La funzione degli Orti botanici, fondamentalmente, si esplica nella conservazione, nella ricerca scientifica, nelle attività espositive ed educative. I punti di forza dell'azione sociale di questi tipi di musei deriva sia dalla capacità di produrre e diffondere la conoscenza scientifica, sia dalla ricchezza patrimoniale posseduta. Una serie di emergenze planetarie e le prospettive incerte per l'ambiente, le società, le economie di tutte le nazioni del mondo configurano lo scenario d'oggi. Questa situazione richiede la costruzione collettiva di nuove forme di sentire, pensare e agire nella ricerca di soluzione ai problemi contemporanei. Si tratta quindi, per i musei scientifici, di intraprendere un progetto socio-culturale più ampio e impegnativo di quello che li ha caratterizzati storicamente. Nel contesto museale mondiale si pensa già a forme più estese e aperte di partecipazione sociale e di dialogo con i cittadini. Anche la diffusione della cultura scientifica viene prospettata, "nella società e per la società, in funzione dell'arricchimento educativo, culturale e intellettuale, della costruzione del pensiero libero e critico, della pace, della sostenibilità, della democratizzazione del mondo" come richiedeva l'Unesco nel 1999 con la Dichiarazione sulla scienza e l'uso della conoscenza scientifica. Un rinnovamento degli obiettivi museali, per una nuova cultura del futuro sostenibile, richiede dunque profonde trasformazioni e investe non solo i contenuti ma anche l'intera strategia, gestione e vita dei musei. Bisogna partire da qui per la formazione di operatori capaci di collegare la dimensione tecnico economica con quella socio-culturale e proporre nuove sintesi culturali. L'Orto botanico è un particolare tipo di museo, un museo vivente, animato e mutevole nelle diverse stagioni dell'anno. Esso rappresenta la sapienza, la cultura di un popolo che sa prendersi cura di quel patrimonio inestimabile che è la nostra terra. Alcuni musei scientifici hanno già intrapreso la via dell'innovazione nelle attività di ricerca e conservazione. Il ruolo sempre più determinante che assume la conservazione delle biodiversità e nello studio di problemi ambientali è convalidato da molte ricerche effettuate, che testimoniano la grande attenzione alla salvaguardia delle risorse naturali, ma anche la consapevolezza della necessità di coinvolgere i cittadini, attraverso open access alle collezioni e alle ricerche. Per cominciare a ragionare su un nuovo ruolo socio-culturale degli Orti botanici e non solo sugli aspetti pedagogici, bisognerebbe iniziare a pensare a una grande varietà di attività, linguaggi e tecniche di comunicazione, tra le quali il gioco, l'arte, le tecniche multimediali, ma anche eventi pubblici, "laboratori del fare", corsi di formazione per progetti di inserimento lavorativo (es. realizzazione di botteghe della tradizione, ecc.). Il ruolo pedagogico del museo deve quindi innovarsi superando le abituali dinamiche trasmissive a favore di modelli didattici e comunicativi più attivi e partecipativi. Gli Orti botanici devono porre particolare attenzione al territorio e alla sua valorizzazione. L'identità territoriale assume sempre più la valenza di attributo strategico e di input immateriale dello sviluppo socio-economico locale, per diventare una straordinaria risorsa spendibile ai fini della valorizzazione dei luoghi, dotandosi di nuovi servizi museali - come nuovi sistemi e reti, nuove forme di partnership tra musei, istituzioni e privati - più corrispondenti alla complessità del territorio. È evidente che tutto questo stimola alla revisione dei criteri e delle metodologie attualmente impiegati tanto per la progettazione quanto per la pianificazione dei prodotti, dei servizi, della comunicazione, aprendo in questo modo prospettive di ricerca che sono d'importanza strategica. ; The function of the Botanical Gardens, basically, is expressed in the conservation, scientific research, exhibitions and educational activities. The strengths of the social action of these types of museums derives from the ability to produce and disseminate scientific knowledge on the wealth possessed asset. A series of planetary emergencies and the uncertain outlook for the environment, societies, economies of all the nations of the world constitute the scenario today. This situation requires the construction of new forms of collective feel, think and act in the search for solutions to contemporary problems. It is therefore, for science museums, to undertake a project socio-cultural and challenging broader than that characterized them historically. In the context of the museum world are already thinking about the most extensive and open to forms of social participation and dialogue with citizens. Even the dissemination of scientific culture is being presented, "in society and for society as a function of enrichment educational, cultural and intellectual, of the construction of free and critical thought, peace, sustainability, democratization of the world" as required by the 'Unesco in 1999 with the Declaration on science and the use of scientific knowledge. A renewal of the objectives museums, creating a new culture of sustainable future, therefore, requires profound changes and affects not only the content but also the entire strategy, management and life of the museums. You have to start from here to the training of operators able to connect the technical-economic dimension with the socio-cultural and propose new cultural synthesis. The Botanical Garden is a particular type of museum, a living museum, lively and changeable in different seasons of the year. It represents wisdom, the culture of a people who knows how to take care of this priceless heritage that is our land. Some science museums have already embarked on the road of innovation in research and conservation. The increasingly important role that assumes the conservation of biodiversity and the study of environmental problems is validated by many studies carried out, which witnesses the great attention to the preservation of natural resources, but also the awareness of the need to involve citizens, through open access to collections and research. To begin to think about a new socio-cultural role of the Botanical Gardens, and not only on the pedagogical aspects, we should start thinking about a wide variety of activities, languages and communication techniques, including the game, the art, the techniques multimedia, but also public events, "laboratories of doing", training for job placement projects (eg, building of traditional shops, etc.). The educational role of museums must therefore innovate beyond the usual dynamic transmission models in favor of teaching and communication more active and participatory. The Botanical Gardens must pay particular attention to the territory and its enhancement. The territorial identity increasingly takes on the value of attribute and strategic input immaterial local socio-economic development, to become an extraordinary resource expendable for the purpose of enhancement of places, acquiring new museum services - such as new systems and networks, new forms of partnerships between museums, institutions and individuals - more than corresponding to the complexity of the territory. It is obvious that this stimulates the revision of the criteria and methodologies currently used for both the design as well as for the planning of products, services, communication, thus opening avenues of research that are of strategic importance.
Cet essai scientifique propose une lecture renouvelée des réformes contemporaines dans les sociétés salariales de. A l'épreuve du basculement vers la seconde modernité, les principes et fondements d'organisation de la société salariale entrent en tension avec la réalité du monde vécu. Si la vulgate européenne évoque souvent une forte résistance de la France au changement, le paysage social et économique français n'en évolue pas moins radicalement depuis la fin des années 70. Dans ce contexte, on ne peut parler d'" effondrement de la société salariale " : le déclin du salariat stable n'est pas celui de la société salariale et on assiste plutôt à ce que Robert Castel appelle un " effritement de la société salariale " avec un mouvement parallèle de " recomposition " porté par un chantier de réforme sans précédent. A la recherche d'une nouvelle cohérence, les nations misent sur l'Etat pour encourager les grandes administrations à intervenir par la réforme. Ce retour sur l'Etat amène les politiques publiques à devenir des vecteurs d'action et de changement social majeurs dans le monde contemporain. Partant de là, il est intéressant de traiter de la dimension transformatrice de certaines réformes françaises et cet essai se propose de le faire en matière d'Egalité de genre : il s'agira de démonter ces réformes entament les fondements de l'ordre social et participent à en transformer la nature. La mise en évidence de cette dimension transformatrice impose une posture de recherche particulière qui consiste à lire les récentes réformes sociales en matière de politiques familiales et de politiques d'emploi dans une perspective de refondation du régime d'Etat providence français. Il s'agit donc de raisonner en dehors de l'équation sociale fordiste et de prendre au sérieux l'hypothèse d'une " nouvelle équation sociale ", post fordiste, dans laquelle les réformes trouvent leur véritable sens. L'hypothèse de travail majeure de cet essai scientifique peut alors s'énoncer ainsi : bien que partiels, mal financés et peu stabilisés dans la pratique, certains dispositifs issus des grandes réformes contemporaines de l'Action publique peuvent être lus comme des dispositifs de type nouveau à caractère transformateur : nouveaux parce qu'ils sont co-produits dans des espaces novateurs qui articulent les logiques d'offre et d'usage ; transformateurs parce qu'ils remettent en cohérence les pratique sociales et le monde vécu avec leur univers de sens. Vecteurs de reconnaissance, supports de légitimité et de nouveaux équilibres sociaux, ces dispositifs de l'Action publique peuvent donc être analysés comme des voies de progression vers de nouveaux ordres à venir, plus proches de grands principes démocratiques, notamment en matière d'ordre de genre. Les réformes sociales contemporaines tendent, par la spécificité de leur mode de production, à se fonder sur des principes à même de bousculer l'ordre social traditionnel. Pour agir sur le social, l'intervention publique lance des programmes dont la logique d'offre s'écarte de la logique des besoins et les nombreux ajustements issus de ce décalage alimentent de nombreux processus d'innovation sociale (co-production, apprentissage social, nouvelles pratiques) qui tendent à miner les fondements de l'ordre du social. Notamment la base genrée et discriminatoire du régime "de temporalité" et de "citoyenneté sociale" antérieurs. La construction d'un nouveau paradigme sociétal, fondé sur une équation emploi/protection sociale plus égalitaire, plus solidaire et moins genrée peut en être l'enjeu à terme, même se terme reste lointain. Dans cette perspective, les nouveaux dispositifs français de l'Action publique issus de la Paje (les congés parentaux Clca et Colca) ) sont envisagés comme des suggestions pour les hommes et pour les femmes à disposer de leur force de travail dans le cadre d'un régime temporel de type nouveau. Prototypes d'outils au service d'un compromis salarial alternatif au compromis fordiste, ces dispositifs publics ont peu de sens dans l'équation sociale fordiste ; en revanche, inscrits dans une nouvelle équation sociale, ils sont (dans leur principe) à même d'encourager la progression des droits humains fondamentaux, notamment celui d'égalité entre homme et femme. Ce qui se joue en France avec la Paje c'est non seulement la reconnaissance de l'investissement de la force de travail des individus dans toutes les sphères d'activités socialement utiles et celle de la valeur sociale d'autres activités que productives mais c'est aussi la légitimation sociale, financière et les supports légaux de leur exercice. A ce titre, la mise en forme de la Paje relève d'une logique transformatrice dans la mesure où elle rejoint les dimensions aujourd'hui considérées comme justes et indispensables aux valeurs de citoyenneté affichées par les droits fondamentaux dont se réclame le deuxième âge démocratique à savoir : droit des enfants à être élevés en famille, droit des femmes à vivre à égalité avec les hommes, droit à l'épanouissement personnel pour tous, droit à l'autonomie (l'autonomie signifiant ici que les normes ne s'imposent plus dans la mesure où les individus la co-produisent avant de s'y référer et de la mettre à l'épreuve de leurs propres aspirations). Outre la proposition d'une lecture renouvelée des réformes contemporaines dans les sociétés salariales de seconde modernité, l'ouvrage est une invitation argumentée et outillée vers un raisonnement constructiviste et relationnel en sociologie. Ce raisonnement est présenté comme le seul à même de rendre compte de la complexification et de l'accélération de la dynamique sociale contemporaine. Dans cette perspective, le déclin des Etats providence est moins à interpréter en terme de crise qu'en termes de transition vers un nouveau logiciel d'Etat social. Dans l'argumentation, une place privilégiée est accordée au développement de la co-construction des normes issue de l'encastrement croissant des conduites réflexives et de l'institutionnalisation des parcours de vie. Spécificité du mouvement démocratique contemporain, le développement de la co-construction des normes est ce qui semble aujourd'hui remettre en cohérence la société et sont univers de sens. Dans ce cadre analytique l'innovation sociale relève alors d'une approche " réformiste " du changement social : plus les normes et les institutions sont co-construites, plus le processus de mise en cohérence se développe et plus il alimente une logique transformatrice du social. Pour rendre compte de ce mouvement, un outil d'analyse ad hoc, de type constructiviste a été élaboré : la gouvernance biographique. La gouvernance biographique renvoie à l'encastrement croissant des conduites réflexives (dimension biographique) avec l'institutionnalisation des parcours de vie (dimensions normatives). Cet encastrement va produire quelque chose de plus qu'une simple complémentarité : les individus vont répondre aux injonctions contradictoires en agissant et en tordant l'offre généraliste de l'intervention sociale vers des logiques opportunistes plus proches de leurs besoins et, ce faisant, va provoquer en retour des processus d'ajustement féconds en matière de cohérence globale. La notion de gouvernance biographique est donc la cristallisation sémantique de " l'inscription croissante et tout au long de la vie de l'agir individuel dans des procédures sociales " et exprime le passage de " l'institutionnalisation du comportement à l'institutionnalisation de la réflexion". D'une façon générale on peut dire qu'un tel travail insiste sur l'intérêt que peut avoir une approche relationnelle et constructiviste du social, plus apte à rendre compte de la pluralité des dynamiques de changement à l'œuvre dans les mondes sociaux contemporains. L'objectif est d'ouvrir la voie à de nouvelles pistes de recherche, notamment celles qui consistent à reconnaître l'innovation sociale, à la lire comme telle et à mener les combats vers leur aboutissement.
