colocaram no centro da sua visão da política. A política na Europa é cada vez mais governação colectiva e convergência normativa – europeização, para utilizar um termo que se tornou de uso corrente –, mas a Europa está longe de controlar todos os elementos do sistema global em que lhe aconteceu dar estes passos decisivos para a integração política. As tendências demográficas e o movimento global de pessoas, por exemplo, são desafios para os quais a Europa tem clara dificuldade em encontrar respostas adequadas aos seus próprios interesses, além de moralmente justificáveis e consentâneas com a influência que ambiciona exercer no mundo. E no entanto, a queda do muro de Berlim, em 1989, foi celebrada como o grande reencontro dos europeus, e destes com o mundo, com a promessa de inaugurar uma nova era de relacionamentos globais mais equitativos e solidários e, sobretudo, portadores e produtores de segurança humana. O espírito de abertura e unificação de 1989 já vai longe, e as sociedades europeias têm demonstrado fortes resistências a assumir o legado desse momento fundador e a retirar dele as consequências que se imporiam. Sejamos claros, a celebração é um momento catártico, de aceitação do outro, passageiro, e os muros que se derrubam dificilmente deixarão de ser substituídos por outros muros e as pontes que entretanto vão sendo lançadas dificilmente resistem ao regresso cíclico e oportunista da política identitária. Como a simbólica stari most de Mostar, na Bósnia. Condicionadas e afligidas pelo regresso em força da doutrina da segurança nacional, após 11 de Setembro de 2001, e pela clara estagnação económica dos últimos anos, as sociedades europeias vão cedendo à tentação de encontrar no outro as razões para o seu relativo declínio e insegurança, sentimento de que se aproveitam políticos mais ou menos populistas. Os recorrentes problemas com cidadãos extra-comunitários nos aeroportos um pouco por toda a Europa é bem o sinal desse sindroma de assédio que se vai estendendo e começa a ter expressão legislativa. E no entanto, o estigma da emigração começa a atingir também cidadãos e grupos de países de dentro da própria União Europeia, numa atitude que muitos consideram tributária do racismo e da xenofobia. Meados do mês de Maio: a eurodeputada Viktoria Mohacsi desloca-se a Roma e a Nápoles para visitar os acampamentos de ciganos, muitos de origem romena, atacados e obrigados a fugir. Mohacsi informou com carácter de urgência o Comité de Direitos Humanos do Parlamento Europeu. Na sua opinião, os factos que apurou são de extrema gravidade, decorrentes da criminalização colectiva dos ciganos. Os políticos são acusados de incitar ao ódio e a polícia de não cumprir a lei e de violar direitos humanos básicos quando procede a detenções e ao controlo indiscriminado dos acampamentos. O governo Berlusconi alega que o país vive uma emergência de medo e insegurança – motivada por alguns crimes muito mediatizados e perpetrados por cidadãos romenos nos subúrbios das grandes cidades. A resposta de Mohacsi é exemplar: num estado de direito, a segurança não se consegue perseguindo e criminalizando uma comunidade inteira. Numa entrevista ao diário espanhol El País, Mohacsi considera que o governo alimenta o ódio e que é inadmissível que muitos ciganos não tenham ainda conseguido a nacionalidade italiana, mesmo tendo nascido em Itália ou vivendo aí há quarenta anos. Na mesma entrevista, a eurodeputada considera-se assustada e horrorizada. O governo Berlusconi responde com um projecto de lei que criminaliza a imigração ilegal e promete colocar em centros de detenção milhões de estrangeiros com ordem de expulsão. As dificuldades óbvias de pôr a lei em prática e a multiplicação das vozes críticas, dentro e fora de Itália, faz titubear o governo. Berlusconi parece demarcar-se pessoalmente do projecto mas os aliados da Lega Nord mostram-se inflexíveis. Roberto Maroni, o ministro do interior, nega qualquer recuo e considera que a criminalização da imigração ilegal é o instrumento mais eficaz para proceder à expulsão rápida de indivíduos indesejáveis, com ou sem detenção. Entretanto, sem publicidade e sem notas de imprensa, utilizando antes a via doDiário Oficial do Estado, Sílvio Berlusconi acaba de conceder poderes extraordinários aos delegados do governo em Roma, Milão e Nápoles no sentido de "utilizarem todas as medidas úteis e necessárias para a superação da emergência colocada pelos ciganos". Os graves ataques e as repetidas declarações discriminatórias de membros do governo Berlusconi contra a comunidade cigana mereceram o repúdio do Vaticano e do próprio presidente da República italiana. Giorgio Napolitano denunciou os casos de intolerância verificados recentemente e pediu a todos os cidadãos e instituições que sejam firmes na luta contra "qualquer risco de retrocesso civil" no país. As palavras utilizadas por Napolitano dificilmente poderiam ser mais eloquentes. A influente Louise Arbour, Comissária da ONU para os Direitos Humanos criticou duramente as políticas repressivas do governo italiano e a vice-presidente do governo espanhol, María Teresa Fernández de la Veja, provocou mesmo uma mini crise diplomática ao considerar o governo Berlusconi como xenófobo e racista. O tom da polémica baixou consideravelmente mas o mal-estar e o desconforto permanecem. Contudo, as reticências existem no seio do próprio governo Berlusconi. Mara Carfagna, a ministra da igualdade de oportunidades, pôs o dedo na ferida ao lembrar que a política repressiva da imigração pode conduzir a um "drama socioassistencial" em Itália, onde centenas de milhares de famílias dependem dos imigrantes para tarefas cruciais do dia-a-dia. As associações de imigrantes e consumidores estimam que o número de empregados domésticos estrangeiros chegue a 1,7 milhões, dos quais apenas 745 mil estão registados no ministério das finanças, sobretudo peruanas, equatorianas e filipinas, mas também romenas. Os restantes nem sequer dispõem de autorização de residência. Da esquerda, o partido Italia dei Valori usou o sarcasmo para lembrar a Maroni que entre imigrantes ilegais e empregadores que se aproveitam do facto e o alimentam, um destes dias poderia ver-se a braços com 3 milhões de pessoas na prisão. Para evitar a simplista dicotomia entre direita e esquerda, vale a pena referir aqui o relatório da Amnistia Internacional que assinala o próprio Walter Veltroni, o chefe da esquerda, como um dos primeiros políticos italianos a utilizar os sentimentos xenófobos contra aos romenos que vivem em Itália. Por outro lado, da direita começam a surgir declarações anti-racistas, como as do edil de Roma Gianni Alemanno quem, num primeiro momento, chegou a invectivar contra os média estrangeiros que denunciaram os ataques à comunidade cigana. Mas o ambiente restritivo e hostil face à imigração não é exclusivo de Itália. A França, a Bélgica, a Dinamarca, a Holanda, a Suíça, a República Checa, o Reino Unido, todos estes países assistiram nos últimos anos à emergência de um discurso conservador e securitário que encontra na imigração o bode expiatório ideal. De acordo com Robert Marquand do The Christian Science Monitor, as vozes extremistas e nacionalistas antes monopolizadas por Jean-Marie Le Pen em França fazem hoje parte do discurso utilizado pelo centro político e a imigração é vista como uma crise, tanto pela direita como pela esquerda. Mesmo em Espanha, o discurso parece ter mudado sensivelmente desde a campanha para as eleições legislativas de Março último, em que o conflito que opôs Zapatero a Rajoy foi muitas vezes descrito como o conflito entre a tolerância e a intolerância. Não foi preciso o novo ministro do trabalho e imigração tomar posse para se perceber que o discurso oficial tinha endurecido. Reconhecendo as inquietações sobre o tema que fizeram deslocar parte do eleitorado para o Partido Popular, Celestino Corbacho passou a falar insistentemente da necessidade de governar com firmeza o fenómeno da imigração, reforçando a sua vinculação com as necessidades do mercado laboral. Em França, Nicolas Sarkozy chegou à presidência com um discurso duro e intransigente neste tema. Além do mais, são especialmente polémicos o recurso a testes de ADN para imigrantes que requerem a reunião da família em solo francês e o novíssimo pacto de imigração que muitos, em Espanha por exemplo, vêem como assimilação forçada e com alternativas nas leis já existentes. Tomando o relevo da presidência da União Europeia a partir de 1 de Julho próximo, o governo francês já elegeu como objectivo principal a adopção de um pacto europeu para a imigração, o chamado plano Sarkozy que há meses anda a ser negociado com alguns dos parceiros europeus, designadamente com Rodríguez Zapatero. O plano centra-se num endurecimento da política de imigração a nível europeu para limitar a entrada de imigrantes e assenta em cinco pilares: o controlo das fronteiras externas por parte de uma polícia europeia especial, a selecção dos imigrantes, a agilização das expulsões, a adopção de uma política comum de asilo e o fortalecimento da ajuda ao desenvolvimento dos países de origem dos imigrantes. Para além disto, o plano exorta os estados da UE a renunciar às regularizações maciças porque produzem efeito de chamada e interferem nas opções tomadas pelos estados vizinhos. Sendo um espaço de livre circulação de pessoas, bens, serviços e capitais onde desapareceram as fronteiras internas, a União Europeia carece todavia de uma política de imigração, pelo que neste tema vigoram direitos nacionais muito diferentes uns dos outros. A necessidade de harmonização é destacada por muitos, tendo até agora sido aprovadas apenas quatro directivas: sobre o reagrupamento familiar, em Setembro de 2003; sobre o estatuto de residentes de longa duração, em Novembro de 2003; sobre as condições de admissão de estudantes, em Dezembro de 2004 e sobre a admissão de investigadores, em Outubro de 2005. Nos últimos meses têm-se sucedido as negociações para a aprovação de uma directiva relativa à expulsão de imigrantes ilegais, isto é sem-papéis, que aproxime os procedimentos díspares em vigor nos 27 países-membros. Finalmente, no passado dia 5 de Junho os 27 ministros do interior da UE aprovaram a directiva que estabelece garantias judiciais aos imigrantes no tratamento do seu processo e prazos máximos de internamento em centro de detenção. Caso seja aprovada pelo Parlamento Europeu, a norma virá a aplicar-se a cidadãos não pertencentes à UE e sem autorização de residência, ficando de fora os processos de petição de asilo. A directiva de retorno – a que alguns já baptizaram de directiva da vergonha – prevê o estabelecimento de um prazo máximo de detenção de imigrantes ilegais de 6 meses – que pode ir até aos 18 meses em casos específicos – onde até agora os procedimentos eram muito desencontrados. Em Portugal e Espanha, o prazo máximo é de 60 dias, após o qual o imigrante tem de ser libertado; na Alemanha é de 18 meses, enquanto na Lituânia é de 20 meses. No Reino Unido, Dinamarca, Estónia, Finlândia, Grécia, Irlanda, Malta, Holanda e Suécia a detenção de imigrantes ilegais é ilimitada, pelo que o prazo estabelecido resultou necessariamente de um compromisso e representa um máximo – onde antes não o havia –, não um prazo obrigatório. Para além deste ponto, a directiva estabelece um período de 7 a 30 dias para que os imigrantes abandonem o país de forma voluntária, a proibição de regresso por um período máximo de 5 anos – de que estão excluídas as vítimas de tráfico de pessoas, a garantia de assistência jurídica nas mesmas condições que se oferecem aos requerentes de asilo, e a garantia dos interesses dos menores sem família que devam ser repatriados. O texto agora aprovado pelo Conselho de Ministros da UE representa um endurecimento face ao projecto apresentado pela Comissão Europeia em Setembro de 2005, e gera fortes críticas de alguns grupos políticos com representação no Parlamento Europeu. A favor do compromisso estão os eurocépticos e os populares europeus, mas também os socialistas que se encontram no poder actualmente – na Espanha, Portugal, Reino Unido e Alemanha. As principais reservas políticas foram expressas pelos socialistas que não são poder nos seus países – italianos, belgas e franceses –, pela restante esquerda e pelos verdes que consideram a medida demasiado repressiva, mas também no seio dos liberais democratas. Fortemente críticas são as igrejas cristãs europeias. Os bispos católicos reunidos na comissão das conferências episcopais dos países da UE (Comece) disseram-se muito preocupados e pediram ao Parlamento Europeu que se limite o uso da detenção administrativa. Para os bispos europeus, o compromisso emergente em matéria de imigração não toma suficientemente em consideração a condição humana do imigrante. *Doctor en Relaciones Internacionales. Profesor del Instituto de Ciencias Sociales y Políticas, Universidad Técnica de Lisboa. Profesor Invitado del Instituto de Estudios Políticos, Universidad Católica Portuguesa.
