Open Access BASE2021

Etica ed epistemologia nella pragmatica trascendentale di Karl-Otto Apel

Abstract

La tesi ha l'obiettivo di esporre e analizzare criticamente i temi più importanti del pensiero di Karl-Otto Apel. Nei tre capitoli in cui è suddivisa la tesi si presenta inizialmente la posizione di Apel su uno specifico argomento, e poi si compie un'analisi critica di essa facendo riferimento alla letteratura secondaria (in particolare tedesca) riguardante la filosofia apeliana. Lo scopo finale del lavoro è quello di evidenziare l'originalità, i punti di forza e i punti deboli della pragmatica trascendentale sviluppata da Apel, la quale si sostanzia nell'ambizioso tentativo di rinnovare la filosofia trascendentale partendo dalle irrinunciabili acquisizioni della svolta linguistica che ha caratterizzato il pensiero filosofico del XX secolo. Il primo capitolo ha come oggetto il concetto più peculiare della riflessione apeliana: quello di fondazione ultima (Letztbegründung). Tale concetto è centrale sia in riferimento alla filosofia teoretica sia in riferimento alla filosofia pratica, e per questa ragione la sua analisi precede la trattazione specifica della teoria della verità e dell'etica del discorso. Nella prima parte del capitolo si illustra l'evoluzione del concetto negli scritti apeliani, in particolare il significato che assume la nozione di "riflessione" negli anni Ottanta, in seguito all'influenza esercitata sulla filosofia di Apel dalle analisi di Wolfgang Kuhlmann in riferimento alla fondazione ultima. Apel riprende da Kuhlmann la problematica nozione di fondazione ultima strettamente riflessiva, con la quale i due autori tentano di superare le numerose obiezioni che sono state rivolte alla Letztbegründung. Dopo l'esposizione delle principali critiche a tale nozione e l'illustrazione di una possibile alternativa alla fondazione ultima strettamente riflessiva, nell'ultima parte del capitolo si analizza più nel dettaglio l'argomento trascendentale sviluppato da Apel e si chiariscono ulteriormente le ambiguità del concetto di riflessione che egli adopera. Infine, si propone una ridefinizione degli argomenti trascendentali e, a partire da ciò, si traggono le conseguenze per la filosofia apeliana. Nel secondo capitolo, dopo la disamina del fondamentale rapporto tra la questione circa la giustificazione di validità della conoscenza e la questione concernente la costituzione del senso dell'oggettività all'interno del pensiero di Apel, si entra nel dettaglio della sua concezione del linguaggio. La corrente filosofica dominante lungo l'intera storia del pensiero occidentale privilegia la funzione rappresentativa del linguaggio, relegando la dimensione comunicativa di esso a oggetto di studio di discipline esterne alla filosofia. Secondo il pensatore tedesco, invece, l'aspetto distintivo del linguaggio umano è costituito dalla sua doppia struttura performativo-proposizionale. Nel capitolo si ricostruisce la teoria del significato che emerge dalle riflessioni apeliane, la quale si fonda su una particolare interpretazione della teoria degli atti linguistici sviluppata da Austin e Searle, e da cui emerge un'ambiguità di fondo rispetto al rapporto tra semantica e pragmatica. Successivamente, di conseguenza, si approfondisce tale rapporto ricorrendo alle considerazioni di altri autori sul tema, in particolare Wilfrid Sellars e Robert Brandom. Nell'ultima parte del capitolo si analizza la teoria della verità e della realtà sviluppata da Apel, Più nello specifico, si affrontano le critiche che sono state rivolte all'identificazione di verità e consenso argomentativo nella comunità ideale della comunicazione, e alla concezione del consenso ideale come un'idea regolativa che è implicita nella pratica argomentativa e senza la quale le nostre asserzioni perderebbero il loro senso. L'aspetto maggiormente problematico riguarda il ruolo del consenso come criterio determinante di verità. Infine, si approfondisce la dicotomia nominalismo-realismo concettuale per comprendere pienamente il peculiare realismo apeliano, che egli riprende da Peirce. Nel terzo capitolo e ultimo capitolo si affronta il tema dell'etica del discorso. Nella prima parte, dopo aver illustrato la strategia di Apel volta alla fondazione post-metafisica di un'etica universale, si analizzano le obiezioni fondamentali che sono state mosse contro di essa, in particolare riguardo alla possibilità di fondare norme morali partendo dai presupposti del discorso argomentativo e circa il rapporto tra dimensione volitiva e dimensione cognitiva nella riflessione etica di Apel. Nella seconda parte del capitolo, dopo la disamina della distinzione tra la parte A dell'etica del discorso, riguardante la fondazione di norme morali fondamentali, e la parte B, concernente l'applicazione delle norme nelle situazioni storiche concrete, si approfondisce il rapporto tra morale, diritti umani e democrazia che caratterizza il pensiero apeliano. Da questo punto di vista il confronto con Habermas risulta illuminante. Nell'ultima parte del capitolo, infine, si mettono in luce le criticità della parte B dell'etica del discorso di Apel, in particolare del tentativo di fondare la parte B derivandola dalla parte A, e si propone una strategia alternativa che consenta di valorizzare la proposta etica apeliana evitando il pericolo di un eccesso di formalismo.

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