L'attuale realt`a imprenditoriale `e fortemente influenzata dalla dinamicit`a dei mercati e dai continui progressi tecnologici. Queste tendenze trovano pratica realizzazione nel modello di organizzazione flessibile, che punta a massimizzare la capacit`a di rispondere con efficacia alle sfide della complessit`a ambientale. La conoscenza, considerata un nuovo fattore di produzione, diventa un elemento chiave nei processi aziendali. Sempre di pi`u, negli ultimi anni `e cresciuta la consapevolezza delle imprese dell'effettivo valore di una corretta gestione della conoscenza. L'uso di strumenti propri del Knowledge Management nelle organizzazioni `e divenuto una pratica comune. Una caratteristica fondamentale della conoscenza, inoltre, `e l'essere strettamente legata alla capacit`a di compiere azioni. Solo chi conosce `e infatti capace di prendere le giuste decisioni ed agire di conseguenza. Prendere decisioni riguardanti sistemi complessi (come per esempio, gestire attivit`a organizzative e processi industriali o controllare dispositivi robotici in ambienti dinamici) `e un compito che, molto spesso, va oltre le capacit`a cognitive umane. Questo `e dovuto al fatto che le variabili che influenzano il sistema sono, generalmente, soggette a complesse interdipendenze. Per questo motivo predire il risultato finale pu`o risultare piuttosto complicato. Il giudizio di un esperto umano, dunque, si discosta dalla decisione ottima al crescere della complessit`a dei processi decisionali. In quelle situazioni in cui la precisione `e fondamentale, la qualit`a delle decisioni `e molto importante. Una sfida per la comunit`a scientifica `e infatti riuscire ad elaborare tecniche e modelli per superare il limite umano. Nella tesi presentata vengono affrontati essenzialmente due grossi problemi riguardanti le organizzazioni dell'Information and Communication Technology: il riuso del software e la selezione dei progetti aziendali. Il riuso del software (Software Reuse) non `e semplicemente un problema tecnico ma anche e soprattutto un problema di gestione della conoscenza. Il Riuso `e comunemente definito come un ulteriore utilizzo o un ripetuto uso di un artefatto. Un nuovo prodotto pu`o, quindi, essere realizzato utilizzando una serie di elementi (nel caso in esame, possono essere componenti software o hardware) prodotti in precedenza. Gestire in maniere efficiente la conoscenza aziendale permette, per esempio, di trovare possibili candidati per il riuso da un'apposita repository. La selezione dei progetti aziendali (Project Selection) riguarda la scelta della migliore tra le alternative possibili sulla base di un'analisi costi/benefici. Per decidere quali tra i progetti proposti `e pi`u conveniente sviluppare, occorre tenere in considerazione determinati fattori. Ogni progetto, infatti, ha una propria complessit`a e specifiche caratteristiche, per esempio vantaggi e svantaggi, benefici tangibili e non, costi, impegno di risorse umane e cosi via. La presente tesi propone un sistema per la gestione della conoscenza che affronta diversi aspetti del Knowledge Management, dalla rappresentazione della conoscenza ai processi decisionali (Decision Making). In particolare, `e mostrato come le ontologie sono applicabili ed effettivi mezzi per supportare la rappresentazione della conoscenza; come sia possibile ricercare componenti software riutilizzabili utilizzando un sistema esperto basato su regole; ed infine come le reti Bayesiane e i sistemi Fuzzy possono integrare conoscenza utile per il supporto alle decisioni in condizioni di incertezza. Il modello di ragionamento incerto che propongo tiene in considerazioni sia la vaghezza e la soggettivit`a del giudizio umano che l'aleatoriet`a di alcuni eventi che sono intrisecamente legati al mondo degli affari. Per questo motivo, sono state implementate tecniche di ragionamento fuzzy, tramite le quali il sistema deduce la complessit`a di un progetto software considerando una serie di fattori che influenzano un progetto. Inoltre, la realizzazione di una rete bayesiana permette di stimare la fattibilit`a di un dato progetto a partire dall'evidenza derivata dal ragionamento fuzzy. Il lavoro di ricerca condotto in questi anni di dottorato ed in questa tesi illustrato, ha portato alla realizzazione di Kromos, un sistema prodotto in collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria Informatica dell'Universit`a di Palermo e di Sicilia e-Innovazione, una societ`a della Regione Sicilia finalizzata all'informatizzazione degli uffici della Pubblica Amministrazione. ; The modern business world is characterized by dynamic markets and continuous technological advances. To cope with these trends, organizations must become more flexible. The knowledge, considered as a new factor of production, becomes a key element in business processes. In the last few years, the enterprises awareness about the worth of a correct knowledge management is grown exponentially. The use of Knowledge Management tools within the organization is became a best practice. The knowledge, additionally, is strictly linked to the capability to perform effective actions. Who knows is able to make a correct decision and to act consequently. Making decisions concerning complex systems (e.g., the management of organizational activities, industrial processes or the control of robotic device in complex environment etc.) often is a task that exceeds human cognitive capabilities. This is because many variables of the system are involved in complex interdependencies and predicting the total outcome may be very difficult. The human intuitive judgment and decision making become far from optimal to grow of complexity of the decision process. In many situations the quality of decisions is important, overcoming the deficiencies of human judgment is an important issue in the scientific community. Two main problems concerning ICT enterprises are deeply addressed in this dissertation: Software Reuse and Project Selection. Software Reuse is not only a technology problem but fundamentally a knowledge management problem. Reuse can be defined as further use or repeated use of an artefact. A new product is created by taking applicable assets from the asset base. A correct knowledge management allows finding candidate assets for reuse from asset base. Project Selection concerns the choose of the best among alternative proposals on the basis of cost-benefit analysis. In order to decide which of the proposed projects should be selected, a number of factors must be considered. In fact, each project has its own complexity and includes environmental advantages and disadvantages, tangible and intangible benefits, costs, allocation of human and hardware resources and many others. In this thesis, I present a novel fusion of Artificial Intelligence techniques in order to cope different aspects of knowledge management from knowledge representation to decision making. I show how the ontologies are applicable and effective means for supporting knowledge representation, how to find reusable software components by means of a rule based expert system and how the Bayesian networks and Fuzzy systems can be integrate knowledge to support decision processes under uncertainty. I proposed a model for uncertainty reasoning, in order to cope not only to the unpredictability of some events that are intrinsically linked to the market environment, but also to overcome the vagueness and subjectivities of human judgments. This model is based on a fuzzy reasoning, which allows evaluating the complexity of an ICT projects unifying the contribution of several factors that complicate a project, and on a Bayesian network able to estimate the feasibility of a project on the basis of the evidence derived from fuzzy reasoning. This research was applied to the realization of Kromos, a product of collaboration between the Computer Engineering Department of Palermo University and the Sicilian local Government ICT society, Sicilia e-Innovazione.
Dottorato di ricerca in Scienze ambientali ; Sistemi agricoli ed ecologici sono intimamente connessi (l'agricoltura gioca un ruolo importante nei modelli ecosistemici) e l'attività agricola concreta in se concetti di gestione e cambiamento ambientale atti alla produzione di beni (in primis gli alimenti). Durante il secolo scorso, l'attività agricola si è intensificata caratterizzandosi sia nella crescente dipendenza da fattori esterni sia nella conversione delle coperture del suolo. Sebbene tale processo abbia incrementato la produttività, la sostenibilità di numerosi agroecosistemi è stata compromessa. Nei Paesi sviluppati la situazione è particolarmente critica e richiede una riorganizzazione del settore agricolo al fine di recuperare la sostenibilità venuta meno. Al fine di affrontare le questioni emergenti connesse con la crescita demografica mondiale e la veemenza tecnologica nella biosfera, assume una fondamentale importanza il quantificare la sostenibilità degli agroecosistemi. La sfida dei ricercatori è quindi quella di bilanciare le questioni bio-fisiche con quelle socio-economiche per promuovere lo sviluppo sostenibile dell'agricoltura. In Europa sono presenti modelli di sviluppo rurale sostenibile ed essi devono essere maggiormente compresi, esplorati e diffusi in quanto magnifici esempi di conoscenza acquisita tramite la tradizione e il sapiente uso del suolo. Il principale obiettivo della presente ricerca è quello di produrre un'indagine ambientale ed economica finalizzata alla progettazione e gestione di agroecosistemi sostenibili. Al fine di perseguire tale obiettivo, è necessario adottare un approccio multidimensionale capace di associare le caratteristiche agroecosistemiche alla gestione sostenibile. Questa ricerca vuole contribuire alla costruzione di una Scienza della Sostenibilità tramite la definizione di soluzioni pratiche capaci di incrementare la sostenibilità agricola, con minime ripercussioni sui livelli produttivi. La ricerca (articolata in vari studi) ha riguardato la valutazione della sostenibilità di alcuni agroecosistemi, a livello gerarchico di paesaggio (Lazio meridionale) e aziendale (Lazio meridionale, Provincia di Viterbo e Isola di Terceira), tramite indicatori di diversità (paesaggio e azienda) e di input/output (azienda). Gli studi condotti a livello di paesaggio hanno analizzato la sostenibilità ambientale in termini di metriche territoriali distinguendo l'ecoregione in base ad alcune caratteristiche (proprietà, altimetria e fitoclima). I risultati forniscono un profilo ecoregionale dell'Italia centrale dove i modelli storici di uso del suolo sono sopravvissuti a testimonianza della capacità umana di bilanciare il proprio sviluppo in base al contesto locale. Anche se i recenti cambiamenti sociali hanno portato a una maggior irruenza antropica e tecnologica sull'ambiente, la tradizione nei modelli d'uso del suolo (tramandata tra le generazioni mediante la cultura, l'educazione e le regolamentazioni locali) ha contribuito nel mitigare l'impatto umano ed ha agire da cuscinetto per la resilienza degli ecosistemi. Gli studi condotti a livello aziendale hanno analizzato la sostenibilità ambientale ed economica, in termini di circolazione dei flussi di materia ed energia, confrontando alcuni regimi gestionali contrastanti (biologico e convenzionale, misto e non misto). In generale, i risultati mostrano migliori prestazioni delle aziende biologiche rispetto alle convenzionali in ragione dell'organizzazione aziendale maggiormente portata al reimpiego della energia-materia prodotta e alla minor richiesta di energie ausiliari esterne provenienti da fonti non rinnovabili. Gli studi confermano il ruolo fondamentale degli allevamenti in quanto componente essenziale a migliorare l'efficienza e la sostenibilità aziendale (tale ruolo non viene sempre riconosciuto in termini sociali ed economici). In situazioni di bassa diversificazione strutturale e forte ascendente politico sul processo decisionale aziendale (come ad esempio sull'isola di Terceira) i costi ambientali dell'agricoltura possono aumentare significativamente. Al fine di informare in maniera appropriata i soggetti (pubblici e privati) coinvolti nel processo decisionale, sono necessarie maggiori risorse di conoscenza e di finanziamenti per misurare e monitorare le condizioni di sostenibilità dell'agricoltura. ; Agricultural and ecological systems are directly connected (agriculture plays an important role in ecosystem patterns) and the agroecosystems convey a high sense of stewardship care and historicity as food providers. During the last century, agriculture activity has intensified worldwide, characterized by an increasing dependence on external inputs and on land cover conversion. Although agriculture intensification has increased productivity, the sustainability of many agroecosystems has been compromised. In developed Countries the situation is particularly critical and requires a reorganization of the agricultural sector which would recover the sustainability failed. The measurement of agroecosystems sustainability has become of supreme importance, now essential to address the obvious problems related to the large population growth and technological vehemence in the biosphere. Defining socio-economical and bio-physical balance is a fundamental challenge for researchers in order to promote the sustainable development in agriculture. In Europe examples of sustainable rural development should be better acknowledged, explored and disseminated as meaningful case studies of traditional knowledge and wise land use. The main objective of the present research is to provide environmental-economic frameworks in order to design and evaluate agroecosystem sustainability. To achieve this objective, a multidimensional approach is needed that combines the feature of the agroecosystems with sustainable management. This research want to be a contribution in building a science of sustainability developing practical ways of improving sustainability in agriculture, with minimal impact to production. This research (containing various studies) has concerned the assessment of agroecosystem sustainability at landscape (Southern Lazio) and farming (Southern Lazio, Viterbo Province, Terceira Island) level based on the use of diversity (landscape and farming studies) and input/output (farming studies) indicators. Landscape level studies have analyzed the environmental sustainability in terms of landscape metrics distinguishing the landscape according to some characteristics (ownership, elevation and phytoclimate). Results provided a profile of an ecoregion in Central Italy, where historical land-use patterns are still alive on the territory and testify the capacity of human beings to develop a balanced relationship with their context of life at local level. Even if recent changes in society trends bring about more demographic pressure and more environmentally-aggressive technological fixes, tradition in land use patterns transferred from generation to generation through culture, education, regulations and action at local level, can help mitigate human impact and operate as a cultural buffer for ecosystem resilience. Farming level studies have analyzed the environmental and economical sustainability in terms of energy and material fluxes circulation comparing groups of farms in contrasting management regimes (organic vs. conventional; mixed vs. non-mixed). In general terms, results shows a diffuse better performance of organic farms respect to conventional ones because their organization was based on increased re-use of on-farm produced energy-matter flow and reduced demand of external inputs of non renewable energy-matter sources. The studies have confirmed the fundamental role of livestock as crucial agroecosystem component that improves the efficiency and sustainability of farms (this role is not yet acknowledged by society in economic terms). In situations of low structural diversification and strong policy ascendancy on farm decision making processes, the agricultural environmental costs may be enhanced significantly (eg.: Terceira Island). More intellectual and financial resources for measuring and monitoring sustainability conditions in agriculture are necessary, in order to appropriately inform decision making processes at both institutional and individual level.
Les grandes lignes du scénario d'environnement international qui sous-tend cette projection sont les suivantes. Le prix du pétrole en dollar s'accroîtrait pour rejoindre son niveau d'équilibre à la fin de la décennie. La stratégie de rétablissement de la part du marché pétrolier mondial de ГОРЕР au détriment d'un niveau immédiatement élevé du prix continuerait en effet à être menée avec succès par l'Arabie Saoudite. En conséquence le prix du pétrole s'établirait à 31 dollars le baril en 1992, inférieur de 40 % en pouvoir d'achat à son point haut de 1982, mais la hausse serait de 12 % l'an de 1990 à 1992. Les Etats-Unis entreraient dès le courant de l'année 1988 dans une phase de récession. Celle-ci serait initiée, dans un contexte de politique monétaire modérément restrictive et de politique budgétaire neutre, par le comportement cyclique des éléments de la demande intérieure, que le redressement du commerce extérieur ne suffirait pas à compenser. La nécessaire restriction du budget fédéral qui interviendra à partir de 1989 rendrait plus lente qu'à l'accoutumée la phase de reprise qui s'amorcerait en 1990. La concurrence internationale sera donc acharnée sur un commerce mondial en progression lente. Bien que la dépréciation du dollar touche prochainement à sa fin, les produits américains resteront compétitifs, tandis que les exportateurs asiatiques chercheront des débouchés plus porteurs que le marché des Etats-Unis. Les pays européens seront donc soumis sur leurs propres marchés à de fortes pressions. Le contenu de la croissance française est conditionné par les hypothèses d'environnement international, mais peut-être encore plus par celles qui déterminent l'évolution du partage des revenus : si les mécanismes de formation des salaires sont comparables dans les six prochaines années à ceux qui ont prévalu au cours des années précédentes, en dépit des fluctuations de la politique à court-terme, le partage de la croissance sera à la fois défavorable aux salaires et à la consommation, et les profits serviront plus au désendettement des entreprises qu'à l'investissement. Au cours des années 1989-1992 la reprise de la demande étrangère, combinée à une quasi-stagnation du salaire réel, permettrait de dégager une contribution positive des échanges extérieurs à la croissance, alors que celle-ci a été fortement négative en 1986-1987. Certes le redressement des parts de marché ne compenseraient pas la forte dégradation observée ces dernières années, mais il permettrait au solde industriel de redevenir excédentaire en fin de période. La reprise de l'investissement amorcée dans l'industrie en 1984-1985, puis dans le secteur abrité depuis la fin de l'année 1985 se poursuivrait au cours des prochaines années. Elle résulterait surtout du niveau élevé des profits en 1987-1988, puis, à partir de 1989 d'un rythme de croissance du PIB (2,3 %) supérieur de 0, 7 point à celui observé depuis le second choc pétrolier (1,6 % de 1979 à 1986). De 1989 à 1992 la croissance de l'investissement productif atteindrait 5 % par an. Malgré une légère baisse du taux d'épargne la consommation des ménages croîtrait modérément (1,4 % par an de 1987 à 1992 en raison de la faible croissance du revenu disponible (1,1 % par an). La croissance française serait donc essentiellement tirée par les exportations et les investissements. Le taux de salaire nominal augmenterait au rythme de 3,8 % sur la période 1987-1992, ce qui, compte tenu d'une hausse annuelle des prix à la consommation de 3,5 %, conduirait à une quasi stabilité du salaire réel. L'amélioration des marges se prolongerait, ne se stabilisant qu'en fin de période du fait de la remontée du coût des consommations intermédiaires engendrée par la hausse des prix du pétrole. C'est d'ailleurs essentiellement les facteurs externes qui expliquent la remontée de l'inflation au début des années quatre-vingt-dix, la hausse des prix de production atteignant 3,8 % en 1991-1992, celle des prix de la consommation 4,8 %. Le ralentissement des gains de productivité constaté sur la période récente, en particulier dans le secteur tertiaire, aurait un caractère structurel. La productivité apparente du travail dans les branches marchandes progresserait donc à un rythme relativement modéré (1,8 % par an en moyenne sur la période 1988- 1992). Dans l'industrie la croissance serait toutefois nettement plus élevée (+ 3, 7 %). Comme la croissance serait plus rapide (+ 2,2 % de 1987 à 1992 contre + 1 % de 1980-1987), l'emploi des branches marchandes (hors agriculture et services financiers) recommencerait à croître (0,4 % par an). Cette amélioration de l'emploi est cependant fragile, elle serait entièrement annulée si la croissance de la productivité apparente du travail était de 2,2 % au lieu de 1,8 %. L'emploi total baisserait d'envi- ron 50 000 personnes en 1988, se stabiliserait en 1989 et augmenterait de 210 000 personnes entre 1989 et 1992. L'évolution du chômage à moyen terme est déterminée par trois facteurs : l'emploi total, la population active potentielle et la « politique de l'emploi » menée par les pouvoirs publics, qui vise à agir directement sur le marché du travail (pré-retraites, TUC, SIVP, mesures en faveur de l'emploi des jeunes, des chômeurs de longue durée, etc.). La croissance de la population active resterait soutenue à l'horizon de 1992 (+ 180 000 actifs potentiels en moyenne annuelle). Cette évolution serait toutefois modérée par le maintien d'une certaine « flexion des taux d'activité » due au « découragement » d'actifs potentiels en raison de la croissance du chômage. Enfin nous avons fait l'hypothèse que la dépense publique pour l'emploi serait augmentée de 2,5 milliards par an (francs 1987) permettant «d'éviter» 50 000 chômeurs de plus chaque année de 1989 à 1992. Dans ces conditions, le niveau du chômage atteindrait 3,2 millions à la fin de 1992, contre 3,5 millions si l'effort de politique d'emploi était simplement maintenu constant à son niveau de 1987. La faible croissance des revenus directs que comporte cette projection soulève, à moyen terme, deux difficultés majeures pour les finances publiques. D'une part elle engendre une croissance relativement faible de la TVA (+ 1,7 % par an en francs constants) ; d'autre part les cotisations sociales salariés et employeurs croissent nettement moins vite que le PIB (0,8 % contre 2,2 %), ce qui pose une délicat problème pour les finances sociales. Nous avons néanmoins admis que l'objectif du gouvernement actuel visant à atteindre l'équilibre budgétaire hors charges de la dette publique serait toujours privilégié. Pour atteindre cet objectif en 1990, deux conditions sont nécessaires : une progression des dépenses moins rapide que celle du PIB et l'arrêt de la politique de réduction des impôts directs menée de 1985 à 1988. L'évolution de l'économie française et les marges de manœ- vre de la politique économique sont étroitement dépendantes de l'environnement international. Afin d'illustrer ce point, nous avons construit un scénario dans lequel les hypothèses concernant l'environnement international sont plus favorables. Il apparaît alors une marge de manœuvre pour la politique économique, car le solde des paiements courants est largement excédentaire. Cet environnement plus favorable permet de desserrer la rigueur salariale et d'accroître les salaires de 2 % de plus par an, de 1989 à 1992. La croissance est alors plus portée par la consommation (qui augmente de 2 % au lieu de 1,4 %) et légèrement moins par les investissements. Les importations croissent plus fortement (4,8 % au lieu de 3,8 %). Le PIB marchand augmente de 2,4 % au lieu de 2,2 %, les pertes de compétitivité annulant une partie des effets favorables du meilleur environnement. La situation des entreprises s'améliore moins nettement. Par contre le déficit des administrations est plus faible.