El humor gráfico se ha convertido en un fuerte representativo de la cultura argentina, y suele estar notablemente presente en sus medios de comunicación, constituyéndose en una herramienta cuya popularidad se remonta a la publicación de la primera viñeta expuesta en revistas y diarios reconocidos del país. En consecuencia, esta investigación propone analizar el humor gráfico como una herramienta de crítica muy utilizada dentro de los diarios, que a su vez refleja e influye sobre la opinión pública de una sociedad determinada, es decir, este se considera como un elemento clave a la hora de exponer opiniones ante una situación cualquiera.
Con base en el razonamiento anterior, se han escogido tres humoristas gráficos de dos diarios prestigiosos del país como lo son La Nación y Página/12, para que sirvan como objeto de estudio para dicha investigación. Teniendo en cuenta que el humor gráfico es una herramienta de crítica, se ha elegido un período en el cual este haya logrado su fin satírico. Es el caso del año 2001, en el cual la Argentina presentó una de las crisis económicas y políticas más significativas en su historia. Durante los últimos años de la década de 1990 y comienzos del 2000, Argentina atravesaba una de las crisis económico-políticas más difíciles y significativas para el país. Argentina venía sufriendo un estancamiento en el crecimiento, sumado al aumento del déficit corriente y la situación insostenible de la deuda externa, lo que provocaba la desconfianza entre los depositantes y los inversores; asimismo el aumento del riesgo de suspensión de pagos y de devaluación de la moneda aceleraron, los ataques especulativos y provocaron una fuerte fuga de capitales (Bustelo, 2002). Esto refleja la situación crítica de índole económica en la que el país estaba sumergido, lo cual afectó a la población creando descontentos y reclamos ante el gobierno establecido en esa época.
Durante el año 2001 y en especial el mes de diciembre, surgen una serie de sucesos, los cuales llevan a la sociedad a una situación en la que se ven obligados a imponerse, mediante denuncias en las cuales mostraban sus inconformidades ante las medidas tomadas por el gobierno. Lo anterior, con el apoyo de los medios de comunicación, y la prensa específicamente, formó una fuerza detonante que llevó a la renuncia del Presidente Fernando De La Rúa. De aquí surge la mirada sobre el concepto de opinión pública, la cual está presente en la toda la sociedad, y muchas veces juega un papel influyente sobre las actitudes de aquellos que tienen contacto con esta; siendo la opinión pública fuertemente influenciada por los medios de comunicación, como lo es la prensa, la cual tiene gran movimiento de las multitudes quienes se ven afectadas en pro o en contra de sus posturas políticas. De manera que esto permite estudiar la forma en que dos reconocidos diarios argentinos, La Nación y Página/12 manejaban la situación según sus corrientes políticas y su crítica social, destacando cómo estos diarios involucraban el humor gráfico político dentro de sus críticas hacia la crisis del 2001 en la Argentina, y cómo esta de una u otra manera causaba impacto en sus lectores. Lo que desencadena el siguiente interrogante ¿De qué manera los humoristas gráficos, de diario La Nación y Página/12, según sus posturas políticas, influyen en la opinión pública frente a la crisis de 2001 en Argentina?
Es de resaltar que el humor ha representado un estado de rebeldía y resistencia contra el status quo, una mirada avispada para azuzar conciencias, un acto de protesta escondido tras una sonrisa (Von Rebeur, 2002). De esta forma el humor se convierte en la herramienta eficaz para criticar y exponer inconformidades ante una situación cualquiera. De manera que durante la crisis de 2001, el humor gráfico, siendo una expresión ilustrada del humor, logró imponer su crítica ante los hechos vividos durante dicho periodo. Hay que subrayar que el humor ha tenido un impresionante éxito en los peores años de dictadura argentina, para aletargarse en tiempos democráticos (Von Rebeur, 2002). Por lo cual el humor se ha destacado por su presencia en los momentos críticos dentro del país, considerándose así un elemento eficaz para representar por medio de la sátira, la crítica de índole social, política y económica, de forma burlesca e irónica. Por consiguiente, esta investigación tiene como objetivo general investigar de qué manera los humoristas grá- ficos de los diarios La Nación y Página/12 intervinieron a través de su humor político, la opinión pública durante la crisis del 2001 en Argentina, exponiendo así la crítica social, política y económica regida por sus posturas políticas y la línea editorial de cada diario. La investigación se sustenta en cuatro objetivos específicos que buscan analizar de qué manera la línea editorial de los Diarios La Nación y Página/12 se ve reflejada en su humor gráfico. Por consiguiente se busca analizar de qué manera Nik, humorista gráfico de La Nación reflejaba la opinión pública durante el 2001. De igual manera analizar cómo Daniel Paz y Rudy, humoristas gráficos de Página/12 reflejan la opinión pública durante el mismo periodo. El correcto desarrollo de los anteriores objetivos, permitirá concluir con éxito el propósito de la investigación cuya síntesis está basada en analizar la herramienta del humor gráfico dentro de la prensa argentina como medio de opinión publica en un periodo crítico como lo fue la crisis del 2001.
Por lo tanto, la presente investigación formula la siguiente hipótesis: Los humoristas grá- ficos de los diarios La Nación y Página/12 a través de su humor político reafirmaron la perspectiva de inconformismo ante el gobierno e interpretaron la opinión pública con duras críticas de índole políticas y económicas, frente a la crisis del 2001 en Argentina.
En definitiva, esta investigación tiene como principal objetivo conocer de qué manera el humor gráfico se convirtió en una fuente de información a tal punto que logró influenciar de alguna manera la opinión pública durante la crisis de 2001 en la Argentina.
Estado de la cuestión
Para el desarrollo de la investigación es preciso identificar que estudios e investigaciones se han realizados en torno a estas temáticas ya descritas, por lo que se ha desplegado todo un estado de la cuestión que permitirá complementar esta investigación.
El humor gráfico, la crisis del 2001 y la opinión pública en la Argentina han sido estudiados cada uno por separado. La relación existente entre el humor gráfico y la opinión pública, no ha sido explorada, puesto que el humor gráfico se considera como una herramienta utilizada dentro de la prensa, y al ser la prensa un gran influyente de la opinión pública, surge la interrogante ¿hasta qué punto el humor gráfico se convierte en un elemento con poder para representar o influir sobre la opinión pública de una sociedad determinada en un tiempo determinado? Lo anterior permitirá desarrollar esta investigación relacionando las tres temáticas, las cuales, con el avance de los capítulos, se complementarán la una con la otra, logrando finalmente conseguir una respuesta acertada del interrogante.
En los diarios más populares de Argentina el humor gráfico es un instrumento muy utilizado y destacado a la vez, siendo este una fuente de información muy particular. Sin embargo el estudio del humor gráfico argentino no va más allá de su recorrido histórico en los distintos períodos de crisis por los cuales ha atravesado el país, y no se ha tenido en cuenta que el humor gráfico es una herramienta cuyo poder de crítica es valioso ante una sociedad que atraviesa una situación difícil. Se observa además que el humor gráfico dentro de la prensa no ha sido visto por su poder para representar e influir sobre la opinión pública, siendo que es una herramienta capaz de exponer duras críticas a un gobierno con el cual no está de acuerdo. Para el año 2001 Argentina estaba viviendo una de las crisis económicas más significativas, no obstante esta crisis no sólo fue de índole económica, la sociedad y la política claramente se derrumbaron ante esta situación. En cuanto a los estudios realizados que aborden esta temática son en su mayoría enfocados a las causas y consecuencias políticas y económicas, por lo que el humor gráfico aún no ha sido relacionado como herramienta determinante. Por consiguiente, se consultaron aquellas investigaciones sobre el humor gráfico tanto en la Argentina como en otras partes del mundo, de manara que aporten una visión del rol del este como herramienta informativa y de crítica.
De esta forma, Vadillo (2013), ve al humor como fenómeno socio-discursivo el cual es capaz de representar los contornos de una comunidad cultural, lo que a través de sus manifestaciones trasluce la visión del mundo que comparten los miembros de un grupo y la identidad cultural que los caracteriza. Es decir, contempla el humor gráfico como un medio discursivo que involucra a una sociedad cuyos intereses son similares, de manera que refleja las características culturales de un grupo social determinado. Esto permite tomar al humor gráfico como una herramienta capaz de representar aquellas opiniones y conceptos que se tienen de una entidad ya sea política, económica o social, lo cual claramente se puede entonces relacionar con su capacidad de reflejar opinión pública.
