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Nel romanzo francese degli anni Trenta, il naufragio del senso cui sembra andare incontro la realtà orienta la rappresentazione del personaggio romanzesco secondo due bisettrici opposte e complementari. Da una parte, l'opacizzazione dell'istanza paterna, quando non la sua assenza, dà luogo ad una vera e propria condizione di orfanità; dall'altra, l'eclissi delle radici individuali è implementata da una difficoltà di paternità che sfocia su un vertiginoso complesso di sterilità. Evidenziando l'inconsistenza individuale e storica dei personaggi, la ricorrenza obsédante di queste figure descrive la condizione - insieme inquietante ed euforica - di una generazione scopertasi priva di giustificazioni biologiche, sociali o culturali. In questa prospettiva, l'infittirsi di figure legate al tema dello sradicamento sembra essere surdeterminata da una definitiva esplosione dei paradigmi tradizionali, acuito dai traumi tutti novecentesche della prima guerra mondiale e della rapida osmosi dei codici sociali. Da qui, una letteratura che ben al di là delle convinzioni politiche del singolo autore esprime una visione del mondo oramai piccolo-borghese: una condizione priva dei punti di riferimento tradizionali, come il patrimonio o la proprietà, ma che non riesce ad edificare nuovi valori cui ancorare il proprio status vacillante. Proprio la coscienza di una marginalità individuale e storica costituisce la premessa più evidente di un paradigma della mediocrità, per utilizzare l'espressione con cui Jacques Dubois identifica la generazione letteraria degli anni Trenta. Beninteso, lungi dal definire una problematica sociale o materiale, negli autori più rappresentativi di questa generazione la mediocrità rinvia ad una più complessa esperienza esistenziale che sfocia sull'assoluta vacuità di una traiettoria priva di giustificazioni. L'ambivalenza di ogni costante letteraria permette tuttavia di rovesciare il polo negativo in polo positivo: se la crisi delle tradizionali forme di consistenza polverizza la consistenza dell'individuo, essa si afferma al tempo stesso come un mezzo privilegiato per assegnare un significato nuovo alla parabola individuale. Con gli anni Trenta, questa inversione reattiva si connette all'allestimento di un paradigma romanzesco alternativo: uscendo dalle secche della littérature d'analyse, l'inquietudine si orienta adesso verso problematiche di più ampio respiro, volte a stabilire i fondamenti di una letteratura nuova. La nuova prassi letteraria, rifiutando i connotati estetici e psicologici della generazione precedente, implica la presenza di un'interrogazione sul senso stesso della scrittura, volta a giustificare eticamente e politicamente la propria attività. Va da sé che un tale progetto conoscitivo comporti una nuova idea di soggetto romanzesco, adesso concepito come un'istanza autonoma rispetto ai vincoli tradizionali, e perciò capace di propugnare la condizione di orfanità e sterilità come garanzia di reazione. Alla sterilità del tessuto sociale e intellettuale la generazione degli anni Trenta oppone infatti una concezione autonoma del soggetto, chiamato ad individuare nuclei di senso alternativi rispetto a quelli dominanti: in quest'ottica, l'azione del singolo si carica di significati esplicitamente morali ed esistenziali, volti a veicolare una riflessione sul significato stesso dell'essere al mondo. Proprio la valorizzazione del piano riflessivo alimenta una particolare tipologia di personaggio che, prendendo a prestito la fortunata definizione di Brombert, può essere definito eroe intellettuale, orgogliosamente sganciato dalle tradizionali forme di consistenza. Proponendo un'indagine esistenziale estranea d ogni reificazione sociale o culturale, i moduli romanzeschi degli anni Trenta si orientano dunque, ognuno secondo modulazioni tematico-stilistiche peculiari, verso la rappresentazione di esseri umani privi di un senso aprioristicamente dato. Certo, questa indagine può sfociare nella constatazione inquietante di un horror vacui davanti ad un mondo privo di riferimenti stabili; ma la vertigine di uno scollamento tra l'io e il contesto, lungi dal tradursi in una visione deterministica dell'esistenza, evidenzia la libertà del singolo. Se la rappresentazione della mediocrità pervade la letteratura degli anni Trenta, nei rappresentanti più autorevoli di questa generazione tale tematica viene postulata e trascesa allo stesso tempo: la riduzione ai minimi termini del soggetto costituisce la premessa per l'elaborazione di un nucleo di senso alternativo. Da questo punto di vista, la letteratura degli anni Trenta costituisce l'ulteriore tappa di un processo che, a partire dall'Illuminismo, non si basa tanto sull'adesione ad un senso preesistente quanto sull'elaborazione di significati sostitutivi. In tal senso, il discorso letterario di questa stagione marca una rottura e insieme prova ad aprire nuovi percorsi di senso: a partire da uno scenario generazionale, è dunque interessante analizzare come tale impulso si manifesti nell'opera dei singoli autori, originando un articolato impianto di varianti. Un primo polo è costituito dalla tentazione fascista, fondata su un ripiegamento luttuoso e ideologicamente reazionario: in tal senso, la constatazione di una crisi individuale e generazionale individua nei postulati di razza e virilità l'occasione più feconda di risarcimento. Sia per Drieu La Rochelle che per Brasillach, la celebrazione letteraria del fascismo data 1939, rappresentando l'esito più coerente di una riflessione sul rapporto tra io e mondo che impegna i due autori fin dall'inizio delle loro carriere: a tal proposito, è emblematico che fin dalle primissime opere la rappresentazione del soggetto romanzesco ruoti attorno ad una pronunciata condizione di orfanità e sterilità. In entrambi i casi occorre pertanto rifarsi ad un arco narrativo più esteso, così da mettere in risalto l'evoluzione in senso politico-reazionario di queste problematiche. Nella narrativa di Drieu, la riflessione sulla decadenza francese, investendo i paradigmi borghesi, comporta un'opacizzazione dell'istanza paterna che apre, almeno potenzialmente, ad un processo di emancipazione dal modello generazionale. Tuttavia, l'operazione di autodeterminazione non riesce felicemente: in romanzi come Le Feu follet e Rêveuse Bourgeoisie, la critica ad una borghesia inefficace ed inconcludente si accompagna alla rappresentazione di un soggetto fallimentare, la cui mancanza di aderenza alla realtà impedisce di trasformare costruttivamente la diagnosi in reazione incisiva. Questa insufficienza costitutiva trova un canale privilegiato nella dimensione erotico-sessuale: il palliativo dell'erotismo riporta infatti l'individuo alla propria solitudine, rovesciando la frenesia in stasi. Connotata in tal senso, la quête identitaria dei personaggi larochelliani è costitutivamente condannata alla sterilità: proprio il complesso d'impotenza e sterilità cui sono destinati i personaggi, certifica la posizione marginale del soggetto nel tessuto sociale, dando corpo ai fantasmi di una classe improduttiva che, se non ha più niente da ereditare, non può fondare un ordine autonomo. Vera e propria summa di un itinerario narrativo quasi ventennale, Gilles presenta in maniera più complessa e relata tutte le componenti principali attive nell'opera di Drieu. I temi caratteristici tornano tutti e contemporaneamente, fino a formare un fitto reticolato tematico in cui la condizione di orfanità e sterilità è addirittura esasperata per mettere in risalto la nascita del nuovo soggetto fascista. Ancorando in maniera esplicita orizzonte individuale e orizzonte storico-politico, Gilles porta alle estreme conseguenze quel parallelismo tra crisi del soggetto e decadenza della società che è esplicito e insistito in tutta la sua opera: gli elementi tipici del romanzo individuale si sommano all'affresco ideologico della decadenza francese, con lo scopo di introdurre la professione di fede fascista con cui termina la vicenda. Squalificati i legami verticali in favore del concetto di razza, la condizione di orfanità può adesso essere esibita come un azzeramento euforico su cui elaborare significati autonomi. Ma il progetto di autodeterminazione è ostacolato dalla compromissione con una società malata e disordinata. Ancora una volta, è la dimensione erotico-sessuale ad assumere un ruolo primario per comprendere l'infiltrazione della decadenza nel soggetto: la dispersione erotica, lungi dal favorire un incremento identitario, sfocia su un complesso d'impotenza e sterilità che rischia di appiattire il soggetto sulle coordinate di un'esistenza piccolo-borghese. Sarà proprio l'identificazione con un tessuto sociale sterile e femminizzato a innescare una reazione, culminante con l'adesione al fascismo. L'inconsistenza individuale e storica che orfanità e sterilità trasmettono trova una sublimazione nel fascismo, percepito come unico medium per favorire la rigenerazione di un mondo privo di statura eroica: in una civiltà materialista e massificante, il fascismo non si afferma, più banalmente, solo come una forza di distruzione ma propone una condizione umana più alta ed orgogliosa, fondata su una restaurazione totale dell'uomo e, con esso, di un intero popolo. In questa chiave, il fascismo permette di ritrovare quei valori di forza e virilità frustrati dal contatto con una società civile agonizzante e passiva: la morale dell'azione, restituendo all'individuo la sua dimensione guerriera, consente infatti una dilatazione dell'io che riattiva quella fecondità negata dal piano fisico-biologico. Date le valenze spirituali di cui è caricato, il fascismo celebrato da Drieu assume una valenza meno politico-sociale che mistico-religiosa, capace di restaurare l'animo individuale e la coscienza collettiva. In questo senso, solo il ricorso ad un'istanza politica fortemente liricizzata consente di superare le insufficienze di un'attività intellettuale lontana dal mondo. Nella trasfigurazione estetica del gesto fascista sembra così potersi realizzare il sogno romantico tanto a lungo coltivato da Drieu: armonizzare azione e sogno, attività contemplativa e intervento concreto nella storia. Nell'itinerario narrativo di Brasillach il problema delle radici individuali è posto fin da Le Voleur d'étincelles: per sconfiggere lo sradicamento patito nella dimensione urbana, Lazare Mir deve emanciparsi da una dimensione individualistica e tornare alle regioni incantate dell'infanzia, dove potrà riconnettersi con gli spiriti della famiglia. Attraversando più o meno evidentemente tutta la produzione del decennio, la condizione di orfanità e sterilità raggiungerà il suo culmine ne Les Sept couleurs (1939). Normalmente si tende a mettere in risalto l'elaborazione formale del romanzo, basata sulla compresenza di codici narrativi eterogenei; in realtà, la ricerca di originalità formale è surdeterminata dall'illustrazione di un altro rinnovamento, rappresentata dalla nascita dell'uomo fascista. Attivo fin dal primo romanzo, il meccanismo di opacizzazione delle radici deflagra completamente ne Les Sept couleurs, dove il problema è oramai trattato solo in absentia: le origini che i personaggi precedenti avevano faticosamente cercato di riconquistare sono completamente eliminate. Implementata dalla difficoltà di interpretare costruttivamente un rapporto sentimentale, la condizione di orfanità è infatti sublimata – e nel caso di entrambi i protagonisti maschili - con il ricorso al fascismo. In tal senso, il processo di eradicazione di ogni legame sottintende una critica alla dimensione borghese, principale responsabile della mediocrità sociale e culturale in cui è precipitata la società: l'orfanità e la sterilità cui sono sottoposti i due protagonisti li colloca in una dimensione apertamente anti-borghese, l'unica suscettibile di essere fecondamente rovesciata in fascismo. Alla definitiva mozione di sfiducia verso la generazione dei padri segue l'esaltazione di una giovinezza eroica finalmente chiamata alla responsabilità dell'azione. Il problema della giovinezza, che nella generazione precedente era legato ad istanze erotico-oniriche, si fa dunque collettivo; d'altronde, la contingenza del momento storico impone di rimotivare