This dissertation critically interprets the international dimension of the Ukrainian crisis in 2013, crisis that intensified in the 2014 and resulted in an armed conflict between Ukraine and Russia in eastern part of Ukraine and occupation of Crimea. It argues this crisis to be simultaneously the result and the intensification of the collision of antagonist and foreign policies towards the contested borders of Ukraine between NATO and Russia. Notwithstanding Ukrainian domestic dimension related to recent and incomplete transition of the country after Soviet Union collapse and its independence, Ukrainian crisis has an inseparable international dimension to it. Analyzed from an international perspective, the events that started in Kiev in November of 2013 can be linked to the competition between the NATO and Russia for security in their shared neighborhood. After Soviet Union collapse in 1991, Russia fell into complex crisis in political, social, economic and national identity domains. In the foreign policy sphere, an internal debate started on what role Russia should perform, at regional or on global level in the post-Cold War background. In this context, Ukraine is inseparable ally and shield for Russia from West pressure near Russia borders, from EU enlargement and NATO expansion, which is considered as treat for Russian security. Russia combined a whole range of arguments to protect its borders, sphere of influence and its citizens in Ukraine. Vladimir Putin in 2014 presented those arguments in his address to the State Duma. This research intends to provide a contribution to the literature on Crimean crisis, Russian foreign policy and political discourse. ; A presente dissertação interpreta criticamente a dimensão internacional da crise ucraniana começada em 2013, crise que se intensificou em 2014, e que resultou em conflito armado entre a Ucrânia e a Rússia na parte leste da Ucrânia e a ocupação da Crimeia. A dissertação argumenta também que esta crise é simultaneamente o resultado e a intensificação da colisão entre duas políticas externas antagónicas em relação às contestadas fronteiras da Ucrânia, entre a NATO e a Rússia. Quanto à esfera doméstica e interna da política ucraniana relacionada com a transição recente e incompleta do país após o colapso da União Soviética em 1991 e da sua independência no mesmo ano, lidando ainda hoje o país com problemas como nepotismo, oligarquismo, abuso de poder, corrupção e violação dos direitos humanos, a crise ucraniana tem uma dimensão internacional inseparável. Na perspetiva internacional, os eventos que ocorreram em Kiev em novembro de 2013 podem ser vinculados à competição entre o expansionismo e alargamento do Ocidente para junto das fronteiras Russas. O colapso da União Soviética mergulhou a Rússia na profunda crise nos domínios da identidade nacional, nas esferas da política interna e externa, económica e social. A Rússia enfrentou uma das maiores depressões económicas da sua história. A nivel geopolítico a Rússia enfrentou uma grande mudança na sua história recente, após perder asua influência sobre a esferea de influência tradicional da Europa Leste e nos países Bálticos, bem como o fracasso das políticas económicas de Mikhail Gorbachev. As mudanças geopolíticas transformaram o antigo espaço de influência da então União Soviética em um espaço completamente integrado nas organizações supranacionais ocidentais, nomeadamente a NATO e a União Europeia, organizações que continuam as suas políticas expansionsistas na região vital para a segurança Russa. Apesar disso, a Rússia, exercia os atributos de uma potência mundial, com um assento permanente no Conselho de Segurança das Nações Unidas, e o segundo maior arsenal nuclear, mas o seu status económico enfraquecido abriu uma contradição entre a aspiração e capacidade do país. Na esfera da política externa, iniciou-se um debate interno sobre que posição e papel a Rússia deveria desempenhar, a nível regional e global no cenário da pós-Guerra Fria. Neste contexto, a Ucrânia é inseparável aliada e escudo, ainda que alguns autores considerem a Ucrânia como um estado buffer ou uma espécie de "ponte" para a Rússia das pressões ocidentais próximas das suas fronteiras, que impede assim o alargamento e expansão da União Europeia e da NATO para o leste europeu, questões essas que são consideradas essenciais na segurança Russa. A discussão acerca da identidade nacional russa remonta ao século XIX, um período de grandes mudanças na Rússia, também conhecido como período renascentista Russo, no qual o país eslavo testemunhou grandes mudanças sobretudo na literatura e na filosofia, com grande influência dos autores como Leo Tolstoy e Fyodor Dostoevsky. A elite e a nobreza russa começaram a separar duas escolas distintas, eslavófilia e ocidentalismo. Por um lado, o ocidentalismo incentivava o desenvolvimento do país de acordo com os princípios e valores europeus e ocidentais. Por outro lado, os eslavófilos argumentavam que a Rússia tinha uma missão histórica e cultural e só poderiam desenvolver-se de acordo com as suas tradições inerentes, sem influência do ocidente. A discussão ainda permanece nos dias de hoje, sobre se a Rússia é única nas suas tradições e deve continuar no seu próprio caminho com distanciamento para com o ocidente ou se o país devia seguir o resto do mundo com uma maior aproximação ao ocidente. Vladimir Putin pretende um posicionamento reconhecível e prestigiado da Rússia no sistema internacional, caracterizado por uma identidade russa única, com base na sua história, legado, língua, cultura, tamanho e obrigação de proteger as suas fronteiras e a sua população. Essa identidade revelase em interesses específicos e no reconhecimento de particular valor à independência e soberania do país como uma grande potência. Essa tentativa de afirmação da Rússia como uma grande potência começou logo após a Segunda Guerra Mundial, época na qual a Rússia, cercada pelo medo e pela incerteza que o mundo atravessava, foi obrigada a reagir, porque havia um sentimento e expectativa de que a guerra realmente não tinha terminado e que a qualquer momento poderia começar outra Guerra. Joseph Stalin impressionado com o poder destrutivo das primeiras bombas atômicas dos Estados Unidos da América, nos bombardeamentos atômicos das cidades de Hiroshima e Nagasaki no Japão, evento que ditou fim a Seguda Grande Guerra, ordenou o seu rápido desenvolvimento no território soviético, com ansiedade de que os EUA pudessem realmente utilizar as bombas contra o espaço da União Soviética. A identidade russa não é suficientemente forte para triunfar e ser reconhecida, está em processo de constante mutação, no qual os interesses internos misturam-se com externos. A Rússia tal como a Ucrânia são países de democracias recentes. Após a dissolução da antiga União Soviética, a Ucrânia procurou um novo caminho e uma maior aproximação com o ocidente, a União Europeia e NATO, o expansionismo e alargamento ao leste europeu dos mesmos eram vistos para o país Ucraniano como uma oportunidade de se "afastar" da Rússia, que assombrava e exercia um poder e uma influência enormes sobre o país desde a formação da antiga União Soviética até aos dias de hoje. O que a Ucrânia mais desejava, era o que a Rússia mais temia, ambições antagónicas dos dois países. Em 2013, o expansionismo e alargamento da União Europeia, sobretudo depois de 2004 contava com vários países a leste europeu, inclusive alguns ex-membros da União Soviética , a Ucrânia ambicionava assinar o Acordo de Associação, que colocaria o país a um passo de se tornar um membro da mesma. Víktor Yanukóvytch, ex-presidente Ucraniano entre 2010-2014, ponderou assinar o acordo, apesar da vontade do povo e do país que ambicionavam um futuro com novos parceiros europeus. No entanto, Víktor Yanukóvytch não chegou a assinar nenhum acordo com União Europeia. De referir que um outro acordo estava nas mãos do Víktor Yanukóvytch, o da União Económica Eurasiática (UEE), Rússia expectava que Ucrânia resistisse e trocasse a União Europeia e a NATO por antigos membros e os seus aliados, nomeadamente voltar a ser um parceiro da Rússia. Após varias tentativas de resistência do Víktor Yanukóvytch para assinar o Acordo de Associação, Kiev começou a testemunhar vários protestos que se intensificavam a cada dia. Um dos protestos e movimentos mais marcantes ficou conhecido como Euromaidan, que simbolizava a "sede" dos Ucranianos para o país se tornar membro da União Europeia. A Ucrânia transformou-se num "tabuleiro" geopolítico e estratégico. A Rússia vê-se obrigada a agir, através das causas externas como a controvérsia geopolítica entre Ocidente e Rússia, a contínua expansão da União Europeia e a NATO nos Bálticos, são dos fatores fulcrais que levaram a Rússia a procurar pontos estratégicos para conter esta aproximação nas suas fronteiras. A intervenção na Crimeia é uma disputa assente na preocupação de Moscovo com os cidadãos da etnia russa na Crimeia (estes constituem mais de metade da população da Crimeia 58,5%), constituíndo um dos argumentos principais do discurso do Vladimir Putin ao tentar legalizar a intervenção na Ucrânia. Assim, o conceito de Mundo Russo, constitui uma figura de imaginação geopolítica, servindo de ferramenta que o Moscovo, sob representação de Vladimir Putin há mais de vinte anos, utiliza para tomar as medidas necessárias para proteger os seus cidadãos fora do país, uma vez que milhões de russos encontravam-se fora do alcance de Moscovo. A literatura considera que a promoção do conceito de Mundo Russo constitui um elemento da ideia de sonho da restauração da Rússia ou da sua influência nas fronteiras da exUnião Soviética. O conceito serve também para a Rússia como um instrumento para projetar o seu soft power. No caso da Ucrânia, a promoção do Mundo Russo tornou-se associada à intervenção militar russa na parte leste da Ucrânia nas cidades de Donetsk e Lugansk, que fazem fronteira com a Rússia, passando assim de soft power a hard power. Assim a Rússia continua em busca de implementar a sua influência no espaço póssoviético, usando a diaspora como justificação, onde as relações linguísticas e culturais entre os seus cidadãos no exterior desempenham papel central e, quando necessário, a intervenção pode estar associada ao uso da força (Geórgia 2008, Ucrânia 2014). É imperativo referir que, na influência da política soviética de domínio da língua russa, ainda está presente na Ucrânia. Após a independência em 1991, a língua ucraniana teve a oportunidade de se tornar a língua oficial e de pleno direito. No entanto, territorialmente, a lingua ucraniana é asimétrica, o que se reflete nas zonas onde a língua russa predomina e consequente bipolaridade da língua ucraniana. Estas circunstâncias estavam entre os principais fatores da erupção de um conflito armado no leste da Ucrânia e da anexação da Península da Criméia pela Federação Russa em 2014. Numa perspetiva histórica, a Crimeia foi conquistada pelo Império Russo durante o reinado de Catarina, a Grande, em 1783, e permaneceu como parte da Rússia até ao ano de 1954, sob o commando e ordem de então líder da União Soviética Nikita Khrushchev foi transferida para a Ucrânia. As razões que levaram para tal acordo de transferência da Crimeia sob commando da Rússia para a Ucrânia ainda não são claras e justificadas, continuam a causar polêmica e discussão aberta entre os historiadores. No entanto, contrariamente aos mitos russos difundidos nos últimos anos, esse ato, em primeiro lugar, não foi um "presente" solidário de Nikita Khrushchev. A transferência da Crimeia em 1954 para a República Soviética da Ucrânia não teve relevância geopolítica enquanto a URSS existisse. O Mar Negro é uma região e componente essencial da nova política russa e a sua tentativa de combater a crescente influência que a NATO tem vindo a exercer nas últimas duas décadas. Os principais objetivos da Rússia não são apenas reforçar a sua fronteira a sul, mas também intimidar os seus vizinhos mais desprotegidos e "bloquear" o acesso e aproximação da NATO a países como Ucrânia e Moldávia e toda a região do Cáucaso. Para a Rússia, a longo prazo, parece que a intenção será, em primeiro lugar, garantir que o Mar Negro seja controlado predominantemente pela Rússia. A Rússia reuniu os argumentos para proteger suas fronteiras, esfera de influência e os seus cidadãos na Ucrânia. Os argumentos foram apresentados no discurso do presidente da Federação Russa, Vladimir Putin, a 18 de Março de 2014. Discutir os conceitos de anexação, reunificação, autodeterminação dos povos e príncipio da integridade territorial torna-se imprescindível para compreender a perspetiva russa. O argumento de Moscovo refere que a Crimeia foi reunificada com a Rússia, e pode ser visível nos discursos politicos e meios de comunicação, pois a reunificação é vista como algo aceitável e uma ação legal, uma perspectiva diferente da ucraniana. Por sua vez, os argumentos dos pró-ucranianos referem-se às ações da Rússia na Crimeia como anexação, uma ação de violação de soberania e integridade territorial ucraniana; os prórussos, por sua vez, consideram que o território foi reunificado. Essa divisão e uso de palavras e conceitos é importante porque faz com que se perceba qual é a posição adotada quando se discutem as ações da Rússia na Crimeia em 2014. A decisão do governo da Crimeia, apoiada maioritariamente pelos resultados do referendo de 2014, de solicitar a reunificação com a Federação Russa foi considerada lícita no discurso de Putin. Com a desordem política em Kiev, tanto as forças militares como os cidadãos pró-Russos na Crimeia decidiram agir e organizaram um referendo em 16 de março de 2014, contanto com grande suporte por parte da Rússia, que se encaregava de conduzir e monitorizar o referendo. O conteúdo dos boletins era muito controverso, pois oferecia aos eleitores apenas duas opções que tanto a opção 1 como a opção 2 beneficiavam uma maior aproximação da Crimeia a Rússia. Apesar do resultado avassalador de (96.77%) segundo fontes oficiais, dos eleitores terem optado por opção 1 que permitia a Crimeia reunificar com Rússia, o referendo ocorrido na Crimeia é considerado illegal. Por sua vez, os resultados do mesmo são considerados legais por parte da Rússia. Através da aplicação da metodogloia de análise crítica do discurso, que melhor se enquadra para a presente investigação, torna-se possível e crucial fragmentar e desconstruir o discurso de legitimização de Vladimir Putin e apresentar os resultados sob uma ótica critica e reflexiva do mesmo. A Rússia reuniu os argumentos para proteger suas fronteiras, esfera de influência e os seus cidadãos na Ucrânia. Os argumentos foram apresentados no discurso do presidente da Federação Russa, Vladimir Putin, a 18 de Março de 2014. Discutir os conceitos de anexação, reunificação, autodeterminação dos povos e príncipio da integridade territorial torna-se imprescindível para compreender a perspetiva russa. O argumento de Moscovo refere que a Crimeia foi reunificada com a Rússia, e pode ser visível nos discursos politicos e meios de comunicação, pois a reunificação é vista como algo aceitável e uma ação legal, uma perspectiva diferente da ucraniana. Por sua vez, os argumentos dos pró-ucranianos referem-se às ações da Rússia na Crimeia como anexação, uma ação de violação de soberania e integridade territorial ucraniana; os prórussos, por sua vez, consideram que o território foi reunificado. Essa divisão e uso de palavras e conceitos é importante porque faz com que se perceba qual é a posição adotada quando se discutem as ações da Rússia na Crimeia em 2014. O lugar da Rússia na ordem internacional mudou significativamente, não apenas devido às ações de 2014 na Ucrânia, mas também ao discurso de criar um novo posicionamento para o país no sistema internacional. Abordar uma Europa pós-Crimeia como realidade social radicalmente diferente devido à intervenção da Rússia na Crimeia é, muito provavelmente, um exagero. Porém, ajuda perceber a estratégia russa no espaço póssoviético que, perante a impossibilidade de controlar Kiev, opta pela divisão formal (com recurso ao soft e hard power) da Ucrânia em esferas de influência. Este estudo pretende assim contribuir com a literatura sobre a crise da Crimeia de 2014, a política externa da Rússia e o discurso político.