En cuanto al humor gráfico mirado desde una perspectiva más general, encontramos la posición de Eva Aladro (2002), quien indica que el humor usa el carácter tópico, formalizado, retórico de las acciones, expresiones o conceptos para percibir diversamente la realidad; afirmando así que no hay plano de acción humana, por serio o por espontáneo que parezca, que no podamos someter a la prueba de su formalización exagerada y por tanto, convertirlo en cosa de risa. Es decir, como el humor gráfico logra burlarse de aquellas situaciones sin importar que tan graves o vulnerables sean, y como logra traspasar la barrera emocional en las personas y de esta forma se convierte en motivo de risa y jocosidad. Esto puede aplicarse para todas aquellas situaciones críticas por las cuales ha cruzado Argentina, especialmente la crisis del 2001, en la cual el humor dentro de la prensa siempre destacó lo sucedido causando siempre una risa en el lector, seguida por una reflexión.
Por su parte Abreu (2001), resalta que se puede aceptar el humor como un modo de juzgar y exponer los diferentes contextos, el cual se caracteriza por tener un enfoque de burla, có- mico, mordaz, e irónico. Este a su vez cita a Torres y García-Pelayo (1967), quienes afirman que la burla es una mofa y presume desprecio y desagrado hacia alguien. La mordacidad carcome, es áspera y picante. El sarcasmo a su vez es una burla cruel o una ironía mordaz. Abreu habla de cómo la caricatura logra ser un mofante satírico e irónico.
Por otro lado los estudios que se enfocan en el humor gráfico en sus distintas representaciones, y en los cuales diferentes autores se han preocupado por explicar en qué consiste y cómo funciona dentro de su campo en alusión a la crítica, desarrolla el concepto de caricatura como una rama del humor gráfico y un concepto clave para esta investigación, es pertinente adentrase en su estudio y en los autores que hayan explorado su rol dentro de la historia. De manera que principalmente se debe empezar por definir dicho concepto. Según Ávila (2002), la caricatura tiende a tener un significado muy amplio delimitándola dentro de una definición muy generalizada como lo es la del diccionario Gran Larousse, el cual afirma que "Una caricatura es una deformación grotesca de una persona por la exageración voluntaria, con intención satírica, de los rasgos característicos del rostro o de las proporciones del cuerpo" (Ávila, 2002, p. 1). Debe tenerse en cuenta que una caricatura puede contener o no esta descripción sin dejar de seguir siendo lo que es. Por lo anterior es importante tener en cuenta como la caricatura hace uso de elementos visuales, en donde representa a un personaje cuyas características le permiten al lector identificar con facilidad a quien se está refiriendo, sin olvidar que esta tiene como principal objetivo la crítica. Por su parte Abreu (2001), afirma que la caricatura, es una sátira que se expone principalmente por medio de una representación gráfica, normalmente acompañada por una leyenda escrita o por uno o varios "globos de dialogo" e inscripciones. Este autor permite ver una noción más técnica en cuanto a la caricatura, pero a la vez reafirma la perspectiva de la caricatura como una herramienta de sátira, es decir capaz de hacer críticas. El concepto anterior lleva a encaminar esta investigación en las ilustraciones basadas en la sátira política realizada para el período de 2001 en Argentina.
Se pueden ver casos importantes donde la caricatura jugó un papel significativo dentro de la historia, por ejemplo en Alemania se implementó el uso de la caricatura durante las guerras; en Francia tomó protagonismo en los Luises y en plena revolución, hasta la época Napoleónica, en la cual el humor no mostró mucho desarrollo. Asimismo indica que un caricaturista especializado nace con el desarrollo de los medios de reproducción gráfica (Ávila, 2002). Es decir, la caricatura ha estado presente desde los episodios históricos modernos de Europa. Con el tiempo la caricatura muestra una evolución en sus estilos y formas gráficas. Además, ha jugado un papel importante dentro de Argentina, sobre todo en sus períodos más difíciles. Por consiguiente ayuda a plantear que el humor gráfico es una herramienta poderosa capaz de transmitir mensajes críticos en cualquier situación que lo disponga.
Por su parte Pedrazzini (2012), comenta que desde hace más de dos siglos, la caricatura política se ha concentrado en descalificar el poder de las jerarquías, mostrando una mirada alterada de la actualidad política, debatiendo y denunciando, con desvergüenza y humor, injusticias y excesos. Desde los regímenes monárquicos hasta los sistemas presidenciales o parlamentarios, el jefe de Estado siempre ha sido el principal objeto de los ataques verbales y visuales de los autores satíricos. Por lo que se puede observar cómo la caricatura política se centra en la crítica de aquellos dirigentes políticos, o un gobierno en general, que de una u otra manera cause en la sociedad apatía, por lo que permite una crítica verbal y visual por parte de los humoristas.
Esto permite adentrar el estudio en lo que a la historia argentina respecta, ya que esta investigación está basada en un periodo crítico de dicho país, por consiguiente se necesita retomar una visión más amplia de cómo el humor ha sido desarrollado a lo largo de país. Ávila (2002) afirma que en la Argentina se comienzan a ver la aparición de toda una serie de diarios y revistas con una línea humorística y satírica que hacen de la caricatura, una herramienta en la cual todavía primaban las masas populares analfabetas o de origen aluvional, su principal manera de mostrar aquellos problemas sociales con fines de oposición política. De esta forma se observa el papel del humor gráfico como elemento clave dentro de los medios informativos de una sociedad, ya que este es capaz de llegar a todo tipo de público. Por ende, permite centrar esta investigación en el humor gráfico como medio masivo de información que al ser capaz de llegar a una gran parte de la sociedad se convierte en una herramienta perfecta para lograr influenciar de forma moderada las opiniones y posturas de su público. A pesar de las censuras y prohibiciones, el humor político tiene un mayor desarrollo dentro de las épocas de los gobiernos democráticos y a su vez, aquél va tomando nuevas formas. "Esta modalidad gráfica se ha transformado en sus técnicas, adoptando por imperio de la cultura audiovisual, nuevas modalidades gráficas, pero sigue estando al servicio de los discursos opositores y ridiculizantes de los políticos de turno" (Ávila, 2002, p. 2).
Por consiguiente se toman aquellas investigaciones cuyos enfoque se basó en recorrer cronológicamente al humor gráfico, desde sus inicios en la Argentina, destacando así aquellos momentos claves que influenciaron dentro del desarrollo de este, lo cual permite reconocer el papel del humor dentro de situaciones específicas dentro y fuera de la Argentina. Matallana (1999), comenta, que el humor gráfico dejó sus huellas en el periodismo argentino para el periodo de 1800, surgiendo así las primeras caricaturas impresas en volantes, y para 1830 se edita una publicación importante para la época conocida como El toro del once, la cual se enfocaba fuertemente en la crítica política. Lo anterior permite ver como en Argentina el rol del humor gráfico ha girado en torno a la crítica política, lo cual sugiere pensar que esta herramienta puede ser igual de útil durante los períodos más modernos en Argentina, como lo fue la crisis del 2001. Este autor relata que "Con la caída de Juan Manuel de Rosas en febrero de 1852 y el triunfo de Urquiza, comienzan a surgir publicaciones que combinaban los comentarios políticos serios y jocosos con caricaturas".
(Matallana, 1999, p. 30). Por consiguiente vemos como el humor a través de ilustraciones estaba presente en las publicaciones desde las épocas más remotas, y como estas a la par de una noticia formal, solían transmitir aquellas notas políticas de lo que acontecía en aquél entonces. Gutiérrez (1999) propone cronológicamente el inicio del camino de la sátira editada en la Argentina, la cual se le atribuye a Fray Francisco de Paula Castañeda, un catedrático en filosofía, a quien se le presumen los primeros volantes satíricos en el tiempo de la colonia. El autor relata que para los años 1828 se funda la primera litografía del país, y que en 1835 se edita el Diario de anuncios y publicaciones oficiales de Buenos Ayres, siendo así la litografía la base fundamental para el desarrollo y rápida difusión de la caricatura. De manera que los medios impresos siempre han jugado un papel importante en la difusión del humor gráfico, lo cual facilita que este llegue de forma rápida y masiva a la sociedad.
Aparecen para los siguientes años una serie de diarios satíricos entre los que se destacaba Aniceto el gallo, en defensa del unitarismo; para el año 1863 aparece uno de los diarios más significativos en cuanto al humor satírico se refiere, El Mosquito (Matallana, 1999). Es claro que la Argentina hizo uso de la herramienta del humor para retratar aquellas épocas políticas nada favorables para el país, dando así paso a una tradición periodística que hoy en día sigue siendo vigente en cuanto a la información y crítica política se refiere.
El mosquito se podría denominar entonces como el primer periódico de sátira política de carácter profesional que acogió a la caricatura como su principal herramienta expresiva, además se puede considerar a este diario como el periódico que hizo de la caricatura un burlante, ya que lo instaló en sus páginas en forma permanente, permitiéndole ser un gran registro documental gráfico de la política argentina desde mediados del siglo XIX hasta la segunda década del XX (Gutiérrez, 1999).
Gutiérrez también afirma que la historieta había ganado un espacio significativo dentro de los periódicos, en los cuales las ilustraciones se convertirían en recurso extraordinario para captar lectores y para llegar sus mensajes a una mayoría analfabeta, definido como un medio para hacer propaganda en contra de o a favor de. Esto le permite a esta investigación centrarse en cómo los diarios a través de su humor logran llegar a toda sociedad, convirtiéndose en una herramienta valiosa a la hora de transmitir un mensaje. Por consiguiente sustenta que el humor gráfico puede catalogarse como una herramienta de suma importancia ya que el uso de un ilustrado lo convierte en un lenguaje universal, permitiéndole llegar a todo tipo de público.
El 31 de diciembre de 1869 se funda La Nación Argentina, y este le da paso a La Nación, lo cual permite la progresiva profesionalización del periodismo; resistiéndose así durante décadas a la publicaciones de ilustraciones (Gutiérrez, 1999). Es importante conocer de qué manera el humor gráfico se fue instalando en la Argentina, y cómo este pasa a ser visto como un medio informativo de gran importancia y cómo desde sus principios utilizó la sátira política como principal eje temático.
No obstante la caricatura ha estado presente a nivel internacional, siendo participe de muchos periodos significativos de diferentes países. Un ejemplo claro del uso de la caricatura como medio de crítica se vio claramente en México, durante la revolución de 1910; en donde la sátira, para conmover a las grandes mayorías, llegó a parodiar algunas imágenes aparecidas en El hijo de ahuizote, en donde los distintos artículos estaban referidos a los derechos del hombre. Estas representaciones gráficas, mostraban precisamente la situación contraria a las garantías otorgadas (Gonzáles, 1955). Manuel Gonzáles, comenta que las caricaturas referentes a violaciones que se cometieron en contra de la constitución, estaban dirigidas a cambiar la pasividad del pueblo mexicano, demostrando que todas las leyes vigentes y fundamentales no eran más que unos simples enunciados teóricos carentes de aplicación.