l'ossessione per la fugacità del tempo in una chiave storico-sociale. Ma il gesto fascista non presuppone un superamento dalla giovinezza in favore della maturità; piuttosto, ne armonizza le istanze più caratteristiche in un ordine superiore che le conferisce una collocazione storica feconda. Enfatizzando il tono vitale e istintivo a discapito del piano razionale-logico, la valutazione estetico-sentimentale del fascismo ha la meglio su ogni disamina teorica: in tal senso, l'analisi del fascismo resa da Brasillach è estranea a qualsiasi approfondimento storico-sociale ma resta ancorata ad una visione lirica che mal si emancipa da un giudizio puramente estetico. Questa pulsione estetizzante comporta un movimento doppio, e solo apparentemente contraddittorio. Da una parte, l'esprit de jeunesse origina un impulso individualista atto a sorpassare il proprio statuto mediocre attraverso dilatazione euforica dell'io; dall'altra, il desiderio di fusione con una collettività più vasta attraverso il recupero dei morti e dello spirito della nazione testimonia la necessità di un ordine superiore che trascenda le esistenze singole e ne assicuri la coesione. Declinando verso gli stilemi dell'epopea, l'esistenza del singolo è garantita proprio dalla partecipazione ad una collettività che, riscattandone l'assenza di legami, lo completa come individuo. Celebrando la possibilità di armonizzare l'io in una pluralità più vasta, Brasillach propone una visione meno pessimistica rispetto a quella del tempo: la rappresentazione di un soggetto senza legami, passivo ai limiti dell'impotenza, trova nel fascismo le ragioni della gioia e della totalità. Al ripiegamento romantico-reazionario, fondato sul culto dei morti e su un'ipervalutazione mitica dell'identità nazionale, si oppone un polo etico, intento a trasfigurare nel valore della libertà e dell'autodeterminazione la condizione di orfanità e sterilità. Nelle opere di Malraux, Nizan e Sartre la crisi del rapporto tra io e mondo è sublimata euforicamente mediante la valorizzazione dell'autonomia individuale: i sottintesi etici che orientano questa tendenza demandano ogni risposta alle potenzialità concrete del singolo, teso a reperire nella dimensione tangibile della propria esperienza i mezzi della propria sostanziazione. In Malraux questa necessità si connette a quella proiezione eroico-avventurosa che è al centro de La Voie royale, dove l'azione si dà come l'unico modo per ribadire il valore autonomo dell'io. Momento di estremo confronto con il proprio essere, l'avventura ha come conditio sine qua non l'estraneità ai codici ritualizzati della società, fondati sulla mitologia borghese della continuità generazionale. Se la crisi dei legami verticali testimonia lo statuto deficitario del soggetto, il malessere resta qui motivo solo implicito, poiché la statura eroica rovescia la condizione di orfanità e sterilità in garanzia di autodeterminazione. Certo, l'eclissi dei valori fondativi espone l'individuo ad una vertigine d'inconsistenza ma, lungi dal risolversi in nichilismo o paralisi, esalta la lotta del singolo contro le forme del destino. Tuttavia, la morte su cui si chiude la parabola di Perken, rivelando l'assurdità dell'esistenza, non farà che consegnare il processo di autocostruzione del sé ad una impasse tanto storica quanto metafisica. Se l'emancipazione dai vincoli tradizionali innesca uno scatto conoscitivo, la dilatazione solitaria dell'io attraverso la proiezione avventurosa resta legata ad una concezione romantico-nichilista che non prevede esiti fecondi. Con La Condition humaine, il gesto eroico evolve da una tensione individualista verso significati etico-politici di valore collettivo. Se il dato di fondo è il racconto delle vicende rivoluzionarie, il testo apre ad una prospettiva più profonda, in cui la dimensione politica è proposta come ancoraggio ai turbamenti di una generazione di déracinés. Ecco perché, nel reticolato tematico del romanzo, la questione del rapporto con il modello paterno continua ad occupare un problema centrale. Tutti i personaggi del romanzo sembrano privi di radici, ma questa problematica concerne da vicino il rapporto tra Gisors e Kyo. Benché i due rappresentino istanze per certi aspetti complementari, ad emergere è un'opposizione inconciliabile: se Gisors incarna una dimensione contemplativa pronta ad alienarsi dalla realtà, Kyo si fonda come individuo grazie all'azione rivoluzionaria. Rifiutando ogni determinismo in funzione di un'esaltazione della scelta, il progetto di autodeterminazione politico-rivoluzionario illustrato da Malraux implica dunque una totale valorizzazione del presente: una volta cadute le tradizionali forme di consistenza, la dedizione ad una causa comune diventa l'unica forma di giustificazione. Proprio l'adesione dell'io ad una comunità più vasta ridisegna l'impianto metaforico cui ubbidisce la rappresentazione della sessualità: la fecondità dell'azione rivoluzionaria può ormai prescindere dalla sete di dominazione erotica cui cedeva la proiezione avventurosa-individualista. Beninteso, non manca la tematizzazione di una sessualità sterile, legata allo scatenamento del desiderio erotico; tuttavia, essa non è legata ai valori rivoluzionari ma a personaggi dediti ad un'impostazione esistenziale dedita all'individualismo. A differenza dei romanzi precedenti, con La Condition Humaine l'energia si espande in un movimento fraterno basato sulla condivisione costruttiva della solidarietà rivoluzionaria: solo in questo caso la sublimazione della propria inconsistenza individuale, cui orfanità e sterilità rimandano, sembra risultare veramente perseguibile. Ad un medesimo indirizzo risponde la parabola romanzesca di Paul Nizan, all'interno della quale la questione dell'orfanità e della sterilità si lega in maniera ancor più esplicita a problematiche politiche e sociali di sinistra. Coerentemente con i postulati che orientano la letteratura degli anni Trenta, i significati etico-politici diventano valori in grado di rimotivare la condizione di un soggetto fluido, privo delle giustificazioni tradizionali: in quest'ottica, la rivoluzione appare non soltanto una possibilità storica e sociale, ma l'unico modo con cui risarcire l'individuo dalla perdita delle tradizionali forme di consistenza legate alla famiglia e allo status sociale. Niente di strano che una simile riflessione sul nesso tra uomo e sfera politica si leghi ad una messa in questione dei legami verticali in quanto la tensione generazionale costituisce un elemento decisivo nel percorso di autodeterminazione politica del soggetto. Antoine Bloyé, romanzo d'esordio di Nizan, costituisce appunto una riflessione sui rischi di ogni percorso slegato da un orizzonte collettivo: attraverso l'ascesa professionale di Antoine, il romanzo restituisce la sterilità individuale e storica di un individuo che sceglie di tradire le proprie origini contadine per conformarsi ad un ideale di vita piccolo-borghese. Con Le Cheval de Troie, il ritratto individuale lascia spazio ad un quadro più ampio che trascende la singolarità in un ritratto collettivo dalle tinte epicizzanti. Pur nell'espansione delle implicazioni tematiche, il problema dei vincoli verticali resta un elemento determinante: in filigrana al nucleo narrativo principale emerge un tema portante, che vede i personaggi separarsi dalle tradizionali forme di consistenza per legare il proprio tragitto ad un impegno etico-politico totalizzante. In questa prospettiva, il processo di emancipazione dai vincoli generazionali costituisce un momento essenziale del processo conoscitivo, ma ancora insufficiente. La coscienza di un'ipoteca tragica gravante sul destino individuale deve costituire solo il primo tassello di un progetto edificante in cui la sterile fascinazione per il nichilismo sia superata attraverso l'adesione ad una causa collettiva. Si tratta di un'aspirazione che si realizza concretamente nei momenti di aggregazione plurale: la fusione nella causa comune sublima la solitudine dei singoli, rifecondando una condizione umana sterilizzata dalla sofferenza. Lo stemperamento delle istanze individuali dentro un quadro collettivo suggerisce la volontà di restituire una nuova epica, per eccellenza integrazione armonica del singolo all'interno di un insieme che lo giustifica e lo trascende: in questo desiderio, è evidente l'aspirazione a una fusione collettiva quasi pre-moderna ma mondata delle implicazioni religiose e rifunzionalizzata in un'ottica esistenziale e politica. Ben presto, la contingenza storico-sociale imporrà a Nizan di ripensare criticamente la possibilità di un collegamento fecondo tra l'io e la storia. Con La Conspiration, il tema della dialettica generazionale viene infatti convogliato all'interno di un'interrogazione autocritica sul malessere di una generazione fluida, priva di solidi punti di riferimento. Il nucleo del romanzo porta la perturbazione nella fluidità del modello familiare ad assumere ancora una volta il ruolo di linea guida all'interno dell'economia narrativa. Ma la sostanziazione dell'individuo, prima garantita dall'aggancio a significati politici costruttivi, è qui rovesciata nella condizione stagnante di una gioventù che non riesce ad agganciare il rifiuto dei valori borghesi a significati collettivi realmente concreti e incisivi. Ultima ed estrema tappa di questo polo, La Nausée di Jean-Paul Sartre descrive un'azione ormai ridotta alla sola dimensione intellettuale. La condizione di orfanità e sterilità è tematizzata fin dall'inizio come un tratto costitutivo di Roquentin, estraneo ad ogni collocazione sociale e collettiva. Da qui, uno statuto solitario su cui si innesta una doppia emarginazione: la prima ha una matrice filosofica e deriva dalla constatazione di una crisi nel rapporto con il mondo fisico; la seconda ha implicazioni sociali, e con odio misto a invidia separa Roquentin dalla classe borghese. Secondo un meccanismo di contaminazione tra assi tematici paralleli frequente nel romanzo, la rivendicazione dell'hic et nunc cui le figure di orfanità e sterilità rimandano assume un significato ideologico-sociale che porta a una contestazione dell'ordine borghese dominante. Se i salauds individuano nella dimensione familiare e nelle tradizioni una giustificazione esistenziale, il progetto di Roquentin mira ad assumere l'esistenza pura attraverso una radicale liberazione dai ruoli. Vincolata alla dimensione soggettiva, l'antropologia di Sartre origina infatti da un processo conoscitivo autonomo, che per definizione non può modellarsi su forme di giustificazioni imposte dai codici tradizionali. Demistificato ogni rapporto di necessità tra l'io e il mondo, l'indagine identitaria di Roquentin assume la contingenza a principio costitutivo dell'essere: sfociando sull'engluement nella coscienza pura, l'esistenza cola nel soggetto liberato dalla sua ipoteca alienante, fino ad invaderlo con la sua fluidità informe. L'indagine cognitiva proposta del romanzo arriva a formulare nell'esistenza l'unica qualità del soggetto, in opposizione alle tradizionali forme di consistenza legate alla famiglia e allo status sociale La celebrazione dell'esistenza come predicato ultimo del soggetto sottintende una libertà che, nella sua radicalità, non conduce tuttavia una euforica sostanziazione del sé ma all'assenza radicale di riferimenti: il momento della nausea apre alla tabula rasa di tutti i valori tradizionali per approdare alla certezza che l'esistenza non corrisponde ad alcune necessità ma solo alla contingenza. La questione della contingenza pone dunque il problema dell'essere umano nel mondo: l'angoscia esistenziale si lega alla constatazione d'una gratuità dell'essere, e quindi all'interrogazione senza risposta sulla propria identità. Ma la scoperta della contingenza non deve essere ridotta alle sue coordinate soggettive: nell'immagine di una Bouville sepolta dalla vegetazione, la gratuità del soggetto si lega all'esistenza gratuita della civiltà occidentale, assumendo un carattere storico e collettivo, oltre che ontologico e soggettivo. Beninteso, nella prassi sartriana la condizione di orfanità e sterilità ha un implicito risvolto etico-positivo: solo attraverso la vertiginosa esperienza del nulla, l'essere umano può mettersi in questione. Solo da questo processo di