As the world becomes more urbanized and wars are fought in more condensed areas it is important to continue to evaluate the propriety of certain methods of warfare in these new and varied contexts. This article offers that when debates arise over the propriety of using certain weapons systems, an outright or systematic ban of that weapon system should rarely be the outcome. Rather, it is far more appropriate to provide armies with as many tools as possible to bring an armed conflict to a quick and decisive end and to hold those commanders and warfighters accountable to using those tools in accordance with international law, treaties, and norms. To do otherwise would unnecessarily handcuff and endanger those that are doing the fighting. This article presents this argument through the lens of the United States' policy toward using white phosphorus munitions in urban contexts. The United States, among other militaries, has continued to employ white phosphorus munitions in the face of increased international scrutiny. This article evaluates that policy and concludes that it is both legal and appropriate provided that targeting decisions are made in accordance with traditional law of armed conflict principles and with an eye toward humanitarian imperatives. This conclusion is supported by a survey of relevant international treaties, various states' practice, and is illustrated by hypothetical anecdotes provided by the author.
Dans un monde de plus en plus urbanisé, où des guerres se déroulent dans des régions plus densément peuplées, il est important de continuer à évaluer l'opportunité de certaines méthodes de guerre dans ces contextes nouveaux et variés. Cet article avance que, lorsque l'opportunité d'utiliser certains systèmes d'arme fait débat, cela ne devrait que rarement résulter dans une interdiction totale ou systématique du système d'arme en question. Au contraire, il est bien plus opportun de munir les armées d'autant d'instruments que possible pour mettre un terme aux conflits armés de manière rapide et décisive, et de tenir les commandants et les combattants responsables de l'utilisation de ces instruments, conformément au droit international, aux traités et aux normes. Agir autrement représenterait une entrave et une mise en danger inutiles des combattants sur le terrain. Cet article présente cette argumentation au travers de la politique des États-Unis en matière d'utilisation de munitions au phosphore blanc en milieu urbain. L'armée des États-Unis, parmi d'autres, a continué à utiliser des munitions au phosphore blanc malgré une surveillance internationale accrue. L'article évalue cette politique et conclut qu'elle est à la fois légale et appropriée, à condition que les décisions en matière de ciblage soient prises conformément aux principes consacrés du droit des conflits armés et en gardant à l'esprit les impératifs humanitaires. Cette conclusion est étayée par une étude des traités internationaux pertinents et des pratiques de différents États, et est illustrée par des anecdotes hypothétiques fournies par l'auteur.
Aangezien de wereld steeds meer verstedelijkt en oorlogen in compactere gebieden worden uitgevochten, is het belangrijk om te blijven evalueren of bepaalde methoden van oorlogvoering gepast zijn in deze nieuwe en diverse contexten. Dit artikel stelt dat, wanneer er discussie is over de gepastheid van het gebruik van bepaalde wapensystemen, dit zelden zou moeten leiden tot een regelrecht of systematisch verbod van dat wapensysteem. Integendeel, het is veel beter om legers van zoveel mogelijk middelen te voorzien om een gewapend conflict snel en beslissend te beëindigen en om commandanten en oorlogvoerende partijen verantwoordelijk te houden voor het gebruik van deze middelen overeenkomstig het internationaal recht en de internationale verdragen en normen. Anders zou dat degenen die de strijd voeren, onnodig beknotten en in gevaar brengen. Dit artikel bekijkt dit argument door de lens van het beleid van de Verenigde Staten betreffende het gebruik van witte fosformunitie in stedelijke omgevingen. De Verenigde Staten zijn, net zoals andere legers, doorgegaan met het gebruik van witte fosformunitie ondanks toegenomen internationaal toezicht. In dit artikel wordt dat beleid geëvalueerd en wordt geconcludeerd dat het zowel wettig als gepast is op voorwaarde dat de beslissingen over de doelbestrijding worden genomen in overeenstemming met de traditionele beginselen van het recht van de gewapende conflicten en met het oog op humanitaire vereisten. Deze conclusie wordt ondersteund door een overzicht van de relevante internationale verdragen en de praktijk van diverse staten, en wordt geïllustreerd aan de hand van hypothetische anekdotes van de auteur.
A medida que el mundo se vuelve más urbanizado y las guerras se libran en áreas más concentradas, es importante continuar evaluando la idoneidad de ciertos métodos de guerra en estos nuevos y variados contextos. Este artículo sugiere que cuando surgen debates sobre la conveniencia de usar ciertos sistemas de armas, el resultado raramente debería ser una prohibición total o sistemática de ese sistema de armas. Más bien, es mucho más apropiado proporcionar a los ejércitos tantas herramientas como sea posible para llevar un conflicto armado a un final rápido y decisivo y hacer que esos comandantes y combatientes sean responsables del uso de esas herramientas de conformidad con el derecho, los tratados y las normas internacionales. Hacer lo contrario limitaría innecesariamente y pondría en peligro a quienes están combatiendo. Este artículo presenta este argumento a través de la lente de la política de los Estados Unidos hacia el uso de municiones de fósforo blanco en contextos urbanos. Estados Unidos, entre otros ejércitos, ha seguido empleando municiones de fósforo blanco ante el creciente escrutinio internacional. Este artículo evalúa esa política y concluye que es legal y apropiada siempre que las decisiones de selección de objetivos se tomen de acuerdo con los principios del Derecho tradicional de los conflictos armados y teniendo en cuenta los imperativos humanitarios. Esta conclusión está respaldada por un estudio de los tratados internacionales relevantes, la práctica de varios Estados y está ilustrada por anécdotas hipotéticas proporcionadas por el autor.
Man mano che il mondo diventa più urbanizzato e le guerre si combattono in aree più concentrate, è importante continuare a valutare la correttezza di alcuni metodi di guerra in questi nuovi e cambiati contesti. Questo articolo afferma che quando sorgono dibattiti sull'opportunità di usare determinati armamenti, raramente il risultato dovrebbe essere un divieto totale o sistematico di quel sistema d'arma. Piuttosto, è molto più appropriato fornire agli eserciti quanti più strumenti possibili per porre fine in modo rapido e decisivo a un conflitto armato e ritenere quei comandanti e combattenti responsabili dell'uso di quegli strumenti in conformità con il diritto internazionale, i trattati e le norme. Fare altrimenti significherebbe immobilizzare inutilmente e mettere in pericolo coloro che stanno combattendo. Questo articolo presenta l'argomento attraverso l'ottica della politica degli Stati Uniti nei confronti dell'uso delle munizioni al fosforo bianco in contesti urbani. Gli Stati Uniti, tra gli altri eserciti, hanno continuato a impiegare munizioni al fosforo bianco a fronte di un maggior controllo internazionale. Questo articolo valuta tale politica e conclude che è sia legale che appropriata, a condizione che le decisioni a tal fine siano prese in conformità con i principi tradizionali del diritto dei conflitti armati e con attenzione agli imperativi umanitari. Questa conclusione è sostenuta da una revisione dei trattati internazionali pertinenti, dalla pratica di vari Stati, ed è corredata da ipotetici aneddoti forniti dall'autore.
Da die Welt immer stärker urbanisiert wird und Kriege in immer stärker verdichteten Zonen geführt werden, ist es wichtig, die Geeignetheit bestimmter Methoden der Kriegsführung in diesen neuen und unterschiedlichen Kontexten weiterhin zu bewerten. Dieser Artikel behauptet, dass sich, wenn sich eine Debatte über die Geeignetheit der Verwendung bestimmter Waffensysteme anspinnt, daraus selten ein absolutes oder systematisches Verbot des betreffenden Waffensystems ergeben soll. Vielmehr ist es angebracht, Armeen mit möglichst vielen Mitteln auszustatten, damit ein bewaffneter Konflikt zu einem raschen und entscheidenden Ausgang gebracht wird, sowie Befehlshaber und Kombattanten hinsichtlich der Verwendung dieser Mittel in Übereinstimmung mit dem Völkerrecht, Verträgen und Normen zur Rechenschaft zu ziehen. Eine andere Vorgehensweise würde denjenigen, die kämpfen, unnötig Zügel anlegen und sie gefährden. Dieser Artikel betrachtet dieses Argument durch die Linse der Politik der Vereinigten Staaten in Bezug auf die Verwendung weißer Phosphormunition in einer städtischen Umgebung. Die Streitkräfte der Vereinigten Staaten haben, wie auch andere Streitkräfte, angesichts zunehmender internationaler Kritik, weiterhin weiße Phosphormunition verwendet. Der Artikel bewertet diese Politik und schlussfolgert, dass diese sowohl rechtmäßig als geeignet ist, vorausgesetzt, dass die Zielentscheidungen in Übereinstimmung mit den herkömmlichen Grundsätzen des Rechts der bewaffneten Konflikte und unter Berücksichtigung humanitärer Gebote getroffen werden. Diese Schlussfolgerung wird mit einem Überblick über relevante internationale Abkommen und die Praxis verschiedener Staaten untermauert und wird mit hypothetischen Anekdoten vom Autor illustriert.
La diffusione del credito ai consumatori e le conseguenze della crisi economica hanno determinato la diffusione, anche nel nostro Paese dei prodotti assicurativi a tutela indiretta del credito noti nel mondo anglosassone come Payment Protection Insurance (c.d. PPI). Tradizionalmente erano presenti nel mercato le polizze contro i danni ai beni costituiti in garanzia del mutuo come il classico caso dell'assicurazione del bene immobile, costituito in ipoteca, contro eventi che comportino la sua distruzione e, quindi, l'estinzione della garanzia (la c.d polizza "scoppio-incendio"). Nei tempi più recenti, tuttavia, la prassi italiana ha constatato la maturazione, in connessione con i contratti di finanziamento, di ulteriori e più complesse tipologie assicurative in relazione al rischio coperto dal contratto, prima infrequenti se non del tutto sconosciute. Le ipotesi di assicurazioni che forniscono una garanzia indiretta del credito nascono sia nell'ambito delle assicurazioni sulla vita, in particolare per il caso di morte, che nell'ambito delle assicurazioni contro i danni alla persona (diminuzione o totale perdita della capacità di produrre reddito) e sono quindi inquadrabili nell'ambito delle polizze multirischi. Il contratto di assicurazione assolve in tal caso a una duplice funzione: un primo effetto, naturale, è quello di proteggere il debitore assicurato, sostituendosi ad esso la compagnia assicuratrice nell'adempimento dell'obbligo di restituzione del finanziamento e di pagamento degli interessi, nel caso in cui si verifichino gli eventi dedotti in contratto. Contemporaneamente, però, l'assicurazione garantisce in via indiretta lo stesso creditore, che, in forza di un apposito vincolo, è il reale beneficiario della somma assicurata. La duplicità di interessi sottostanti – rappresentati per quanto riguarda la banca dalla possibilità di garantirsi l'estinzione delle rate di finanziamento mediante l'intervento diretto dell'impresa di assicurazione e il trasferimento del rischio di credito dalla banca alla impresa di assicurazione che ne consegue – determina che il normale contratto di assicurazione vita e danni possa essere ritenuto collegato al contratto di finanziamento assumendo una finalità e uno scopo peculiare che si aggiunge alla normale funzione economico sociale del contratto. Attraverso i contratti PPI, infatti, i contratti di assicurazione tradizionali vita e danni, si piegano alla ragioni creditorie assumendo la funzione specifica di garanzia assicurativa del credito. È, infatti, per effetto dell'autonomia contrattuale che la flessibilità del contratto di assicurazione viene utilizzata per realizzare la funzione mediata di garanzia del credito, accessoria a quella rappresentata dalle tradizionali forme di garanzia reale e personale del credito. In altri termini, non è la sottoscrizione del contratto di assicurazione in sé a determinare la funzione di tutela del credito che viene ormai riconosciuta ai PPI ma il collegamento negoziale tra l'operazione assicurativa e finanziaria e l'apposizione della clausola di vincolo con deviazione degli effetti a favore della banca, determinano l'acquisizione di una connotazione del tutto peculiare di contratti assicurativi che, da soli considerati, gli stessi non avrebbero. Da qui l'importanza di valutare l'operazione economica nel suo complesso. In questo contesto, pertanto, la tesi – dopo aver inquadrato il fenomeno nel contesto delle altre forme tradizionali e assicurative a garanzia del credito – delineerà le caratteristiche dei contratti PPI con particolare riferimento al panorama di eventi assicurati, le forme di distribuzione che si sono imposte del mercato e i presupposti e i limiti del collegamento negoziale esistente con il contratto di finanziamento sottostante. Nonostante la duplicità di interessi sottostanti al contratto PPI e i vantaggi che astrattamente conseguono per il debitore/assicurato, la prassi di mercato, sviluppatasi in assenza di una disciplina specifica, ha evidenziato che nella definizione delle condizioni contrattuali assumevano una netta prevalenza le ragioni e il soddisfacimento degli interessi dell'istituto bancario piuttosto che dell'assicurato. Il detrimento degli interessi del debitore, oltre a sbilanciare il contenuto del contratto dl lato bancario – tanto da poter porre in discussione anche la correttezza della qualificazione giuridica del contratto e la giustificazione del pagamento del premio da parte del debitore – ha sollevato numerosi problematiche in punto di tutela del consumatore determinate, in particolare, dal fatto che sono le stesse banche a proporre/imporre la stipulazione del contratto assicurativo: l'importo che dovrà essere corrisposto dall'assicuratore a titolo di indennizzo o di capitale, nel caso in cui si verifichi l'evento assicurato, viene prioritariamente destinato alla soddisfazione del credito stesso. In altri termini, la peculiare articolazione contrattuale ha fatto fa sì che la banca si trovi ad assumere contestualmente la veste di distributore della polizza e di beneficiario della prestazione assicurativa prevista al verificarsi del sinistro. La completa realizzazione dell'interesse della banca all'immediata protezione del credito garantita dalla clausola di vincolo ha generato, contestualmente, una situazione di potenziale conflitto d'interesse in danno del contraente in quanto le esigenze connesse alla posizione di beneficiario tendono ad inficiare la condizione di terzietà che dovrebbe caratterizzare l'operato dell'intermediario il quale, come abbiamo visto, può essere considerato destinatario di obblighi di agire funzionalmente orientati al soddisfacimento degli interessi del contraente. Da un altro punto vista, la presunta doverosità della copertura assicurativa e la specifica posizione di debolezza in cui verte il soggetto sul presupposto che ciò determinasse al contempo un afforzamento delle esigenze del debitore-assicurato. Appare, invece, preferibile integrare la disciplina seguendo un'impostazione diversa che tenga conto della necessaria presenza e soddisfacimento, nell'economia dei contratti PPI, di entrambi gli interessi delle parti contrattuali del contratto di finanziamento ciò al fine di mantenere l'esistenza di quel collegamento negoziale che rende un normale contratto di assicurazione multirischio un contratto a garanzia del credito con i conclamati positivi effetti economici che ne conseguono. finanziato fa sì che la banca possa approfittare ulteriormente della propria posizione privilegiata – spesso ulteriormente rafforzata anche da rapporti societari di gruppo che la legano all'impresa di assicurazione – e applichi oneri di commissioni e condizioni contrattuali più onerose a complessivo svantaggio del contraente. La situazione di conflitto d'interesse, generalmente più ampia nel settore dei servizi finanziari e assicurativi rispetto al diritto comune stante la nota asimmetria, relazionale ed informativa tra le parti, è nel caso dei prodotti PPI ulteriormente amplificata, perché e nei limiti in cui il contratto di assicurazione risulti massimamente profittevole per la banca in quanti foriera di un vantaggio, diretto od indiretto, per l'intermediario bancario stesso ulteriore rispetto a quello normalmente connesso alla intermediazione del contratto assicurativo e che si sostanzia nella corresponsione di una provvigione. In questa ottica si inquadrano i numerosi interventi normativi che si sono susseguiti negli anni 2011/2012 ad opera del legislatore e dell'Autorità di vigilanza che hanno tentato di arginare il descritto conflitto di interessi. L'esame della disciplina settoriale specificamente introdotta per i contratti PPI, tuttavia, non ha dimostrato la produzione di effetti concreti apprezzabili sulle problematiche di tutela del consumatore evidenziate dalle indagini condotte dall'IVASS: una sostanziale obbligatorietà dei contratti, un livello alto delle provvigioni e una acclarata inadeguatezza dei contratti continuano, ancora oggi, a caratterizzare la distribuzione del contratti PPI. La tesi sostiene che la parziale inadeguatezza della disciplina approntata dal regolatore si è dimostrata inefficiente in quanto ha inquadrato il fenomeno della tutela del consumatore solo in un'ottica di conflitto di interessi, cercando di mitigarne gli effetti e imponendo comportamenti e obblighi alla banca intermediario che in un certo qual modo andassero ad appiattire l'interesse dell'istituto di credito alla sottoscrizione del contratto sul presupposto che ciò determinasse al contempo un rafforzamento delle esigenze del debitore-assicurato. Appare, invece, preferibile integrare la disciplina seguendo un'impostazione diversa che tenga conto della necessaria presenza e soddisfacimento, nell'economia dei contratti PPI, di entrambi gli interessi delle parti contrattuali del contratto di finanziamento ciò al fine di mantenere l'esistenza di quel collegamento negoziale che rende un normale contratto di assicurazione multirischio un contratto a garanzia del credito con i conclamati positivi effetti economici che ne conseguono.