Según Gonzáles (1955) el pueblo se sintió impresionado por las insinuaciones plásticas de las caricaturas en las que las leyes se esfumaban para dar lugar a la ley fuga, a los mandamientos de la santa iglesia y a los diezmos y caprichos. Tanto fue que varios periódicos ilustrados de oposición adoptaron la práctica de dibujar un personaje que se repitiera en las caricaturas, dicho personaje llevaría entonces el nombre de la propia publicación, El hijo del Ahuizote o El colmillo Público, este representaba al pueblo oprimido por la imposición y que sufría los maltratos de las autoridades. Los caricaturistas, pretendían humanizar los distintos valores con el fin de impresionar a las masas y lograr que estas reaccionaran ante la opresión. Siguiendo con su sentido político, aprovecharon también las motivaciones religiosas que llegaban más directamente al pueblo, tocando así las fibras más arraigadas de su católica conciencia (Gonzales, 1955). De esta manera vemos como el humor gráfico ha estado presente no solo en la Argentina sino también en distintos países, como en el caso de México, siendo una herramienta fundamental en los momentos críticos en lo que a la política y la sociedad se refiere. Entonces, de esta manera se ve cómo la caricatura ha sido un elemento cuyo poder de crítica ha impactado fuertemente y se ha convertido en un medio informativo aceptado por la sociedad.
Vásquez (1987), comenta que para los años de 1940 los argentinos se encontraban muy receptivos a lo que al humor se refiere ya que para esa época en Europa se desarrollaba la Segunda Guerra Mundial, y era una forma de contrarrestar las deprimentes informaciones de tal situación; Vázquez relata que para este periodo el humor comenzó a tener cada vez más cabida tanto en las revistas como en los diarios de la época, destacando así revistas tales como, La Razón, La Cancha, Cara Sucia entre muchas otras más, y dentro de los diarios se puede resaltar El Pampero que se destacó por la aparición de historias como, Bien porteño de Lubrano, Virola de Gonzáles y Carocito de seguí. Dentro de este libro se mencionan las diferentes décadas y cómo el humor gráfico maneja cada situación vivida dentro o fuera del país que de algún modo afectaba a este. Como anteriormente ya se había dicho, el humor gráfico está visto desde un punto de vista más histórico sin abordar características técnicas tales como el estudio del discurso o los elementos visuales que lo componen.
Levín (2012), relata que para el año 1982 la Argentina se ve en medio de una importante crisis del régimen militar la cual es percibida como una inminente antesala a la reapertura democrática, crisis a la que se le superponían los devastadores efectos de la política econó- mica aplicada por el gobierno desde tiempo atrás, por lo cual el autor afirma que la prensa y los medios gráficos desempeñaron un rol esencial en la movilización de la población, al ser estos importantes medios de propagación de la información, que muchas veces esta estuvo manipulada y corrompida por el gobierno de la época, pero a la vez logró difundir el discurso oficial impulsando una campaña inclinado a fortalecer el ideal de comunidad nacional recuperada. Puesto que Levín, fundamenta la intención de esta investigación, la cual busca designar al humor gráfico como una herramienta que al encontrarse dentro de la prensa, logra tener la fuerza suficiente para influir en las actitudes de aquellos lectores, es decir influenciar la opinión pública. La autora centra su investigación sobre el diario Clarín y cómo este a partir de su humor retrató todo lo sucedido para ese año. Por lo que afirma que el humor gráfico del diario Clarín participó en gran medida del fenómeno de "malvinización" mostrando una considerable pregnancia de la temática tanto en los cartoons del cuerpo del diario como en los cartoons y tiras diarias de la contratapa, impacto que hasta ese momento ningún suceso había producido de ese modo en el espacio humorístico del matutino (Levín, 2012). Este artículo claramente resulta ser de gran aporte, ya que la autora hace el análisis de cómo las caricaturas expuestas dentro del diario Clarín, un diario argentino de suma importancia y con una gran trayectoria dentro del país, lograron adentrarse dentro de toda la problemática, convirtiéndose en una herramienta comunicacional de largo alcance y con efectos sobre los lectores. Y afirma que el humor gráfico del diario también aportó para que se dieran aquellas manifestaciones anticolonialistas, retomando de este modo el viejo tópico del colonialismo (Levín, 2012).
Todos estos estudios realizados sobre el humor gráfico en la Argentina y el mundo, permiten obtener una visión clara del rol que este ha desempeñado durante los distintos períodos de conflicto políticos, dentro de las cuales están dictaduras, guerras mundiales, crisis políticas y económicas, etc., las cuales fueron tema central de los diarios y por ende del humor que estos contenían. De manera que el humor gráfico suele ser una herramienta masiva e importante a la hora de criticar y denunciar situaciones con las que una sociedad no está acuerdo. Por lo anterior, se puede centrar esta investigación en la crisis del 2001, al ser este un periodo crítico del país, en el cual el humor gráfico al igual que en otros periodos ha logrado destacarse. Cabe resaltar que el humor gráfico es un elemento relevante dentro los diarios argentinos, siendo así el humor una herramienta utilizada de muchas maneras; ahora bien, debemos mirar cómo un periodo tan difícil como lo fue la crisis del 2001, fue abordado por el humor y cómo este logró cumplir su función de crítica; teniendo en cuenta la manera en cómo el humor gráfico critica a las tensiones y las acciones que en aquel momento estaban afectando al país y a su población.
Es de suma importancia observar el medio en el que el humor gráfico es expuesto. En este caso, son los diarios argentinos los cuales tienen una trayectoria histórica de suma importancia en lo que al país respecta. Para esta investigación se tomaron dos diarios que difieren ideológicamente de manera que, esto permite una diferenciación en la reproducción de su humor. Follari (2003), comenta que a nivel gráfico se pueden destacar tres diarios muy participativos durante la crisis del 2001 en la Argentina. El más tradicional, el Diario La Nación, que representó históricamente a la gran burguesía ganadera argentina y que se ha quedado un tanto sin perfil tras la notable caída del peso histórico de ese sector social y de su antigua modalidad cultural, aun cuando se mantiene fiel a su inveterado conservadorismo. Como su antagónico en el aspecto ideológico, se destaca al diario matutino Página/12, con lectores primordialmente procedentes de las clases medias ilustradas y profesionales, que sostienen una importante capacidad de denuncia en torno a cuestiones de corrupción y abusos contra los derechos humanos. Cuando De la Rúa es tumbado del gobierno hubo unanimidad por parte de los medios, los cuales referían que "se iba un gobierno inerme e impotente, por sus propias contradicciones y carencias" (Follari, 2003). Ningún medio informativo lo defendió, y en los medios más de derecha se notó una pretendida justificación ante la violencia policial que se estaba dando en aquel momento, sin remitir a ningún caso concreto pues la pueblada aparecía claramente como pacífica y legítima. De forma que se ve cómo estos dos diarios jugaron un claro papel en donde sus enfoques iban claramente en direcciones diferentes como para no decir opuestas. Estos dos matutinos son el objeto de estudio para observar cómo el humor gráfico de cada uno se diferenciaba según sus ideologías y público al que iba dirigido, permitiendo así una diferenciación en la forma de crítica que estos dos diarios manejaban.
Es de importancia adentrar en el tema de los medios de comunicación, ya que dentro de esta investigación es pertinente indagar sobre el rol de estos en la sociedad.
De ahí surge plantear cómo diferentes autores dentro de sus investigaciones han tomado el concepto de opinión pública y lo han relacionado con los medios de comunicación y más precisamente con la prensa, la cual es el objeto de estudio de esta investigación. Por ende se toma a Loaiza (2010), quien comenta que a partir de 1808 se presentaron cambios evidentes en la producción y circulación de periódicos en Hispanoamérica, por lo cual los prospectos de los periódicos de aquel entonces y la legislación sobre libertad de imprenta de los años 1808 y 1815, confirman una intensa mutación entre el personal letrado que admitía la importancia persuasiva y didáctica de la prensa. Esto permite conocer como la prensa desde siglos atrás es considerada como una fuente con el suficiente poder persuasivo sobre la sociedad. Por lo que para empezar a mirar la historia de la opinión pública se le debe considerar a estos años como una primera etapa en la cual se volvieron necesarios el taller de imprenta, las libertades en el ejercicio de la opinión, la difusión escrita de impresos publicados con alguna regularidad (Loaiza, 2010). De aquí comienza a surgir una relación clara entre la prensa y la opinión pública, la cual a pesar de los años sigue siendo visible, transmutando a los diversos medios comunicacionales existentes.
Floyd (2009), comenta que el término opinión pública tiene significado en torno a una situación multi-individual en la cual cada individuo se expresa, mostrándose a favor de y apoyando o por lo contrario en contra de y oponiéndose a alguna situación, persona o propuesta, específicas y de importancia general, y según la proporción de número, la intensidad y la constancia que tenga, es posible que influyan, ya sea directa o indirectamente, sobre la acción hacia el objeto en cuestión. Por lo que para que haya opinión pública debe de ser un asunto de importancia universal. No basta con tener solo interés, la situación ha de poner en juego necesidades o deseos básicos (Floyd, 2009). De manera que es posible aplicar esta noción sobre la actual investigación, al entender que para que exista opinión pública, esta debe tener un consenso, lo cual dispone que exista un asunto cuya afectación sea de tipo masivo dentro de la sociedad, y que esté a la vez este en pro o en contra de ella. Básicamente esto se pudo observar en el año 2001 en la Argentina; toda la sociedad, sin distinguir clase social, de una u otra manera se veía afectada por las medidas tomadas por el gobierno de aquel entonces, lo que claramente llevó a el notable acuerdo en el descontento existente en contra de un gobierno.