autonegazione può nascere una volontà di autocostruzione che testimonia d'una reale "libertà" del soggetto. L'analitica fenomenologica sfocia implicitamente su un'etica del soggetto che si fa nella misura in cui accetta di negarsi, riconoscendosi in una concezione dell'essere come perpetuo progetto. Ancora lontano dal legarsi a significati pienamente politici, il progetto su cui si chiude La Nausée si limita alla possibilità di un'opera d'arte che, risarcendo la virilità di Roquentin, possa fustigare la collettività borghese detestata e invidiata. Nella quarta parte si è preso in considerazione un terzo polo, particolarmente diffuso in questa stagione: una letteratura dello smarrimento, in cui la condizione di orfanità e sterilità restituisce un movimento cortocircuitale incapace di elaborare costruttivamente la percezione di un malessere tanto individuale quanto storico. Di questa tendenza, il furor liquidatorio di un Céline non rappresenta che la versione meno rassegnata e più anarchica, e perciò meritevole di essere considerata indipendentemente. Se l'opera di Céline si fa interprete di un'inquietudine generazionale, l'assenza di ogni elaborazione sostitutiva consente infatti di rilevarne lo statuto peculiare: alla possibilità di riscattare la condizione di orfanità e sterilità tramite una progressione identitaria, Céline oppone la visione di una condizione umana immodificabile. Si tratta di un dato che emerge con evidenza nel Voyage au bout de la nuit: muovendosi in un contesto socio-culturale in preda al disordine, Bardamu interpreta una condizione priva di ogni punto di riferimento e dunque condannato ad esperire una precarietà costitutiva. In questo senso, l'opacizzazione delle radici familiari riflette un più generale perturbazione delle istanze sociali o religiose tradizionalmente fondative per l'individuo. Se l'assenza di parametri stabili incrina il rapporto di conoscibilità tra l'io e il mondo, la bulimia esperienziale del personaggio risulta anzi accentuata: tuttavia, il movimento nel mondo, lungi dal suggerire un'acquisizione conoscitiva feconda, non fa che restituire l'ossessiva presenza di una morte che condanna il soggetto alla deflagrazione. Posto sotto l'ombra di un immobilismo metafisico, il romanzo esplicita una doppia tendenza all'anonimato cui è destinato l'individuo: il dominio della morte, lungi dal produrre uno scatto reattivo, è solo l'esito più coerente di quell'azzeramento già garantito dalla latenza di ogni giustificazione. Con Mort à crédit (1936), la crisi dell'istituzione familiare e dello status sociale, che nel Voyage è motivo solo implicito del discorso, viene affrontata alle sue radici: dopo aver illustrato una vasta fenomenologia del negativo, l'intento del romanzo è quello di un'immersione nella storia infantile e adolescenziale del personaggio, volto a recuperare le cause di una visione del mondo così radicalmente improntata al negativo. In effetti, l'accento sulla degradazione del microcosmo familiare è inestricabilmente connesso ad una compromissione con la morte e dunque sintomo di una visione radicalmente disperata. In questo senso, il focus sulla dimensione piccolo-borghese della famiglia resta solo un primo, elementare, livello attraverso cui Céline può veicolare rovelli ontologici di portata più ampia, operando, in maniera ancor più marcata, quello slittamento dal piano sociale a quello metafisico-esistenziale che già era stato l'architrave del Voyage. La riduzione ai minimi termini sociali e ontologici, lungi dal comportare una reazione, si risolve in un blocco che ostacola alla base ogni proposito di apprendistato: di fronte all'aggressività dell'esterno, l'unico progetto è un ripiegamento passivo che, abdicando ad ogni autonomia, si limita ad organizzare un labile calcolo difensivo. Si tratta di una chiusura replicata anche dal microcosmo sessuale, il quale, perduta ogni funzione euforica, obbedisce all'immobilismo che regola l'universo céliniano, tradendo in sé la crisi e non la fondazione dell'identità. Il binomio di orfanità e sterilità rimanda così ad una passiva chiusura al mondo, legata all'assenza di una felice progressione identitaria: lo schema del romanzo di formazione, cui lo scheletro del testo sembra alludere, si è oramai ridotto ad un accumulo disordinato e fallimentare di esperienze cui non soggiace più alcun paradigma interpretativo. In questo polo romanzesco rientra però una seconda linea, all'interno della quale le figure di orfanità e sterilità si legano ad un senso di stagnazione esistenziale caratterizzata dalla chiusura di qualsiasi orizzonte - sia esso intimo, sociale o esistenziale. Da qui, uno scenario particolarmente negativo, in cui lo statuto problematico dell'individuo resta alieno non solo da quella tensione reattiva che, pur nella polarità degli esiti, contrassegna il ripiegamento reazionario e la sublimazione etico-costruttiva, ma anche dall'inesausto moto conoscitivo di un Céline. Sulla base di questi tratti è dunque possibile astrarre un modello romanzesco comune, al quale possono essere ascritte le esistenze dimesse e rinunciatarie tratteggiate da Bove e da Montherlant, così come i pallidi calcoli difensivi che contrassegnano i romanzi di Guilloux, Thérive e Simenon. In questo senso, il crollo delle tradizionali forme di consistenza, lungi dal costituire un momento di fondazione dell'io, rimanda ad una paralisi aliena dal minimo progetto di reazione: se la riduzione dell'individuo alle sue forme minimali sfocia sulla constatazione di un divorzio con il mondo, esso non comporta l'elaborazione di significati sostitutivi ma solo un'involuzione solipsistica. Attraverso differenti modulazioni tematiche e stilistiche, questi romanzi illustrano dunque una ricerca di sostanziazione minata alla base da una duplice perturbazione: da una parte, la svalutazione preventiva dell'azione individuale squalifica ogni possibilità di conoscenza; dall'altra, l'opacizzazione di uno spazio fisico fattosi definitivamente illeggibile invalida il concetto stesso di esperienza. Si tratta di un binomio che, riflettendo una morale del fatalismo, preclude ormai ogni conquista identitaria: se molta letteratura degli anni Trenta ha insistito sulla libertà del soggetto, quest'orizzonte romanzesco sembra riaffermare una morale della predestinazione aliena da ogni spessore storico come da ogni contatto con l'hic et nunc.

L'ensemble des travaux présentés, réalisés entre 1990 et 2006, trouve sa cohérence dans un parcours qui se propose d'analyser les traitements, la place et le regard réservés par la société valencienne des XVe-XVIIe siècles à deux catégories de marginaux souvent associés dans les mentalités valenciennes d'alors et désignés conjointement sous le nom d'Innocents (Ignoscents dans l'ancien dialecte valencien): les fous et les orphelins. Nous avons analysé les traitements qui leur étaient réservés, tant en ce qui concerne les réalités historiques que les représentations sociales qui en étaient offertes. Enfin, nous nous sommes intéressée aux représentations littéraires du microcosme de l'hôpital des fous.Nos travaux comprennent quatre volets : -attitudes de diverses institutions face à la marginalité ;-représentations sociales des fous et des orphelins ;-représentations de l'hôpital des fous par Lope de Vega Carpio ;-représentations allégoriques sur le même thème.I.L'assistance aux fous et aux orphelins à Valence aux XVe-XVIIe siècles : les attitudes institutionnelles face à la marginalitéA. Les institutions d'assistanceUn premier groupe de travaux a été consacré à l'étude des deux institutions qui assistaient ces marginaux : d'une part, les fous, pris en charge par l'Hôpital des Innocents, fondé en 1409 et devenu en 1512, lors de la fondation de l'Hôpital général, Maisons des fous et des folles de ce dernier ; d'autre part, les orphelins, éduqués par le Collège des orphelins Saint-Vincent-Ferrier, également fondé au début du XVe siècle.Locura y sociedad, notre premier livre, publié à Valence (Espagne) en 1994, est l'adaptation à l'espagnol de notre thèse de doctorat, soutenue à l'Université de la Sorbonne Nouvelle (PARIS III) sous la direction du Professeur Augustin Redondo le 13 février 1993. Il en va de même pour les deux articles ci-dessous mentionnés. L'un est le texte de la communication que nous avons lue au Colloque qui s'est tenu à Valence en mai 1997 en Hommage à l'historien espagnol de la psychiatrie, le Dr. Vicente Peset Llorca. L'autre est le texte publié dans l'ouvrage collectif paru il y a quelques mois à Valence (2007) sur l'histoire de l'Hôpital des fous de cette ville. Conformément aux recommandations pour la constitution du dossier scientifique qui figurent sur le livret du Conseil scientifique de Paris III (Vade-mecum), nous n'avons inclus ni notre thèse, ni ces trois adaptations, qui en découlent très directement, dans la liste des travaux présentés en vue de l'obtention du diplôme d'Habilitation à Diriger des Recherches. Toutefois, les ayant utilisées pour rédiger notre document de synthèse (qui, toujours selon ces mêmes instructions, doit « retracer le parcours de recherche accompli par le candidat en y incluant par conséquent les recherches engagées dans le travail antérieur de doctorat »), nous les mentionnons également ici. Il s'agit de :Travaux réalisés dans le cadre de notre thèse et directement dérivés de cette dernière :1. LIVREHélène TROPÉ, Locura y sociedad en la Valencia de los siglos XV la XVII: los locos del Hospital de los Inocentes (1409-1512) y del Hospital General (1512-1699) [Traduit par l'auteur de : Folie et société à Valence (XVe-XVIIe siècles): les fous de l'Hôpital des Innocents (1410-1512) et de l'Hôpital général (1512-1699) (thèse de doctorat sous la direction du professeur Augustin Redondo), Paris: Université de la Sorbonne Nouvelle – Paris III, 723 p.], Valencia: Diputación de Valencia, Centre d'Estudis d'História Local, 1994. 433 p.2. ArticleHélène TROPÉ, «Locura y sociedad en la Valencia de los siglos XV al XVII: los locos del Hospital de los Inocentes (1409-1512) y del Hospital General (1512-1699)», en : La locura y sus instituciones (Actas de las II Jornadas de Historia de la Psiquiatría. Homenaje al Dr. Vicente Peset Llorca, Valencia, 9 y 10 de mayo de 1997), Valencia: Diputación de Valencia, 1997, pp. 141-154.3. Participation à un OUVRAGE COLLECTIFHélène TROPÉ, Del Hospital de los Inocentes (1409-1512) a la Casa de los locos del Hospital General (1512-1699), in : Lorenzo Livianos, Conxa Císcar, Ángeles García, Carlos Heimann, Miguel Ángel Luengo, Hélène Tropé, El manicomio de Valencia del siglo XV al XX, Paterna (Valencia) : Ajuntament de Valencia, colección « Científicos valencianos », n° 8, 2006, pp. 13-117.2) Le Collège des orphelinsNous avons consacré un livre et deux articles au Collège des Orphelins Saint-Vincent-Ferrier :LIVRE Hélène TROPÉ, La formation des orphelins à Valence: le cas du Collège Impérial Saint-Vincent-Ferrier de Valence (XVe-XVIIe siècles), Paris: Publications de la Sorbonne, Presses de la Sorbonne Nouvelle, Collection «Textes et documents du Centre de Recherche sur l'Espagne des XVIe et XVIIe siècles (CRES)», vol. VIII, 1998. 