Les activités humaines nécessitent toujours plus d'énergies pour satisfaire la croissance économique, nécessaire au développement des pays. pourtant ce sont les principales sources d'émissions des gaz à effet de serre. Dès lors, un défis d'une telle ampleur ne peut se faire qu'à travers l'adoption d'une politique drastique d'économie d'énergie, surtout concernant le secteur résidentiel qui représente près de 40% de la demande mondiale. Par conséquent, s'intéresser aux opportunités existantes à un niveau national afin de réduire la demande énergétique du secteur résidentiel se justifie. C'est dans cette optique que nous nous sommes demandés comment répondre aux objectifs européens à l'horizon 2050. Dans un premier temps, nous avons tenté d'établir les faiblesses inhérentes aux logements vis-à-vis de leurs consommations d'énergies. La moyenne d'âge des bâtiments résidentiels s'est révélée être une caractéristique importante du pays. Nous nous sommes alors interrogés sur la relation entre la vétusté des bâtiments et leur consommation. Sachant que l'utilisation du chauffage dans la consommation des ménages compte pour 70% et que les technologies d'isolation des murs ont commencé à se développer après 1945. Nous en avons conclu que s'attaquer à l'ancienneté du parc résidentiel revenait à saisir l'opportunité de satisfaire les objectifs européens. C'est alors que nous avons envisagé les techniques de rénovation et de démolition pour une remise à niveau de celui-ci. Dès lors, étudier le contexte dans lequel s'inscrit la rénovation et la démolition dans la thématique de l'efficience énergétique était opportun. Cela nous a permis de développer les freins théoriques relatifs à leur adoption pour enfin réaliser une comparaison théorique des deux méthodes. Enfin, nous avons voulu démontrer de manière empirique cette fois, dans quelle mesure chacune des options permettra l'atteinte des objectifs au niveau national et plus précisément, au niveau régional. Notre question de recherche se présentait ainsi ; laquelle des options entre la rénovation et la démolition/reconstruction des bâtiments ayant plus de 30 ans à l'heure actuelle pour 2050 satisferaient les objectifs européens. A nos yeux, cette problématique se justifie par les récents problèmes budgétaires rencontrés en Belgique, au niveau des incitants à la rénovation. En Wallonie par exemple, la popularité des primes et subsides relatifs à l'installation de panneaux photovoltaïques a épuisé le budget y étant consacré. Elles ont d'ailleurs été réformées afin de permettre des travaux de rénovations pour tous les ménages. Ces faits soulignent l'attention particulière accordée par l'Etat à notre problématique. La méthodologie poursuivie dans les différents chapitres s'organise comme suit ; dans le chapitre 1, nous présenterons la vision générale et les objectifs de l'Europe visant à redessiner le modèle énergétique à long terme. Dans le chapitre 2, nous démontrerons l'ancienneté des bâtiments résidentiels belges. Ce constat sera établi communément par l'industrialisation précoce, la périurbanisation ainsi que le retrait progressif de l'État dans la production de nouveaux logements. En outre, nous démontrerons également que la principale source de consommation en énergie du ménage est le chauffage (75%). En partant du postulat qu'un immeuble plus vieux aura profité de technologies moins efficientes en termes d'isolation, agir sur l'état physique du parc de logements semble donc pertinent afin de répondre aux objectifs. Dans le chapitre 3, nous définirons l'efficacité énergétique inhérente au secteur des bâtiments et ses freins. Nous présenterons premièrement les cinq principes d'efficacité énergétique afin de les contextualiser à notre étude. Ensuite, nous nous intéresserons la théorie concernant les investissements en efficience énergétique des bâtiments résidentiels. En outre, un paradoxe semble avoir été confirmé par différents auteurs. En effet, malgré des bénéfices équivalents, sinon supérieurs à d'autres alternatives, ceux-ci ne sont toujours pas adoptés par les ménages. Dans le chapitre 4, nous comparerons d'une manière théorique les deux méthodes : la rénovation et la démolition/reconstruction. Nous discuterons pour chacune, des bâtiments à cibler et des avantages aussi bien financiers, énergétiques et environnementaux qui les accompagnent. Dans le chapitre 5, nous tenterons de déterminer d'une manière empirique laquelle des options entre rénovation et démolition permettra d'atteindre les objectifs de réduction de GES. Pour ce faire, nous créerons un outil basé sur une modélisation des consommations énergétiques des maisons wallonnes, en fonction de leurs années de construction. L'outil permettra l'étude de trois scénarios jusque 2050, visant à comparer les deux alternatives. Le scénario « Statu quo », servira de repère pour comparer la rénovation et la démolition par rapport à la situation où aucune action physique n'est menée sur le parc. Le scénario « Rénovation » et enfin, le scénario « Démolition », dans lesquels nous modéliserons l'évolution physique du parc jusque 2050 pour ensuite projeter l'évolution de la consommation et des émissions de GES. Dans le scénario « statu quo », la consommation augmente de 4% entre 2010 et 2050. Ce constat semble logique. Cependant un taux aussi bas sur une période de 40 ans parait léger aux vues des tendances du secteur entre 1990 et 2010 (+6%). Ce fait est attribuable à la prise en compte des nouvelles normes requises à partir de 2020 via la directive PEB. Les émissions de CO2 sont quant à elles en baisse de 20% sur la période 1990-2050. Cette réduction n'est attribuable qu'aux transitions d'énergies utilisées pour le chauffage. Dans le scénario « rénovation », pour 901 179 bâtiments rénovés entre 2010 et 2050. La consommation énergétique du parc est réduite de 60% (2010-2050) pour une réduction de 70% des émissions de GES sur la période 1990-2050. Près de 50% de cette variation est attribuable aux actions de rénovations. Dans le scénario « démolition » c'est une réduction de 87% de la consommation qui est observable. Les émissions, sont quant à elles réduites de 93% sur la période 1990-2050. La méthode de la démolition permet donc d'atteindre les objectifs. Pour une meilleure interprétation des résultats, nous avons analysé et comparé les coûts financiers, énergétiques et environnementaux des deux méthodes. Les deux options se chargent d'une remise à niveau de 901 179 bâtiments sur une période de 40 ans. L'option de la rénovation nécessite un investissement de près de 100 milliards d'euro, correspondant à un coût de réduction à la tonne equ. CO2 de 512€. L'option de la démolition, reviendrait elle à près de 200 milliards d'euro, correspondant à un coût de 891€ la tonne. En outre, le calcul de la VAN nous apprend que les deux options ne sont pas rentables financièrement, cependant c'est la rénovation qui semble plus avantageuse en ces termes. En outre, nous en avons comparé le coût pour la collectivité, et donc l'impact en termes de pollution. Pour cela, nous avons définit la « rentabilité environnementale » qui a été calculée sur la période d'investissement de 40 ans. En comparant d'une part l'énergie économisée par la rénovation ou la démolition et d'autre part l'énergie dépensée, attribuable à chacune des options. La rénovation entraine une rentabilité environnementale de 640TWh par rapport à la situation où aucune action n'est menée. Pour la démolition, la rentabilité environnementale est de 400TWh. Les deux options restent rentables de ce point de vue cependant, c'est la rénovation qui pèse le moins en termes de pression sur l'environnement. Nous nous sommes alors demandés dans quelle optique les incitants de l'Etat était dirigés vers la rénovation, sans attention plus particulière à la démolition. Nous comprenons à présent, pourquoi l'option de la démolition est bien moins représentée que la rénovation. Elle nécessite des coûts financiers et une consommation sous-jacente importante par rapport aux avantages qu'elle confère. Cependant, bien sélectionner les cibles à démolir en fonctions des entités qui amélioreraient le plus leur économies d'énergies est une option. En effet, dans ce mémoire, l'étude des deux projets a été mené de manière indépendante. Instaurer une culture de la démolition pourrait se révéler utile. ; Master [120] en Ingénieur de gestion, Université catholique de Louvain, 2015
Les activités humaines nécessitent toujours plus d'énergies pour satisfaire la croissance économique, nécessaire au développement des pays. pourtant ce sont les principales sources d'émissions des gaz à effet de serre. Dès lors, un défis d'une telle ampleur ne peut se faire qu'à travers l'adoption d'une politique drastique d'économie d'énergie, surtout concernant le secteur résidentiel qui représente près de 40% de la demande mondiale. Par conséquent, s'intéresser aux opportunités existantes à un niveau national afin de réduire la demande énergétique du secteur résidentiel se justifie. C'est dans cette optique que nous nous sommes demandés comment répondre aux objectifs européens à l'horizon 2050. Dans un premier temps, nous avons tenté d'établir les faiblesses inhérentes aux logements vis-à-vis de leurs consommations d'énergies. La moyenne d'âge des bâtiments résidentiels s'est révélée être une caractéristique importante du pays. Nous nous sommes alors interrogés sur la relation entre la vétusté des bâtiments et leur consommation. Sachant que l'utilisation du chauffage dans la consommation des ménages compte pour 70% et que les technologies d'isolation des murs ont commencé à se développer après 1945. Nous en avons conclu que s'attaquer à l'ancienneté du parc résidentiel revenait à saisir l'opportunité de satisfaire les objectifs européens. C'est alors que nous avons envisagé les techniques de rénovation et de démolition pour une remise à niveau de celui-ci. Dès lors, étudier le contexte dans lequel s'inscrit la rénovation et la démolition dans la thématique de l'efficience énergétique était opportun. Cela nous a permis de développer les freins théoriques relatifs à leur adoption pour enfin réaliser une comparaison théorique des deux méthodes. Enfin, nous avons voulu démontrer de manière empirique cette fois, dans quelle mesure chacune des options permettra l'atteinte des objectifs au niveau national et plus précisément, au niveau régional. Notre question de recherche se présentait ainsi ; laquelle des options entre la rénovation et la démolition/reconstruction des bâtiments ayant plus de 30 ans à l'heure actuelle pour 2050 satisferaient les objectifs européens. A nos yeux, cette problématique se justifie par les récents problèmes budgétaires rencontrés en Belgique, au niveau des incitants à la rénovation. En Wallonie par exemple, la popularité des primes et subsides relatifs à l'installation de panneaux photovoltaïques a épuisé le budget y étant consacré. Elles ont d'ailleurs été réformées afin de permettre des travaux de rénovations pour tous les ménages. Ces faits soulignent l'attention particulière accordée par l'Etat à notre problématique. La méthodologie poursuivie dans les différents chapitres s'organise comme suit ; dans le chapitre 1, nous présenterons la vision générale et les objectifs de l'Europe visant à redessiner le modèle énergétique à long terme. Dans le chapitre 2, nous démontrerons l'ancienneté des bâtiments résidentiels belges. Ce constat sera établi communément par l'industrialisation précoce, la périurbanisation ainsi que le retrait progressif de l'État dans la production de nouveaux logements. En outre, nous démontrerons également que la principale source de consommation en énergie du ménage est le chauffage (75%). En partant du postulat qu'un immeuble plus vieux aura profité de technologies moins efficientes en termes d'isolation, agir sur l'état physique du parc de logements semble donc pertinent afin de répondre aux objectifs. Dans le chapitre 3, nous définirons l'efficacité énergétique inhérente au secteur des bâtiments et ses freins. Nous présenterons premièrement les cinq principes d'efficacité énergétique afin de les contextualiser à notre étude. Ensuite, nous nous intéresserons la théorie concernant les investissements en efficience énergétique des bâtiments résidentiels. En outre, un paradoxe semble avoir été confirmé par différents auteurs. En effet, malgré des bénéfices équivalents, sinon supérieurs à d'autres alternatives, ceux-ci ne sont toujours pas adoptés par les ménages. Dans le chapitre 4, nous comparerons d'une manière théorique les deux méthodes : la rénovation et la démolition/reconstruction. Nous discuterons pour chacune, des bâtiments à cibler et des avantages aussi bien financiers, énergétiques et environnementaux qui les accompagnent. Dans le chapitre 5, nous tenterons de déterminer d'une manière empirique laquelle des options entre rénovation et démolition permettra d'atteindre les objectifs de réduction de GES. Pour