Por su parte Plut (2014), afirma que la opinión pública no consiste solo de cómo se agrupan expresiones semejantes entre sí, sino que aquella se alimenta de la tendencia de ciertos sujetos a no ser, cada uno, el único que piensa de tal o cual modo. Por lo que este autor refiere a la opinión pública como un hecho que va más allá de consensuar aquellas perspectivas similares, si no que la contempla como el resultado de todo un entorno influenciado por ciertos sujetos o entidades, afirmando que es casi imposible la existencia de una única persona que piense de alguna manera. De esta forma Plut, hace referencia a dos autores cuya noción del concepto de opinión pública permite entender la relación de la prensa con aquella. Allport (1937) y Bouza(2004), han señalado que lo que se suele llamar opinión pública, corresponde más bien a la opinión publicada, lo cual da soporte a la noción sobre la existencia de una clara influencia por parte de los medios. Por lo tanto, esta investigación se fundamenta básicamente en tomar un elemento clave de la prensa, como el humor gráfico, cuyo poder de crítica puede ser lo suficientemente capaz de influir sobre esta. Por ende se encaminará en entender como los medios escritos, logran persuadir a tal punto que suelen decidir cuál y qué es la opinión pública, permitiendo desarrollar el concepto de Agenda setting, el cual ayuda a esta investigación a entender como los medios de comunicación suelen ejercer cierta autoridad en la información que se difunde a la sociedad.
Todas estas investigaciones permitirán abordar la temática desde un punto de vista más completo, es decir que permite conocer al humor gráfico como una herramienta que tiene gran valor dentro de la prensa Argentina, siendo ésta como ya se había mencionado, capaz de incurrir sobre actitudes y posiciones del lector ante una situación determinada. Es por ello que este estado del arte se planteó desde un punto de vista tanto cronológico como conceptual, ya que es importante conocer la incidencia del humor sobre la sociedad y a su vez la noción más técnica sobre conceptos claves que ayudaran a la posible relación entre humor, crisis y opinión pública.
Por consiguiente esta investigación tendrá como periodización los años anteriores y posteriores a la crisis del 2001, es decir se abordará la problemática desde sus inicios en 1999 hasta el 2003, que resultan ser los años de inicio de la crisis y el año en el cual Argentina logra reponerse medianamente de esta. Por otra parte esta investigación está centrada bajo la línea temática de historia y tendencias, ya que contiene un fuerte enfoque en cuanto a la historia argentina respecta, tanto de índole social, política y económica, como el rol que desempeñó el humor gráfico desde sus inicios hasta el período de crisis de 2001 en el país.
Recorrido descriptivo de los capítulos
Esta tesis está organizada en cuatro capítulos que conforman el marco teórico, a su vez cuenta con la metodología planificada para la comprobación de la hipótesis anteriormente nombrada.
El capítulo I, el cual tiene como título, Crisis contemporáneas en Argentina, por lo que al ser esta investigación un análisis del humor gráfico durante la crisis del 2001 en Argentina, es importante relatar brevemente lo sucedido durante este período, el cual resulta ser el objeto perfecto para que el humor gráfico desencadene su rol de crítica, ya que este bá- sicamente utiliza su contenido satírico para denunciar aquellos actos que resultan causar inconformidad a la sociedad en general, de manera que permite reflejar la opinión pública sobre lo que estaba aconteciendo en dicho período.
Para este capítulo se aborda un poco la historia política de Argentina, lo cual ayuda a entender a fondo las causas de lo sucedido en el 2001. Asimismo se describirá la manera en cómo los diarios Página/12 y La Nación (al ser el objeto estudio de esta investigación) y otros diarios argentinos, abordaron y enfrentaron toda la crisis durante el período del mes de diciembre, lo cual permitirá ampliar la perspectiva de lo que ocurría en dicho periodo, viendo la manera de cómo se hacía frente a la situación dependiendo de las inclinaciones propias de cada diario. Los diarios y la comunicación en masas, es el segundo Capítulo de esta investigación, el cual está basado en la comunicación en masas como concepto clave para completar el estudio en cuanto a los diarios respecta, es decir esto permite ver cómo la prensa funciona y cómo está pensada para desempeñar su rol como fuente de información. Asimismo, se hace una reseña de la historia de los diarios argentinos y en especial los dos en cuestión, Página /12 y La Nación. Por lo que se describe desde sus inicios, sus inclinaciones y su línea política, lo cual permite entender el modo en el que su humor gráfico político está pensado. Este capítulo es de suma importancia ya que da paso a toda la investigación sobre el humor gráfico como herramienta clave dentro los diarios y asimismo abordar el concepto de opinión pública y la prensa. Es clave desarrollar este concepto, ya que a través de este se sentarán las bases necesarias para el fácil entendimiento de los capítulos posteriores. El Capítulo III, Humor gráfico y la prensa argentina, está centrado en el concepto de humor gráfico como eje principal de esta investigación, de manera que se expondrán las distintas concepciones que existen de este. Asimismo se toma la caricatura al ser la técnica mayormente utilizada por los humoristas gráficos. De igual manera es importante hacer una reseña cronológica del papel que ha jugado el humor gráfico dentro de la prensa argentina, puesto que ayudará a entender cómo este ha manejado situaciones de crisis anteriormente en el país.
De ahí se parte a especificar la utilización del humor gráfico dentro de los diarios La Nación y Página/12, lo cual deriva a una pequeña reseña biográfica de los humoristas a investigar, Nik y Daniel Paz y Rudy respectivamente.
Finalmente el cuarto Capítulo, titulado La opinión pública, está fundamentado en el concepto clave de opinión pública, el cual funciona como puente para entender de qué manera el humor gráfico resulta ser una herramienta importante para la crisis del 2001. De esta forma se analizará el concepto de opinión pública, su función en la sociedad y su rol en los medios de comunicación, más precisamente en la prensa, lo cual permite responder a cómo la opinión pública y la prensa se relacionan, y cómo la opinión pública suele ser influenciada por los medios impresos, desatando un concepto clave como lo es la agenda setting, el cual permitirá entender la presión causada por los medios de comunicación sobre la sociedad. De manera que siendo el humor gráfico una herramienta recurrida dentro de los diarios argentinos, se proseguirá a observar que relación guarda el humor gráfico político y la opinión pública, de modo que permitirá conocer hasta qué punto el humor político es capaz de reflejar o influenciar la postura de una sociedad.
Para la metodología desarrollada para esta investigación, se distinguen dos herramientas de recolección datos, las cuales fueron diseñadas comprobar la hipótesis correspondiente. Por consiguiente, se realizó entrevistas a personas especializadas en los campo del humor gráfico, historia contemporánea argentina y periodistas dentro del área de la opinión pública. Como segunda herramienta se analizó las viñetas expuesta en los diarios La Nación y Página/12, durante el año de 2001. De manera que, se observó cómo estos dos diarios hicieron frente con su crítica a los acontecimientos de dicho periodo.
El humor gráfico se ha convertido en un fuerte representativo de la cultura argentina, y suele estar notablemente presente en sus medios de comunicación, constituyéndose en una herramienta cuya popularidad se remonta a la publicación de la primera viñeta expuesta en revistas y diarios reconocidos del país. En consecuencia, esta investigación propone analizar el humor gráfico como una herramienta de crítica muy utilizada dentro de los diarios, que a su vez refleja e influye sobre la opinión pública de una sociedad determinada, es decir, este se considera como un elemento clave a la hora de exponer opiniones ante una situación cualquiera. Con base en el razonamiento anterior, se han escogido tres humoristas gráficos de dos diarios prestigiosos del país como lo son La Nación y Página/12, para que sirvan como objeto de estudio para dicha investigación. Teniendo en cuenta que el humor gráfico es una herramienta de crítica, se ha elegido un período en el cual este haya logrado su fin satírico. Es el caso del año 2001, en el cual la Argentina presentó una de las crisis económicas y políticas más significativas en su historia. Durante los últimos años de la década de 1990 y comienzos del 2000, Argentina atravesaba una de las crisis económico-políticas más difíciles y significativas para el país. Argentina venía sufriendo un estancamiento en el crecimiento, sumado al aumento del déficit corriente y la situación insostenible de la deuda externa, lo que provocaba la desconfianza entre los depositantes y los inversores; asimismo el aumento del riesgo de suspensión de pagos y de devaluación de la moneda aceleraron, los ataques especulativos y provocaron una fuerte fuga de capitales (Bustelo, 2002). Esto refleja la situación crítica de índole económica en la que el país estaba sumergido, lo cual afectó a la población creando descontentos y reclamos ante el gobierno establecido en esa época. Durante el año 2001 y en especial el mes de diciembre, surgen una serie de sucesos, los cuales llevan a la sociedad a una situación en la que se ven obligados a imponerse, mediante denuncias en las cuales mostraban sus inconformidades ante las medidas tomadas por el gobierno. Lo anterior, con el apoyo de los medios de comunicación, y la prensa específicamente, formó una fuerza detonante que llevó a la renuncia del Presidente Fernando De La Rúa. De aquí surge la mirada sobre el concepto de opinión pública, la cual está presente en la toda la sociedad, y muchas veces juega un papel influyente sobre las actitudes de aquellos que tienen contacto con esta; siendo la opinión pública fuertemente influenciada por los medios de comunicación, como lo es la prensa, la cual tiene gran movimiento de las multitudes quienes se ven afectadas en pro o en contra de sus posturas políticas. De manera que esto permite estudiar la forma en que dos reconocidos diarios argentinos, La Nación y Página/12 manejaban la situación según sus corrientes políticas y su crítica social, destacando cómo estos diarios involucraban el humor gráfico político dentro de sus críticas hacia la crisis del 2001 en la Argentina, y cómo esta de una u otra manera causaba impacto en sus lectores. Lo que desencadena el siguiente interrogante ¿De qué manera los humoristas gráficos, de diario La Nación y Página/12, según sus posturas políticas, influyen en la opinión pública frente a la crisis de 2001 en Argentina? Es de resaltar que el humor ha representado un estado de rebeldía y resistencia contra el status quo, una mirada avispada para azuzar conciencias, un acto de protesta escondido tras una sonrisa (Von Rebeur, 2002). De esta forma el humor se convierte en la herramienta eficaz para criticar y exponer inconformidades ante una situación cualquiera. De manera que durante la crisis de 2001, el humor gráfico, siendo una expresión ilustrada del humor, logró imponer su crítica ante los hechos vividos durante dicho periodo. Hay que subrayar que el humor ha tenido un impresionante éxito en los peores años de dictadura argentina, para aletargarse en tiempos democráticos (Von Rebeur, 2002). Por lo cual el humor se ha destacado por su presencia en los momentos críticos dentro del