416 p.Article«La formation des orphelins au Collège Saint-Vincent-Ferrier de Valence aux XVIe-XVIIe siècles», in: A. REDONDO, [Études réunies et présentées par], La formation de l'enfant dans l'Espagne des XVIe-XVIIe siècles (Actes du Colloque International, Sorbonne-Collège d'Espagne, octobre 1995), Paris: Publications de la Sorbonne Nouvelle, collection «Travaux du Centre de Recherche sur l'Espagne des XVIe et XVIIe siècles» (CRES - Directeur: Augustin REDONDO), vol. XI, 1996, pp. 215-230.Article Hélène TROPÉ, « Le mystère médiéval de saint Christophe, passeur de gué, dans la Fête-Dieu de Valence (Espagne) », in : DELPECH, François [dir.], Imaginaire des espaces aquatiques, Paris, Presses de la Sorbonne Nouvelle, Collection «Textes et documents du Centre de Recherche sur l'Espagne des XVIe et XVIIe siècles (CRES)» (à paraître).Ce livre, ainsi que le premier des deux articles mentionnés, portent sur la formation des orphelins dans ce Collège. Nous avons commencé par y retracer l'historique de cette institution, exceptionnelle par sa longévité : créée en 1410, elle existe toujours. Par son histoire et ses finalités, elle est l'homologue d'autres institutions semblables de l'Europe moderne. Fondée par des ecclésiastiques, à partir de 1593, elle devient un établissement contrôlé par trois notables de la cité et passe donc dans les faits sous contrôle de la municipalité. En 1624, elle hérite des locaux du Collège impérial destiné jusqu'en 1609 à l'éducation des enfants morisques de la ville. Après l'expulsion de ces derniers, le Collège reprend, avec les biens de cet établissement, ses armes impériales. Le Collège était destiné aux enfants issus de mariages légitimes dont un ou les deux parents étaient décédés. Par contre, les enfants abandonnés, péjorativement dénommés borts (bâtards), dès lors qu'ils étaient présumés illégitimes, devaient se contenter de l'Hôpital général. Le Collège avait clairement pour mission d'intégrer les orphelins qu'il admettait dans l'espace de la cité tout en les protégeant des milieux délinquants. Il s'agissait donc de les récupérer comme main d'œuvre pour le commerce et l'artisanat, alors en pleine expansion. L'éducation religieuse, notamment l'apprentissage de la doctrine, était le moyen de les former aux valeurs dominantes. Le catéchisme était donc au fondement même de leur apprentissage. Seuls les garçons apprenaient à lire. Les filles, reçues en moins grand nombre que les garçons —sans doute parce qu'elles trouvaient à s'employer comme servantes dès leur plus jeune âge—, apprenaient seulement à prier et à réaliser des travaux ménagers. Une fois éduqués et instruits dans la doctrine, les garçons vers l'âge de 12 ans, étaient mis en apprentissage auprès des marchands et des artisans des corporations afin d'apprendre un métier. Quant aux collégiennes, elles étaient placées comme servantes auprès d'un maître. Vers l'âge de 20 ans, considéré comme adéquat pour le mariage, l'apprentissage prenait fin et le maître d'apprentissage des garçons, ou pour les filles, l'employeur, devaient leur verser un salaire, modeste, en général de 7 livres valenciennes, afin que garçons et filles puissent se faire confectionner un habit.Le second article mentionné porte sur le mystère médiéval valencien de saint Christophe qui le représente en passeur de gué. Ce mystère a été mis en scène à Valence depuis des temps très anciens, conjointement à d'autres mystères, dans le cadre de la fête du Corpus Christi. Nous avons effectué cette recherche car nous avions connaissance de la participation des orphelins du collège, au début du XVIIIe siècle, à sa représentation et nous désirions savoir s'ils y avaient participé antérieurement. Il semble que non. Néanmoins nous avons choisi de publier tout de même nos recherches sur ce mystère, qui constitue une autre manifestation théâtrale valencienne, religieuse cette fois, et offre donc un point de comparaison pour étudier l'univers du théâtre valencien examiné dans le versant littéraire de notre dossier. D'autre part, il a trait à la célébration du Corpus Christi et donc à cet aspect des fêtes célébrées dans la ville, également important dans notre dossier.B. La protection des rois et le contrôle de l'Inquisition1. Les rois d'Aragon accordent des privilèges aux fondateurs de l'Hôpital des InnocentsLe second volet de notre étude des attitudes institutionnelles vis-à-vis de ces marginaux a été consacré à l'examen des textes des privilèges accordés aux fondateurs de l'Hôpital des Innocents par les monarques aragonais. Il s'agit du texte de la communication que nous avons lue en septembre 1993 à Jaca au XVe Congrès d'Histoire de la Couronne d'Aragon.Hélène TROPÉ., «Poder real, locura y sociedad: la concepción de los locos en los privilegios fundacionales otorgados al Hospital de Inocentes de Valencia por los monarcas aragoneses (1409-1427)», in: Actas del XV Congreso de Historia de la Corona de Aragón (Jaca, 20-25 de sept. 1993), Zaragoza: Diputación General de Aragón, Departamento de Educación y Cultura, tomo I y volumen 5°, 1996, p. 307-318.Il ressort de cette étude que la première justification donnée par les monarques à l'assistance hospitalière aux fous a trait à l'affirmation selon laquelle ces derniers sont les pauvres du Christ et qu'il convient de leur porter secours. Les assister permet ainsi au chrétien de gagner la miséricorde divine. En second lieu, leur hospitalisation est envisagée comme une mesure d'ordre public destinée à préserver la cité des troubles et des dommages que ces derniers peuvent causer. En troisième lieu, ils sont comparés aux invalides, incapables de pourvoir à leurs besoins. Le Privilège de 1427 s'élève contre la croyance selon laquelle les « insensés » expieraient leurs fautes ou celles de leurs ancêtres et affirme qu'il n'en est rien : leur folie est une manifestation de la puissance divine. 2) Les inquisiteurs du Tribunal de Valence face à la folie des accusésDans un article pour l'Hommage à Pierre Vilar rendu par l'Association des Catalanistes de France à ce très grand historien, nous avons étudié les stratégies mises en œuvre et les enquêtes diligentées par les inquisiteurs valenciens face à a folie alléguée ou présumée des accusés : Hélène TROPÉ, «Folie et Inquisition à Valence (1580-1699)», in : Hommage à Pierre Vilar / Association Française des Catalanistes, Paris: Éditions Hispaniques - AFC, 1994, p. 171-185.Nous y exposons que lorsque la réalité de la folie de l'accusé au moment des faits délictueux était avérée, elle constituait devant les tribunaux inquisitoriaux une excuse absolutoire. Dans ce cas, le procès était suspendu et il était relâché s'il avait été arrêté. Diverses enquêtes étaient donc diligentées auprès de ses proches et des témoins des faits. La folie avérée au moment du délit était très certainement prise en compte comme circonstance atténuante tout simplement parce que les inquisiteurs étaient alors convaincus que l'accusé était irresponsable et donc, qu'il n'avait pas eu l'intention de porter atteinte à la foi. En le discréditant aux yeux des tiers, la folie « annulait » aussi la dangereuse portée des propos hérétiques qu'il avait tenus. L'affaire était dès lors classée : on l'absolvait et on le renvoyait à sa famille ou, lorsqu'il n'en avait pas, on l'adressait à l'hôpital des fous. Lorsque la folie de l'accusé n'était ni évidente ni notoire et qu'il était établi qu'il avait même joui d'un certain crédit auprès de la population, une peine pouvait tout de même être appliquée dans le but de le punir et de le discréditer. Dans les cas où les accusés devenaient fous dans les prisons de l'Inquisition, les faits étaient jugés mais l'on sursoyait à l'application de la peine, on les envoyait à l'hôpital des fous afin qu'ils y soient reclus et pris en charge et l'on attendait qu'ils guérissent afin de pouvoir les punir. Le second volet de nos travaux analyse l'ensemble des efforts réalisés par les Autorités de la ville afin de réintégrer ces marginaux, symboliquement cette fois, dans le corps social en les représentant de façon rassurante à la population comme des assistés pris en charge par la ville. Nous nous sommes donc intéressée aux représentations sociales. II. Les représentations sociales des fous et des orphelins : quêtes et fêtesLes Autorités de la ville, conscientes de l'image négative que ces marginaux —les fous en particulier— pouvaient avoir dans les mentalités, ont mis en œuvre diverses stratégies afin de modifier leurs représentations. Ils ont mis en scène fous, orphelins et, plus rarement, enfants exposés, comme des figures de l'Innocence.Nous avons consacré plusieurs travaux à l'étude de ces représentations. Et d'abord un article :Hélène TROPÉ, «Les relations entre hommes et femmes dans l'univers hospitalier valencien de la folie des XV-XVIIè siècles», in: A. REDONDO, [Études réunies et présentées par], Les relations entre hommes et femmes dans l'Espagne des XVIe-XVIIe siècles, Paris: Publications de la Sorbonne, collection «Travaux du Centre de Recherche sur l'Espagne des XVIe et XVIIe siècles » (CRES - Directeur Augustin REDONDO)», vol. IX, 1996, p. 105-116.Dans celui-ci, nous avons commencé par rappeler que les administrateurs avaient édicté une règle de stricte séparation des hommes et des femmes au sein de l'hôpital. Nous avons ensuite montré que tout au long de la période, cette règle a été transgressée comme le prouvent les enfants mis au monde par des folles depuis longtemps hospitalisées. Enfin, nous avons étudié les diverses mises en scène que les administrateurs de l'hôpital eux-mêmes ont effectuées des relations entre fous et folles à l'extérieur de l'établissement dans le cadre des processions festives, au XVIIe siècle en particulier. Puis, dans notre contribution à l'Hommage que le CRES a rendu au Professeur Augustin Redondo, nous avons analysé les représentations sociales des fous et des orphelins, d'abord à l'intérieur de leurs institutions d'assistance respectives, puis à l'extérieur :Hélène TROPÉ, «Fêtes et représentations des marginaux à Valence aux XVIe et XVIIe siècles», in: Écriture, pouvoir et société en Espagne aux XVIe et XVIIe siècles. Hommage du CRES au Professeur Augustin Redondo, Paris: Publications de la Sorbonne, Presses de la Sorbonne Nouvelle, 2001, p. 347-363.Nous y avons notamment étudié comment chroniques, mémoires et journaux privés attestent qu'à l'occasion de diverses manifestations collectives publiques, festives ou expiatoires, les Autorités de la ville ont ainsi fait paraître en tête des processions au moins trois catégories de marginaux assistés dans les institutions évoquées, le plus souvent les fous de l'Hôpital général et les orphelins du Collège Saint-Vincent-Ferrier et, moins fréquemment, les enfants exposés de l'Hôpital général. Ces marginaux étaient chargés d'incarner des rôles, ce qui, symboliquement, permettait de les réinsérer dans le tissu social. Ils furent notamment convertis en figures de l'Innocence.Montrer sur les chars de la ville ces enfants ainsi « récupérés » et préservés de la délinquance, exhiber sous un jour drôle et plaisant les fous de l'Hôpital, grâce, finalement, à une efficace politique d'assistance municipale, ne devait pas manquer d'avoir un certain impact, sans doute voulu et même recherché, sur la population et devait constituer une sorte de publicité vivante à la louange du puissant patriciat gouvernant les affaires de la cité et qui montrait ainsi qu'il savait aussi réintégrer les marginaux dans le tissu social. Ces mises en scène des assistés contribuaient à rassurer le public et, en dernière instance, offraient l'image d'une société valencienne idéalement parfaite.Les deux volets suivants de notre dossier concernent le système de représentations littéraires suscité par l'existence de cet hôpital de Valence, et plus largement, les images littéraires de l'hôpital, notamment de fous, incurables, insensés, etc. Nous avons étudié exclusivement les images correspondant à la première des deux institutions étudiées car, à notre connaissance, aux XVe, XVIe et XVIIe siècles, ni les enfants exposés de l'Hôpital Général, ni les orphelins de Saint-Vincent-Ferrier n'ont fait l'objet de représentations littéraires. Concernant les représentations littéraires construites à partir du motif de l'hôpital, l'historicité des hôpitaux représentés permet de distinguer deux types de productions. D'une part, des œuvres où un hôpital de fous, explicitement nommé, sert de référent et de cadre à tout ou partie de l'action. C'est le cas en particulier de trois œuvres de Lope de Vega Carpio qui effectuent des variations sur ce thème.Elles font l'objet du troisième volet de notre dossier.III. L'hôpital des fous selon Lope : trois variations sur un même thèmeHélène TROPÉ, édition critique de Los locos de Valencia de LOPE DE VEGA CARPIO, Madrid, Castalia, « Clásicos castellanos » n° 275, 2003, 352 p. Hélène TROPÉ, Traduction française de Los locos de Valencia de Lope de Vega Carpio (à paraître).Hélène TROPÉ, « La representación dramática del hospital del microcosmos del Hospital de los locos en Los locos de Valencia de Lope de Vega », Anuario Lope de Vega V (1999), Prolope, Departament de Filologia Espanyola de la Universitat Autònoma de Barcelona, pp. 167-184.Hélène TROPÉ, « Menosprecio de Aragón y exaltación de Castilla en El loco por fuerza, comedia atribuida a Lope de Vega », comunication lue dans le cadre du Colloque