ce faire, nous créerons un outil basé sur une modélisation des consommations énergétiques des maisons wallonnes, en fonction de leurs années de construction. L'outil permettra l'étude de trois scénarios jusque 2050, visant à comparer les deux alternatives. Le scénario « Statu quo », servira de repère pour comparer la rénovation et la démolition par rapport à la situation où aucune action physique n'est menée sur le parc. Le scénario « Rénovation » et enfin, le scénario « Démolition », dans lesquels nous modéliserons l'évolution physique du parc jusque 2050 pour ensuite projeter l'évolution de la consommation et des émissions de GES. Dans le scénario « statu quo », la consommation augmente de 4% entre 2010 et 2050. Ce constat semble logique. Cependant un taux aussi bas sur une période de 40 ans parait léger aux vues des tendances du secteur entre 1990 et 2010 (+6%). Ce fait est attribuable à la prise en compte des nouvelles normes requises à partir de 2020 via la directive PEB. Les émissions de CO2 sont quant à elles en baisse de 20% sur la période 1990-2050. Cette réduction n'est attribuable qu'aux transitions d'énergies utilisées pour le chauffage. Dans le scénario « rénovation », pour 901 179 bâtiments rénovés entre 2010 et 2050. La consommation énergétique du parc est réduite de 60% (2010-2050) pour une réduction de 70% des émissions de GES sur la période 1990-2050. Près de 50% de cette variation est attribuable aux actions de rénovations. Dans le scénario « démolition » c'est une réduction de 87% de la consommation qui est observable. Les émissions, sont quant à elles réduites de 93% sur la période 1990-2050. La méthode de la démolition permet donc d'atteindre les objectifs. Pour une meilleure interprétation des résultats, nous avons analysé et comparé les coûts financiers, énergétiques et environnementaux des deux méthodes. Les deux options se chargent d'une remise à niveau de 901 179 bâtiments sur une période de 40 ans. L'option de la rénovation nécessite un investissement de près de 100 milliards d'euro, correspondant à un coût de réduction à la tonne equ. CO2 de 512€. L'option de la démolition, reviendrait elle à près de 200 milliards d'euro, correspondant à un coût de 891€ la tonne. En outre, le calcul de la VAN nous apprend que les deux options ne sont pas rentables financièrement, cependant c'est la rénovation qui semble plus avantageuse en ces termes. En outre, nous en avons comparé le coût pour la collectivité, et donc l'impact en termes de pollution. Pour cela, nous avons définit la « rentabilité environnementale » qui a été calculée sur la période d'investissement de 40 ans. En comparant d'une part l'énergie économisée par la rénovation ou la démolition et d'autre part l'énergie dépensée, attribuable à chacune des options. La rénovation entraine une rentabilité environnementale de 640TWh par rapport à la situation où aucune action n'est menée. Pour la démolition, la rentabilité environnementale est de 400TWh. Les deux options restent rentables de ce point de vue cependant, c'est la rénovation qui pèse le moins en termes de pression sur l'environnement. Nous nous sommes alors demandés dans quelle optique les incitants de l'Etat était dirigés vers la rénovation, sans attention plus particulière à la démolition. Nous comprenons à présent, pourquoi l'option de la démolition est bien moins représentée que la rénovation. Elle nécessite des coûts financiers et une consommation sous-jacente importante par rapport aux avantages qu'elle confère. Cependant, bien sélectionner les cibles à démolir en fonctions des entités qui amélioreraient le plus leur économies d'énergies est une option. En effet, dans ce mémoire, l'étude des deux projets a été mené de manière indépendante. Instaurer une culture de la démolition pourrait se révéler utile. ; Master [120] en Ingénieur de gestion, Université catholique de Louvain, 2015
2003/2004 ; A oggi esiste una corposa letteratura sugli immigrati italiani negli Stati Uniti, e di questa è assai cospicua quella inerente le relazioni della comunità italo-americana con il regime fascista in Italia. Questo studio ha cercato di colmare un'assenza presente negli ethnic studies, che riguarda lo studio delle politiche di propaganda culturale dell'Italia fascista negli Stati Uniti e nelle Little ltalies. In particolare si è cercato di chiarire il concetto di «diplomazia culturale», mostrando come da Roma si intendesse utilizzare in politica estera la cultura italiana a fini propagandistici, cioè associando proprio la tradizione culturale italiana ai presunti «successi» socio-politici del fascismo. Tale proposito rientrava nel generale progetto del regime di fornire all'estero un'immagine apologetica di sé. Obiettivo dichiarato furono sia le opinioni pubbliche straniere, sia le l comunità di connazionali residenti all'estero, a cui si propinò costantemente un'immagine accattivante del regime, espressione di un'Italia forte, fiera e potente. Una volta delineate le strutture del regime attive in campo propagandistico, si è mostrato come da Roma si cercasse di promuovere all'estero l'immagine del duce e le «realizzazioni» del regime attraverso l'invio di articoli di giornale, monografie e opuscoli, l'utilizzo di conferenzieri, le trasmissioni radiofoniche e le proiezioni cinematografiche. Mussolini, in particolare, era una figura carismatica che riscontrava particolare successo nelle élites politico-economiche occidentali per il suo ruolo di anticomunista e di restauratore dell'ordine sociale in Italia. Per gli italiani ali' estero, invece, specialmente quelli residenti negli Stati Uniti, il duce rappresentava lo statista che aveva restituito prestigio internazionale alla madrepatria, ottenendo un rispetto che leniva, almeno in parte, le discriminazioni etniche cui erano generalmente fatti oggetto da parte degli anglosassoni, i quali erano soliti etichettare gli italiani come esseri inferiori. Inoltre la propaganda legava l'immagine di Mussolini a quella della madrepatria rinata sotto il fascismo, verso la quale il regime pubblicizzò costantemente il ritorno degli immigrati, affinché potessero vedere di persona i «miglioramenti» apportati dal Governo fascista. In maniera simile anche gli stranieri furono invitati a visitare la «nuova» Italia. Questo lavoro ha cercato di delineare le linee generali di propaganda politica fascista all'estero, mentre grazie ali' analisi comparata si è tentato di recuperare gli approcci particolari messi in atto dal regime nelle diverse realtà nazionali con cui si confrontava. Sono state messe in evidenza le notevoli difficoltà logistiche riscontrate nell'esplicazione di tale propaganda, difficoltà accentuate anche dall'ingombrante presenza della Germania nazista che, l ungi dali' essere un fedele alleato, si pose in aspra competizione con l'Italia mussoliniana per l'affermazione in campo propagandistico. Inoltre la peculiarità dell'ambiente statunitense, particolarmente restio a ingerenze straniere sul proprio territorio, impose al fascismo un adattamento (in forma e contenuto) della propria politica propagandistica alla mentalità del pubblico americano, anche se tale sforzo fu lento a realizzarsi e infruttuoso. Negli anni trenta negli Stati Uniti forme di propaganda dichiaratamente politica furono drasticamente ridimensionate. Nel decennio precedente i fasci, cioè sezioni del Pnf nate su suolo americano, cercarono di diffondere il verbo di Mussolini e convogliare i connazionali sotto l'orbita del fascio. Le violenze da loro perpetuate contro gli esuli antifascisti, le marce in camicia nera, l'opposizione alla perdita della cittadinanza italiana degli immigrati, i forti contrasti con i diplomatici italiani, alienarono da queste organizzazioni il consenso degli oriundi e provocarono la forte reazione americana nei loro confronti. Alla fine del 1929 Mussolini impose la chiusura delle sezioni, promuovendo un nuovo corso propagandistico, più moderato, volto a conservare l'italianità degli immigrati attraverso la promozione nelle Little Italies della lingua e della cultura italiana. Tali elementi furono propagandati dal fascismo come elementi imprescindibili del carattere italiano (quindi fascista) degli immigrati all'estero, nonché strumento indispensabile per conservare i vincoli delle nuove generazioni con la madrepatria. Questo lavoro ha inoltre ricostruito gli obiettivi generali della «diplomazia culturale» fascista, i valori che desiderava esportare all'estero, le strategie e le difficoltà cui incappò. Anche in questo tipo di ricerca si è mantenuto il livello comparativo, mostrando le differenti strategie applicate nelle diverse aree del mondo. In contesti nei confronti dei quali il fascismo espresse forti rivendicazioni territoriali (come Malta, la Tunisia, la Svizzera) la propaganda culturale assunse forme piuttosto violente, divenendo un'arma della politica imperialista del regime. Invece in altri contesti, come negli Stati Uniti, la «diplomazia culturale» assunse connotati più moderati. La chiusura dei fasci oltre oceano fece maturare a Roma la convinzione che fosse necessano favorire l'acquisizione della cittadinanza americana da parte degli immigrati italiani, in quanto destinati inevitabilmente all'assimilazione nella società locale. Favorendo invece l'assimilazione si sarebbe potuto contare su una /obby etnica simpatizzante del regime e capace di condizionare con il proprio voto la politica americana in termini favorevoli alla madrepatria. Per fare questo diveniva però prioritario mantenere vivo il legame dei giovani con l'Italia: la preservazione della lingua italiana nelle Little Ita/ies aveva quindi il compito di creare una nuova generazione di italo-americani, giuridicamente americani ma legati spiritualmente alla madrepatria. Ogni agente di propaganda fascista negli Stati Uniti venne coinvolto in questa strategia: i giornali e le associazioni etniche, i «prominenti» e le scuole italiane si adoperarono per sostenere il progetto di creazione del «nuovo» italiano ali' estero, fiero della propria origine e legato ai valori fascisti di onestà, sobrietà, laboriosità e religiosità. Tale campagna assumeva un'importanza particolare, visto che fra le due guerre le Little Italies stavano perdendo progressivamente il carattere italiano, mentre i giovani figli degli immigrati, nati ed istruiti nel paese di adozione, stavano allentando progressivamente i vincoli con l'Italia, che avvertivano ormai come un paese straniero. La strategia fascista fu estremamente attiva nel promuovere la crescita sia di nuove scuole italiane, sia di nuovi corsi di lingua e cultura italiana nelle istituzioni scolastiche americane di ogni livello. Le comunità italo-americane furono incoraggiate a sostenere tale campagna, e incentivate a creare appositi comitati scolastici incaricati di agire sulle autorità scolastiche americane per far introdurre la lingua di Dante nei programmi scolastici. Quello statunitense rappresenta un caso emblematico di adattamento e moderazione dell'aggressività fascista a un contesto locale, reso evidente anche dalla rinuncia alla creazione di strutture giovanili paramilitari e dali' assenza nei programmi delle scuole italiane di una retorica sovversiva anti-americana. Ciononostante il regime mantenne forme di ambiguità, elemento del resto costantemente presente nella propria politica estera. Infatti negli Stati Uniti si continuò parzialmente a sostenere l'attività di circoli etnici e di personaggi di indirizzo estremista; inoltre alcuni passaggi eminentemente nazionalistici, presenti nei libri di testo stampati dalla Direzione Generale degli Italiani all'Estero per le scuole italiane all'estero, vennero epurati solo dopo una protesta ufficiale del Dipartimento di Stato, contrario all'utilizzo di questi volumi da parte di giovani studenti di origine italiana ma di cittadinanza americana. La strategia propagandistica fascista fu un fallimento. Le mancanze strutturali e di fondi impedirono di attuare efficacemente il proprio programma. Fallì anche l'idea di creare una nuova generazione di italo-americani fedeli al regime: troppa era ormai l'affinità che questi avevano con la patria di adozione che, nel corso della guerra, chiese loro inequivocabili prove di fedeltà, che li allontanò definitivamente da un'Italia del resto già considerata lontana. Pearl Harbor segnò definitivamente la fine delle aspirazioni italiane in Nord America, mentre dall'esperienza bellica anche la cultura italiana venne fortemente ridimensionata, con la chiusura di molte istituzioni scolastiche italiane e il drastico calo di corsi di lingua e cultura italiana nelle scuole americane. Inoltre il conflitto rappresentò la definitiva spinta verso la piena americanizzazione del gruppo etnico italiano, desideroso di mostrare la propria lealtà al paese di adozione proprio attraverso la piena integrazione nel tessuto sociale statunitense. ; XVII Ciclo ; 1975 ; Versione digitalizzata della tesi di dottorato cartacea.