país, considerándose así un elemento eficaz para representar por medio de la sátira, la crítica de índole social, política y económica, de forma burlesca e irónica. Por consiguiente, esta investigación tiene como objetivo general investigar de qué manera los humoristas grá- ficos de los diarios La Nación y Página/12 intervinieron a través de su humor político, la opinión pública durante la crisis del 2001 en Argentina, exponiendo así la crítica social, política y económica regida por sus posturas políticas y la línea editorial de cada diario. La investigación se sustenta en cuatro objetivos específicos que buscan analizar de qué manera la línea editorial de los Diarios La Nación y Página/12 se ve reflejada en su humor gráfico. Por consiguiente se busca analizar de qué manera Nik, humorista gráfico de La Nación reflejaba la opinión pública durante el 2001. De igual manera analizar cómo Daniel Paz y Rudy, humoristas gráficos de Página/12 reflejan la opinión pública durante el mismo periodo. El correcto desarrollo de los anteriores objetivos, permitirá concluir con éxito el propósito de la investigación cuya síntesis está basada en analizar la herramienta del humor gráfico dentro de la prensa argentina como medio de opinión publica en un periodo crítico como lo fue la crisis del 2001. Por lo tanto, la presente investigación formula la siguiente hipótesis: Los humoristas grá- ficos de los diarios La Nación y Página/12 a través de su humor político reafirmaron la perspectiva de inconformismo ante el gobierno e interpretaron la opinión pública con duras críticas de índole políticas y económicas, frente a la crisis del 2001 en Argentina. En definitiva, esta investigación tiene como principal objetivo conocer de qué manera el humor gráfico se convirtió en una fuente de información a tal punto que logró influenciar de alguna manera la opinión pública durante la crisis de 2001 en la Argentina. Estado de la cuestión Para el desarrollo de la investigación es preciso identificar que estudios e investigaciones se han realizados en torno a estas temáticas ya descritas, por lo que se ha desplegado todo un estado de la cuestión que permitirá complementar esta investigación. El humor gráfico, la crisis del 2001 y la opinión pública en la Argentina han sido estudiados cada uno por separado. La relación existente entre el humor gráfico y la opinión pública, no ha sido explorada, puesto que el humor gráfico se considera como una herramienta utilizada dentro de la prensa, y al ser la prensa un gran influyente de la opinión pública, surge la interrogante ¿hasta qué punto el humor gráfico se convierte en un elemento con poder para representar o influir sobre la opinión pública de una sociedad determinada en un tiempo determinado? Lo anterior permitirá desarrollar esta investigación relacionando las tres temáticas, las cuales, con el avance de los capítulos, se complementarán la una con la otra, logrando finalmente conseguir una respuesta acertada del interrogante. En los diarios más populares de Argentina el humor gráfico es un instrumento muy utilizado y destacado a la vez, siendo este una fuente de información muy particular. Sin embargo el estudio del humor gráfico argentino no va más allá de su recorrido histórico en los distintos períodos de crisis por los cuales ha atravesado el país, y no se ha tenido en cuenta que el humor gráfico es una herramienta cuyo poder de crítica es valioso ante una sociedad que atraviesa una situación difícil. Se observa además que el humor gráfico dentro de la prensa no ha sido visto por su poder para representar e influir sobre la opiniónpública, siendo que es una herramienta capaz de exponer duras críticas a un gobierno con el cual no está de acuerdo. Para el año 2001 Argentina estaba viviendo una de las crisis económicas más significativas, no obstante esta crisis no sólo fue de índole económica, la sociedad y la política claramente se derrumbaron ante esta situación. En cuanto a los estudios realizados que aborden esta temática son en su mayoría enfocados a las causas y consecuencias políticas y económicas, por lo que el humor gráfico aún no ha sido relacionado como herramienta determinante. Por consiguiente, se consultaron aquellas investigaciones sobre el humor gráfico tanto en la Argentina como en otras partes del mundo, de manara que aporten una visión del rol del este como herramienta informativa y de crítica. De esta forma, Vadillo (2013), ve al humor como fenómeno socio-discursivo el cual es capaz de representar los contornos de una comunidad cultural, lo que a través de sus manifestaciones trasluce la visión del mundo que comparten los miembros de un grupo y la identidad cultural que los caracteriza. Es decir, contempla el humor gráfico como un medio discursivo que involucra a una sociedad cuyos intereses son similares, de manera que refleja las características culturales de un grupo social determinado. Esto permite tomar al humor gráfico como una herramienta capaz de representar aquellas opiniones y conceptos que se tienen de una entidad ya sea política, económica o social, lo cual claramente se puede entonces relacionar con su capacidad de reflejar opinión pública. En cuanto al humor gráfico mirado desde una perspectiva más general, encontramos la posición de Eva Aladro (2002), quien indica que el humor usa el carácter tópico, formalizado, retórico de las acciones, expresiones o conceptos para percibir diversamente la realidad; afirmando así que no hay plano de acción humana, por serio o por espontáneo que parezca, que no podamos someter a la prueba de su formalización exagerada y por tanto, convertirlo en cosa de risa. Es decir, como el humor gráfico logra burlarse de aquellas situaciones sin importar que tan graves o vulnerables sean, y como logra traspasar la barrera emocional en las personas y de esta forma se convierte en motivo de risa y jocosidad. Esto puede aplicarse para todas aquellas situaciones críticas por las cuales ha cruzado Argentina, especialmente la crisis del 2001, en la cual el humor dentro de la prensa siempre destacó lo sucedido causando siempre una risa en el lector, seguida por una reflexión. Por su parte Abreu (2001), resalta que se puede aceptar el humor como un modo de juzgar y exponer los diferentes contextos, el cual se caracteriza por tener un enfoque de burla, có- mico, mordaz, e irónico. Este a su vez cita a Torres y García-Pelayo (1967), quienes afirman que la burla es una mofa y presume desprecio y desagrado hacia alguien. La mordacidad carcome, es áspera y picante. El sarcasmo a su vez es una burla cruel o una ironía mordaz. Abreu habla de cómo la caricatura logra ser un mofante satírico e irónico. Por otro lado los estudios que se enfocan en el humor gráfico en sus distintas representaciones, y en los cuales diferentes autores se han preocupado por explicar en qué consiste y cómo funciona dentro de su campo en alusión a la crítica, desarrolla el concepto de caricatura como una rama del humor gráfico y un concepto clave para esta investigación, es pertinente adentrase en su estudio y en los autores que hayan explorado su rol dentro de la historia. De manera que principalmente se debe empezar por definir dicho concepto. Según Ávila (2002), la caricatura tiende a tener un significado muy amplio delimitándola dentro de una definición muy generalizada como lo es la del diccionario Gran Larousse, el cual afirma que "Una caricatura es una deformación grotesca de una persona por la exageración voluntaria, con intención satírica, de los rasgos característicos del rostro o de las proporciones del cuerpo" (Ávila, 2002, p. 1). Debe tenerse en cuenta que una caricatura puede contener o no esta descripción sin dejar de seguir siendo lo que es. Por lo anterior es importante tener en cuenta como la caricatura hace uso de elementos visuales, en donde representa a un personaje cuyas características le permiten al lector identificar con facilidad a quien se está refiriendo, sin olvidar que esta tiene como principal objetivo la crítica. Por su parte Abreu (2001), afirma que la caricatura, es una sátira que se expone principalmente por medio de una representación gráfica, normalmente acompañada por una leyenda escrita o por uno o varios "globos de dialogo" e inscripciones. Este autor permite ver una noción más técnica en cuanto a la caricatura, pero a la vez reafirma la perspectiva de la caricatura como una herramienta de sátira, es decir capaz de hacer críticas. El concepto anterior lleva a encaminar esta investigación en las ilustraciones basadas en la sátira política realizada para el período de 2001 en Argentina. Se pueden ver casos importantes donde la caricatura jugó un papel significativo dentro de la historia, por ejemplo en Alemania se implementó el uso de la caricatura durante las guerras; en Francia tomó protagonismo en los Luises y en plena revolución, hasta la época Napoleónica, en la cual el humor no mostró mucho desarrollo. Asimismo indica que un caricaturista especializado nace con el desarrollo de los medios de reproducción gráfica (Ávila, 2002). Es decir, la caricatura ha estado presente desde los episodios históricos modernos de Europa. Con el tiempo la caricatura muestra una evolución en sus estilos y formas gráficas. Además, ha jugado un papel importante dentro de Argentina, sobre todo en sus períodos más difíciles. Por consiguiente ayuda a plantear que el humor gráfico es una herramienta poderosa capaz de transmitir mensajes críticos en cualquier situación que lo disponga. Por su parte Pedrazzini (2012), comenta que desde hace más de dos siglos, la caricatura política se ha concentrado en descalificar el poder de las jerarquías, mostrando una mirada alterada de la actualidad política, debatiendo y denunciando, con desvergüenza y humor, injusticias y excesos. Desde los regímenes monárquicos hasta los sistemas presidenciales o parlamentarios, el jefe de Estado siempre ha sido el principal objeto de los ataques verbales y visuales de los autores satíricos. Por lo que se puede observar cómo la caricatura política se centra en la crítica de aquellos dirigentes políticos, o un gobierno en general, que de una u otra manera cause en la sociedad apatía, por lo que permite una crítica verbal y visual por parte de los humoristas. Esto permite adentrar el estudio en lo que a la historia argentina respecta, ya que esta investigación está basada en un periodo crítico de dicho país, por consiguiente se necesita retomar una visión más amplia de cómo el humor ha sido desarrollado a lo largo de país. Ávila (2002) afirma que en la Argentina se comienzan a ver la aparición de toda una serie de diarios y revistas con una línea humorística y satírica que hacen de la caricatura, una herramienta en la cual todavía primaban las masas populares analfabetas o de origen aluvional, su principal manera de mostrar aquellos problemas sociales con fines de oposición política. De esta forma se observa el papel del humor gráfico como elemento clave dentro de los medios informativos de una sociedad, ya que este es capaz de llegar a todo tipo de público. Por ende, permite centrar esta investigación en el humor gráfico como medio masivo de información que al ser capaz de llegar a una gran parte de la sociedad se convierte en una herramienta perfecta para lograr influenciar de forma moderada las opiniones y posturas de su público. A pesar de las censuras y prohibiciones, el humor político tiene un mayor desarrollo dentro de las épocas de los gobiernos democráticos y a su vez, aquél va tomando nuevas formas. "Esta modalidad gráfica se ha transformado en sus técnicas, adoptando por imperio de la cultura audiovisual, nuevas modalidades gráficas, pero sigue estando al servicio de los discursos opositores y ridiculizantes de los políticos