International organisé par l'Universitá degli Studi di Parma et l'Université de la Sorbonne Nouvelle – Paris III (Parme, 2-3 mai 2002) sur El texto y su marco : La representación del espacio en el Siglo de Oro español, (à paraître dans Criticón), Après avoir réalisé l'édition critique de la comedia de Lope de Vega Los locos de Valencia, nous l'avons traduite en français. Dans ces deux livres, nous avons présenté le texte et nous l'avons très soigneusement annoté afin d'éclairer le sens de multiples allusions littéraires ou médicales qui peut échapper au lecteur contemporain. Nous nous sommes donc efforcée de rendre le texte accessible.Nous avons consacré un premier article à l'étude de la représentation dramatique de l'hôpital des fous par Lope de Vega Carpio. Nous y avons mis en regard les stylisations réalisées par cet auteur avec ce que nos études antérieures sur l'histoire de cet hôpital nous avaient appris. Nous avons conclu que la pièce Los locos de Valencia ressemble plus à l'image que les administrateurs offraient de leurs hospitalisés, lorsqu'ils les mettaient en scène sur les chars lors des grandes processions dans la ville, qu'à ce qu'a été au quotidien la Maison des fous et des folles. L'hôpital reflété dans Los locos de Valencia ne conserve qu'une ressemblance illusoire avec l'hôpital historique. Il s'agit plus en fait d'une pièce sur le théâtre construite sur la rencontre du topos érasmien de la folie universelle avec celui du Grand Théâtre du Monde. Dans l'article suivant « Menosprecio de Aragón… », nous avons étudié comment, selon la méthode de « l'argumentation casuistique » qui serait propre à Lope de Vega, ce dramaturge présenterait dans une comedia une solution opposée à celle proposée dans une autre œuvre ayant pourtant la même intrigue et comportant les mêmes personnages. C'est le cas des deux œuvres où Lope a représenté l'hôpital : Los locos de Valencia, El peregrino en su patria, ainsi que El loco por fuerza, pièce qui lui a été attribuée et dont nous pensons personnellement qu'elle est bien de lui. Il nous est apparu que la question du genre détermine les variations entre les trois pièces. Ainsi, logiquement, dans la comedia Los locos de Valencia, l'hôpital des fous devient le microcosme de la folie comique. Dans les scènes asilaires du roman byzantin, il est par contre un espace sinistre où la folie, tragique, signe l'accomplissement du destin dramatique des amants soumis à d'incessantes tribulations. Quant à El loco por fuerza, il s'agit d'un drama, mot que nous employons ici pour désigner, avec le professeur Joan Oleza, un macro-genre caractérisé par sa mission transcendante, son prosélytisme et son contenu panégyrique. Dans cette pièce, l'hôpital est tragi-comique. La question des genres présiderait donc bien à ces variations et les expliquerait.D'autre part, nous avons étudié comment cette pièce, probablement écrite par Lope de Vega entre 1597 et 1608, met en scène de très conflictuelles relations entre castillans et aragonais dans le cadre de la ville de Saragosse et de la montagne aragonaise. Nous l'avons analysée à la lumière du contexte historique des révoltes aragonaises de 1591 et avons émis l'hypothèse selon laquelle l'internement forcé du personnage principal pourrait peut-être renvoyer aux poursuites intentées par Philippe II contre son Secrétaire Antonio Pérez, accusé d'assassinat, lequel se réfugia à partir d'avril 1590 en Aragon où il provoqua deux soulèvements à Saragosse en mai et en septembre 1591. Enfin, concluant dans cet article sur l'ensemble du dossier des représentations de l'hôpital par Lope de Vega, nous avons proposé des hypothèses de lecture conjointe de El loco por fuerza et de Los locos de Valencia en rapport avec l'affaire Pérez et les Relaciones (éditions de 1594 et 1598) écrites par ce dernier. Nous avons tenté de montrer que Lope de Vega inverse radicalement les perspectives idéologiques favorables aux aragonais depuis lesquelles Pérez a écrit son texte. Dans El loco por fuerza, la Castille apparaît à travers les membres du couple d'amoureux originaires de Tolède comme une terre de vertu menacée par ce qui est montré dans la pièce comme perversion morale et politique aragonaise : exaltation de Castille et mépris d'Aragon. Le monarque qui rétablit l'ordre à la fin de l'œuvre est un parangon de justice. La pièce est orientée idéologiquement vers une exaltation de la Castille comme véritable centre de l'Empire et une condamnation des révoltes aragonaises.Si les « hôpitaux lopesques » se caractérisent par la forte illusion référentielle qu'ils génèrent en dépit de leur historicité finalement assez faible, d'autres représentations d'asiles n'autorisent plus du tout la moindre confusion du signe théâtral avec le simulacre de référent : ce sont les représentations allégoriques, objet du quatrième volet de nos travaux.IV. Les fous défilent. Représentations allégoriques de l'hôpital des fousLa tradition littéraire de « l'hôpital » paraît ancienne et elle est profuse. Dans la dernière partie de notre dossier, nous avons étudié deux de ces représentations allégoriques : la tragi-comédie de Charles Beys L'Hospital des fous (1635), modifiée en 1653 sous le titre Les illustres fous, et un texte attribué à Quevedo, mais qui serait en réalité du poète et musicien sévillan Melgarejo : La Casa de los locos de amor. Le texte d'origine est conservé dans un manuscrit du début du XVIIe siècle et a été publié, dans une version toutefois expurgée et fort édulcorée, dans l'édition des sueños de Quevedo parue à Saragosse en 1627, puis dans presque toutes les éditions successives. Dans la plupart de ces représentations allégoriques, dont nous avons offert un panorama (toutefois non exhaustif) dans notre synthèse, on observe un certain nombre d'éléments récurrents qui autorisent à considérer l'hypothèse selon laquelle ces représentations formeraient peut-être un sous-genre ou à tout le moins, une tradition : narrateur personnel en position de témoin, figures allégoriques correspondant aux membres de l'hôpital visité, défilé de fous.Le texte de la communication que nous avons lue au XIVe Congrès de l'Association Internationale des Hispanistes (New York, juillet 2001) est consacré à l'étude du procédé dans Los locos de Valencia et El peregrino en su patria de Lope de Vega :Hélène TROPÉ, « Desfiles de locos en dos obras de Lope de Vega : Los locos de Valencia y El peregrino en su patria », Actas del XIV Congreso de la Asociación Internacional de Hispanistas [Nueva York, 16-21, Julio, 2001], edición de Isaías Lerner, Robert Nival y Alejandro Alonso, Newark, Delaware, Juan de la Cuesta, col. « Hispanic Monographs », 2004, t. II, p. 555-564.Dans notre synthèse, nous avons exprimé qu'il nous semble que cette étude pourrait être étendue valablement et avec profit à d'autres représentations ; mais que l'extension du corpus conduirait probablement à un élargissement du point de vue. On serait alors probablement amené à conclure que le rire que suscite cette revue d'insensés dans les œuvres de Lope peut se transmuer en franche amertume et déboucher sur une vision désabusée du monde dans d'autres œuvres telles que La casa de los locos de amor. Lu au VIe Congrès de la Asociación internacional Siglo de Oro (AISO) à Burgos en juillet 2002, le texte de notre communication montre que cette dernière œuvre est un rêve allégorique parodique qui débouche sur une satire du mariage et de l'amour représentés comme folie. Dans la version manuscrite, La casa de los locos de amor est une censure sévère des mœurs dépravées et brosse un noir tableau de la société espagnole du temps. Paradoxalement, dans sa version expurgée et édulcorée parue avec d'autres textes de Quevedo dans les Sueños de 1627, son éloge du mariage lui aurait certainement valu d'être reniée par l'auteur des Sueños. Telles sont les conclusions qui ressortent du texte de l'article correspondant :Hélène TROPÉ, « Los 'Hospitales de locos' en la literatura española del siglo XVII: la representación alegórico-moral de la Casa de los locos de amor atribuida a Quevedo », en: Actas del VI Congreso de la Asociación internacional Siglo de Oro (AISO) [Burgos, Universidad de Burgos, 15-19 de julio de 2002], Madrid : Iberoamericana Vervuert.Enfin, dans l'article consacré à la tragi-comédie de Charles Beys L'Hospital des fous, publiée en 1635, reprise et modifiée en 1653, sous le titre Les Illustres fous, nous avons confronté l'image de la folie hospitalière, offerte respectivement par l'Italien Garzoni, l'Espagnol Lope de Vega et le Français Charles Beys, de ce même microcosme de la folie hospitalière et montré que les représentations de l'Italien et de l'Espagnol se rapprochent sur des points qui les opposent à celle du Français. L'hôpital représenté par Lope de Vega, comme celui de Garzoni, est un microcosme séparé du monde. L'hôpital de Beys, au contraire, dont les frontières s'étendent au fur et mesure de la représentation, a vocation à figurer tout l'univers et sa folie. D'autre part, dans l'hôpital des fous de l'Italien et de l'Espagnol, les frontières entre le personnel et les hospitalisés restent stables, plus hermétiques cependant chez le premier que chez le second, alors que dans l'hôpital du Français elles tendent peu à peu à s'effacer jusqu'à ce que soit révélé au spectateur que le Concierge, censé garder les fous, l'est autant qu'eux et que la pièce à la représentation de laquelle le spectateur est en train d'assister a même été écrite par lui. En conséquence, alors que ni la pièce du Phénix ni celle de Garzoni ne tendent jamais véritablement de miroir au spectateur afin qu'il s'y regarde et conclue qu'il est un fou parmi les fous mis en scène, chez le Français au contraire, le spectateur est explicitement invité à se reconnaître parmi les rôles de fous défilant devant lui. La folie est univoque et irréversible dans l'ouvrage de Garzoni. Elle l'est aussi en grande partie dans la pièce de Lope de Vega. Par contre, dans celle de Beys, elle est équivoque, ambiguë, constamment réversible et surtout elle est universelle :Hélène TROPÉ, « Variations dramatiques espagnoles et françaises sur le thème de l'hôpital des fous aux XVIe et XVIIe siècles : de Lope de Vega Carpio à Charles Beys », Bulletin Hispanique (à paraître).

As a Caribbean institution of Higher Learning, the University of the West Indies is seen as a major contributor to integration efforts in the Region very often mandated by CARICOM to carry out educational missions to that effect. Working in a geographically fragmented and multilingual space, foreign language education is a major preoccupation for academic departments or sections in the respective campuses. The Mona Campus, based in Jamaica, was very one of the earliest to recognize the need to add LSP courses in its curriculum as electives (Business) or as 'service courses' for other programmes (Tourism and Hospitality Management). To these existing LSP courses, the French Section at the Mona Campus added in 2003 a new LSP course geared toward International Relation students. The originality of the course lays its chosen method of delivery by total simulation. The course was offered twice since its approval and under two different schedules (two-week intensive and semester-long). This chapter discusses the impact of these two schedules on the course delivery and learning process. The comparison shows the importance of student's motivation and learning autonomy. The study also comments on the use of blended learning (on-line module complementing face-to-face delivery) and suggests that virtual reality may offer a new addition to Total Simulation for LSP. ; To cite the digital version, add its Reference URL (found by following the link in the header above the digital file). ; TOTAL SIMULATION IN TEACHING LSP Scholarship and Teaching on Languages for Specific Purposes (2013) 73 French for International Conference at The University of the West Indies, Mona: Total Simulation in the Teaching of Languages for Specific Purposes Marie-José Nzengou-Tayo The University of The West Indies, Mona Gilles Lubeth The University of The West Indies, Mona Abstract: As a Caribbean institution of Higher Learning, the University of the West Indies is seen as a major contributor to integration efforts in the