RESUMO: Para sobreviver, os animais têm de envigorar adequadamente as suas acções. Apesar da dopamina (DA) ter sido implicada na recompensa e aprendizagem por reforço, a perda de neurónios dopaminérgicos (DANs) da substantia Nigra pars compacta (SNc) leva invariavelmente a défices do movimento e do vigor do movimento. A doença de Parkinson (DP) é uma doença caracterizada por uma perda progressiva, assimétrica dos DANs da SNc. Os sintomas da doença incluem lentidão do movimento, tremor e rigidez – e no início da doença afectam um lado do corpo na ausência de sintomas contralaterais. Face às múltiplas funções descritas para os DANs, permanece pouco claro se os sintomas motores dos doentes com DP se devem a uma "falta de vontade" geral de agir, ou se dimensões específicas do movimento são perturbadas pela perda dos DANs. Reconhecendo a simetria do cérebro e do corpo dos mamíferos, e considerando a assimetria dos sintomas da DP, treinámos ratinhos numa nova tarefa operante self paced que permite a execução de sequências de movimentos utilizando apenas uma das patas. Os ratinhos foram treinados para executar sequências em que carregavam pelo menos 4 vezes na alavanca em menos de um segundo para receberem uma recompensa de sacarose. Graças à organização espacial da caixa, os ratinhos estão limitados a executar esta tarefa utilizando apenas uma das patas dianteiras (a direita ou esquerda). Os animais foram capazes de aprender e executar a tarefa, reduzindo a variabilidade de desempenho com o treino e atingindo uma fase assimptótica de desempenho em que não são encontradas diferenças de performance entre a pata esquerda ou direita. Após injecção unilateral de GCaMP6f floxed na SNc de ratinhos DAT-cre, avaliamos a função in vivo destes DANs geneticamente identificados. Verificámos que diferentes SNc DANs são modulados por diferentes eventos comportamentais: Movimento ou recompensa, independentemente do lado em que a acção foi executada. A identidade dos DANs era estável ao longo dos dias, com actividade semelhante em diferentes sessões após aprendizagem. Os DANs da SNc aumentam transitoriamente a sua actividade antes dos movimentos das patas ipsi e contralateral. No entanto, esta actividade é mais elevada antes das sequências realizadas com a pata contralateral. Depois de executar uma sequência, os ratinhos recolhem a recompensa. Descobrimos que a actividade DA era mais elevada durante as aproximações à recompensa com movimentos contraversivos em comparação com ipsiversivos, mas não foi encontrada evidência de lateralização de resposta nos DANs modulados após a recompensa. Também encontramos evidência de lateralização do vigor do movimento. A actividade dos SNc DANs era mais elevada antes de sequências contralaterais mais longas (em comparação com curtas). Isto não foi encontrado ipsilateralmente. Quando se lesionou os terminais dopaminérgicos da SNc no estriado com uma injecção unilateral de 6-Hidroxidopamina (6-OHDA), descobrimos que esta reduzia o vigor das sequências de movimento contralaterais – mas não ipsilaterais. Em humanos, utilizamos análise cinemática 3D baseada em sensores inerciais, para avaliar a marcha de doentes com DP. Demonstramos que esta marcha é caracterizada por um défice de vigor e alguma assimetria. Conseguimos construir uma nova variável a partir de uma combinação linear de múltiplas dimensões cinemáticas e demonstramos a existência de convergência de validade entre a cinemática e avaliação clínica dos doentes. Mostramos a robustez desta medida numa segunda coorte. A lateralização da actividade dos DANs relacionados com o movimento é consistente com um papel destes neurónios em aspectos cinemáticos do movimento. Este resultado é suportado pelos achados em lesões unilaterais da SNc em ratinhos, assim como pela assimetria observada nos doentes com DP. Não foi encontrada evidência de lateralização nas respostas relacionadas com a recompensa. Isto sugere que diferentes subpopulações funcionais da SNc podem influenciar a aprendizagem e o desempenho de acções por diferentes mecanismos. Na DP, a degeneração dos DANs da SNc segue uma organização espacial. Há uma perda preferencial de DANs na SNc ventro-lateral que progride medial e dorsalmente. Tendo identificado uma heterogeneidade funcional e temporalmente estável dos DANs da SNc, é possível que a degeneração de diferentes partes deste sistema contribua para diferentes sintomas motores e não motores na DP. Clarificar se existe uma ligação entre a heterogeneidade genética e o fenótipo funcional destes neurónios poderá informar futuros estudos sobre a vulnerabilidade selectiva dos neurónios da SNc e guiar estratégias neuroprotectoras. A avaliação de alta resolução dos sintomas motores na DP será fundamental para a descoberta de fármacos neuroprotectores em ensaios de modificação da doença e democratizaria a avaliação clínica dos pacientes. ; ABSTRACT: To survive, animals must invigorate actions properly. While dopamine (DA) has been implicated in reward and reinforcement learning, experimental loss of dopaminergic neurons (DANs) from substantia Nigra pars compacta (SNc) leads invariably to movement and movement vigor deficits. PD is a condition characterized by a progressive loss of SNc DANs that has been pointed as the cause for asymmetric motor symptoms. Symptoms include movement slowness, tremor and rigidity – and at disease onset they affect one body side without contralateral symptoms. Facing the multiple putative functions of DANs it remains unclear if patients' movement slowness is due to a general "lack of will" to act, or if movement-specific dimensions are disrupted by DANs loss. Acknowledging mammalian brain and body symmetry, and considering asymmetry in PD symptoms, we trained mice in a novel self-paced operant task that allows the performance of independent single forepaw movement sequences. Mice were trained to perform movement sequences and were rewarded with sucrose if they performed at least 4 lever presses in less than one second. Due to the box spatial constraints, mice would only be able to perform the movement sequences with the left forepaw or with the right forepaw. We found that mice were able to perform the task, reducing performance variability with training and reaching a performance stage with similar performance between left or right forepaw. We assessed the function of genetically identified SNc DANs with in vivo calcium imaging (injecting floxed GCaMP6f unilaterally in the SNc of DAT-cre mice). We found that different SNc DANs were modulated by different behavioural events: Movement or reward, independently of the side the action was performed. SNc DANs identity was stable across days, with similar activity being present across different sessions of performance. SNc DANs transiently increased their activity before either ipsi and contralateral paw movements, in a similar percentage, but this activity was higher preceding contralateral lever press sequences. After performing a sequence, mice ran to the magazine to collect a reward. We found that DA activity was higher during contraversive vs. ipsiversive approaches to the magazine, but no evidence of response lateralization was found in SNc neurons modulated after reward. Evidence of lateralization was also found regarding movement vigor. While SNc DANs activity was higher preceding contralateral longer movement sequences, this was not found ipsilaterally. In fact, when depleted SNc DA with a unilateral striatal injection of 6- Hidroxydopamine (6-OHDA) we found that it disrupted contralateral – but not ipsilateral – movement sequences vigor. Facing the current limitations of clinical assessment of PD patients, we studied self paced gait in PD. Using state-of-art inertial-based 3D kinematic analysis we've documented asymmetry and vigor impairment of self-paced gait of PD patients. We were able to construct a new variable from a liner combination of multiple kinematic dimensions demonstrating evidence of convergent validity between kinematics and clinical evaluation of patients. We also demonstrated its' validity on a second cohort. Evidence of lateralization of movement-related DAN activity is consistent with a role of DANs in aspects of movement more than a general movement invigoration signal. This is supported by unilateral SNc lesions in mice, and in line with the asymmetry observed in patients with PD. No evidence of lateralization was found in reward responses. This suggest that distinct SNc functional subpopulations may influence action learning and performance through different mechanisms. In PD, degeneration of SNc DANs is spatially organized. There is a preferential loss of DANs in the ventro-lateral SNc that progresses medial and dorsally. Having identified a functional and temporally stable heterogeneity of SNc DANs it is possible that degeneration of different parts of this system contributes to different motor and non motor symptoms in PD. Clarifying if there is a link between genetic heterogeneity and functional phenotype of these neurons could inform the studies on selective neuronal vulnerability of SNc neurons and inform neuroprotective strategies. High-resolution assessment of disease state and motor symptoms in PD would facilitate drug discovery in upcoming disease-modifying trials and democratize patients' clinical assessment.
La tesi di dottorato di Bruno Brancati concerne il ruolo delle corti nella crisi economica europea, con particolare attenzione alle decisioni relative ai diritti sociali. La tesi principale della ricerca è che, in questo particolare momento, il diritto pubblico europeo richiede un'espansione del ruolo delle corti. Infatti, l'autorità del diritto in Europa è in crisi, perché i confini tra i poteri nazionali e sovranazionali sono incerti. Questo contesto richiede un'espansione della "cultura della giustificazione". "Cultura dell'autorità" e "cultura della giustificazione" sono entrambe necessarie. La prima si concentra sull'autorizzazione ad agire dei vari attori. La seconda si concentra sulle ragioni sostanziali delle decisioni. Quando l' "autorità" è in crisi, l'espansione della "cultura della giustificazione" diventa molto importante, ed anche il ruolo delle corti. La "giurisdizionalizzazione" della crisi economica è un fatto, come dimostrano decisioni quali quella sull'ESM e il Fiscal Compact del Tribunale costituzionale tedesco (settembre 2012) o la decisione n. 187 del 2013 del Tribunale costituzionale portoghese, vertente su alcune misure di austerità. Il primo capitolo della ricerca spiega la tesi principale e la struttura del lavoro. Nel secondo capitolo è illustrata la prospettiva dei "conflitti d'autorità". Il costituzionalismo democratico nazionale e il diritto sovranazionale condividono un orizzonte ideale, ma nella storia della loro relazione è possibile distinguere due fasi: quella della "divergenza" e quella della "convergenza". Il diritto nazionale e quello sovranazionale si sovrappongono, e questa sovrapposizione innesca conflitti, perché essi sono diventati simili, ma non identici. Casi come Viking e Laval sono emblema di un importante conflitto tra queste due sfere. Nel terzo capitolo si può vedere che il livello nazionale e quello sovranazionale si intrecciano nella governance economica e finanziaria. Lo spazio per le valutazioni discrezionali in quest'area incrementa le incertezze dei confini tra i due livelli. Nel quarto capitolo, viene presentato il ruolo del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione europea nella prospettiva dei "conflitti d'autorità" e viene considerato il caso OMT. Poi, il capitolo si concentra sui rapporti tra diritto nazionale e diritto sovranazionale nelle "giurisprudenze costituzionali della crisi" portoghese e italiana. Nel quinto capitolo sono stati presentati alcuni argomenti classici, usati contro la giurisdizionalizzazione dei diritti sociali: legittimazione democratica, policentricità, expertise, flessibilità. Le relazioni tra il giudice ed il legislatore in quest'area sono spesso problematiche ed il controllo di proporzionalità può essere molto utile da questo punto di vista. Esso può rispettare la sfera legislativa, ma può anche essere molto pervasivo. Nel sesto capitolo, sono considerati alcuni modi di fare uso del controllo di proporzionalità nella giurisprudenza costituzionale della crisi italiana e portoghese. Le due Corti costituzionali si sono confrontate con la questione dell'equa distribuzione dei sacrifici, ma non sono state sempre persuasive. In altre decisioni, la mancata ricezione di adeguate giustificazioni del sacrificio di un diritto ha giocato un ruolo importante. Allocando l' "onere della giustificazione" sul legislatore, il giudice riconosce i suoi deficit, ma svolge anche un controllo molto efficace. Il settimo capitolo si concentra sulla limitazione degli effetti delle decisioni di incostituzionalità. Questa tecnica è molto utile, a causa della policentricità dei casi riguardanti l'allocazione delle risorse. Sia la Corte costituzionale italiana che il Tribunale costituzionale portoghese sono stati criticati per l'uso di questa tecnica. Inoltre, la giurisprudenza della crisi fornisce un'altra indicazione: il giudice può essere molto efficace se le sue decisioni sono pronunciate subito dopo l'adozione della misura. L'ottavo capitolo contiene le conclusioni del lavoro. La crisi mette alla prova le costituzioni, e le costituzioni appaiono "minimalizzate". Esse riescono a limitare la durezza della politica di austerità, ma non possono stravolgerla. Esse potrebbero perfino legittimarla, addomesticandola. Nella giurisprudenza della crisi, le corti corrono il rischio di perdere la propria legittimazione. La proporzionalità è una tecnica che può enfatizzare la discrezionalità del giudice. L'allocazione di un onere di giustificazione sul legislatore può limitarla, senza eliminarla. La limitazione degli effetti temporali della decisione comporta il rischio di politicizzazione del giudice, ma questa tecnica è molto utile in tempo di crisi, perché consente al giudice di adottare un' "etica della responsabilità". Tuttavia, l'adozione di una tale etica deve rispettare le regole che disciplinano il processo davanti alla corte costituzionale e deve essere controllata da un rigoroso ragionamento giuridico. Bruno Brancati's Phd thesis concerns the role of courts in the European economic crisis, with particular attention paid to decisions related to social rights. The main claim of the research is that, in this particular moment, European public law requires an expansion of the role of courts. In fact, the authority of law in Europe is in crisis, because the boundaries between national and supranational powers are uncertain. This context requires an expansion of the "culture of justification". "Culture of authority" and "culture of justification" are both necessary. The first one focuses on the authorization to act of the various actors. The second one focuses on the substantive reasons in support of the decisions to be taken. When the "authority" is in crisis, the expansion of the "culture of justification" becomes very important, and the role of the courts too. The "judicialization" of the economic crisis is a fact. Decisions such as the one about ESM and Fiscal Compact of the German Constitutional Court (September 2012) or decision n. 187/2013 of the Portuguese Constitutional Court, about austerity measures, demonstrate that. The first chapter of the research explains the main claim and the structure of the work. In the second chapter the perspective of the "conflicts of authority" is illustrated. National democratic constitutionalism and supranational law share an ideal horizon, but in the history of their relationship it is possible to distinguish two phases: a phase of "divergence" and a phase of "convergence". The national law and the supranational one overlap, and this overlapping triggers conflicts, because they have become similar, but not identical. Cases such as Viking and Laval are emblematic of an important conflict between these two spheres. In the third chapter one can see that the national level and the supranational one interweave in the economic and financial governance. The space for discretionary evaluations in this area increases the uncertainties of the boundaries between the two levels. In the fourth chapter, the role of the preliminary ruling question sent to CJEU is presented in the perspective of the "conflicts of authority" and the OMT case is considered. Then, this chapter focuses on the relationships between national law and supranational one in the Portuguese and Italian "crisis constitutional case law". In the fifth chapter, some classical arguments, used against the judicialization of social rights, are presented: democratic legitimacy, polycentricity, expertise, flexibility. The relationships between the judge and the legislature in this area are often problematic and proportionality review can be very useful in this respect. It can respect the legislative sphere, but can also be very pervasive. In the sixth chapter, some ways of making use of proportionality review in the Portuguese and Italian crisis constitutional case law are considered. The two Constitutional Courts have faced the issue of the fair distribution of sacrifices, but they have not always been persuasive. In other decisions the failure to receive adequate justification of a sacrifice of a right played an important role. By allocating the "burden of justification" to the legislature,, the judge recognizes its deficits, but also plays a very effective control. The seventh chapter focuses on the limitation of the effects of the decisions of unconstitutionality. This technique is very useful, because of the polycentricity of the cases regarding the allocation of resources. Both the Portuguese and the Italian Constitutional Courts have been criticized because of the use of this technique. Then, the crisis case law provides another insight: the judge can be very effective if its decisions are delivered soon after the adoption of the measure. The eighth chapter contains the conclusions of the work. The crisis represents a test for constitutions, and constitutions appear "minimized". They manage to limit the hardness of the austerity policy, but they cannot upset it. They could even legitimize it, by taming it. In the crisis case law, the courts run the risk of losing their legitimacy. Proportionality is a technique that can emphasize the discretion of the judge. The allocation of the burden of justification to the legislature can limit it, without eliminating it. The limitation of the temporal effects of the decision involves the risk of politicization of the judge, but this technique is very helpful in times of crisis, because it allows the judge to adopt an "ethics of responsibility". Yet, the adoption of such an ethics must respect the rules that regulate the trial before the constitutional court and must be controlled by a rigorous legal reasoning.