de turno" (Ávila, 2002, p. 2). Por consiguiente se toman aquellas investigaciones cuyos enfoque se basó en recorrer cronológicamente al humor gráfico, desde sus inicios en la Argentina, destacando así aquellos momentos claves que influenciaron dentro del desarrollo de este, lo cual permite reconocer el papel del humor dentro de situaciones específicas dentro y fuera de la Argentina. Matallana (1999), comenta, que el humor gráfico dejó sus huellas en el periodismo argentino para el periodo de 1800, surgiendo así las primeras caricaturas impresas en volantes, y para 1830 se edita una publicación importante para la época conocida como El toro del once, la cual se enfocaba fuertemente en la crítica política. Lo anterior permite ver como en Argentina el rol del humor gráfico ha girado en torno a la crítica política, lo cual sugiere pensar que esta herramienta puede ser igual de útil durante los períodos más modernos en Argentina, como lo fue la crisis del 2001. Este autor relata que "Con la caída de Juan Manuel de Rosas en febrero de 1852 y el triunfo de Urquiza, comienzan a surgir publicaciones que combinaban los comentarios políticos serios y jocosos con caricaturas". (Matallana, 1999, p. 30). Por consiguiente vemos como el humor a través de ilustraciones estaba presente en las publicaciones desde las épocas más remotas, y como estas a la par de una noticia formal, solían transmitir aquellas notas políticas de lo que acontecía en aquél entonces. Gutiérrez (1999) propone cronológicamente el inicio del camino de la sátira editada en la Argentina, la cual se le atribuye a Fray Francisco de Paula Castañeda, un catedrático en filosofía, a quien se le presumen los primeros volantes satíricos en el tiempo de la colonia. El autor relata que para los años 1828 se funda la primera litografía del país, y que en 1835 se edita el Diario de anuncios y publicaciones oficiales de Buenos Ayres, siendo así la litografía la base fundamental para el desarrollo y rápida difusión de la caricatura. De manera que los medios impresos siempre han jugado un papel importante en la difusión del humor gráfico, lo cual facilita que este llegue de forma rápida y masiva a la sociedad. Aparecen para los siguientes años una serie de diarios satíricos entre los que se destacaba Aniceto el gallo, en defensa del unitarismo; para el año 1863 aparece uno de los diarios más significativos en cuanto al humor satírico se refiere, El Mosquito (Matallana, 1999). Es claro que la Argentina hizo uso de la herramienta del humor para retratar aquellas épocas políticas nada favorables para el país, dando así paso a una tradición periodística que hoy en día sigue siendo vigente en cuanto a la información y crítica política se refiere. El mosquito se podría denominar entonces como el primer periódico de sátira política de carácter profesional que acogió a la caricatura como su principal herramienta expresiva, además se puede considerar a este diario como el periódico que hizo de la caricatura un burlante, ya que lo instaló en sus páginas en forma permanente, permitiéndole ser un gran registro documental gráfico de la política argentina desde mediados del siglo XIX hasta la segunda década del XX (Gutiérrez, 1999). Gutiérrez también afirma que la historieta había ganado un espacio significativo dentro de los periódicos, en los cuales las ilustraciones se convertirían en recurso extraordinario para captar lectores y para llegar sus mensajes a una mayoría analfabeta, definido como un medio para hacer propaganda en contra de o a favor de. Esto le permite a esta investigación centrarse en cómo los diarios a través de su humor logran llegar a toda sociedad, convirtiéndose en una herramienta valiosa a la hora de transmitir un mensaje. Por consiguiente sustenta que el humor gráfico puede catalogarse como una herramienta de suma importancia ya que el uso de un ilustrado lo convierte en un lenguaje universal, permitiéndole llegar a todo tipo de público. El 31 de diciembre de 1869 se funda La Nación Argentina, y este le da paso a La Nación, lo cual permite la progresiva profesionalización del periodismo; resistiéndose así durante décadas a la publicaciones de ilustraciones (Gutiérrez, 1999). Es importante conocer de qué manera el humor gráfico se fue instalando en la Argentina, y cómo este pasa a ser visto como un medio informativo de gran importancia y cómo desde sus principios utilizó la sátira política como principal eje temático. No obstante la caricatura ha estado presente a nivel internacional, siendo participe de muchos periodos significativos de diferentes países. Un ejemplo claro del uso de la caricatura como medio de crítica se vio claramente en México, durante la revolución de 1910; en donde la sátira, para conmover a las grandes mayorías, llegó a parodiar algunas imágenes aparecidas en El hijo de ahuizote, en donde los distintos artículos estaban referidos a los derechos del hombre. Estas representaciones gráficas, mostraban precisamente la situación contraria a las garantías otorgadas (Gonzáles, 1955). Manuel Gonzáles, comenta que las caricaturas referentes a violaciones que se cometieron en contra de la constitución, estaban dirigidas a cambiar la pasividad del pueblo mexicano, demostrando que todas las leyes vigentes y fundamentales no eran más que unos simples enunciados teóricos carentes de aplicación. Según Gonzáles (1955) el pueblo se sintió impresionado por las insinuaciones plásticas de las caricaturas en las que las leyes se esfumaban para dar lugar a la ley fuga, a los mandamientos de la santa iglesia y a los diezmos y caprichos. Tanto fue que varios periódicos ilustrados de oposición adoptaron la práctica de dibujar un personaje que se repitiera en las caricaturas, dicho personaje llevaría entonces el nombre de la propia publicación, El hijo del Ahuizote o El colmillo Público, este representaba al pueblo oprimido por la imposición y que sufría los maltratos de las autoridades. Los caricaturistas, pretendían humanizar los distintos valores con el fin de impresionar a las masas y lograr que estas reaccionaran ante la opresión. Siguiendo con su sentido político, aprovecharon también las motivaciones religiosas que llegaban más directamente al pueblo, tocando así las fibras más arraigadas de su católica conciencia (Gonzales, 1955). De esta manera vemos como el humor gráfico ha estado presente no solo en la Argentina sino también en distintos países, como en el caso de México, siendo una herramienta fundamental en los momentos críticos en lo que a la política y la sociedad se refiere. Entonces, de esta manera se ve cómo la caricatura ha sido un elemento cuyo poder de crítica ha impactado fuertemente y se ha convertido en un medio informativo aceptado por la sociedad. Vásquez (1987), comenta que para los años de 1940 los argentinos se encontraban muy receptivos a lo que al humor se refiere ya que para esa época en Europa se desarrollaba laSegunda Guerra Mundial, y era una forma de contrarrestar las deprimentes informaciones de tal situación; Vázquez relata que para este periodo el humor comenzó a tener cada vez más cabida tanto en las revistas como en los diarios de la época, destacando así revistas tales como, La Razón, La Cancha, Cara Sucia entre muchas otras más, y dentro de los diarios se puede resaltar El Pampero que se destacó por la aparición de historias como, Bien porteño de Lubrano, Virola de Gonzáles y Carocito de seguí. Dentro de este libro se mencionan las diferentes décadas y cómo el humor gráfico maneja cada situación vivida dentro o fuera del país que de algún modo afectaba a este. Como anteriormente ya se había dicho, el humor gráfico está visto desde un punto de vista más histórico sin abordar características técnicas tales como el estudio del discurso o los elementos visuales que lo componen. Levín (2012), relata que para el año 1982 la Argentina se ve en medio de una importante crisis del régimen militar la cual es percibida como una inminente antesala a la reapertura democrática, crisis a la que se le superponían los devastadores efectos de la política econó- mica aplicada por el gobierno desde tiempo atrás, por lo cual el autor afirma que la prensa y los medios gráficos desempeñaron un rol esencial en la movilización de la población, al ser estos importantes medios de propagación de la información, que muchas veces esta estuvo manipulada y corrompida por el gobierno de la época, pero a la vez logró difundir el discurso oficial impulsando una campaña inclinado a fortalecer el ideal de comunidad nacional recuperada. Puesto que Levín, fundamenta la intención de esta investigación, la cual busca designar al humor gráfico como una herramienta que al encontrarse dentro de la prensa, logra tener la fuerza suficiente para influir en las actitudes de aquellos lectores, es decir influenciar la opinión pública. La autora centra su investigación sobre el diario Clarín y cómo este a partir de su humor retrató todo lo sucedido para ese año. Por lo que afirma que el humor gráfico del diario Clarín participó en gran medida del fenómeno de "malvinización" mostrando una considerable pregnancia de la temática tanto en los cartoons del cuerpo del diario como en los cartoons y tiras diarias de la contratapa, impacto que hasta ese momento ningún suceso había producido de ese modo en el espacio humorístico del matutino (Levín, 2012). Este artículo claramente resulta ser de gran aporte, ya que la autora hace el análisis de cómo las caricaturas expuestas dentro del diario Clarín, un diario argentino de suma importancia y con una gran trayectoria dentro del país, lograron adentrarse dentro de toda la problemática, convirtiéndose en una herramienta comunicacional de largo alcance y con efectos sobre los lectores. Y afirma que el humor gráfico del diario también aportó para que se dieran aquellas manifestaciones anticolonialistas, retomando de este modo el viejo tópico del colonialismo (Levín, 2012). Todos estos estudios realizados sobre el humor gráfico en la Argentina y el mundo, permiten obtener una visión clara del rol que este ha desempeñado durante los distintos períodos de conflicto políticos, dentro de las cuales están dictaduras, guerras mundiales, crisis políticas y económicas, etc., las cuales fueron tema central de los diarios y por ende del humor que estos contenían. De manera que el humor gráfico suele ser una herramienta masiva e importante a la hora de criticar y denunciar situaciones con las que una sociedad no está acuerdo. Por lo anterior, se puede centrar esta investigación en la crisis del 2001, al ser este un periodo crítico del país, en el cual el humor gráfico al igual que en otros periodos ha logrado destacarse. Cabe resaltar que el humor gráfico es un elemento relevante dentro los diarios argentinos, siendo así el humor una herramienta utilizada de muchasmaneras; ahora bien, debemos mirar cómo un periodo tan difícil como lo fue la crisis del 2001, fue abordado por el humor y cómo este logró cumplir su función de crítica; teniendo en cuenta la manera en cómo el humor gráfico critica a las tensiones y las acciones que en aquel momento estaban afectando al país y a su población. Es de suma importancia observar el medio en el que el humor gráfico es expuesto. En este caso, son los diarios argentinos los cuales tienen una trayectoria histórica de suma importancia en lo que al país respecta. Para esta investigación se tomaron dos diarios que difieren ideológicamente de manera que, esto permite una diferenciación en la reproducción de su humor. Follari (2003), comenta que a nivel gráfico se pueden destacar tres diarios muy participativos durante la crisis del 2001 en la Argentina. El más tradicional, el Diario La Nación, que representó históricamente a la gran burguesía ganadera argentina