Region very often mandated by CARICOM to carry out educational missions to that effect. Working in a geographically fragmented and multilingual space, foreign language education is a major preoccupation for academic departments or sections in the respective campuses. The Mona Campus, based in Jamaica, was very one of the earliest to recognize the need to add LSP courses in its curriculum as electives (Business) or as 'service courses' for other programmes (Tourism and Hospitality Management). To these existing LSP courses, the French Section at the Mona Campus added in 2003 a new LSP course geared toward International Relation students. The originality of the course lays its chosen method of delivery by total simulation. The course was offered twice since its approval and under two different schedules (two-week intensive and semester-long). This chapter discusses the impact of these two schedules on the course delivery and learning process. The comparison shows the importance of student's motivation and learning autonomy. The study also comments on the use of blended learning (on-line module complementing face-to-face delivery) and suggests that virtual reality may offer a new addition to Total Simulation for LSP. Keywords: CARICOM, French for international trade, international conferences, Language for Specific Purposes (LSP), methodology Introduction Language for Specific Purpose (LSP) has developed with the expansion of international trade and the development of multilingual and multicultural working teams. Short language courses are designed at the request of enterprises or institutions in order to meet the specific demands related to the work environment. Though LSP courses have been in existence for more than three decades, their introduction in the academic programs of language majors is quite recent and has been a hot debate for several years at MLA and ADFL meetings. In the Caribbean, with the development of integration, the need for LSP has been felt as the CARICOM (Caribbean Community) started to look beyond the English-speaking Caribbean and opened itself to non-English-speaking territories (Surinam and Haiti joined the organization in 1995 and 2002 respectively while Cuba and the Dominican Republic have observer status). These political trends impacted on our foreign language offerings, stressing the need to open our curriculum to professionally oriented courses. The Department of Modern Languages and Literatures and the language sections of the two other campuses TOTAL SIMULATION IN TEACHING LSP Scholarship and Teaching on Languages for Specific Purposes (2013) 74 had various responses: at the St. Augustine Campus (Trinidad and Tobago), a Latin American Studies program was developed; at Cave Hill (Barbados), a cross-faculty program in Management Studies with a minor in a foreign language was approved; at Mona, LSP courses were developed and students from other faculties were allowed to declare minors in French or Spanish. In this article, we present the circumstances surrounding the design of the latest addition to French for Specific Purpose courses offered at the University of The West Indies, Mona (UWI, Mona), the methodological choices made and their implication for assessment. Because the course has been offered twice since its approval by the University Academic Quality Assurance Committee and with two different schedules, we will compare and discuss these two delivery modes. Language for Specific Purpose at the UWI, Mona At the UWI, Mona, the introduction of French for Special Purpose came out of a pragmatic approach at a time when high schools were experiencing a high turnover of French teachers and a reduction of schools offering A-level French (equivalent to the Baccalauréat). Noting that our graduates were being hired in the insurance and tourism industries, it was thought that equipping them with professional language skills would give a 'practical' touch to our program. The recruitment of a colleague with professional experience in translation led to discussions about a more professionally oriented program. "French for Business" was the first LSP course to be designed in 1991–1992 with the creation of a level III course of French for business or "Business French." The course was developed as an elective in response to a situation in which French graduates were moving toward the business sector instead of education. In the subsequent years, other LSP courses were introduced: "French for Hospitality" in 1998–1999 and "French for International Conferences" in 2003. The introduction of this last course coincided with a drastic overhaul of the French curriculum. The offering of "French for International Conferences" came at a time when the French section of the Department was repositioning itself and revising its offerings. The course was designed with a view to attracting International Relations (IR) students while capitalizing on the latest trend in French foreign language teaching methods. The decision was based on the fact that IR majors and French majors minoring in IR outnumbered students majoring in French only. It was taken at a time when the section was going into a survival mode, taking drastic measures and moving away from the traditional language curriculum (36 credits equally divided between language and literature). The section opted for a mix of language, literature, film and culture, and French for specific purpose courses. It was a drastic choice since the section was moving away of the traditional literary offerings. Though the section has not fully recovered, it has increased its numbers and the majority of students pursuing French are double majors (French and Spanish) with a professional objective of becoming translators or interpreters, followed by IR and Linguistics majors. Total Simulation in French Foreign Language Teaching and Learning Even though Total Simulation in French Foreign Language Education was initiated in the 1970s at the BELC (Bureau d'Enseignement de la Langue et de la Civilisation Françaises à l'Étranger / Office for the Teaching of French Language and Civilization TOTAL SIMULATION IN TEACHING LSP Scholarship and Teaching on Languages for Specific Purposes (2013) 75 Abroad) it did not really become mainstream until the late eighties. This approach to language teaching evolved from role playing and the need to expand role playing over a longer period of time with a view to involving diverse aspects of communication (Yaiche, 1996). Total Simulation was borrowed from continuous professional education where staff received specific training to deal with job-related situations. Total Simulation for French Foreign Language Teaching was first conceptualized by Francis Debyser, a professor at the CIEP (Centre International d'Études Pédagogiques / International Center for Peda-gogical Studies). In the 1980s, Total Simulation became more broadly accepted and moved from experimental to established status. Publishers become interested and several textbooks were published by Hachette between 1980 and 1990 (Yaiche, 1996). By the 1990s, Total Simulation was redirected toward the teaching of French for Specific Purpose (Business French, French for International Relations, Hospitality French). Total Simulation benefits today from IT and its use in the classroom. It is still at the experimental stage as is the case of 'Virtual Cabinet' for the teaching of English, which has been developed by Masters' students at University of Lyon II (http://sites.univ-lyon2.fr/vcab/demo/) or 'L'auberge' developed by University Lille III for incoming French Foreign Language Students (http://auberge.int.univ-lille3.fr/). Characteristics of a Total Simulation Course in Foreign Language Learning Total Simulation in Foreign Language Teaching and Learning could be considered revolutionary in its approach and methodology. First, the role of the teacher is transformed as he or she becomes a facilitator and a participant in the simulation instead of an instructor. For instance, in the International Conference Simulation, the teacher plays the part of the Secretariat. He or she compiles and archives the material needed for the progress of the conference. He or she also provides documents and the linguistic tools needed for the project. Secondly, simulation follows a set pattern of five stages (See Bourdeau, Bouygue, & Gatein, 1992; Yaiche, 1996). The first stage is the creation of the setting. In the case of the International Conference, it means, choosing the theme and the place of the conference. The second stage is to identify the participants. At this point, the role playing starts as the learners have to choose an identity and the country that they will represent. Learners will have to play several roles: delegates from their chosen countries (Minister of Foreign Affairs or High Ranking Civil Servant or Ambassador). At one point, they also play the part of journalists. The countries are fictitious but based on the characteristics of real countries. During this stage, learners choose their identity and civil status; they invent a short biography indicating two physical, moral, psychological, intellectual characteristics, two distinctive objects, (Yaiche, 1996). The third and fourth stages consist in conducting the simulation: the official opening ceremony and the working sessions. At this point, learners are to present their country's respective position paper. Interaction takes place as well as negotiations for a common position and action plan. During this stage, the facilitator plays an important part in ensuring the archiving of all productions and the elaboration of a data bank for the progress of the conference. Students are provided with documents and assisted in acquiring the mastery of the linguistic tools needed for the exercise (e.g., mastery of high language register for official speeches; mastery of diplomatic lexicon for the phrasing of the final resolution and the press release, TOTAL SIMULATION IN TEACHING LSP Scholarship and Teaching on Languages for Specific Purposes (2013) 76 ability to write an abstract or a synthetic report from a news article, etc.). The final stage is geared toward ending the simulation. In the case of the International Conference, it is marked by the writing of the final resolution and a press conference. Since IR students are to be prepared to face and manage diplomatic incidents/crisis during negotiations, elements that could lead to such incident are introduced between the fourth and fifth stage of the simulation when students are drafting the final resolution of the conference. Students are expected to draw on their negotiating skills in order to solve the problem or assuage the potential conflict and bring the conference to a positive closing ceremony. Assessment is blended in the simulation: oral expression is assessed during the opening ceremony (a five-minute presentation) and during the press conference. Students are video recorded and marking takes place afterwards. (See evaluation sheet in appendix B). Both examiners are present to abide by University Examination Regulations. Writing proficiency is assessed through a press release and the conference final resolution, which is done individually during a traditional in-class test. It is also assessed 'outside' of the simulation through the submission of a take-home assignment, the format of which is either a précis writing or a critical review of a newspaper article related to the theme of the conference. Students are provided with a choice of articles from Le Monde Diplomatique, a well-established and recognized reference journal from which they will select an article for review or summary. LSP and Total Simulation in Jamaica and at the UWI, Mona French teachers in Jamaica were introduced to Total Simulation in 1993 thanks to a new French Linguistics Attaché who was also appointed at The University of the West Indies from 1992–1997. A specialist in Total Simulation, she organized two workshops for the Jamaica Association of French Teachers and one for the Tourism Product Development Company (TPDCo), a Jamaican state agency responsible for the training of the workforce in the tourism sector. The co-authors received additional training at the annual