Il progetto di ricerca triennale di questo dottorato ha riguardato "La tutela del consumatore nell'impiego di apparecchiature finalizzate al trattamento dell'acqua destinata al consumo umano". La ratio finale del progetto di dottorato è strettamente correlata alle necessità di rafforzare l'attività d'informazione al cittadino sulla qualità delle acque distribuite al consumo umano, raccomandate a più riprese anche in sede di Consiglio Superiore di Sanità. In particolare da numerosi anni a questa parte la diffusione di dispositivi di trattamento di acque destinate al consumo umano in Italia è rilevante sia per diversità di tecnologie impiegate e varietà di sistemi in commercio che per entità di apparecchiature commercializzate. Tali trattamenti non rivestono in alcun caso finalità di "potabilizzazione" delle acque essendo applicati ad acque idonee al consumo umano; né l'utilizzo delle apparecchiature assume valenza sanitaria poiché i requisiti di qualità vigenti per le acque distribuite per uso potabile ne assicurano l'idoneità al consumo umano1 per l'intero arco della vita delle diverse categorie di consumatori, considerando tutti gli impieghi in ambito domestico o per le preparazioni alimentari. I dispositivi di trattamento di acque idonee al consumo umano sono principalmente offerti ai consumatori per perseguire modifiche nelle caratteristiche organolettiche delle acque, e quindi aumentarne la gradevolezza al gusto, combinandosi in molti casi con sistemi di refrigerazione e gasatura per conferire all'acqua caratteristiche di effervescenza. L' "affinamento" delle acque potabili, ottenuto mediante uno o più processi fisici e/o chimici realizzati all'interno dei sistemi di trattamento, si prefigge in molti casi di agire su caratteristiche chimiche, fisiche e microbiologiche, tenendo anche conto delle interazioni delle acque con le reti di distribuzione domestica. Il D.M. n. 25 del 7 febbraio 20122, emanato dal Ministero della Salute, recante "Disposizioni tecniche concernenti apparecchiature finalizzate al trattamento dell'acqua destinata al consumo umano" stabilisce le prescrizioni tecniche relative alle apparecchiature per il trattamento dell'acqua destinata al consumo umano, individuate dall'articolo 11, comma 1, lettera i) del decreto legislativo 2 febbraio 2001 n. 31 e s.m.i. 1, e distribuita sia in ambito domestico che non domestico. Il D.M. 25/2012 richiede espressamente che le istruzioni fornite con i dispositivi, ricoprano ogni aspetto concernente il montaggio, all'utilizzo e alla manutenzione affinché possano essere garantite le prestazioni dichiarate e prevenuti eventuali rischio per la salute o pericoli per la sicurezza dell'apparecchiatura. Richiamando il "Codice del consumo", a norma dell'art. 7 L. 229/20033, si prescrive inoltre che i produttori ed i distributori immettano sul mercato solo prodotti sicuri, garantendo che le apparecchiature se utilizzate e mantenute secondo quanto previsto nel manuale d'uso e manutenzione assicurino, durante il periodo di utilizzo, le prestazioni dichiarate e la conformità dell'acqua trattata ai requisiti di legge. Specifici obblighi inclusi nel DM 25/2012 discendono dalle normative di riferimento tra cui il Codice del consumo per quanto attiene alcuni aspetti fondamentali dei processi dì acquisto e consumo volti ad assicurare un elevato livello di tutela dei consumatori e degli utenti. Nel richiamare gli obblighi in materia di pubblicità del D.lgs. 206/2005, vengono anche fornite specifiche sulle modalità d'indicazione delle prestazioni delle apparecchiature contenute nei materiali informativi e nella manualistica a corredo dell'apparecchiatura; è richiesto, in particolare, che le indicazioni di prestazione si riferiscano esclusivamente a effetti relativi a sostanze e/o elementi e/o parametri biologici che siano stati testati sperimentalmente o adeguatamente documentati. Tenuto conto di tali necessità, il progetto di dottorato ha inizialmente valutato il rischio igienico-sanitario correlato al consumo umano di acque trattate mediante caraffe filtranti diffuse in commercio, anche in relazione alle differenti tipologie di acque in distribuzione nel territorio nazionale, al consumo di acque trattate nel lungo periodo e da parte di eventuali categorie a rischio. A tal fine è stata realizzata una serie di azioni articolate in due fasi principali. Nella prima fase sono stati definiti criteri e metodi per la valutazione delle specifiche tecniche e igienico-sanitarie delle caraffe filtranti comprendenti requisiti dei materiali a contatto con l'acqua trattata, modalità di studio sugli effetti prodotti dal trattamento su parametri chimico-fisici e chimici di potenziale impatto sulla salute, tenendo in particolare conto tutti gli elementi di criticità a oggi evidenziati; è stata inoltre definita la composizione dell'acqua tipo per le prove di filtrazione, la durata delle prove e pianificazione dei prelievi, sulla base delle istruzioni del produttore contemplando eventuali presumibili utilizzi impropri, e gli aspetti relativi ai metodi analitici. Nella seconda fase si è proceduto a una valutazione della sicurezza igienico-sanitaria di 10 tipologie rappresentative di caraffe filtranti diffuse in commercio sul territorio nazionale, anche in relazione alle differenti tipologie di acque in distribuzione, al consumo di acque trattate nel lungo periodo e da parte di eventuali categorie a rischio, mediante prove sperimentali condotte secondo i criteri e metodi prestabiliti su caraffe reperibili in commercio. Dalle risultanze ottenute nel corso dei primi due anni del dottorato di ricerca sono state osservate criticità piuttosto diffuse a livello di conformità delle certificazione e documentazioni a corredo rispetto ai requisiti del D.M. 25/2012. La documentazione fornita per alcune tipologie di caraffe è risultata, in diversi casi, sprovvista di indicazioni in merito alle caratteristiche chimiche e chimico-fisiche dell'acqua utilizzata dal produttore per la definizione delle condizioni di utilizzo e manutenzione del dispositivo. Al contempo, nel materiale informativo per il consumatore, risultano inadeguati i riferimenti al principio di funzionamento e alle caratteristiche di prestazione del dispositivo. Inoltre, nell'arco delle prove sperimentali finalizzate alla valutazione del rischio igienico-sanitario correlato al consumo umano di acque trattate mediante dispositivi diffusi in commercio, sono state evidenziate in alcuni casi, modifiche sulla facies chimica delle acque trattate di cui il consumatore non risulta attualmente essere adeguatamente informato. Pur non essendo state evidenziate al momento condizioni di rischio sanitario per la popolazione, resta saldo il principio di scelta consapevole del consumatore che dovrebbe essere adeguatamente informato in merito ai parametri chimico-fisici suscettibili di modifiche in seguito a trattamento dell'acqua e dei possibili effetti sulla salute riconducibili a difetti o eccessi di tali parametri nelle acque, potenzialmente ascrivibili ai diversi trattamenti. In tale contesto e sulla base delle risultanze delle prime due fasi del progetto di dottorato è emersa quindi la necessità di elaborare una linea guida nazionale, finalizzata a fornire e armonizzare criteri, procedure e metodi utili agli adempimenti del D.M. 25/2012; nel corso dell'ultimo anno di dottorato è stata pertanto elaborata la stesura finale della "Linea guida per l'informazione al consumatore sulle apparecchiature per il trattamentodell'acqua destinata al consumo umano" 4, prima attraverso il coordinamento delle attività del Gruppo di lavoro per l'Armonizzazione di criteri, procedure e metodi per l'attuazione del D.M. 25/2012 e successivamente finalizzando il documento presentato e discusso all'interno dei tavoli tecnici in Italia e in meeting internazionali. La linea guida individua 2 aree tematiche principali, tra loro strettamente connesse: – Area rivolta principalmente ai consumatori (Capitolo 3.2.2, Raccomandazioni per il consumatore); – Area più specificamente indirizzata ai settori produttivi e al commercio dei prodotti (Capitoli 3.2.3-3.2.5); in particolare il Capitolo 3.2.4 è dedicato ai problemi di installazione, gestione e manutenzione, mentre il Capitolo 3.2.5 affronta il duplice aspetto della pubblicità delle apparecchiature sia quella eventualmente ingannevole (in particolare se nutrizionale) sia, al contrario, quella che deve essere data al consumatore per aumentarne la conoscenza e consapevolezza. È stato quindi raggiunto l'obiettivo centrale di questa tesi di dottorato, quello di fornire un sostanziale contributo per garantire un'adeguata informazione ai consumatori sulla valutazione dell'eventuale adozione di apparecchiature di trattamento di acque destinate al consumo umano, supportando le scelte sulla base di evidenze tecnico-scientifiche aggiornate. I criteri e le procedure proposte intendono potenziare ed armonizzare la qualità dei contenuti informativi e pubblicitari in adempimento agli obblighi previsti dal DM 25/2012, o dalle parti del decreto applicabili alle diverse fattispecie di trattamenti delle acque commercializzati, in particolare rispetto ai dettami del Codice del Consumo. L'applicazione dei criteri raccomandati nel documento può consentire l'elaborazione da parte degli operatori del mercato di contenuti informativi obiettivi, esaustivi e fruibili e rafforzare ed armonizzare le azioni di sorveglianza, anche per isolare eventuali pratiche commerciali scorrette nel settore. La validità e consistenza delle linee guida elaborate nell'ambito di questo dottorato ha trovato di recente un importante riscontro, essendo state utilizzate come cardine da parte dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato5, per irrogare alla società Arlis Hispania S.L. una sanzione amministrativa pecuniaria di 6.000 € (seimila/00 euro) (Allegato 2) in quanto "la pratica commerciale in esame risulta scorretta ai sensi degli articoli 20, comma 2, 21, comma 1, lettera b), e 23, lettera s), del Codice del Consumo, in quanto contraria alla diligenza professionale e idonea, mediante la diffusione di informazioni non veritiere in merito ai benefici conseguibili con l'uso dei prodotti del professionista, a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio in relazione a tali prodotti.
Oggetto della tesi è l'esame dello sviluppo della regolazione indipendente nel settore dei trasporti. La necessità di questa regolazione nasce dalle politiche di liberalizzazione stabilite dalla Comunità europea e da esse discende la tendenza, da parte di alcuni Stati Membri dell'Unione Europea, ad istituire organismi di regolazione indipendente. La disamina si focalizza in particolare attorno alla neo istituita Autorità di regolazione dei trasporti italiana. Il primo capitolo è incentrato sul ruolo dell'Unione Europea che, nell'intento di creare un mercato unico, ha avviato un processo di liberalizzazione del settore dei trasporti consistente nell'apertura alla concorrenza di un'attività precedentemente esercitata in maniera prevalente monopolistica. Monopoli che, se non sono giustificati da una missione d'interesse economico generale, nella maggior parte dei casi generano prezzi elevati, un servizio meno efficiente e ritardi in termini di innovazione o investimenti. Questa è la ragione che ha spinto la Comunità europea ad operare al fine di eliminare i monopoli a favore della creazione di un mercato comune dei trasporti, ovvero il conseguimento della libera prestazione dei servizi e dell'apertura dei mercati per migliorare la qualità del servizio e ridurre il livello dei prezzi. Fin dal Trattato di Roma del 1957 viene annunciato l'obiettivo di instaurare una politica comune in materia e viene affidato al legislatore dell'Unione il compito di adottare le misure all'uopo necessarie. Il legislatore riceve così mandato ad ispirarsi ai principi di libertà e di non discriminazione tra cittadini degli Stati membri. L'introduzione di regolamenti, negli anni successivi, va a disciplinare l'applicazione del diritto della concorrenza ai trasporti. L'analisi si focalizza in seguito sulle regole applicabili alla concorrenza e agli aiuti di Stato, che in tale mercato assumono un rilievo particolare, trattandosi di un settore nel quale notoriamente il ricorso a finanziamenti pubblici e sovvenzioni da parte degli Stati è assai diffuso. Si esamina anche quello che era, ed è tuttora, un importante obiettivo del legislatore comunitario: il rafforzamento dei diritti del passeggero quale parte contrattuale debole e, come tale, bisognosa di particolare tutela. Per dare una visione completa è necessario analizzare la disciplina vigente nelle varie tipologie di trasporto, con uno sguardo alle convenzioni internazionali, ove presenti, per poi dedicarci alla legislazione comunitaria mettendo in evidenza quali siano gli organi italiani predisposti alla vigilanza. Passiamo quindi a porre attenzione ai poteri del Parlamento europeo in materia di trasporti, analizzando, successivamente, l'orientamento da esso tenuto negli anni 2000 per comprendere meglio da dove nasce il "nuovo" Libro bianco sul futuro dei trasporti entro il 2050 intitolato «Tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti — Per una politica dei trasporti competitiva e sostenibile», pubblicato il 29 marzo 2011 dalla Commissione europea. A chiusura del capitolo analizziamo, con particolare interesse, come i processi di liberalizzazione abbiano portato i vari Stati membri dell'unione ad istituire differenti sistemi di regolamentazione dei trasporti a seguito dei diversi approcci adottati in relazione alle strutture e alle competenze degli organismi di regolazione dei trasporti. Questi organismi possono essere classificati in base al loro grado d'indipendenza rispetto agli organi governativi competenti e ai principali operatori del settore. Notiamo come nella scelta del tipo di organismo abbia svolto un ruolo importante la Comunità Europea che, tramite una Direttiva, richiedeva la creazione di un organismo di regolazione per il settore ferroviario con lo scopo di garantire una supervisione indipendente e imparziale del mercato. Ciò ha portato alla tendenza, comune nella maggior parte degli Stati membri, ad istituire organismi indipendenti; scelta condivisa anche dal governo italiano il quale, con decreto legge n.1 del 24 Gennaio 2012, del Consiglio dei Ministri, ha deliberato la nascita dell'Autorità di regolazione dei trasporti. Nel secondo capitolo, dato uno sguardo alla spinta europea che ha portato, pur senza un disegno organico, alla creazione di Autorità amministrative indipendenti, si prendono in esame le caratteristiche comuni della regolazione indipendente. L'analisi parte dal difficile innesto costituzionale delle Autorità indipendenti cioè dalla collocazione di questi organismi nel quadro dei poteri pubblici. Viene data attenzione anche alla natura giuridica di detti organismi che, fin da subito, è stata oggetto di discussione in dottrina. Successivamente si analizza l'indipendenza come assoluta estraneità ed indifferenza dell'attività dell'organo agli interessi alla cui regolazione la sua attività è diretta. Indipendenza che si riscontra oltre che nei confronti dalle imprese regolate, anche rispetto al potere politico, in quanto caratteristica che mal si concilia con l'elevata tecnicità e specializzazione richiesta ai membri di tali organi. Consideriamo infatti come questi due elementi, indipendenza e tecnicità, siano alla base dei meccanismi di nomina che esamineremo nel paragrafo successivo mettendo in risalto che non sussiste, per gli organismi di regolazione indipendente, un meccanismo di nomina unico. Affrontiamo anche il tema della statuizione di ulteriori fattori a garanzia dell'indipendenza tra cui anche la questione dell'impugnabilità degli atti di nomina, resa possibile da una recente sentenza del Tar del Lazio. Nell'intento di rendere un quadro più completo riguardo alle nomine analizziamo anche la trasparenza e la disciplina sul conflitto di interessi. Quest'ultima è oggetto di particolare attenzione nelle attuali dinamiche politiche in quanto, dopo anni di proclami, è in discussione in Parlamento un nuovo disegno di riforma. L'analisi si focalizza, successivamente, sui poteri riconosciuti a questi organi considerando, nello specifico, i poteri normativo, di aggiudicazione e sanzionatorio. In riferimento al primo si pone l'attenzione anche sui meccanismi Air e Vir cioè reciprocamente analisi dell'impatto della regolamentazione e verifica dell'impatto della regolamentazione. Nel terzo capitolo analizziamo la neo istituita Autorità di regolazione dei trasporti rivedendo il percorso che ha portato all'istituzione di questa nuova autorità ed il ruolo importante giocato dalla Commissione europea. Una volta delineato il quadro normativo che ha portato a questa nuova autorità, delineiamo le finalità e lo scopo di questo nuovo organismo passando, inevitabilmente, anche dalla disamina delle competenze e dei poteri ad essa riconosciuti. In seguito andiamo ad analizzare le Garanzie di difesa a disposizione delle imprese sottoposte a procedimento e la legittimazione ad agire in giudizio riconosciuta all'Autorità. Si cerca di delineare quali siano i soggetti sottoposti a regolamentazione, non essendoci una chiara ed univoca disposizione a riguardo. Notiamo come non siano soggetti a regolamentazione esclusivamente le imprese attive nell'esercizio dell'attività di trasporto, ma anche i soggetti competenti come le pubbliche amministrazioni e altre Autorità di settore. Si passa a valutare, inoltre, se effettivamente vi fosse bisogno di una nuova autorità ad hoc dei trasporti, tenendo in considerazione le dichiarazioni dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato a riguardo. A conclusione di questo capitolo analizziamo come, in un periodo di spending review in cui si era orientati a favore di un accorpamento delle diverse autorità, sia stato possibile istituire una nuova autorità. Vediamo su quale tipo di finanziamento si basa e che impatto avrà quest'ultima autorità sulle casse dello stato. Nell'ultimo capitolo ci soffermiamo in particolare sui rapporti che intercorrono tra l'Autorità dei trasporti e altri organismi. Iniziamo prendendo in considerazione i rapporti con le altre autorità, in particolare l'Agcm, rimarcando i punti di contatto tra di esse e le eventuali sovrapposizioni di competenze. Considerando che questa situazione può creare delle problematiche, osserviamo che, per far fronte a ciò, la strada da percorrere è quella della leale collaborazione tra gli organi, attuata mediante protocolli ed intese che definiscano, sia sul piano metodologico sia sul piano del processo decisionale, un sistema di cooperazione. Affrontiamo in seguito anche i rapporti intercorrenti tra l'autorità e l'amministrazione centrale, ove va a relazionarsi con il Comitato interministeriale di programmazione economica,− Cipe −, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – Mit –, ed il Ministero economia e finanza – Mef – senza dimenticare i rapporti che intercorrono con l'Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali. A fronte di queste analisi evidenziamo come l'Autorità, talvolta, si affianchi ad amministrazioni o organismi esistenti mentre, altre volte, ne assorba, in tutto o in parte, funzioni o più semplicemente compiti. In tale ambito generale di relazioni non possiamo esimerci dall'esaminare anche quelle intercorrenti con l'Unione europea e gli organismi degli stati membri caratterizzati da sistemi di cooperazione. Per fornire un quadro completo dei rapporti dell'autorità con altri organismi, analizziamo, infine, quelli intercorrenti con gli enti territoriali. Questi rapporti si sono dimostrati fin da subito i più complessi e dibattuti. Osserviamo come la presunta sovrapposizione di competenze con le regioni in tema di trasporto pubblico sia sfociata nel ricorso alla Corte Costituzionale da parte della regione Veneto. A conclusione della disamina riportiamo uno spunto critico, presente in dottrina, in cui viene posto il quesito se a questa nuova autorità siano affidate troppe competenze o pochi potere: arrivando a riscontrare dei limiti propri dell'autorità.