y que se ha quedado un tanto sin perfil tras la notable caída del peso histórico de ese sector social y de su antigua modalidad cultural, aun cuando se mantiene fiel a su inveterado conservadorismo. Como su antagónico en el aspecto ideológico, se destaca al diario matutino Página/12, con lectores primordialmente procedentes de las clases medias ilustradas y profesionales, que sostienen una importante capacidad de denuncia en torno a cuestiones de corrupción y abusos contra los derechos humanos. Cuando De la Rúa es tumbado del gobierno hubo unanimidad por parte de los medios, los cuales referían que "se iba un gobierno inerme e impotente, por sus propias contradicciones y carencias" (Follari, 2003). Ningún medio informativo lo defendió, y en los medios más de derecha se notó una pretendida justificación ante la violencia policial que se estaba dando en aquel momento, sin remitir a ningún caso concreto pues la pueblada aparecía claramente como pacífica y legítima. De forma que se ve cómo estos dos diarios jugaron un claro papel en donde sus enfoques iban claramente en direcciones diferentes como para no decir opuestas. Estos dos matutinos son el objeto de estudio para observar cómo el humor gráfico de cada uno se diferenciaba según sus ideologías y público al que iba dirigido, permitiendo así una diferenciación en la forma de crítica que estos dos diarios manejaban. Es de importancia adentrar en el tema de los medios de comunicación, ya que dentro de esta investigación es pertinente indagar sobre el rol de estos en la sociedad. De ahí surge plantear cómo diferentes autores dentro de sus investigaciones han tomado el concepto de opinión pública y lo han relacionado con los medios de comunicación y más precisamente con la prensa, la cual es el objeto de estudio de esta investigación. Por ende se toma a Loaiza (2010), quien comenta que a partir de 1808 se presentaron cambios evidentes en la producción y circulación de periódicos en Hispanoamérica, por lo cual los prospectos de los periódicos de aquel entonces y la legislación sobre libertad de imprenta de los años 1808 y 1815, confirman una intensa mutación entre el personal letrado que admitía la importancia persuasiva y didáctica de la prensa. Esto permite conocer como la prensa desde siglos atrás es considerada como una fuente con el suficiente poder persuasivo sobre la sociedad. Por lo que para empezar a mirar la historia de la opinión pública se le debe considerar a estos años como una primera etapa en la cual se volvieron necesarios el taller de imprenta, las libertades en el ejercicio de la opinión, la difusión escrita de impresos publicados con alguna regularidad (Loaiza, 2010). De aquí comienza a surgir una relación clara entre la prensa y la opinión pública, la cual a pesar de los años sigue siendo visible, transmutando a los diversos medios comunicacionales existentes. Floyd (2009), comenta que el término opinión pública tiene significado en torno a una situación multi-individual en la cual cada individuo se expresa, mostrándose a favor de y apoyando o por lo contrario en contra de y oponiéndose a alguna situación, persona o propuesta, específicas y de importancia general, y según la proporción de número, la intensidad y la constancia que tenga, es posible que influyan, ya sea directa o indirectamente, sobre la acción hacia el objeto en cuestión. Por lo que para que haya opinión pública debe de ser un asunto de importancia universal. No basta con tener solo interés, la situación ha de poner en juego necesidades o deseos básicos (Floyd, 2009). De manera que es posible aplicar esta noción sobre la actual investigación, al entender que para que exista opinión pública, esta debe tener un consenso, lo cual dispone que exista un asunto cuya afectación sea de tipo masivo dentro de la sociedad, y que esté a la vez este en pro o en contra de ella. Básicamente esto se pudo observar en el año 2001 en la Argentina; toda la sociedad, sin distinguir clase social, de una u otra manera se veía afectada por las medidas tomadas por el gobierno de aquel entonces, lo que claramente llevó a el notable acuerdo en el descontento existente en contra de un gobierno. Por su parte Plut (2014), afirma que la opinión pública no consiste solo de cómo se agrupan expresiones semejantes entre sí, sino que aquella se alimenta de la tendencia de ciertos sujetos a no ser, cada uno, el único que piensa de tal o cual modo. Por lo que este autor refiere a la opinión pública como un hecho que va más allá de consensuar aquellas perspectivas similares, si no que la contempla como el resultado de todo un entorno influenciado por ciertos sujetos o entidades, afirmando que es casi imposible la existencia de una única persona que piense de alguna manera. De esta forma Plut, hace referencia a dos autores cuya noción del concepto de opinión pública permite entender la relación de la prensa con aquella. Allport (1937) y Bouza(2004), han señalado que lo que se suele llamar opinión pública, corresponde más bien a la opinión publicada, lo cual da soporte a la noción sobre la existencia de una clara influencia por parte de los medios. Por lo tanto, esta investigación se fundamenta básicamente en tomar un elemento clave de la prensa, como el humor gráfico, cuyo poder de crítica puede ser lo suficientemente capaz de influir sobre esta. Por ende se encaminará en entender como los medios escritos, logran persuadir a tal punto que suelen decidir cuál y qué es la opinión pública, permitiendo desarrollar el concepto de Agenda setting, el cual ayuda a esta investigación a entender como los medios de comunicación suelen ejercer cierta autoridad en la información que se difunde a la sociedad. Todas estas investigaciones permitirán abordar la temática desde un punto de vista más completo, es decir que permite conocer al humor gráfico como una herramienta que tiene gran valor dentro de la prensa Argentina, siendo ésta como ya se había mencionado, capaz de incurrir sobre actitudes y posiciones del lector ante una situación determinada. Es por ello que este estado del arte se planteó desde un punto de vista tanto cronológico como conceptual, ya que es importante conocer la incidencia del humor sobre la sociedad y a su vez la noción más técnica sobre conceptos claves que ayudaran a la posible relación entre humor, crisis y opinión pública. Por consiguiente esta investigación tendrá como periodización los años anteriores y posteriores a la crisis del 2001, es decir se abordará la problemática desde sus inicios en 1999 hasta el 2003, que resultan ser los años de inicio de la crisis y el año en el cual Argentina logra reponerse medianamente de esta. Por otra parte esta investigación está centrada bajola línea temática de historia y tendencias, ya que contiene un fuerte enfoque en cuanto a la historia argentina respecta, tanto de índole social, política y económica, como el rol que desempeñó el humor gráfico desde sus inicios hasta el período de crisis de 2001 en el país. Recorrido descriptivo de los capítulos Esta tesis está organizada en cuatro capítulos que conforman el marco teórico, a su vez cuenta con la metodología planificada para la comprobación de la hipótesis anteriormente nombrada. El capítulo I, el cual tiene como título, Crisis contemporáneas en Argentina, por lo que al ser esta investigación un análisis del humor gráfico durante la crisis del 2001 en Argentina, es importante relatar brevemente lo sucedido durante este período, el cual resulta ser el objeto perfecto para que el humor gráfico desencadene su rol de crítica, ya que este bá- sicamente utiliza su contenido satírico para denunciar aquellos actos que resultan causar inconformidad a la sociedad en general, de manera que permite reflejar la opinión pública sobre lo que estaba aconteciendo en dicho período. Para este capítulo se aborda un poco la historia política de Argentina, lo cual ayuda a entender a fondo las causas de lo sucedido en el 2001. Asimismo se describirá la manera en cómo los diarios Página/12 y La Nación (al ser el objeto estudio de esta investigación) y otros diarios argentinos, abordaron y enfrentaron toda la crisis durante el período del mes de diciembre, lo cual permitirá ampliar la perspectiva de lo que ocurría en dicho periodo, viendo la manera de cómo se hacía frente a la situación dependiendo de las inclinaciones propias de cada diario. Los diarios y la comunicación en masas, es el segundo Capítulo de esta investigación, el cual está basado en la comunicación en masas como concepto clave para completar el estudio en cuanto a los diarios respecta, es decir esto permite ver cómo la prensa funciona y cómo está pensada para desempeñar su rol como fuente de información. Asimismo, se hace una reseña de la historia de los diarios argentinos y en especial los dos en cuestión, Página /12 y La Nación. Por lo que se describe desde sus inicios, sus inclinaciones y su línea política, lo cual permite entender el modo en el que su humor gráfico político está pensado. Este capítulo es de suma importancia ya que da paso a toda la investigación sobre el humor gráfico como herramienta clave dentro los diarios y asimismo abordar el concepto de opinión pública y la prensa. Es clave desarrollar este concepto, ya que a través de este se sentarán las bases necesarias para el fácil entendimiento de los capítulos posteriores. El Capítulo III, Humor gráfico y la prensa argentina, está centrado en el concepto de humor gráfico como eje principal de esta investigación, de manera que se expondrán las distintas concepciones que existen de este. Asimismo se toma la caricatura al ser la técnica mayormente utilizada por los humoristas gráficos. De igual manera es importante hacer una reseña cronológica del papel que ha jugado el humor gráfico dentro de la prensa argentina, puesto que ayudará a entender cómo este ha manejado situaciones de crisis anteriormente en el país. De ahí se parte a especificar la utilización del humor gráfico dentro de los diarios La Nación y Página/12, lo cual deriva a una pequeña reseña biográfica de los humoristas a investigar, Nik y Daniel Paz y Rudy respectivamente. Finalmente el cuarto Capítulo, titulado La opinión pública, está fundamentado en el concepto clave de opinión pública, el cual funciona como puente para entender de qué manera el humor gráfico resulta ser una herramienta importante para la crisis del 2001. De esta forma se analizará el concepto de opinión pública, su función en la sociedad y su rol en los medios de comunicación, más precisamente en la prensa, lo cual permite responder a cómo la opinión pública y la prensa se relacionan, y cómo la opinión pública suele ser influenciada por los medios impresos, desatando un concepto clave como lo es la agenda setting, el cual permitirá entender la presión causada por los medios de comunicación sobre la sociedad. De manera que siendo el humor gráfico una herramienta recurrida dentro de los diarios argentinos, se proseguirá a observar que relación guarda el humor gráfico político y la opinión pública, de modo que permitirá conocer hasta qué punto el humor político es capaz de reflejar o influenciar la postura de una sociedad. Para la metodología desarrollada para esta investigación, se distinguen dos herramientas de recolección datos, las cuales fueron diseñadas comprobar la hipótesis correspondiente. Por consiguiente, se realizó entrevistas a personas especializadas en los campo del humor gráfico, historia contemporánea argentina y periodistas dentro del área de la opinión pública. Como segunda herramienta se analizó las viñetas expuesta en los diarios La Nación y Página/12, durante el año de 2001. De manera que, se observó cómo estos dos diarios hicieron frente con su crítica a los acontecimientos de dicho periodo.