training seminar organized by the Centre International d'Études Pédagogiques (CIEP) held in Caen in July 1996 (Nzengou-Tayo) and July 2009 (Lubeth) respectively. The first total simulation course at the UWI was developed in 2003. Two factors contributed to the choice of this methodology. One was the renewed interest in LSP with the review of the French program. After a quality assurance review in 2003, the French section, threatened by low numbers in registration, revised its program with a stronger professional component (introduction of an additional LSP course and translation modules). The second was the institutionalization of summer courses, which offered the possibility of using an intensive format. The idea was to design a course that could imitate a real life situation: an international conference taking into account that such an event is usually limited over a period of time (1–2 weeks) and requires a full work day. The course was submitted to the University Quality Assurance Committee for approval (See course proposal in Appendix A). In the initial submission, evaluation was by 50% coursework and 50% final examination (Appendix A). However, when the course was first taught in 2006, we requested a change of the evaluation scheme to 100% coursework (50% oral presentation and 50% written assignment). The reason for this change was directly related to the philosophy behind total simulation, which required a formative form of assessment that would blend seamlessly in the simulation. TOTAL SIMULATION IN TEACHING LSP Scholarship and Teaching on Languages for Specific Purposes (2013) 77 Case Study: The 2006 and 2009 Experiences Since its creation, French for International Conferences (FREN 3118) has been offered twice: first, in 2006 as an intensive summer course over two weeks, and secondly, in 2009 as a regular semester course over thirteen weeks. These two modes of delivery will be compared and discussed in this section. Course delivery schedule. In 2005–2006, during the two-week period during which the course was offered, the timetable averaged 25 hours per week with 5 daily contact hours. FREN 3118 was the only course attended by the students. Students were put in an immersion situation as they interacted with a native speaker of French during the week. During the second week, ten hours were set aside for independent research in an attempt to give students an opportunity to develop learning autonomy. In 2009–2010, the course was taught during the first semester according to the regular schedule. The timetable featured 3 one-hour sessions per week. In addition to FREN 3118, students were simultaneously registered for four other courses whose demands were competing with the French course. The fast pace of the semester (13 weeks) did not allow for a scheduled independent research. Students had to use their free time for independent research to develop their learning autonomy. The difference between the schedules of the 2006 and 2009 course delivery had an impact on the course management as well as the students' learning experience. It is evident that 2009 students did not have the same learning stimulus as the 2006 ones. They had the pressure of their other courses in term of time and workload. In addition, regular attendance was an issue since students sometimes missed classes either due to timetable clashes or assignment deadlines to meet in other courses. The running of the course was affected as each student had a part to play in the progress of the simulation and absence from class meetings affected the proceedings of the conference. Student profile and number. The course targets third-year students and requires a general language module at level III as a co-requisite. However, the co-requisite can be waived depending on the level of the students. For instance, when the course was offered during the summer 2006, it was waived for second-year students who had received a B+ in the two modules of the level II language courses. In 2009, a third-year International Relations student who had completed level I of the French language courses with A and was reading the level II language course was allowed to register. The waiver was granted based on his outstanding results at level I and also after an interview in which he demonstrated a high level of motivation and learning autonomy. In 2006, the course was offered with 9 students and in 2009 there were 14 registered students. Numbers can be an issue for conducting a total simulation course. For instance, our experience taught us that, even though Cali, Cheval, & Zabardi (1992) suggest a number of 20 participants divided according to a ratio by type of countries1 in La Conférence Internationale et ses Variantes, country-ratio balance can still be observed TOTAL SIMULATION IN TEACHING LSP Scholarship and Teaching on Languages for Specific Purposes (2013) 78 with lesser numbers. Based on our 2006 experience, we recommend a minimum of 8 students. Indeed, a lesser number would not allow their distribution according to the recommended country ratio. In addition, work in commissions, which is part of the simulation process, would be less productive. Similarly, 20 is the maximum manageable number of students during total simulation. The attention to be devoted to students' progress and the group dynamics become a challenge with larger numbers. Therefore, beyond 20, the group would be divided and two concurrent simulations conducted, provided that staffing is not an issue for the institution. Topics and scenarios. On both occasions, the theme of the conference was inspired by current affairs relevant to the Caribbean region. In 2006, the conference was titled "Libre circulation des travailleurs à l'échelle mondiale: Faisabilité et conditions" (Feasibility and Conditions for a Global Free Movement of Labour). The theme was inspired by discussions taking place in the media about the Caribbean Single Market and Economy (CSME) put in place by CARICOM countries that year. The scenario was developed to involve a group of 9 countries, members of a regional organization seeking to achieve integration through free movement of workers. The 2009 edition of the conference, "Réchauffement climatique: Stratégies et équité" (Global Warming: Strategies and Equity) was inspired by the then ongoing international negotiations on global warming. The course started in September, just three months before the Copenhagen Summit. The scenario was based on the creation of an international organization, the Group of 14 (G14) specially dedicated to addressing the issue of global warming, and therefore holding its first conference accordingly. The choice of topics related to current international or regional issues stimulates the students' interest as they can have access to current reference material. They develop their critical thinking as they are exposed to various diverging opinions and asked to present their country's position at the start of the conference. For example, at the 2009 conference, the delegate of "Bonangue" expressed the country's position as follows: Conscient des graves effets [du réchauffement climatique] sur l'environnement, nous tenons à prendre action immédiatement parce que les effets poseront un problème pour le pays. Par le passé, la Bonangue a donné priorité aux revenus, dans certains cas, au détriment de l'environnement. Le pays est disposé à porter [sic] les changements nécessaires. The delegate of "Kalasie," on the contrary, indicated, "La Kalasie est favorable au recours aux crédits d'émission de gaz utilisables par les investisseurs." Another delegate from "Lisérbie" chose to stress the social impact and the importance to reach a consensus on the matter. The multiple and sometimes diverging country positions will contribute to the life of the conference as the objective is to find a common ground and sign a final resolution, which would bring the conference to a close. TOTAL SIMULATION IN TEACHING LSP Scholarship and Teaching on Languages for Specific Purposes (2013) 79 Resources and methods. The course outline was developed in accordance with the prescribed textbook La Conférence Internationale et ses Variantes (Cali et al., 1992). The authors' recom-mendations were followed with some adjustments, which will be presented below. Since countries have to be fictitious to respect the principle of Total Simulation, two websites, CIA: The World Factbook, and Quid were used to establish the profile of these invented countries.2 Using the principle of 'mots-valises' students invented the name of the countries they were representing. For instance, "Lisérbie," "Kalasie" or "Dukenyah" were obviously created in reference to existing countries or regions. Other names were arbitrary and left to the students' imagination as "Cadeaux d'Ouest," "Amapour" or "Kadia." Other web resources were used in accordance with the theme of the conference and a companion website was developed on the University Virtual Learning Environment (OurVLE) (UWI, Mona "Virtual Learning Environment") to take advantage of information technology at our disposal at the Mona Campus. The 2006 intensive format. We introduced some slight variations from the standard format of the simulation. First, the course started with a screening of the French movie Saint-Germain ou la Négociation (2003) with Jean Rochefort. The objective was to highlight the objectives, modalities of diplomatic negotiations as well as to insist on the high-language register used during negotiations, which the students would have to use. Despite the historical context (the 16th century), the film was particularly suitable as it showed protocol and behind-the-scene events taking place during political negotiations. Secondly, students were given an introductory lecture on the processes of international conferences coupled with a tour of the Jamaica Conference Centre in Kingston. This was facilitated by a colleague and professional translator who worked at international conferences and was familiar with the facility. Various documents were made available online on a range of topics: international organizations pursuing regional integration through implementation of free movement of labor (the European Union, CARICOM) and a compilation of documents on immigration and globalization. In 2006, the course page on OurVLE was used only for archival purposes. The instructor, playing the part of the conference Secretary, uploaded for future reference documents that had been identified as relevant to the conference. Since the students' time were dedicated to the course, it was easy to simulate the rhythm of a conference with meetings in commission and plenary sessions. The course outline was design to be the "agenda" of the conference. The intensive format helped to develop a group dynamic based on solidarity and conviviality, which stimulated weaker students to make efforts to improve their proficiency. The 2009 semester-long format. The semester-long delivery of FREN 3118 differed from the intensive summer course on some points. The presentation by the guest lecturer and the film screening were maintained, but, due to timetable constraints, the tour of the Conference Centre did not take place. The main innovation was in the extensive use of the online module and the exploration of the functionalities offered by the Moodle platform supporting OurVLE TOTAL SIMULATION IN TEACHING LSP Scholarship and Teaching on Languages for Specific Purposes (2013) 80 where all the material necessary for the presentation of the theme and the conduct of the activities of the conference were uploaded. All documents were made available online via OurVLE, expanding from print and website links to audio and video. Students' productions were added to the resources identified by the instructor. The instructor/facilitator provided the following resources: explanatory documents on global warming (its geopolitical implications and the negotiation process); documents with terminology used in diplomatic language; and audiovisual documents from France2, France3, and YouTube. A link to Yann Arthus-Bertrand's documentary Home (2009) was also put on the course portal. As Secretariat, the instructor/facilitator uploaded reports of sessions held during the preparatory phase (the preconference meetings). These reports gave students a regularly updated overview of progress made, a review of notions covered as well as the calendar of events (the schedule of meetings). Using the functionalities offered by Moodle, students were able to contribute to the development of the course portal. Using the 'upload a single file' and the forum features, they uploaded their own production, including country and delegate profiles, reports resulting from the sessions in commission and plenary sessions, and draft resolutions. The course portal was useful for archiving the various activities conducted during the course. Students were able to refer to a central repository outside of the contact hours. This tool also had financial and ecological benefits as it reduced the cost of photocopying. Indeed, whereas all documents had to be printed in 2006, only documents produced during the conference (student-generated commission and plenary reports, agenda and list of speakers) were printed for circulation in 2009. Because of the discontinuity of the timetable (3 hours spread over 13 weeks), the 2009 conference did not flow as harmoniously as the 2006 one. With competing interests, students found it difficult to dedicate themselves to the conference. Running from one class to another, they sometimes lost track of the conference objectives, which in turn had an impact on the group dynamics and progress as indicated by the results of the continuous assessment (i.e., the coursework). Evaluation and students' results. As mentioned earlier, the course assessment was done by 100% coursework. The percentage was equally divided between oral and writing proficiency (50% each). Oral proficiency was assessed as follows: delegate's address at the opening ceremony weighting 25%; delegate's interview at the press conference (15%); and one intervention as a journalist interviewing the delegates at the press conference (10%). Writing proficiency was assessed through a press release (10%), an individual proposal for the final resolution (15%), and one précis writing/critical review of document(s) (25%). Students' oral and written productions were graded using a criterion-referenced assessment grid (See Appendix B for details). In 2006, we got a 100% pass rate with results ranging from A+ to C. In 2009, the pass rate was 71.42%. With the intensive format, students demonstrated their mastery of high-level register. Students who were considered 'weak' based on their low grade in the general language courses, managed to improve their proficiency level and achieve acceptable performances in oral presentations. In 2009, there was a large gap between the TOTAL SIMULATION IN TEACHING LSP Scholarship and Teaching on Languages for Specific Purposes (2013) 81 best and the weakest students (2 students got As, 4 students failed, and 8 students' grades ranged from B+ to D). Group average was 49.79%. When comparing the two groups' results, we have to admit that we had some doubts initially about the intensive format because of the limited time given to students to properly absorb the notions and the various tasks required in the course. Yet, it appears that stretching the process over a semester is not a decisive factor for improved performance. The role of group dynamics in total simulation is yet to be measured though it is generally recognized in class interaction and learning. During the regular semester, the group dynamics did not play a cohesive role as it did in the summer course where more proficient students helped to strengthen the weaker ones. Competing academic interests and irregular attendance during the regular semester also had an impact on students' low performance. Conclusion At the UWI, Mona, we introduced LSP courses in our academic programs as part of our major from a pragmatic standpoint in reviewing our curriculum. Though we are aware that LSP courses generally target professionals already in the field, as a result, the design and offering of such courses is usually preceded by a need analysis and the identification of the language processes (i.e., register, lexicon, syntax, speech acts) needed to achieve the requested proficiency (Mangiante & Parpette, 2004). Both "Business French" and "French for International Conferences" count toward the major, though only one can be taken as a core course, the other being an elective. Because LSP courses have a professional orientation, they give undergraduates the impression of being prepared for the world of work. The use of total simulation comforts this impression because of its task-based approach and the fact that it recreates a work environment with its idiosyncrasies. Combined with information technology (OurVLE), it becomes an original and valuable method. The dual-mode adds flexibility to the course and expands access to authentic material. However, success depends heavily on students' learning autonomy, which is enhanced by a tool like OurVLE. Motivation and participation are essential for the success of students as evidenced by the results of the third-year student who was accepted while doing the first module of level II French and was one of the top two students in the course. Our experience suggests that the intensive format yields better results because it reinforces student concentration, dedication, and performance, which also benefit from the positive impact of the group dynamics. Recent development in the field shows an orientation toward multimedia and information technology to create virtual worlds where Total Simulation is made possible on a large scale. The combination of the two is very promising for language learning and teaching but presents new challenges to foreign language teachers and course developers. Notes 1Cali, Cheval, & Debardi (1992) identify the following categories: developing countries, developed countries, least developed countries, and Central or Eastern European countries in transition towards market economy. The latter category being now obsolete, the decision was made to replace it with countries in the same geographical region. TOTAL SIMULATION IN TEACHING LSP Scholarship and Teaching on Languages for Specific Purposes (2013) 82 2See https://www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/ and http://www.quid.fr. References Arthus-Bertrand, Y. (2009). Home. Home Project. Retrieved (September–November 2009) from http://www.youtube.com/homeprojectFR L'auberge. Retrieved February 21, 2010 from http://auberge.int.univ-lille3.fr/ Bourdeau, M., Bouygue, & M., Gatein, J. J. (1992). Le congrès médical: Simulation globale sur objectifs spécifiques. Ministère des affaires étrangères, sous direction de la coopération linguistique et éducative, CIEP-BELC, 1991/92. Sèvres: CIEP. Cali, C., Cheval, M., & Zabardi, A. (1992). La conférence internationale et ses variantes. Paris: Hachette, Français langue étrangère. Mangiante, J. M., & Parpette, C. (2004). Le français sur objectifs spécifiques: De l'analyse des besoins à l'élaboration d'un cours. Paris: Hachette. Le Monde Diplomatique. 2009. Paris: Editions "Le Monde." Retrieved from http://www.monde-diplomatique.fr/ Virtual Cabinet. Retrieved February 21, 2010 from http://sites.univ-lyon2.fr/vcab/demo/ Yaiche, F. (1996). Les simulations globales: Mode d'emploi. Paris: Hachette, Français langue étrangère. TOTAL SIMULATION IN TEACHING LSP Scholarship and Teaching on Languages for Specific Purposes (2013) 83 APPENDICES Appendix A Original submission to the Academic Quality Assurance Committee of the UWI, Mona Campus in 2003–2004. The assessment was subsequently modified to 100 percent coursework in 2005–2006. DEPARTMENT OF MODERN LANGUAGES & LITERATURES COURSE PROPOSAL Course Title: French for International Conferences Course Code: FREN 3118 Level: 3 Semester: 1 Credits: 3 Prerequisite: A Pass in F24A (FREN 2001) Co-requisite: F34A (FREN 3001) Contact hours: 4 hours per weeks (1 lecture, 1 writing tutorial, 1 oral expression, 1 listening comprehension) Rationale: French is one of the major languages of the United Nations and other inter-national institutions. In response to increased demand for specialized foreign language courses, this course will introduce students to the technical French of international relations and negotiations Course description: This course is designed to reproduce an international conference setting during which various aspects of diplomatic negotiations will be envisaged with a view to using French at the formal/foreign affairs level. Objectives: At the end of the course students should be able to  Demonstrate understanding of French spoken in a formal/diplomatic setting  Read articles in French on international issues.  Write press reviews, press releases in French about an international issue.  Express a personal view about a topical International issue in French  Express a simulated official view about a topical International issue in French  Simulate an official address in French  Simulate a press conference in French TOTAL SIMULATION IN TEACHING LSP Scholarship and Teaching on Languages for Specific Purposes (2013) 84 ASSESSMENT 50% in-course: 3 one-hour in-class tests: Reading comprehension (15%); Writing (20%); Listening comprehension (15%) 50% Final Examination: Oral presentation (25%) and 2-hour written examination (25%) TEXTS La Conférence Internationale et ses Variantes. Chantal Cali, Mireille Cheval and Antoinette Zabardi. Paris: Hachette Livre, Français Langue Étrangère, 1995. Audio-visual material from TV5 (such as Kiosque, Une fois par mois, Le dessous des cartes). Articles from journals such as Le monde diplomatique. REFERENCES Plaisant, François. (2000). Le ministère des affaires étrangères. Toulouse: Editions Milan, Les Essentiels Milan, 2000. Kessler, Marie-Christine. (1998). La politique étrangère de la France. Paris: Presses de Sciences-Po. http://www.france.diplomatie.gouv.fr Appendix 2. Assessment grid for oral presentation Official Address: (5-minute presentation at the Opening Ceremony). Press Conference Part 1 and 2: Presentation of Country Position followed by Questions and Answer session). Students plays the country official and then the journalist parts. FREN 3118: Oral Presentation Assessment Grid NAME: Grade Comments Relevance of Arguments /5 Fluency /5 Consistent use of high-language register /3 Communicative skills /2 Accuracy and richness of vocabulary /5 Accuracy and use of complex syntactic structures /5 Accurate pronunciation /5 FINAL GRADE (25%) /25 TOTAL SIMULATION IN TEACHING LSP Scholarship and Teaching on Languages for Specific Purposes (2013) 85 FREN 3118: Press Conference Assessment Grid—Presenter NAME: Grade Comments Relevance of Arguments (5 pts. x 3 = 15) Presentation Answer (1) Answer (2) Fluency (5 pts. x 3 = 15) Presentation Answer (1) Answer (2) Consistent Use of High Language Register (3 pts. x 3 = 9) Presentation Answer (1) Answer (2) Communicative skills (2 pts. x 3 = 6) Presentation Answer (1) Answer (2) Accuracy and Richness of Vocabulary (5 pts. x 3 = 15) Presentation Answer (1) Answer (2) Accuracy and Use of Complex Syntactic Structures (5 pts. x 3 = 15) Presentation Answer (1) Answer (2) Accurate Pronunciation /5 marks x 3 = 15 Presentation Answer (1) Answer (2) Unconverted Total (90 pts.) / FINAL GRADE (15%) TOTAL SIMULATION IN TEACHING LSP Scholarship and Teaching on Languages for Specific Purposes (2013) 86 FREN 3118: Press Conference Assessment Grid—Journalist NAME: Grade Comments Relevance of question (5 pts. x 4 = 20) Question 1 (Name) Question 2 (Name) Question 3 (Name) Question 4 (Name) Fluency (5 pts. x 4 = 20) Question 1 (Name) Question 2 (Name) Question 3 (Name) Question 4 (Name) Consistent use of high-language register (3 pts. x 4 = 12) Question 1 (Name) Question 2 (Name) Question 3 (Name) Question 4 (Name) Accuracy and richness of vocabulary (5 pts. x 4 = 20) Question 1 (Name) Question 2 (Name) Question 3 (Name) Question 4 (Name) Accuracy and use of complex syntactic structures (5 pts. x 4 = 20) Question 1 (Name) Question 2 (Name) Question 3 (Name) Question 4 (Name) Accurate pronunciation (5 marks x 4 = 20) Question 1 (Name) Question 2 (Name) Question 3 (Name) Question 4 (Name) Unconverted Total (112 pts.) FINAL GRADE (10%)